schizzobau
24-08-2006, 16:17
Mentre ero in vacanza ho letto un articolo della stampa che mi ha incuriosito molto. oggi mi è venuto in mente e mi sono messo a cercarlo su internet, ecco qui il testo:
<<Eravamo sulla Luna scortati da un Ufo>>
MISTERI DELLO SPAZIO A 37 ANNI DALLO SBARCO SULLA LUNA L’EQUIPAGGIO DELL’APOLLO 11 RIVELA DETTAGLI SORPRENDENTI
di Vittorio Sabadin
Trentasette anni fa, esattamente in questi giorni, milioni di persone in tutto il mondo affollavano i bar per seguire da preistoriche tv in bianco e nero l’avventura dell’Apollo 11, la capsula che avrebbe portato l’uomo sulla Luna. Coperte dalle voci dei commentatori, si udivano sullo sfondo le incomprensibili comunicazioni tra la base di Houston e i tre astronauti nella navicella: Neil Armstrong, Edward «Buzz» Aldrin e Michael Collins. Due frasi, scambiate il 19 luglio, poco prima dello sbarco, erano sembrate a tutti i tecnici che seguivano la missione una normale richiesta di informazioni, ma nascondevano un segreto che Aldrin ha rivelato solo adesso: l’Apollo 11 non era solo nello spazio.
L’equipaggio chiese alla base dove si trovasse rispetto a loro l’S-IVB, il terzo modulo del razzo che li aveva spinti verso la Luna. Dopo qualche minuto, Houston rispose che si trovava a 6000 miglia nautiche, circa 11 mila chilometri. «Non poteva dunque essere quello - ha rivelato Aldrin - il grande oggetto che vedevamo dall’oblò ad una certa distanza da noi. Era a forma di anello e si muoveva ad ellissi. Collins decise di guardarlo meglio con un cannocchiale, non era sicuramente il nostro razzo».
I tre astronauti decisero di non comunicare altro alla base, e di parlarne solo al loro ritorno in un briefing riservato. «Che cosa potevamo fare? - ha spiegato Aldrin -. Dovevamo metterci a gridare “ragazzi, c’è qualcosa che si muove qui di fianco, avete idea di che cosa possa essere?” Molta gente ascoltava le comunicazioni tra noi e Houston, gente di tutti i tipi. Temevamo che qualcuno potesse chiedere di annullare la missione, a causa di una minaccia aliena o per qualunque altra stupida ragione. Così decidemmo solo di informarci per precauzione su dove si trovasse l’S-IVB».
Tornati sulla Terra, accolti dal presidente americano Richard Nixon a bordo della portaerei Hornet, gli astronauti raccontarono le fasi dell’avvistamento ai responsabili della missione. La Nasa decise di non renderle pubbliche. Il dottor David Baker, all’epoca Senior Scientist dell’Apollo 11, ha spiegato che l’Agenzia spaziale americana, temendo il ridicolo, aveva vincolato l’equipaggio al segreto. «Molti tecnici della Nasa si sono convinti che gli Ufo esistono - ha detto Baker - e questo ha spinto ancora di più l’agenzia ad una politica di segretezza. Nessuno riuscì a scoprire che cosa fosse l’oggetto che quelli dell’Apollo 11 avevano visto, ma è certo che questi avvistamenti non erano rari fino dai tempi dei primi viaggi in orbita: molti equipaggi avevano incontrato oggetti strani».
Anche se il nome di Neil Armstrong è rimasto nella memoria di tutti come quello dell’eroe della missione, il primo uomo a mettere piede sulla Luna, in realtà il vero protagonista di Apollo 11 fu Edwin Buzz Aldrin, colonnello dell’aviazione americana, discendente da una famiglia svedese di fabbri e predestinato ai voli sul nostro satellite dal cognome della madre: Moon. Ci sono pochissime foto di Armstrong sulla Luna, ma ce ne sono moltissime di Aldrin, che molti appassionati dei misteri lunari accusano adesso di non avere raccontato tutta la verità. Basta fare una ricerca sul web con Google o Yahoo per rendersi conto di quante persone nel mondo siano convinte che, anche dopo l’allunaggio, «c’era qualcosa di strano là fuori».
