View Full Version : Inciuciamo?
indelebile
04-08-2006, 09:00
L'ipotesi: un patto bipartisan sulla prossima Finanziaria
Il ministro: "D'accordo, ma finora hanno fatto solo ostruzionismo"
Dal governo sì alla proposta di Fini
"Ma si passi dalle parole ai fatti"
Bertinotti: "Accordo è eccessivo" Franceschini: "Da che pulpito"
Il leader di An controreplica: "Si dividono persino su questo..."
ROMA - La proposta avanzata da Gianfranco Fini in una intervista a Repubblica - pochi e qualificati emendamenti dall'opposizione sulla finanziaria, niente fiducia da parte del governo - trova il consenso dell'esecutivo, ma divide la maggioranza e non è molto apprezzata dal presidente della Camera Fausto Bertinotti. Che definisce un ipotetico accordo bipartisan sulla Finanziaria "un po' eccessivo". E, di fronte alle divisioni della maggioranza sulla sua proposta, Fini controreplica: "La Finanziaria sarà il terreno più agevole per vedere se Prodi riesce a convincere la sua maggioranza o se la deve costringere. La fiducia costringe, l'accordo politico convince".
L'apertura del governo. Il primo a intervenire, in mattinata, è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti secondo il quale sulla proposta di Fini si può ragionare ammesso che "alle parole seguano fatti coerenti".
"E' ciò che avevo proposto anche per il dl sulla manovra-bis ma la Cdl - rileva il ministro - ha scelto ostruzionismo. Trovo ragionevole - afferma quindi Chiti - che per il futuro si arrivi a un patto tra maggioranza e opposizione per la Finanziaria. Il governo non intende mettere la fiducia su questo importante provvedimento, a differenza di quanto ha fatto per tre anni di seguito il centrodestra, e vuole confrontarsi a fondo e nel merito: la condizione è che l'opposizione presenti pochi e qualificati emendamenti su cui discute e si vota".
Le perplessità di Bertinotti. Diverso il parere di Fausto Bertinotti. Il presidente della Camera giudica "un po' eccessivo" un accordo tra maggioranza e opposizione sui conti pubblici. "La distanza tra accordo e dialogo mi pare pressocchè abissale - argomenta Bertinotti - Il dialogo è una categoria che va necessariamente ricercata al fine di rendere trasparenti le proprie posizioni per la convivenza democratica. L'accordo invece è un'altra cosa, implica una condivisione programmatica che francamente non vedo neanche da lontano".
Franceschini contrario. D'altra parte nella maggioranza non molti la pensano come il ministro Chiti. Molto duro, per esempio, il parere del presidente dei deputati dell'Ulivo, Dario Franceschini, secondo il quale "fa ridere sentire l'allora vicepresidente del consiglio Fini richiamare con largo anticipo a non mettere la fiducia sulla Finanziaria. Proprio loro che l'hanno messa 4 volte. Della serie: da che pulpito viene la predica".
Il no del Pdci. Altrettanto negativo il giudizio del Pdci. "Fini all'opposizione e Prodi al governo con collegialità: è l'unico benefico patto per gli italiani", dice Pino Sgobio, capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera. Che poi aggiunge: "Se con i suoi 'qualificati' emendamenti pensa di seguitare sulla strada nefasta attuata dal suo governo, allora lasci stare". Gli fa eco il collega di partito Marco Rizzo: "Gli elettori non capirebbero uno schieramento che arriverebbe a comprendere da Fini a Bertinotti".
E la Cdl si ricompatta. Le divisioni interne alla maggioranza danno il là ai secchi commenti della Cdl. Compreso quello di Fini che si lascia andare a un "si dividono perfino su questo...". Poi il presidente di An argomenta: "Basta guardare cosa è successo stamattina: da una parte c'è la dichiarazione del ministro Chiti che, seppure con un certo gioco delle parti, apre, mentre dall'altra parte c'è una filiera di esponenti della maggioranza che dice il contrario".
