Window Vista
31-08-2006, 15:41
Ha lavorato su alcune delle più importanti serie di Capcom e oggi è impegnato a rifinire Lost Planet: Extreme Condition, uno dei progetti più ambiziosi del produttore giapponese. Si tratta di Jun Takeuchi: l'abbiamo incontrato in occasione della Games Convention 2006 di Lipsia ed è stato un colpo di fulmine.
Simpatico e alla mano, Takeuchi-san non sembra avere problemi a "parlare fuori dai denti", ma sa farlo davvero con il sorriso sulle labbra. Volete farlo contento? Regalategli una penna!
Nextgame.it: Lost Planet: Extreme Condition è un gioco d'azione inusuale per la tradizione Capcom. Qual è l'idea di base su cui l'avete costruito?
Jun Takeuchi: Abbiamo voluto creare un gioco d'azione che piacesse a un pubblico molto vasto e i temi del gioco sono stati attentamente studiati a tavolino. Essendo una società giapponese, sapevamo cosa piace al pubblico orientale, ma abbiamo voluto avvicinarci anche allo stile occidentale per raggiungere un target più vasto. Abbiamo preso due "ingredienti" molto popolari da noi, come la fantascienza e i mech, e abbiamo cercato modi nuovi per proporli; da qui l'idea di ambientare il gioco in un mondo innevato, qualcosa che non si era forse mai visto prima a questi livelli, e sfruttare tutta la potenza grafica della nuova generazione.
Dal punto di vista della trama, poi, abbiamo lavorato molto per creare un gioco divertente che sapesse comunicare anche un messaggio ben preciso... spero che alla fine del gioco molti giocatori sapranno coglierlo.
Nextgame.it: Lost Planet, insieme a Dead Rising, rappresenta il biglietto da visita di Capcom nella nuova generazione. Come mai avete scelto di puntare su brand nuovi invece di realizzare subito nuovi capitoli dei vostri franchise più conosciuti? Era troppo rischioso lanciarsi in sperimentazioni con giochi amati da milioni di giocatori?
Jun Takeuchi: In realtà sarebbe stato molto meno rischioso scegliere di esordire nella nuova generazione con un Devil May Cry o un Resident Evil: sono giochi molto popolari e avremmo avuto la ragionevole certezza che avrebbero venduto parecchio. Non entrerò in dettagli numerici, ma creare un nuovo gioco rappresenta sempre un grosso investimento, e Capcom ha impegnato capitali ingenti nella creazione di Lost Planet e di Dead Rising, rischiando moltissimo.
Come creatore di giochi, poi, devo dire che è stato bellissimo lavorare a Lost Planet: Capcom non aveva mai realizzato uno sparatutto in senso stretto, e questo ha rappresentato una sfida affascinante per noi. Impegnare tante risorse in Lost Planet può non essere stata la mossa più saggia presa da Capcom nella sua storia, ma con questo gioco abbiamo voluto dare un segnale alla comunità degli sviluppatori giapponesi, abbiamo voluto dimostrare che è possibile inventare cose nuove e puntare a un mercato più ampio.
Nextgame.it: Cosa ne pensi della situazione attuale giapponese, dal punto di vista dello sviluppo?
Jun Takeuchi: Molti produttori giapponesi non vogliono più correre rischi: basta che esca un'idea nuova e si dimostri valida, com'è avvenuto per esempio con Brain Training, e tutti partono a copiarla. Questo nonostante sia chiaro che ognuna di queste "copie" non potrà che realizzare una piccola frazione di quanto ha guadagnato l'originale.
La visione del mercato è molto limitata, si punta solamente ai giocatori "hard core" senza analizzare le possibilità che il mercato offre... insomma, si cerca il guadagno certo, anche se limitato, oppure si punta forte sui franchise già famosi, che rappresentano investimenti più sicuri. Probabilmente tutti pensano che questo non sia un campo capace di generare i profitti di un tempo, e dal punto di vista di noi creatori di giochi questo è molto triste, perché è sempre più raro vedere idee nuove e voglia di sperimentazione.
Per fortuna, il punto di vista di Capcom è diverso: se guardi al mercato globale ti accorgi che ci sono spazi liberi e mercati che possono offrire molte possibilità diverse da quelle che siamo soliti seguire, e c'è la volontà di andare a riempire proprio questi spazi.
