Ewigen
08-08-2006, 11:49
I crimini gravi nelle grandi città sono aumentati più rapidamente dal 1994 al 2006 che nei sessant'anni precedenti Una media di 30 omicidi ogni 100mila abitanti. Il 42% delle uccisioni con armi da fuoco a livello mondiale avviene qui
America Latina: la violenza urbana come una guerra
Tra le cause, le disparità sociali e la corruzione della polizia. In Messico la piaga dei sequestri express: l'ostaggio tenuto in un'auto per il tempo necessario a procurare il riscatto, altrimenti scattano le mutilazioni
[Avvenire] «Mio figlio? L'ho mandato negli Stati Uniti. Un po' per studiare, ma soprattutto per metterlo al sicuro. Perché, sembra incredibile, ma si registravano meno morti e rapiti durante la guerra civile che adesso», racconta rassegnato Esteban Castro, un medico di 37 anni che esercita a San Salvador. Dal Salvador al Messico, dalla Colombia, al Venezuela al Brasile, il continente è in preda a un'emergenza che ogni anno uccide più dell'alcol, dell'Aids, e dell'alta velocità sulle strade messe insieme: la violenza urbana indiscriminata.
È una vera guerra civile dimenticata. Non si vogliono spaventare i turisti, non si vuol dire che l'impunità e la polizia corrotta sono la principale causa del costante aumento di questa piaga. Ma la gravità della situazione è divenuta impossibile da nascondere. Un'indagine realizzata dalla Uca, l'Università di San Salvador diretta dai gesuiti, ha messo in luce una realtà agghiacciante. Nel "Pollicino d'America", con i suoi 5 milioni e mezzo di abitanti, si verificano ogni giorno 21 delitti, 500 rapine, 30 furti d'auto e 5 violenze sessuali.
Annualmente più di 150mila abitanti della capitale, il 20 per cento della popolazione adulta, viene coinvolta in scontri, rapine a mano armata, scippi e rapimenti. Nei sedici anni trascorsi dalla fine della guerra civile, la delinquenza in America Centrale ha conosciuto un drammatico incremento. Il piccolo Paese centroamericano è balzato al primo posto nella triste classifica delle nazioni più violente del continente in rapporto al numero di abitanti.
L'insicurezza dilagante è, ovunque, motivo di depressione economica. Ma se il Salvador e il Nicaragua non hanno mai rappresentato una meta per i vacanzieri, il Guatemala e il Messico, luoghi ambiti per riposi esotici, sono considerati sempre più a rischio dal turismo di massa. Più che la guerriglia zapatista, la maggior insidia per messicani e stranieri è rappresentata dalla criminalità. Il sequestro express è un'invenzione terribile che miete t re vittime al giorno nella sola città del Messico: vieni rapito e portato "a spasso" in auto fino a quando un familiare contattato dai tuoi aguzzini non si decide a consegnare una determinata cifra, spesso modesta e facilmente reperibile, a un complice. Se, però, i soldi non arrivano subito cominciano le mutilazioni. Prima un orecchio, poi un dito, poi il resto.
Secondo l'Istituto messicano per lo studio della delinquenza organizzata, in tutto il Centro America la violenza è cresciuta più rapidamente fra il 1994 e il 2006 che negli ultimi 60 anni. Newsweek ha dedicato il servizio di copertina al problema della violenza in America Latina come si trattasse di una guerra in sordina. Secondo il settimanale americano, l'emergenza criminalità è la maggior preoccupazione dei latinos. «Viene prima della povertà, del commercio, dell'educazione e della droga», si legge nell'articolo. E non è difficile comprendere il perché. Il 42 per cento delle uccisioni con arma da fuoco che si registrano nel mondo avvengono in Centro e Sud America. Un record planetario. Il continente vanta il triste primato di oltre 30 omicidi ogni 100mila abitanti, un rapporto sei volte superiore alla media mondiale, quattro volte peggiore degli Stati Uniti, e due volte più grave dell'Africa e del Medio Oriente.
Ad eccezione del Cile, dell'Uruguay, in parte dell'Argentina e della Bolivia, la situazione ha già raggiunto livelli incontrollabili in molti Paesi. Primo della lista, il Venezuela di Chavez, la cui capitale detiene il "record" di circa 130 morti ogni 100mila abitanti; e il Brasile di Lula, in cui ogni anno muoiono ammazzate almeno 50mila persone. Nella Terra del Samba non si consumano guerre civili come in Colombia. Ma a Rio de Janeiro, a San Paolo e nelle altre grandi città si può morire anche solo per qualche dollaro. Insieme, la violenza nelle due città, miete più vittime all'anno del conflitto in Iraq e di quello fra israeliani e palestinesi sommati.