La convinzione nasce da presunte intercettazioni delle comunicazioni fra gli astronauti e la Nasa, fatta da radioamatori a terra. Sceso sul suolo lunare, Armstrong affermò di vedere una intensa luce che proveniva da un cratere. La comunicazione si sarebbe interrotta bruscamente, ma non per le decine di persone che la intercettavano da casa. «Che cosa sono? Che cosa sono? Potete dirci che cosa sono? - avrebbero continuato Armstrong e Aldrin -. Oh Dio, non ci credereste. Siamo qui, stiamo tutti bene, ma abbiamo dei visitors. Vi dico che ci sono altre navi spaziali qui e sono tutte allineate al bordo del cratere».
Di questa flotta galattica non c’è traccia nelle foto e nei filmati che la Nasa ha reso pubblici. Qualcosa dovrebbe potersi vedere negli altri documenti video, custoditi nei National Archives, ma - giusto perché il mistero degli Ufo lunari possa continuare ad affascinarci senza essere smentito -, dei 700 nastri della missione ne sono misteriosamente spariti 698 e l’unica macchina rimasta in grado di trasmetterli non esiste più: era conservata al Goddard Space Flight Center’s Data Evaluation Lab, chiuso e smantellato per mancanza di fondi.
(http://ufoonline.altervista.org/primo75.htm)
Come se non bastasse poco tempo dopo ho visto al TG una notizia simile a questa:
Antibufala: quei video "persi" dello sbarco sulla Luna
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "carlabertin**** " e "lsalvagg". L'articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale.
Dopo settimane che se ne parla nei siti specializzati, finalmente la notizia approda ai media generalisti, ovviamente storpiata strada facendo: la NASA ha perso le registrazioni dello sbarco sulla Luna, dice Repubblica. Esultano i complottisti, quelli che credono che lo sbarco sulla Luna sia stato girato in uno studio cinematografico a fini propagandistici (teoria ampiamente sbufalata qui): è la prova che alla NASA vogliono nascondere un documento che smaschererebbe la messinscena.
In realtà le cose stanno ben diversamente. Seguitemi un attimo: ci vuole un preambolo tecnico.
E' la notte fra il 20 e 21 luglio del 1969. Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono i primi uomini a sbarcare sulla Luna nel LEM (modulo lunare) dell'Apollo 11. La sfida tecnica di farli arrivare fin lì, e di far vedere al mondo l'evento in diretta televisiva, usando la tecnologia dell'epoca, è davvero notevole.
La Luna è a 400.000 chilometri di distanza e gli astronauti hanno a disposizione un trasmettitore TV alimentato a batterie e con un'antennina parabolica da un metro di diametro (le missioni successive adotteranno una parabola più grande, che però richiede mezz'ora di montaggio, ma il primo sbarco è una missione "mordi e fuggi": due ore e mezza di passeggiata sulla Luna e poi si riparte). Il segnale che arriva sulla Terra è debolissimo e gli ingegneri devono fare i salti mortali per riuscire nell'impresa di trasmettere e ricevere le immagini storiche.
Per farcela con la tecnologia analogica dell'epoca, ricorrono a una serie di compromessi qualitativi: bianco e nero anziché colore, immagini a 320 linee di risoluzione anziché le 525 dello standard televisivo NTSC statunitense, e dieci fotogrammi al secondo invece dei normali 30.
Questo però produce un segnale televisivo fuori standard, che occorre convertire al formato televisivo normale. Poiché manca la tecnologia elettronica che oggi consideriamo banale, la conversione viene fatta presso le stazioni riceventi terrestri alla buona, ossia puntando una telecamera speciale verso un monitor che mostra le immagini fuori standard ricevute dalla Luna (un metodo simile a quello usato oggi dai pirati cinematografici più scadenti, che riprendono con la videocamera lo schermo del cinema durante la proiezione).
Fatto questo, il segnale è pronto per la distribuzione via satellite in tutto il mondo, o perlomeno nei paesi che usano lo standard NTSC, perché gli altri dovranno subire un'ulteriore conversione.
Tutto questo meccanismo e la catena di ritrasmissioni comportano un'ovvia perdita di qualità, come in ogni processo analogico, per cui le immagini effettivamente ricevute dalla Luna tramite le grandi antenne di Goldstone (California) Honeysuckle Creek e Parkes (Australia) sono molto, molto più nitide di quelle che arrivano alla fine sugli schermi dei telespettatori.