Nextgame.it: La demo di Lost Planet pubblicata sul Marketplace di Xbox Live è stata scaricata da oltre 400.000 giocatori. Avere un successo così importante e il relativo feedback durante la lavorazione come cambia, se lo cambia ovviamente, il percorso di sviluppo di un gioco?
Jun Takeuchi: Per il nostro reparto di Ricerca & Sviluppo è stata una grande esperienza, perché abbiamo avuto modo di raccogliere molti commenti. Soprattutto abbiamo capito quanto sia importante cambiare la nostra mentalità e ascoltare con attenzione quello che gli utenti hanno da dire.
La prova è la demo single player presente qui in fiera: è stata variata proprio in base ai commenti dei giocatori, la configurazione dei tasti è diversa, è stato inserito il colpo con il calcio del fucile per liberarsi dei nemici nei combattimenti ravvicinati, è stata variata la posizione di alcuni oggetti e così via. Probabilmente il Marketplace cambierà la "scena" dello sviluppo in generale.
Nextgame.it: Quanto pensi che sia importante Lost Planet per Microsoft in generale, ma soprattuto per risollevare le vendite di Xbox 360 sul mercato giapponese?
Jun Takeuchi: Abbiamo avuto molto supporto da Microsoft, ci hanno sempre fatto capire che Lost Planet è per loro qualcosa di molto, molto speciale. Sicuramente lo sarà per il mercato giapponese: come ho già detto con Lost Planet stiamo cercando di smuovere un po' le acque.
Nextgame.it: La fisica nei giochi è la novità del momento: Half-Life 2 ne ha dimostrate le potenzialità, ma anche i limiti causati da un level design che, per forza di cose, deve sottostare a limiti di estensione. Come avete affrontato la questione in Lost Planet, quando avete dovuto dire "basta" nell'applicazione della fisica in-game?
Jun Takeuchi: È una domanda molto tecnica, ma comprendo il dilemma! (ride). Nessuno degli sviluppatori giapponesi si è impegnato particolarmente sulla fisica fino a oggi, noi stessi per la prima volta abbiamo usato il motore Havok in un nostro gioco con Lost Planet. Utilizzandolo ci siamo resi conto che il motore fisico deve essere uno strumento al servizio della giocabilità, o si rischia che il gioco diventi una demo del motore fisico.
Bisogna decidere dove e come utilizzarlo, applicarlo solo dove serve davvero e non "riempire il gioco" inutilmente. Il punto, comunque, è comprendere che la fisica non è di per sé garanzia di qualità e che il gioco non deve essere costruito attorno ad essa: ci sono ottimi giochi occidentali che la usano moltissimo, ma anche i giochi di Nintendo che vendono milioni di copie senza usarla. Se ci si ricorda che la fisica è uno strumento utile al gioco e non viceversa, non ci sono problemi.
Nextgame.it: Negli ultimi anni abbiamo assistito a una convergenza tra generi, che però ha portato ad approssimazioni di ognuno in giochi più grandi. Credi che con la nuova generazione potremo vedere giochi vastissimi che però abbiano, per esempio, l'accuratezza e la profondità di uno Street Fighter quando viene il momento di menare le mani?
Jun Takeuchi: Tecnicamente parlando è probabilmente possibile già oggi, ma detto questo c'è da domandarsi se sarebbe opportuno dal punto di vista del design. Lost Planet, per esempio, è molto realistico e probabilmente un personaggio di Street Fighter che lancia fireball stonerebbe parecchio! (ride)
Dead Rising, invece, è un esempio di come certi generi possano fondersi in modo convincente. Onestamente, è un gioco che ha sorpreso anche me e i ragazzi del team di ricerca e sviluppo: il fatto è che, quando ci è stato presentato, nemmeno i responsabili dello sviluppo hanno saputo dirci... che genere di gioco fosse! (ride)
Quando si dice "prendersi dei rischi"!
Nextgame.it: Anche Dead Rising è stato accolto con entusiasmo dagli iscritti al Marketplace...