Ma qual è la ragione di qu esta piaga? E, soprattutto, qual è la migliore strategia per farvi fronte? Gli esperti concordano nell'affermare che è necessario che i governi, per prima cosa, prendano atto delle cause. «Si tratta di un insieme di fattori - spiega ad Avvenire Juan Clark, sociologo della Florida International University - molte sono strettamente collegate al ritorno dello Stato di diritto: in diversi Paesi dell'America Latina si è passati forse troppo bruscamente a un modello ultraliberista che ha ampliato il divario fra i ricchi e le classi meno abbienti. Solo in America Centrale, la situazione è diversa. L'esplosione della violenza - assicura il sociologo - è parte dell'eredità lasciata dai conflitti che per decenni hanno infiammato la regione. Le promesse contenute negli accordi di pace che prevedevano, tra l'altro, la ridistribuzione delle terre inutilizzate agli ex combattenti, spesso non sono state mantenute. I ribelli rimasti disoccupati e senza la possibilità di coltivare gli appezzamenti si sono dati alla criminalità per sbarcare il lunario».
Tuttavia le cause "più tradizionali", più comuni restano le stesse a ogni latitudine di questo emisfero: il narcotraffico, la debolezza del sistema giudiziario, la corruzione della polizia e l'impunità generalizzata.
La Banca interamericana per lo sviluppo (Bid) ha definito la piaga della violenza «la principale barriera per lo sviluppo economico della regione». A un Paese come il Brasile, la violenza costa annualmente 10 milardi di dollari. A lungo termine, i costi sociali e politici della criminalità possono essere ancora più gravi di quelli attuali, non solo per il Paese del Samba. Sul piano sociale, nella maggioranza dei Paesi latinoamericani, i sistemi giudiziari inefficienti o corrotti, la polizia spesso connivente - se non addirittura complice - spingono la popolazione cercare giustizia con le proprie mani. Sul piano politico, invece, non è un caso che caudilli e uomini forti raccolgano sempre più consensi (e vot i) quando affermano, come accade a Rio de Janeiro, che «l'unico bandito buono è quello morto».
America Latina: la violenza urbana come una guerra
Tra le cause, le disparità sociali e la corruzione della polizia. In Messico la piaga dei sequestri express: l'ostaggio tenuto in un'auto per il tempo necessario a procurare il riscatto, altrimenti scattano le mutilazioni
[Avvenire] «Mio figlio? L'ho mandato negli Stati Uniti. Un po' per studiare, ma soprattutto per metterlo al sicuro. Perché, sembra incredibile, ma si registravano meno morti e rapiti durante la guerra civile che adesso», racconta rassegnato Esteban Castro, un medico di 37 anni che esercita a San Salvador. Dal Salvador al Messico, dalla Colombia, al Venezuela al Brasile, il continente è in preda a un'emergenza che ogni anno uccide più dell'alcol, dell'Aids, e dell'alta velocità sulle strade messe insieme: la violenza urbana indiscriminata.
È una vera guerra civile dimenticata. Non si vogliono spaventare i turisti, non si vuol dire che l'impunità e la polizia corrotta sono la principale causa del costante aumento di questa piaga. Ma la gravità della situazione è divenuta impossibile da nascondere. Un'indagine realizzata dalla Uca, l'Università di San Salvador diretta dai gesuiti, ha messo in luce una realtà agghiacciante. Nel "Pollicino d'America", con i suoi 5 milioni e mezzo di abitanti, si verificano ogni giorno 21 delitti, 500 rapine, 30 furti d'auto e 5 violenze sessuali.
Annualmente più di 150mila abitanti della capitale, il 20 per cento della popolazione adulta, viene coinvolta in scontri, rapine a mano armata, scippi e rapimenti. Nei sedici anni trascorsi dalla fine della guerra civile, la delinquenza in America Centrale ha conosciuto un drammatico incremento. Il piccolo Paese centroamericano è balzato al primo posto nella triste classifica delle nazioni più violente del continente in rapporto al numero di abitanti.
