dantes76
18-10-2006, 08:36
11-10-2006
La democrazia viene dopo
Guido Tabellini
La democrazia si sta lentamente diffondendo nel mondo. Dal Medio Oriente all’America Latina e Asia, molte autocrazie stanno compiendo passi graduali verso forme di governo più democratiche e responsabili o sono già divenute democrazie pienamente sviluppate e ben funzionanti. L’amministrazione americana è determinata a consolidare libertà politiche in molti paesi in via di sviluppo sotto la sua sfera di influenza; e in effetti, l’espansione della democrazia è divenuto un caposaldo della politica estera americana.
Democrazia e successo economico
Ci sono molte ragioni per celebrare la corrente ondata democratica. La democrazia è associata a meno ingiustizia e meno abusi, a libertà politiche e civili basilari e a maggior sensibilità del governo verso le vere priorità dei suoi cittadini.
Ma quanto è importante la democrazia per il successo economico?
Non molto, suggerisce l’evidenza empirica. Questo potrebbe apparire sorprendente. Dopo tutto, non è vero che virtualmente tutti i paesi ricchi hanno forme di governo democratiche, mentre quelli più poveri (soprattutto in Africa) non sono democratici? In effetti, ovunque nel mondo, la democrazia è strettamente correlata a un reddito pro-capite più alto.
Ma questa correlazione si perde se si guarda alla dimensione temporale più che a quella spaziale.
I paesi che si aprono alla democrazia, in media, non accelerano la crescita dopo la transizione politica; e viceversa, le democrazie che falliscono e recedono a un sistema autocratico, in media, non peggiorano economicamente rispetto a prima. La correlazione positiva tra reddito e democrazia osservata tra i paesi può essere dovuta a una causalità inversa: la democrazia tende a persistere se un paese diventa più ricco. Inoltre, può essere dovuta a speciali circostanze storiche o culturali: alcune società hanno semplicemente più successo di altre, sia in termini di sviluppo economico sia riguardo alla loro abilità di svilupparsi e di mantenere istituzioni politiche democratiche. Quale che sia la ragione della evidente correlazione positiva tra reddito e democrazia, non deve essere confusa con la causalità. Essere democratico non sembra essere così importante nell’assicurare successo economico.
Certamente, ci sono diversi tipi di transizioni democratiche e raggrupparle tutte insieme sarebbe fuorviante. Una distinzione importante riguarda l’interazione tra il sistema politico e quello economico. Una democrazia nata in un contesto economico aperto, con un sistema di mercato ben funzionante, investimenti esteri diretti diffusi e commercio internazionale abbondante tende a consolidare il liberalismo economico e a stabilizzare le aspettative, portando così a maggiori investimenti e crescita più rapida. Al contrario, se un’economia è strettamente controllata dallo Stato, stabilisce barriere protezionistiche contro le importazioni straniere e contro i movimenti di capitale, o si basa su prestiti provenienti da fonti esauribili per ottenere valuta estera, la transizione verso la democrazia può essere ostacolata dal populismo e da lotte interne per la redistribuzione, fattori che impediscono la crescita economica.
La via cinese. E quella russa
L’evidenza empirica è coerente con l’idea che il successo di una democrazia dipende dall’apertura del sistema economico di base al momento della transizione politica. Nel secondo dopoguerra, gli episodi di maggior successo di transizioni politiche sono stati preceduti da ampie riforme economiche che accrescevano le possibilità di mercato e facilitavano l’integrazione internazionale. Tra i vari esempi, il Cile e la Corea alla fine degli anni Ottanta e il Messico a metà anni Novanta.
Al contrario, quando si è tentata una transizione democratica in un contesto economico chiuso e fragile, il risultato è stato molto peggiore. Ne sono un esempio i tentativi di democratizzazione avviatisi in America Latina e nelle Filippine a metà degli anni Ottanta, ma anche in Turchia agli inizi degli anni Ottanta e in Nepal nel 1990.
Anche il contrasto tra la Cina e la Russia rispecchia bene questo modello. La Cina prima ha aperto il suo sistema economico al resto del mondo, e solo ora sta pensando (un po’ troppo lentamente) alle riforme politiche. La Russia invece si è subito aperta alla democrazia e solo dopo si è preoccupata di sostituire il socialismo con un sistema di mercato. Probabilmente, la Russia non aveva altra scelta, ma la via cinese sembra più consona a consentire un successo economico duraturo.