Jun Takeuchi: Una delle cose che più ci hanno sorpresi nel feedback ricevuto per la demo di Dead Rising è stato l'entusiasmo dei giocatori.
C'erano persone che gridavano al capolavoro, e francamente trovo esagerato che si possano usare certe espressioni per una semplice demo, oltretutto basata su un codice nemmeno troppo avanzato! Detto questo, ovviamente i commenti positivi fanno sempre piacere.
Nextgame.it: Hai detto in una recente intervista che il team di Resident Evil 5 è arrivato al punto di poter renderizzare ogni singolo dente del protagonista e ogni muscolo del viso. La domanda sorge spontanea: è veramente necessario investire tante risorse in dettagli simili? Non si rischia, oltretutto, di perdere lo "stile grafico" tipico dei videogiochi in questa ricerca del realismo assoluto?
Jun Takeuchi: Un gioco che mi ha colpito molto è stato The Legend of Zelda: The Wind Waker per GameCube. È incredibile come, utilizzando solo gli occhi stilizzati di Link, si possano trasmettere emozioni... se è felice, se è arrabbiato e così via senza nemmeno un naso o una bocca!
Quello che voglio dire è che sì, la grafica realistica è una cosa importante, ma quello che conta davvero è che i creatori del gioco possano esprimersi liberamente.
Nextgame.it: Prendendo l'esempio di Wind Waker, ha senso, insomma, spendere milioni di dollari in piccoli particolari??
Jun Takeuchi: Se è quello che si vuole ottenere, si hanno abbastanza fondi e non si hanno limitazioni espressive, perché no?
Nextgame.it: Ci è stata concessa un'unica domanda su Resident Evil 5: riguarda la telecamera, che con Resident Evil 4 ha abbandonato l'impostazione classica, che molti giocatori trovavano ormai "vecchia" e farraginosa, per posizionarsi sopra la spalla del protagonista. Visto che manterrete la stessa visuale in Resident Evil 5, supponiamo che il feedback ricevuto sia stato largamente positivo...
Jun Takeuchi: Sì, abbiamo ricevuto apprezzamenti. Originariamente è stata un'idea di Mikami-san in persona: ha proposto la cosa e ci ha chiesto cosa ne pensavamo. E noi tutti ci siamo bloccati e abbiamo detto: "ecco, ne ha inventata un'altra!".
LINK:http://next.videogame.it/html/articolo.php?id=5883
Simpatico e alla mano, Takeuchi-san non sembra avere problemi a "parlare fuori dai denti", ma sa farlo davvero con il sorriso sulle labbra. Volete farlo contento? Regalategli una penna!
Nextgame.it: Lost Planet: Extreme Condition è un gioco d'azione inusuale per la tradizione Capcom. Qual è l'idea di base su cui l'avete costruito?
Jun Takeuchi: Abbiamo voluto creare un gioco d'azione che piacesse a un pubblico molto vasto e i temi del gioco sono stati attentamente studiati a tavolino. Essendo una società giapponese, sapevamo cosa piace al pubblico orientale, ma abbiamo voluto avvicinarci anche allo stile occidentale per raggiungere un target più vasto. Abbiamo preso due "ingredienti" molto popolari da noi, come la fantascienza e i mech, e abbiamo cercato modi nuovi per proporli; da qui l'idea di ambientare il gioco in un mondo innevato, qualcosa che non si era forse mai visto prima a questi livelli, e sfruttare tutta la potenza grafica della nuova generazione.
Dal punto di vista della trama, poi, abbiamo lavorato molto per creare un gioco divertente che sapesse comunicare anche un messaggio ben preciso... spero che alla fine del gioco molti giocatori sapranno coglierlo.
Nextgame.it: Lost Planet, insieme a Dead Rising, rappresenta il biglietto da visita di Capcom nella nuova generazione. Come mai avete scelto di puntare su brand nuovi invece di realizzare subito nuovi capitoli dei vostri franchise più conosciuti? Era troppo rischioso lanciarsi in sperimentazioni con giochi amati da milioni di giocatori?