Di conseguenza, la NASA decide di registrare il tutto direttamente presso i centri di ricezione, usando un apposito videoregistratore in grado di registrare il segnale fuori standard che arriva dalla Luna: bobine di nastro da un pollice che durano quindici minuti l'una. Queste bobine, se decodificate con un apposito lettore, offrirebbero una visione molto più nitida dello sbarco rispetto a quella che siamo abituati a vederci proporre.
Per esempio, accanto al titolo di quest'articolo vedete la stessa immagine nelle condizioni nelle quali è arrivata a Houston (a sinistra) e nelle condizioni originali (a destra, tratta da una foto del monitor a Honeysuckle Creek): cliccate sull'immagine per ingrandirla. La differenza, come noterete, è enorme.
Fine del preambolo. Sono questi i nastri che la NASA ha "perso", o meglio archiviato malamente, nel senso che non sono stati buttati via: sono in archivio, ma non si sa dove di preciso. Non sono filmati inediti, ma semplicemente versioni ad alta qualità delle riprese sgranate già viste e pubblicamente disponibili. In tutto si tratta di circa 700 bobine scatole di bobine riguardanti varie missioni.
Il problema non è soltanto scoprire dove sono finiti, ma di farlo in tempo utile. Le bobine di nastro magnetico non durano in eterno, e sono passati già quasi quarant'anni. Cosa più preoccupante, siccome sono nastri registrati in formati fuori standard, occorre un lettore su misura: e al mondo ce n'è uno solo, un cimelio vecchio appunto di quasi quarant'anni, presso il Data Evaluation Lab (DEL) al centro spaziale di Goddard, nel Maryland (Stati Uniti). Ma il DEL chiuderà i battenti a ottobre 2006, se le autorità competenti non cambiano idea. Da qui nasce l'idea dei ricercatori, quasi tutti ex dipendenti NASA, di rendere pubblica la loro caccia ai nastri, che procede da vari anni, nella speranza di convincere le autorità a finanziare ancora il DEL e fornire risorse e permessi per la ricerca degli storici nastri originali.
In attesa che vengano recuperate le bobine (due sono già state trovate), ci sono gli spezzoni girati amatorialmente riprendendo un monitor presso la stazione ricevente di Honeysuckle Creek su pellicola superotto (ve la ricordate?) dal tecnico video Ed von Renouard. Se vi interessa saperne di più e fare un tuffo affascinante nella tecnologia retrò, visitate Honeysucklecreek.net e leggetevi il resoconto (PDF, in inglese) della caccia alle irripetibili bobine, con gli esempi fotografici di quale documento storico rischiamo di perdere per sempre.
Nonostante quello che dice Repubblica, non si tratta comunque di "prove presumibilmente inconfutabili dell'allunaggio". La qualità delle registrazioni attualmente disperse è buona e storicamente preziosissima, ma non è certo tale da mettere a tacere i complottisti: hanno troppi libri pieni di scempiaggini da vendere a chi è troppo pigro per studiare e documentarsi su come funziona realmente la tecnologia spaziale.
Trovate ulteriori notizie su questa vicenda presso la BBC, che offre anche un filmato (formato Real) con interviste ai responsabili della ricerca e indice che le bobine potrebbero in tutto essere addirittura tredicimila (includendo forse anche quelle della telemetria oltre a quelle video).
Sono rientrato ricaricato dalle vacanze, per cui scatenatevi pure coi commenti: prima, però, vi prego di evitarmi troppe ripetizioni leggendo le mie risposte alle teorie "lunatiche" più diffuse. E se vi va, giocate anche voi al quiz della bandiera.
Aggiornamento (2006/08/19)
Un articolo di Forbes chiarisce e ridimensiona i termini del problema: finora la caccia ai nastri è stata condotta in modo amatoriale e non ufficiale. Ora, grazie alla segnalazione nei media, la Nasa ha avviato una ricerca formale dei nastri originali. La loro localizzazione più probabile è l'enorme archivio del Goddard Space Flight Center a Greenbelt, nel Maryland. Secondo uno dei ricercatori, la caccia si dovrebbe concludere entro non più di sei mesi usando cinque addetti. E' soltanto questione di seguire la traccia cartacea, che in quasi quarant'anni s'è fatta piuttosto lunga e contorta.