Questo non significa che la democrazia non sia importante. Ma la sequenza delle riforme è cruciale per avviare o consolidare lo sviluppo economico di successo. E quelle economiche vengono prima di tutto. Quando un sistema di mercato aperto e ben funzionante è stato avviato, la democrazia ha migliori possibilità di portare a una prosperità duratura.
Vi è una ragione fondamentale per cui la sequenza delle riforme è così importante. Per creare un sistema di mercato ben funzionante, lo Stato deve rispettare i diritti individuali basilari: l’eguaglianza di fronte alla legge, i diritti di proprietà, l’attuazione della giustizia. Questi diritti fondamentali sono parte integrante di un governo democratico. Ma quando si avvia uno sviluppo economico, questi diritti fondamentali sono ancor più importanti di altri aspetti prettamente politici della democrazia, come il suffragio universale e una genuina competizione politica.
Ciò è coerente con l’evoluzione della democrazia nell’Occidente nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Nelle democrazie occidentali, è venuto prima il liberalismo economico, poi il liberalismo politico. Le giovani democrazie dei paesi in via di sviluppo, invece, devono far tutto molto più in fretta. Non possono permettersi di restringere il suffragio ai proprietari terrieri o ai cittadini maggiormente educati.
È importante ricordare le lezioni della storia. Le riforme politiche possono aver maggior successo se sono precedute da riforme economiche. Dovremmo insistere sulla necessità che l’Egitto o il Pakistan migliorino il loro sistema di mercato, applichino il principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e aprano le loro economie al commercio internazionale e ai movimenti di capitale. Anche consentire libere elezioni e una vera competizione elettorale è di cruciale importanza, ma questo dovrebbe seguire le riforme economiche, non precederle.
Per saperne di più
F. Giavazzi e G. Tabellini "Economic and political liberalizations", Journal of Monetary Economics, October 2005
http://www.igier.uni-bocconi.it/files/documents/wp/2004/264.pdf
T. Persson e G. Tabellini, "Democracy and Development: The Devil in the Details", American Economic Review, May 2006, forthcoming
http://www.igier.uni-bocconi.it/files/Guido_Tabellini/democracyanddevelopment.pdf
http://www.lavoce.info/news/view.php?cms_pk=2367
La democrazia viene dopo
Guido Tabellini
La democrazia si sta lentamente diffondendo nel mondo. Dal Medio Oriente all’America Latina e Asia, molte autocrazie stanno compiendo passi graduali verso forme di governo più democratiche e responsabili o sono già divenute democrazie pienamente sviluppate e ben funzionanti. L’amministrazione americana è determinata a consolidare libertà politiche in molti paesi in via di sviluppo sotto la sua sfera di influenza; e in effetti, l’espansione della democrazia è divenuto un caposaldo della politica estera americana.
Democrazia e successo economico
Ci sono molte ragioni per celebrare la corrente ondata democratica. La democrazia è associata a meno ingiustizia e meno abusi, a libertà politiche e civili basilari e a maggior sensibilità del governo verso le vere priorità dei suoi cittadini.
Ma quanto è importante la democrazia per il successo economico?
Non molto, suggerisce l’evidenza empirica. Questo potrebbe apparire sorprendente. Dopo tutto, non è vero che virtualmente tutti i paesi ricchi hanno forme di governo democratiche, mentre quelli più poveri (soprattutto in Africa) non sono democratici? In effetti, ovunque nel mondo, la democrazia è strettamente correlata a un reddito pro-capite più alto.
Ma questa correlazione si perde se si guarda alla dimensione temporale più che a quella spaziale.
I paesi che si aprono alla democrazia, in media, non accelerano la crescita dopo la transizione politica; e viceversa, le democrazie che falliscono e recedono a un sistema autocratico, in media, non peggiorano economicamente rispetto a prima. La correlazione positiva tra reddito e democrazia osservata tra i paesi può essere dovuta a una causalità inversa: la democrazia tende a persistere se un paese diventa più ricco. Inoltre, può essere dovuta a speciali circostanze storiche o culturali: alcune società hanno semplicemente più successo di altre, sia in termini di sviluppo economico sia riguardo alla loro abilità di svilupparsi e di mantenere istituzioni politiche democratiche. Quale che sia la ragione della evidente correlazione positiva tra reddito e democrazia, non deve essere confusa con la causalità. Essere democratico non sembra essere così importante nell’assicurare successo economico.