Jun Takeuchi: In realtà sarebbe stato molto meno rischioso scegliere di esordire nella nuova generazione con un Devil May Cry o un Resident Evil: sono giochi molto popolari e avremmo avuto la ragionevole certezza che avrebbero venduto parecchio. Non entrerò in dettagli numerici, ma creare un nuovo gioco rappresenta sempre un grosso investimento, e Capcom ha impegnato capitali ingenti nella creazione di Lost Planet e di Dead Rising, rischiando moltissimo.
Come creatore di giochi, poi, devo dire che è stato bellissimo lavorare a Lost Planet: Capcom non aveva mai realizzato uno sparatutto in senso stretto, e questo ha rappresentato una sfida affascinante per noi. Impegnare tante risorse in Lost Planet può non essere stata la mossa più saggia presa da Capcom nella sua storia, ma con questo gioco abbiamo voluto dare un segnale alla comunità degli sviluppatori giapponesi, abbiamo voluto dimostrare che è possibile inventare cose nuove e puntare a un mercato più ampio.
Nextgame.it: Cosa ne pensi della situazione attuale giapponese, dal punto di vista dello sviluppo?
Jun Takeuchi: Molti produttori giapponesi non vogliono più correre rischi: basta che esca un'idea nuova e si dimostri valida, com'è avvenuto per esempio con Brain Training, e tutti partono a copiarla. Questo nonostante sia chiaro che ognuna di queste "copie" non potrà che realizzare una piccola frazione di quanto ha guadagnato l'originale.
La visione del mercato è molto limitata, si punta solamente ai giocatori "hard core" senza analizzare le possibilità che il mercato offre... insomma, si cerca il guadagno certo, anche se limitato, oppure si punta forte sui franchise già famosi, che rappresentano investimenti più sicuri. Probabilmente tutti pensano che questo non sia un campo capace di generare i profitti di un tempo, e dal punto di vista di noi creatori di giochi questo è molto triste, perché è sempre più raro vedere idee nuove e voglia di sperimentazione.
Per fortuna, il punto di vista di Capcom è diverso: se guardi al mercato globale ti accorgi che ci sono spazi liberi e mercati che possono offrire molte possibilità diverse da quelle che siamo soliti seguire, e c'è la volontà di andare a riempire proprio questi spazi.
Nextgame.it: La demo di Lost Planet pubblicata sul Marketplace di Xbox Live è stata scaricata da oltre 400.000 giocatori. Avere un successo così importante e il relativo feedback durante la lavorazione come cambia, se lo cambia ovviamente, il percorso di sviluppo di un gioco?
Jun Takeuchi: Per il nostro reparto di Ricerca & Sviluppo è stata una grande esperienza, perché abbiamo avuto modo di raccogliere molti commenti. Soprattutto abbiamo capito quanto sia importante cambiare la nostra mentalità e ascoltare con attenzione quello che gli utenti hanno da dire.
La prova è la demo single player presente qui in fiera: è stata variata proprio in base ai commenti dei giocatori, la configurazione dei tasti è diversa, è stato inserito il colpo con il calcio del fucile per liberarsi dei nemici nei combattimenti ravvicinati, è stata variata la posizione di alcuni oggetti e così via. Probabilmente il Marketplace cambierà la "scena" dello sviluppo in generale.
Nextgame.it: Quanto pensi che sia importante Lost Planet per Microsoft in generale, ma soprattuto per risollevare le vendite di Xbox 360 sul mercato giapponese?
Jun Takeuchi: Abbiamo avuto molto supporto da Microsoft, ci hanno sempre fatto capire che Lost Planet è per loro qualcosa di molto, molto speciale. Sicuramente lo sarà per il mercato giapponese: come ho già detto con Lost Planet stiamo cercando di smuovere un po' le acque.
Nextgame.it: La fisica nei giochi è la novità del momento: Half-Life 2 ne ha dimostrate le potenzialità, ma anche i limiti causati da un level design che, per forza di cose, deve sottostare a limiti di estensione. Come avete affrontato la questione in Lost Planet, quando avete dovuto dire "basta" nell'applicazione della fisica in-game?
Jun Takeuchi: È una domanda molto tecnica, ma comprendo il dilemma! (ride). Nessuno degli sviluppatori giapponesi si è impegnato particolarmente sulla fisica fino a oggi, noi stessi per la prima volta abbiamo usato il motore Havok in un nostro gioco con Lost Planet. Utilizzandolo ci siamo resi conto che il motore fisico deve essere uno strumento al servizio della giocabilità, o si rischia che il gioco diventi una demo del motore fisico.
