dantes76
24-10-2006, 11:19
Francia, intervento della Royal: leggi e bilanci siano valutati dai cittadini
Proposta-choc di Ségolène
Giurie popolari per i politici
Lo storico Max Gallo: mi ricordano i tribunali maoisti
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PARIGI — Un giorno, monsieur Dupont e madame Blanchard vengono convocati al palazzo di vetro dei cittadini, nel cuore di Parigi. Estratti a sorte, forse dall'elenco telefonico, questi francesi qualunque sono chiamati a giudicare il buon comportamento di un deputato, di un sindaco, di un ministro e del prossimo presidente della Repubblica: promesse mantenute, leggi varate, bilanci corretti, magari condotta personale. È il concetto di «sorveglianza popolare» lanciato in un'assemblea di studenti della Sorbona da Ségolène Royal, la più probabile candidata socialista alle elezioni presidenziali del prossimo anno. Una proposta scioccante, che ha suscitato polemiche a destra e a sinistra e che allo storico Max Gallo ha ricordato i tribunali del popolo dei tempi di Mao.
Sicuramente, quanto a idee e proposta politica, la nuova stella del firmamento francese è ben lontana dalla Rivoluzione culturale cinese. I rivali interni e molti osservatori l'accusano di essere «populista», troppo conservatrice per rappresentare la «gauche», e di invadere con promesse di ordine e disciplina il terreno di consenso del suo più probabile avversario, il leader della destra, Nicolas Sarkozy. Il professor Gallo, fra parentesi, si è recentemente avvicinato al ministro dell'Interno. Ma l'idea di «giuria popolare» che, «a scadenze fisse», si pronunci sull'operato degli eletti potrebbe davvero rivoluzionare principi basilari della democrazia rappresentativa e il significato stesso del voto.
«Ségolène — ha detto il presidente dei deputati gollisti, Accoyer — confonde suffragio universale e opinione pubblica». Laurent Fabius, uno dei rivali per la corsa all'Eliseo, l'ha accusata di «antiparlamentarismo sommario». Naturalmente, sono passate in secondo piano altre idee esposte dalla Royal, come il limite di due mandati per gli eletti a qualsiasi livello, la riforma dello status penale del capo dello Stato e l'invito ad andarci piano con le amnistie degli uomini politici se si pretende di inculcare responsabilità e disciplina ai giovani violenti delle periferie. «Io non ho paura del popolo: non si tratta di punire qualcuno, ma di migliorare le cose», ha ribattuto madame Royal, senza precisare dettagli di una proposta che ha soprattutto il senso di una provocazione elettorale.
Largamente in testa nei sondaggi, considerata da molti come l'unica speranza per la sinistra di battere Sarkozy, la «madonna socialista», come la chiamano con supponenza compagni e avversari, si è avventurata sul terreno della «democrazia d'opinione» che finora ha fatto la fortuna del ministro dell'Interno e del Fronte Nazionale di Jean-Marie Le Pen.
Di fronte alla Francia scontenta, arrabbiata, delusa, che boccia l'Europa e contesta élites e partiti, non sono pochi gli osservatori che parlano di situazione «prerivoluzionaria» e gli studiosi che invocano correttivi istituzionali. Se le maggioranze sono sempre più ristrette, l'ingovernabilità sempre in agguato e la credibilità della politica sempre più in basso, la ricerca di proposte nuove e coraggiose s'impone. Altrimenti, la volontà popolare rischia di essere soffocata dalla democrazia televisiva e dal potere di apparati autoreferenziali.
Sarkozy invoca la «rottura» di un modello politico e sociale condannato all'immobilismo e ha fatto della contestazione delle élites il suo cavallo di battaglia. Madame Royal sostiene un rinnovamento dal basso, costruito sulle realtà locali, sulla partecipazione dei cittadini, sull'«intelligenza collettiva» come strumento di proposta e di azione politica. Entrambi constatano il fossato fra la gente e la politica, la crisi degli elementi di mediazione (giornali, organismi, associazioni, sindacati) e la fortuna mediatica di modelli più attenti alla società civile, cui s'ispirano al di là delle differenze dottrinarie: Zapatero in Spagna e Blair in Gran Bretagna.
Entrambi, non casualmente, devono rispondere al tribunale delle rispettive famiglie politiche dell'accusa di populismo a buon mercato. Ma entrambi, nel grande circo della politica-spettacolo, sono diventati prodotto leader, campioni dei sondaggi, formidabili «grimaldelli» dei rispettivi apparati, aggirati con blog personali, siti internet e moltiplicazione di adesioni online. La corsa per l'Eliseo esaspera naturalmente la ricerca del massimo consenso e il «nomadismo» ideologico li spinge a lanciare messaggi provocatori e non conformisti. La distanza fra responsabilità degli eletti e voce degli elettori resta incerta e ampia.
Ma entrambi sperano di colmarla con una materia sempre più rarefatta, non solo in Francia: il carisma.