Fini considera, quello della Finanziaria, terreno di prova per il governo di centrosinistra ovvero "il terreno più agevole per vedere se Prodi riesce a convincere la sua maggioranza o se la deve costringere". Quanto poi a ipotesi di allargamento della maggioranza Fini è netto nel sostenere che "l'unica questione che tiene banco è il suo sfilacciamento". Il leader di An ne approfitta poi per rispondere a Pierferdinando Casini che aveva parlato di una fase nuova per la Cdl: "Sono contento - dice Fini - che Casini la pensi come me".
E proprio Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, tra i sostenitori della proposta di An, lancia un'altra bordata alla maggioranza: "Il presidente Prodi e Chiti prendano atto che al Senato l'Unione non ha la maggioranza. Quando lo faranno e metteranno i piedi per terra, allora l'Udc come tutto il centro destra agirà di conseguenza".
ma siii un bel patto con l'opposizione cosi per mettere d'accordo tutti non si tocca niente :cry:
per an non si tocca amministrazione pubblica e varie corporazioni
per UDC famiglia, pacs,legge 40 intoccabili
per FI, la magistratura non si cambiano le leggi pro premier
tutti contenti :cry:
qui c'è il solito sondaggio http://www.repubblica.it/speciale/poll/2006/politica/margini.html
dantes76
04-08-2006, 09:06
non possono governare? si dimettano,
si stanno suicidando con le propie mani
discepolo
04-08-2006, 09:08
L'ipotesi: un patto bipartisan sulla prossima Finanziaria
Il ministro: "D'accordo, ma finora hanno fatto solo ostruzionismo"
Dal governo sì alla proposta di Fini
"Ma si passi dalle parole ai fatti"
Bertinotti: "Accordo è eccessivo" Franceschini: "Da che pulpito"
Il leader di An controreplica: "Si dividono persino su questo..."
ROMA - La proposta avanzata da Gianfranco Fini in una intervista a Repubblica - pochi e qualificati emendamenti dall'opposizione sulla finanziaria, niente fiducia da parte del governo - trova il consenso dell'esecutivo, ma divide la maggioranza e non è molto apprezzata dal presidente della Camera Fausto Bertinotti. Che definisce un ipotetico accordo bipartisan sulla Finanziaria "un po' eccessivo". E, di fronte alle divisioni della maggioranza sulla sua proposta, Fini controreplica: "La Finanziaria sarà il terreno più agevole per vedere se Prodi riesce a convincere la sua maggioranza o se la deve costringere. La fiducia costringe, l'accordo politico convince".
L'apertura del governo. Il primo a intervenire, in mattinata, è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti secondo il quale sulla proposta di Fini si può ragionare ammesso che "alle parole seguano fatti coerenti".
"E' ciò che avevo proposto anche per il dl sulla manovra-bis ma la Cdl - rileva il ministro - ha scelto ostruzionismo. Trovo ragionevole - afferma quindi Chiti - che per il futuro si arrivi a un patto tra maggioranza e opposizione per la Finanziaria. Il governo non intende mettere la fiducia su questo importante provvedimento, a differenza di quanto ha fatto per tre anni di seguito il centrodestra, e vuole confrontarsi a fondo e nel merito: la condizione è che l'opposizione presenti pochi e qualificati emendamenti su cui discute e si vota".
Le perplessità di Bertinotti. Diverso il parere di Fausto Bertinotti. Il presidente della Camera giudica "un po' eccessivo" un accordo tra maggioranza e opposizione sui conti pubblici. "La distanza tra accordo e dialogo mi pare pressocchè abissale - argomenta Bertinotti - Il dialogo è una categoria che va necessariamente ricercata al fine di rendere trasparenti le proprie posizioni per la convivenza democratica. L'accordo invece è un'altra cosa, implica una condivisione programmatica che francamente non vedo neanche da lontano".
Franceschini contrario. D'altra parte nella maggioranza non molti la pensano come il ministro Chiti. Molto duro, per esempio, il parere del presidente dei deputati dell'Ulivo, Dario Franceschini, secondo il quale "fa ridere sentire l'allora vicepresidente del consiglio Fini richiamare con largo anticipo a non mettere la fiducia sulla Finanziaria. Proprio loro che l'hanno messa 4 volte. Della serie: da che pulpito viene la predica".