Bisogna decidere dove e come utilizzarlo, applicarlo solo dove serve davvero e non "riempire il gioco" inutilmente. Il punto, comunque, è comprendere che la fisica non è di per sé garanzia di qualità e che il gioco non deve essere costruito attorno ad essa: ci sono ottimi giochi occidentali che la usano moltissimo, ma anche i giochi di Nintendo che vendono milioni di copie senza usarla. Se ci si ricorda che la fisica è uno strumento utile al gioco e non viceversa, non ci sono problemi.
Nextgame.it: Negli ultimi anni abbiamo assistito a una convergenza tra generi, che però ha portato ad approssimazioni di ognuno in giochi più grandi. Credi che con la nuova generazione potremo vedere giochi vastissimi che però abbiano, per esempio, l'accuratezza e la profondità di uno Street Fighter quando viene il momento di menare le mani?
Jun Takeuchi: Tecnicamente parlando è probabilmente possibile già oggi, ma detto questo c'è da domandarsi se sarebbe opportuno dal punto di vista del design. Lost Planet, per esempio, è molto realistico e probabilmente un personaggio di Street Fighter che lancia fireball stonerebbe parecchio! (ride)
Dead Rising, invece, è un esempio di come certi generi possano fondersi in modo convincente. Onestamente, è un gioco che ha sorpreso anche me e i ragazzi del team di ricerca e sviluppo: il fatto è che, quando ci è stato presentato, nemmeno i responsabili dello sviluppo hanno saputo dirci... che genere di gioco fosse! (ride)
Quando si dice "prendersi dei rischi"!
Nextgame.it: Anche Dead Rising è stato accolto con entusiasmo dagli iscritti al Marketplace...
Jun Takeuchi: Una delle cose che più ci hanno sorpresi nel feedback ricevuto per la demo di Dead Rising è stato l'entusiasmo dei giocatori.
C'erano persone che gridavano al capolavoro, e francamente trovo esagerato che si possano usare certe espressioni per una semplice demo, oltretutto basata su un codice nemmeno troppo avanzato! Detto questo, ovviamente i commenti positivi fanno sempre piacere.
Nextgame.it: Hai detto in una recente intervista che il team di Resident Evil 5 è arrivato al punto di poter renderizzare ogni singolo dente del protagonista e ogni muscolo del viso. La domanda sorge spontanea: è veramente necessario investire tante risorse in dettagli simili? Non si rischia, oltretutto, di perdere lo "stile grafico" tipico dei videogiochi in questa ricerca del realismo assoluto?
Jun Takeuchi: Un gioco che mi ha colpito molto è stato The Legend of Zelda: The Wind Waker per GameCube. È incredibile come, utilizzando solo gli occhi stilizzati di Link, si possano trasmettere emozioni... se è felice, se è arrabbiato e così via senza nemmeno un naso o una bocca!
Quello che voglio dire è che sì, la grafica realistica è una cosa importante, ma quello che conta davvero è che i creatori del gioco possano esprimersi liberamente.
Nextgame.it: Prendendo l'esempio di Wind Waker, ha senso, insomma, spendere milioni di dollari in piccoli particolari??
Jun Takeuchi: Se è quello che si vuole ottenere, si hanno abbastanza fondi e non si hanno limitazioni espressive, perché no?
Nextgame.it: Ci è stata concessa un'unica domanda su Resident Evil 5: riguarda la telecamera, che con Resident Evil 4 ha abbandonato l'impostazione classica, che molti giocatori trovavano ormai "vecchia" e farraginosa, per posizionarsi sopra la spalla del protagonista. Visto che manterrete la stessa visuale in Resident Evil 5, supponiamo che il feedback ricevuto sia stato largamente positivo...
Jun Takeuchi: Sì, abbiamo ricevuto apprezzamenti. Originariamente è stata un'idea di Mikami-san in persona: ha proposto la cosa e ci ha chiesto cosa ne pensavamo. E noi tutti ci siamo bloccati e abbiamo detto: "ecco, ne ha inventata un'altra!".
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