Massimo Nava
24 ottobre 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/10_Ottobre/24/nava.shtml
Proposta-choc di Ségolène
Giurie popolari per i politici
Lo storico Max Gallo: mi ricordano i tribunali maoisti
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PARIGI — Un giorno, monsieur Dupont e madame Blanchard vengono convocati al palazzo di vetro dei cittadini, nel cuore di Parigi. Estratti a sorte, forse dall'elenco telefonico, questi francesi qualunque sono chiamati a giudicare il buon comportamento di un deputato, di un sindaco, di un ministro e del prossimo presidente della Repubblica: promesse mantenute, leggi varate, bilanci corretti, magari condotta personale. È il concetto di «sorveglianza popolare» lanciato in un'assemblea di studenti della Sorbona da Ségolène Royal, la più probabile candidata socialista alle elezioni presidenziali del prossimo anno. Una proposta scioccante, che ha suscitato polemiche a destra e a sinistra e che allo storico Max Gallo ha ricordato i tribunali del popolo dei tempi di Mao.
Sicuramente, quanto a idee e proposta politica, la nuova stella del firmamento francese è ben lontana dalla Rivoluzione culturale cinese. I rivali interni e molti osservatori l'accusano di essere «populista», troppo conservatrice per rappresentare la «gauche», e di invadere con promesse di ordine e disciplina il terreno di consenso del suo più probabile avversario, il leader della destra, Nicolas Sarkozy. Il professor Gallo, fra parentesi, si è recentemente avvicinato al ministro dell'Interno. Ma l'idea di «giuria popolare» che, «a scadenze fisse», si pronunci sull'operato degli eletti potrebbe davvero rivoluzionare principi basilari della democrazia rappresentativa e il significato stesso del voto.
«Ségolène — ha detto il presidente dei deputati gollisti, Accoyer — confonde suffragio universale e opinione pubblica». Laurent Fabius, uno dei rivali per la corsa all'Eliseo, l'ha accusata di «antiparlamentarismo sommario». Naturalmente, sono passate in secondo piano altre idee esposte dalla Royal, come il limite di due mandati per gli eletti a qualsiasi livello, la riforma dello status penale del capo dello Stato e l'invito ad andarci piano con le amnistie degli uomini politici se si pretende di inculcare responsabilità e disciplina ai giovani violenti delle periferie. «Io non ho paura del popolo: non si tratta di punire qualcuno, ma di migliorare le cose», ha ribattuto madame Royal, senza precisare dettagli di una proposta che ha soprattutto il senso di una provocazione elettorale.
Largamente in testa nei sondaggi, considerata da molti come l'unica speranza per la sinistra di battere Sarkozy, la «madonna socialista», come la chiamano con supponenza compagni e avversari, si è avventurata sul terreno della «democrazia d'opinione» che finora ha fatto la fortuna del ministro dell'Interno e del Fronte Nazionale di Jean-Marie Le Pen.
Di fronte alla Francia scontenta, arrabbiata, delusa, che boccia l'Europa e contesta élites e partiti, non sono pochi gli osservatori che parlano di situazione «prerivoluzionaria» e gli studiosi che invocano correttivi istituzionali. Se le maggioranze sono sempre più ristrette, l'ingovernabilità sempre in agguato e la credibilità della politica sempre più in basso, la ricerca di proposte nuove e coraggiose s'impone. Altrimenti, la volontà popolare rischia di essere soffocata dalla democrazia televisiva e dal potere di apparati autoreferenziali.
Sarkozy invoca la «rottura» di un modello politico e sociale condannato all'immobilismo e ha fatto della contestazione delle élites il suo cavallo di battaglia. Madame Royal sostiene un rinnovamento dal basso, costruito sulle realtà locali, sulla partecipazione dei cittadini, sull'«intelligenza collettiva» come strumento di proposta e di azione politica. Entrambi constatano il fossato fra la gente e la politica, la crisi degli elementi di mediazione (giornali, organismi, associazioni, sindacati) e la fortuna mediatica di modelli più attenti alla società civile, cui s'ispirano al di là delle differenze dottrinarie: Zapatero in Spagna e Blair in Gran Bretagna.
Entrambi, non casualmente, devono rispondere al tribunale delle rispettive famiglie politiche dell'accusa di populismo a buon mercato. Ma entrambi, nel grande circo della politica-spettacolo, sono diventati prodotto leader, campioni dei sondaggi, formidabili «grimaldelli» dei rispettivi apparati, aggirati con blog personali, siti internet e moltiplicazione di adesioni online. La corsa per l'Eliseo esaspera naturalmente la ricerca del massimo consenso e il «nomadismo» ideologico li spinge a lanciare messaggi provocatori e non conformisti. La distanza fra responsabilità degli eletti e voce degli elettori resta incerta e ampia.
Ma entrambi sperano di colmarla con una materia sempre più rarefatta, non solo in Francia: il carisma.
Massimo Nava
24 ottobre 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/10_Ottobre/24/nava.shtml