L'insicurezza dilagante è, ovunque, motivo di depressione economica. Ma se il Salvador e il Nicaragua non hanno mai rappresentato una meta per i vacanzieri, il Guatemala e il Messico, luoghi ambiti per riposi esotici, sono considerati sempre più a rischio dal turismo di massa. Più che la guerriglia zapatista, la maggior insidia per messicani e stranieri è rappresentata dalla criminalità. Il sequestro express è un'invenzione terribile che miete t re vittime al giorno nella sola città del Messico: vieni rapito e portato "a spasso" in auto fino a quando un familiare contattato dai tuoi aguzzini non si decide a consegnare una determinata cifra, spesso modesta e facilmente reperibile, a un complice. Se, però, i soldi non arrivano subito cominciano le mutilazioni. Prima un orecchio, poi un dito, poi il resto.
Secondo l'Istituto messicano per lo studio della delinquenza organizzata, in tutto il Centro America la violenza è cresciuta più rapidamente fra il 1994 e il 2006 che negli ultimi 60 anni. Newsweek ha dedicato il servizio di copertina al problema della violenza in America Latina come si trattasse di una guerra in sordina. Secondo il settimanale americano, l'emergenza criminalità è la maggior preoccupazione dei latinos. «Viene prima della povertà, del commercio, dell'educazione e della droga», si legge nell'articolo. E non è difficile comprendere il perché. Il 42 per cento delle uccisioni con arma da fuoco che si registrano nel mondo avvengono in Centro e Sud America. Un record planetario. Il continente vanta il triste primato di oltre 30 omicidi ogni 100mila abitanti, un rapporto sei volte superiore alla media mondiale, quattro volte peggiore degli Stati Uniti, e due volte più grave dell'Africa e del Medio Oriente.
Ad eccezione del Cile, dell'Uruguay, in parte dell'Argentina e della Bolivia, la situazione ha già raggiunto livelli incontrollabili in molti Paesi. Primo della lista, il Venezuela di Chavez, la cui capitale detiene il "record" di circa 130 morti ogni 100mila abitanti; e il Brasile di Lula, in cui ogni anno muoiono ammazzate almeno 50mila persone. Nella Terra del Samba non si consumano guerre civili come in Colombia. Ma a Rio de Janeiro, a San Paolo e nelle altre grandi città si può morire anche solo per qualche dollaro. Insieme, la violenza nelle due città, miete più vittime all'anno del conflitto in Iraq e di quello fra israeliani e palestinesi sommati.
Ma qual è la ragione di qu esta piaga? E, soprattutto, qual è la migliore strategia per farvi fronte? Gli esperti concordano nell'affermare che è necessario che i governi, per prima cosa, prendano atto delle cause. «Si tratta di un insieme di fattori - spiega ad Avvenire Juan Clark, sociologo della Florida International University - molte sono strettamente collegate al ritorno dello Stato di diritto: in diversi Paesi dell'America Latina si è passati forse troppo bruscamente a un modello ultraliberista che ha ampliato il divario fra i ricchi e le classi meno abbienti. Solo in America Centrale, la situazione è diversa. L'esplosione della violenza - assicura il sociologo - è parte dell'eredità lasciata dai conflitti che per decenni hanno infiammato la regione. Le promesse contenute negli accordi di pace che prevedevano, tra l'altro, la ridistribuzione delle terre inutilizzate agli ex combattenti, spesso non sono state mantenute. I ribelli rimasti disoccupati e senza la possibilità di coltivare gli appezzamenti si sono dati alla criminalità per sbarcare il lunario».
Tuttavia le cause "più tradizionali", più comuni restano le stesse a ogni latitudine di questo emisfero: il narcotraffico, la debolezza del sistema giudiziario, la corruzione della polizia e l'impunità generalizzata.
La Banca interamericana per lo sviluppo (Bid) ha definito la piaga della violenza «la principale barriera per lo sviluppo economico della regione». A un Paese come il Brasile, la violenza costa annualmente 10 milardi di dollari. A lungo termine, i costi sociali e politici della criminalità possono essere ancora più gravi di quelli attuali, non solo per il Paese del Samba. Sul piano sociale, nella maggioranza dei Paesi latinoamericani, i sistemi giudiziari inefficienti o corrotti, la polizia spesso connivente - se non addirittura complice - spingono la popolazione cercare giustizia con le proprie mani. Sul piano politico, invece, non è un caso che caudilli e uomini forti raccolgano sempre più consensi (e vot i) quando affermano, come accade a Rio de Janeiro, che «l'unico bandito buono è quello morto».