(http://attivissimo.blogspot.com/2006/08/antibufala-persi-i-video-della-luna.html)
(clicca sui quote per i link)
<<Eravamo sulla Luna scortati da un Ufo>>
MISTERI DELLO SPAZIO A 37 ANNI DALLO SBARCO SULLA LUNA L’EQUIPAGGIO DELL’APOLLO 11 RIVELA DETTAGLI SORPRENDENTI
di Vittorio Sabadin
Trentasette anni fa, esattamente in questi giorni, milioni di persone in tutto il mondo affollavano i bar per seguire da preistoriche tv in bianco e nero l’avventura dell’Apollo 11, la capsula che avrebbe portato l’uomo sulla Luna. Coperte dalle voci dei commentatori, si udivano sullo sfondo le incomprensibili comunicazioni tra la base di Houston e i tre astronauti nella navicella: Neil Armstrong, Edward «Buzz» Aldrin e Michael Collins. Due frasi, scambiate il 19 luglio, poco prima dello sbarco, erano sembrate a tutti i tecnici che seguivano la missione una normale richiesta di informazioni, ma nascondevano un segreto che Aldrin ha rivelato solo adesso: l’Apollo 11 non era solo nello spazio.
L’equipaggio chiese alla base dove si trovasse rispetto a loro l’S-IVB, il terzo modulo del razzo che li aveva spinti verso la Luna. Dopo qualche minuto, Houston rispose che si trovava a 6000 miglia nautiche, circa 11 mila chilometri. «Non poteva dunque essere quello - ha rivelato Aldrin - il grande oggetto che vedevamo dall’oblò ad una certa distanza da noi. Era a forma di anello e si muoveva ad ellissi. Collins decise di guardarlo meglio con un cannocchiale, non era sicuramente il nostro razzo».
I tre astronauti decisero di non comunicare altro alla base, e di parlarne solo al loro ritorno in un briefing riservato. «Che cosa potevamo fare? - ha spiegato Aldrin -. Dovevamo metterci a gridare “ragazzi, c’è qualcosa che si muove qui di fianco, avete idea di che cosa possa essere?” Molta gente ascoltava le comunicazioni tra noi e Houston, gente di tutti i tipi. Temevamo che qualcuno potesse chiedere di annullare la missione, a causa di una minaccia aliena o per qualunque altra stupida ragione. Così decidemmo solo di informarci per precauzione su dove si trovasse l’S-IVB».
Tornati sulla Terra, accolti dal presidente americano Richard Nixon a bordo della portaerei Hornet, gli astronauti raccontarono le fasi dell’avvistamento ai responsabili della missione. La Nasa decise di non renderle pubbliche. Il dottor David Baker, all’epoca Senior Scientist dell’Apollo 11, ha spiegato che l’Agenzia spaziale americana, temendo il ridicolo, aveva vincolato l’equipaggio al segreto. «Molti tecnici della Nasa si sono convinti che gli Ufo esistono - ha detto Baker - e questo ha spinto ancora di più l’agenzia ad una politica di segretezza. Nessuno riuscì a scoprire che cosa fosse l’oggetto che quelli dell’Apollo 11 avevano visto, ma è certo che questi avvistamenti non erano rari fino dai tempi dei primi viaggi in orbita: molti equipaggi avevano incontrato oggetti strani».
Anche se il nome di Neil Armstrong è rimasto nella memoria di tutti come quello dell’eroe della missione, il primo uomo a mettere piede sulla Luna, in realtà il vero protagonista di Apollo 11 fu Edwin Buzz Aldrin, colonnello dell’aviazione americana, discendente da una famiglia svedese di fabbri e predestinato ai voli sul nostro satellite dal cognome della madre: Moon. Ci sono pochissime foto di Armstrong sulla Luna, ma ce ne sono moltissime di Aldrin, che molti appassionati dei misteri lunari accusano adesso di non avere raccontato tutta la verità. Basta fare una ricerca sul web con Google o Yahoo per rendersi conto di quante persone nel mondo siano convinte che, anche dopo l’allunaggio, «c’era qualcosa di strano là fuori».