Il no del Pdci. Altrettanto negativo il giudizio del Pdci. "Fini all'opposizione e Prodi al governo con collegialità: è l'unico benefico patto per gli italiani", dice Pino Sgobio, capogruppo dei Comunisti italiani alla Camera. Che poi aggiunge: "Se con i suoi 'qualificati' emendamenti pensa di seguitare sulla strada nefasta attuata dal suo governo, allora lasci stare". Gli fa eco il collega di partito Marco Rizzo: "Gli elettori non capirebbero uno schieramento che arriverebbe a comprendere da Fini a Bertinotti".
E la Cdl si ricompatta. Le divisioni interne alla maggioranza danno il là ai secchi commenti della Cdl. Compreso quello di Fini che si lascia andare a un "si dividono perfino su questo...". Poi il presidente di An argomenta: "Basta guardare cosa è successo stamattina: da una parte c'è la dichiarazione del ministro Chiti che, seppure con un certo gioco delle parti, apre, mentre dall'altra parte c'è una filiera di esponenti della maggioranza che dice il contrario".
Fini considera, quello della Finanziaria, terreno di prova per il governo di centrosinistra ovvero "il terreno più agevole per vedere se Prodi riesce a convincere la sua maggioranza o se la deve costringere". Quanto poi a ipotesi di allargamento della maggioranza Fini è netto nel sostenere che "l'unica questione che tiene banco è il suo sfilacciamento". Il leader di An ne approfitta poi per rispondere a Pierferdinando Casini che aveva parlato di una fase nuova per la Cdl: "Sono contento - dice Fini - che Casini la pensi come me".
E proprio Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, tra i sostenitori della proposta di An, lancia un'altra bordata alla maggioranza: "Il presidente Prodi e Chiti prendano atto che al Senato l'Unione non ha la maggioranza. Quando lo faranno e metteranno i piedi per terra, allora l'Udc come tutto il centro destra agirà di conseguenza".
ma siii un bel patto con l'opposizione cosi per mettere d'accordo tutti non si tocca niente :cry:
per an non si tocca amministrazione pubblica e varie corporazioni
per UDC famiglia, pacs,legge 40 intoccabili
per FI, la magistratura non si cambiano le leggi pro premier
tutti contenti :cry:
qui c'è il solito sondaggio http://www.repubblica.it/speciale/poll/2006/politica/margini.html
Lo fanno in Germania, e li nessuno grida allo scandolo, qui in Italia si!
Mah! :doh:
dantes76
04-08-2006, 09:09
Lo fanno in Germania, e li nessuno grida allo scandolo, qui in Italia si!
Mah! :doh:
ti sei gia' adeguato agli ordini di partito?
non possono governare? si dimettano,
si stanno suicidando con le propie mani
Hanno paura di consegnare il paese ad altri dieci anni di berlusconismo, purtroppo l'atteggiamento dell'italiano medio condurrebbe a questo. Certo che pure questo non governo...
Hanno paura di consegnare il paese ad altri dieci anni di berlusconismo,
però neanche una motivazione per loro così forte riesce a tenerli uniti...
mi sa che per loro il berlusca è la manna dal cielo...senza di lui non sarebbero neanche stati eletti...
però neanche una motivazione per loro così forte riesce a tenerli uniti...
mi sa che per loro il berlusca è la manna dal cielo...senza di lui non sarebbero neanche stati eletti...
Probabile, visto che dopo aver "toccato con mano" la priorità per il paese è diventata quella di estrometterlo dal governo.
giannola
04-08-2006, 11:04
Lo fanno in Germania, e li nessuno grida allo scandolo, qui in Italia si!
Mah! :doh:
beh, non è proprio come in germania :)
loro sono più rispettosi del proprio avversario, mentre qui in italia esiste quello che definisco "lo sputtanamento pubblico dell'avversario", ovvero si cerca di vincere denigrando "l'altro" piuttosto che basandosi sulle capacità proprie.
In campagna elettorale Prodi ci aveva provato a parlare di programma, poi però gli intenti sono rimasti intenti e la realtà è stata diversa.
Berlusconi non ci nemmeno mai pensato e beato chi gli fa cambiare idea :muro:
Noi viviamo ancora nella tradizione di Guelfi e Ghibellini (oggi modificata in fascisti e comunisti), quindi esiste solo lo scontro frontale, proprio per questo motivo nn si può pensare ad una grosse coalition sul modello tedesco.