Certamente, ci sono diversi tipi di transizioni democratiche e raggrupparle tutte insieme sarebbe fuorviante. Una distinzione importante riguarda l’interazione tra il sistema politico e quello economico. Una democrazia nata in un contesto economico aperto, con un sistema di mercato ben funzionante, investimenti esteri diretti diffusi e commercio internazionale abbondante tende a consolidare il liberalismo economico e a stabilizzare le aspettative, portando così a maggiori investimenti e crescita più rapida. Al contrario, se un’economia è strettamente controllata dallo Stato, stabilisce barriere protezionistiche contro le importazioni straniere e contro i movimenti di capitale, o si basa su prestiti provenienti da fonti esauribili per ottenere valuta estera, la transizione verso la democrazia può essere ostacolata dal populismo e da lotte interne per la redistribuzione, fattori che impediscono la crescita economica.
La via cinese. E quella russa
L’evidenza empirica è coerente con l’idea che il successo di una democrazia dipende dall’apertura del sistema economico di base al momento della transizione politica. Nel secondo dopoguerra, gli episodi di maggior successo di transizioni politiche sono stati preceduti da ampie riforme economiche che accrescevano le possibilità di mercato e facilitavano l’integrazione internazionale. Tra i vari esempi, il Cile e la Corea alla fine degli anni Ottanta e il Messico a metà anni Novanta.
Al contrario, quando si è tentata una transizione democratica in un contesto economico chiuso e fragile, il risultato è stato molto peggiore. Ne sono un esempio i tentativi di democratizzazione avviatisi in America Latina e nelle Filippine a metà degli anni Ottanta, ma anche in Turchia agli inizi degli anni Ottanta e in Nepal nel 1990.
Anche il contrasto tra la Cina e la Russia rispecchia bene questo modello. La Cina prima ha aperto il suo sistema economico al resto del mondo, e solo ora sta pensando (un po’ troppo lentamente) alle riforme politiche. La Russia invece si è subito aperta alla democrazia e solo dopo si è preoccupata di sostituire il socialismo con un sistema di mercato. Probabilmente, la Russia non aveva altra scelta, ma la via cinese sembra più consona a consentire un successo economico duraturo.
Questo non significa che la democrazia non sia importante. Ma la sequenza delle riforme è cruciale per avviare o consolidare lo sviluppo economico di successo. E quelle economiche vengono prima di tutto. Quando un sistema di mercato aperto e ben funzionante è stato avviato, la democrazia ha migliori possibilità di portare a una prosperità duratura.
Vi è una ragione fondamentale per cui la sequenza delle riforme è così importante. Per creare un sistema di mercato ben funzionante, lo Stato deve rispettare i diritti individuali basilari: l’eguaglianza di fronte alla legge, i diritti di proprietà, l’attuazione della giustizia. Questi diritti fondamentali sono parte integrante di un governo democratico. Ma quando si avvia uno sviluppo economico, questi diritti fondamentali sono ancor più importanti di altri aspetti prettamente politici della democrazia, come il suffragio universale e una genuina competizione politica.
Ciò è coerente con l’evoluzione della democrazia nell’Occidente nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Nelle democrazie occidentali, è venuto prima il liberalismo economico, poi il liberalismo politico. Le giovani democrazie dei paesi in via di sviluppo, invece, devono far tutto molto più in fretta. Non possono permettersi di restringere il suffragio ai proprietari terrieri o ai cittadini maggiormente educati.
È importante ricordare le lezioni della storia. Le riforme politiche possono aver maggior successo se sono precedute da riforme economiche. Dovremmo insistere sulla necessità che l’Egitto o il Pakistan migliorino il loro sistema di mercato, applichino il principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e aprano le loro economie al commercio internazionale e ai movimenti di capitale. Anche consentire libere elezioni e una vera competizione elettorale è di cruciale importanza, ma questo dovrebbe seguire le riforme economiche, non precederle.
Per saperne di più
F. Giavazzi e G. Tabellini "Economic and political liberalizations", Journal of Monetary Economics, October 2005
http://www.igier.uni-bocconi.it/files/documents/wp/2004/264.pdf
T. Persson e G. Tabellini, "Democracy and Development: The Devil in the Details", American Economic Review, May 2006, forthcoming
http://www.igier.uni-bocconi.it/files/Guido_Tabellini/democracyanddevelopment.pdf
http://www.lavoce.info/news/view.php?cms_pk=2367