La convinzione nasce da presunte intercettazioni delle comunicazioni fra gli astronauti e la Nasa, fatta da radioamatori a terra. Sceso sul suolo lunare, Armstrong affermò di vedere una intensa luce che proveniva da un cratere. La comunicazione si sarebbe interrotta bruscamente, ma non per le decine di persone che la intercettavano da casa. «Che cosa sono? Che cosa sono? Potete dirci che cosa sono? - avrebbero continuato Armstrong e Aldrin -. Oh Dio, non ci credereste. Siamo qui, stiamo tutti bene, ma abbiamo dei visitors. Vi dico che ci sono altre navi spaziali qui e sono tutte allineate al bordo del cratere».
Di questa flotta galattica non c’è traccia nelle foto e nei filmati che la Nasa ha reso pubblici. Qualcosa dovrebbe potersi vedere negli altri documenti video, custoditi nei National Archives, ma - giusto perché il mistero degli Ufo lunari possa continuare ad affascinarci senza essere smentito -, dei 700 nastri della missione ne sono misteriosamente spariti 698 e l’unica macchina rimasta in grado di trasmetterli non esiste più: era conservata al Goddard Space Flight Center’s Data Evaluation Lab, chiuso e smantellato per mancanza di fondi.
(http://ufoonline.altervista.org/primo75.htm)
Come se non bastasse poco tempo dopo ho visto al TG una notizia simile a questa:
Antibufala: quei video "persi" dello sbarco sulla Luna
Questo articolo vi arriva grazie alle gentili donazioni di "carlabertin**** " e "lsalvagg". L'articolo è stato aggiornato dopo la sua pubblicazione iniziale.
Dopo settimane che se ne parla nei siti specializzati, finalmente la notizia approda ai media generalisti, ovviamente storpiata strada facendo: la NASA ha perso le registrazioni dello sbarco sulla Luna, dice Repubblica. Esultano i complottisti, quelli che credono che lo sbarco sulla Luna sia stato girato in uno studio cinematografico a fini propagandistici (teoria ampiamente sbufalata qui): è la prova che alla NASA vogliono nascondere un documento che smaschererebbe la messinscena.
In realtà le cose stanno ben diversamente. Seguitemi un attimo: ci vuole un preambolo tecnico.
E' la notte fra il 20 e 21 luglio del 1969. Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono i primi uomini a sbarcare sulla Luna nel LEM (modulo lunare) dell'Apollo 11. La sfida tecnica di farli arrivare fin lì, e di far vedere al mondo l'evento in diretta televisiva, usando la tecnologia dell'epoca, è davvero notevole.
La Luna è a 400.000 chilometri di distanza e gli astronauti hanno a disposizione un trasmettitore TV alimentato a batterie e con un'antennina parabolica da un metro di diametro (le missioni successive adotteranno una parabola più grande, che però richiede mezz'ora di montaggio, ma il primo sbarco è una missione "mordi e fuggi": due ore e mezza di passeggiata sulla Luna e poi si riparte). Il segnale che arriva sulla Terra è debolissimo e gli ingegneri devono fare i salti mortali per riuscire nell'impresa di trasmettere e ricevere le immagini storiche.
Per farcela con la tecnologia analogica dell'epoca, ricorrono a una serie di compromessi qualitativi: bianco e nero anziché colore, immagini a 320 linee di risoluzione anziché le 525 dello standard televisivo NTSC statunitense, e dieci fotogrammi al secondo invece dei normali 30.
Questo però produce un segnale televisivo fuori standard, che occorre convertire al formato televisivo normale. Poiché manca la tecnologia elettronica che oggi consideriamo banale, la conversione viene fatta presso le stazioni riceventi terrestri alla buona, ossia puntando una telecamera speciale verso un monitor che mostra le immagini fuori standard ricevute dalla Luna (un metodo simile a quello usato oggi dai pirati cinematografici più scadenti, che riprendono con la videocamera lo schermo del cinema durante la proiezione).
Fatto questo, il segnale è pronto per la distribuzione via satellite in tutto il mondo, o perlomeno nei paesi che usano lo standard NTSC, perché gli altri dovranno subire un'ulteriore conversione.
Tutto questo meccanismo e la catena di ritrasmissioni comportano un'ovvia perdita di qualità, come in ogni processo analogico, per cui le immagini effettivamente ricevute dalla Luna tramite le grandi antenne di Goldstone (California) Honeysuckle Creek e Parkes (Australia) sono molto, molto più nitide di quelle che arrivano alla fine sugli schermi dei telespettatori.
Di conseguenza, la NASA decide di registrare il tutto direttamente presso i centri di ricezione, usando un apposito videoregistratore in grado di registrare il segnale fuori standard che arriva dalla Luna: bobine di nastro da un pollice che durano quindici minuti l'una. Queste bobine, se decodificate con un apposito lettore, offrirebbero una visione molto più nitida dello sbarco rispetto a quella che siamo abituati a vederci proporre.
Per esempio, accanto al titolo di quest'articolo vedete la stessa immagine nelle condizioni nelle quali è arrivata a Houston (a sinistra) e nelle condizioni originali (a destra, tratta da una foto del monitor a Honeysuckle Creek): cliccate sull'immagine per ingrandirla. La differenza, come noterete, è enorme.
Fine del preambolo. Sono questi i nastri che la NASA ha "perso", o meglio archiviato malamente, nel senso che non sono stati buttati via: sono in archivio, ma non si sa dove di preciso. Non sono filmati inediti, ma semplicemente versioni ad alta qualità delle riprese sgranate già viste e pubblicamente disponibili. In tutto si tratta di circa 700 bobine scatole di bobine riguardanti varie missioni.
Il problema non è soltanto scoprire dove sono finiti, ma di farlo in tempo utile. Le bobine di nastro magnetico non durano in eterno, e sono passati già quasi quarant'anni. Cosa più preoccupante, siccome sono nastri registrati in formati fuori standard, occorre un lettore su misura: e al mondo ce n'è uno solo, un cimelio vecchio appunto di quasi quarant'anni, presso il Data Evaluation Lab (DEL) al centro spaziale di Goddard, nel Maryland (Stati Uniti). Ma il DEL chiuderà i battenti a ottobre 2006, se le autorità competenti non cambiano idea. Da qui nasce l'idea dei ricercatori, quasi tutti ex dipendenti NASA, di rendere pubblica la loro caccia ai nastri, che procede da vari anni, nella speranza di convincere le autorità a finanziare ancora il DEL e fornire risorse e permessi per la ricerca degli storici nastri originali.
In attesa che vengano recuperate le bobine (due sono già state trovate), ci sono gli spezzoni girati amatorialmente riprendendo un monitor presso la stazione ricevente di Honeysuckle Creek su pellicola superotto (ve la ricordate?) dal tecnico video Ed von Renouard. Se vi interessa saperne di più e fare un tuffo affascinante nella tecnologia retrò, visitate Honeysucklecreek.net e leggetevi il resoconto (PDF, in inglese) della caccia alle irripetibili bobine, con gli esempi fotografici di quale documento storico rischiamo di perdere per sempre.
Nonostante quello che dice Repubblica, non si tratta comunque di "prove presumibilmente inconfutabili dell'allunaggio". La qualità delle registrazioni attualmente disperse è buona e storicamente preziosissima, ma non è certo tale da mettere a tacere i complottisti: hanno troppi libri pieni di scempiaggini da vendere a chi è troppo pigro per studiare e documentarsi su come funziona realmente la tecnologia spaziale.
Trovate ulteriori notizie su questa vicenda presso la BBC, che offre anche un filmato (formato Real) con interviste ai responsabili della ricerca e indice che le bobine potrebbero in tutto essere addirittura tredicimila (includendo forse anche quelle della telemetria oltre a quelle video).
Sono rientrato ricaricato dalle vacanze, per cui scatenatevi pure coi commenti: prima, però, vi prego di evitarmi troppe ripetizioni leggendo le mie risposte alle teorie "lunatiche" più diffuse. E se vi va, giocate anche voi al quiz della bandiera.
Aggiornamento (2006/08/19)
Un articolo di Forbes chiarisce e ridimensiona i termini del problema: finora la caccia ai nastri è stata condotta in modo amatoriale e non ufficiale. Ora, grazie alla segnalazione nei media, la Nasa ha avviato una ricerca formale dei nastri originali. La loro localizzazione più probabile è l'enorme archivio del Goddard Space Flight Center a Greenbelt, nel Maryland. Secondo uno dei ricercatori, la caccia si dovrebbe concludere entro non più di sei mesi usando cinque addetti. E' soltanto questione di seguire la traccia cartacea, che in quasi quarant'anni s'è fatta piuttosto lunga e contorta.
(http://attivissimo.blogspot.com/2006/08/antibufala-persi-i-video-della-luna.html)
(clicca sui quote per i link)