Forse quando questa generazione di leader (sic!) verrà sostituita da una meno tradizionalista (nel senso di cui ho detto), allora non vedremo più le schifose campagne elettorali che ci peseguitano da 15 anni.
discepolo
04-08-2006, 12:44
beh, non è proprio come in germania :)
loro sono più rispettosi del proprio avversario, mentre qui in italia esiste quello che definisco "lo sputtanamento pubblico dell'avversario", ovvero si cerca di vincere denigrando "l'altro" piuttosto che basandosi sulle capacità proprie.
In campagna elettorale Prodi ci aveva provato a parlare di programma, poi però gli intenti sono rimasti intenti e la realtà è stata diversa.
Berlusconi non ci nemmeno mai pensato e beato chi gli fa cambiare idea :muro:
Noi viviamo ancora nella tradizione di Guelfi e Ghibellini (oggi modificata in fascisti e comunisti), quindi esiste solo lo scontro frontale, proprio per questo motivo nn si può pensare ad una grosse coalition sul modello tedesco.
Forse quando questa generazione di leader (sic!) verrà sostituita da una meno tradizionalista (nel senso di cui ho detto), allora non vedremo più le schifose campagne elettorali che ci peseguitano da 15 anni.
Lo so bene, era solo una constatazione di un fatto!
Siam troppo calienti noi italiani, nemmeno gli spagnoli sono così! :doh:
giannola
04-08-2006, 16:02
Lo so bene, era solo una constatazione di un fatto!
Siam troppo calienti noi italiani, nemmeno gli spagnoli sono così! :doh:
gli spagnoli anzi sono simpaticoni! ;)
discepolo
04-08-2006, 16:08
gli spagnoli anzi sono simpaticoni! ;)
Soprattutto le spagnole! :O :oink:
giannola
04-08-2006, 16:11
Soprattutto le spagnole! :O :oink:
allora lo sai anche tu ? :D
Vanno quasi tutte senza reggiseno :eek: :oink: e molte portano la gonna così corta che gli si vedono le mutande quando salgono le scale della metro :oink: :oink: :D
discepolo
04-08-2006, 16:22
allora lo sai anche tu ? :D
Vanno quasi tutte senza reggiseno :eek: :oink: e molte portano la gonna così corta che gli si vedono le mutande quando salgono le scale della metro :oink: :oink: :D
Questo anche le studentesse universitarie! :oink:
indelebile
05-08-2006, 10:35
L'intervista Rutelli: voglio civilizzare i rapporti con il Polo «Chiesa perplessa su quanto facciamo. Basta superficialità, l’Unione deve parlare ai cattolici». «Schieramenti europei datati, una nuova alleanza con rapporti organici con i Democratici Usa»
Ha invitato Silvio Berlusconi alla festa della Margherita per «civilizzare i rapporti con l’opposizione»; e nella speranza neppure troppo segreta di intercettarne l’elettorato moderato: anche se teme l’«analisi superficiale che una parte dell’Unione fa sul mondo cattolico ». Scommette sulla durata del governo di Romano Prodi. E spiega che l’Unione si potrà allargare soltanto facendo il Partito democratico: una forza destinata a collegarsi organicamente non col socialismo europeo, ma col Partito democratico statunitense. Francesco Rutelli, vicepremier e ministro dei Beni culturali, conferma il suo schema di un centrosinistra dal profilo equilibrato. Ammette che in politica estera certe sintonie atlantiste ed europeiste a volte avvicinano l’opposizione più che gli alleati della sinistra radicale: sebbene riconosca loro «senso di responsabilità» sull’Afghanistan. E dà atto al Berlusconi premier di avere assunto «un approccio nuovo verso Israele», nonostante i «rapporti disastrosi col mondo arabo moderato».
Sa che sta per essere scomunicato?
«Da chi?»
Da parte della sinistra, perché ha invitato Berlusconi alla festa della Margherita.
«La scomunica non l’ho colta. E nella Margherita mi pare siano tutti d’accordo sull’invito. È normale che oltre a Fini e Casini, venga l’ex premier e leader di FI, azionista di maggioranza del centrodestra».
Non banalizza un po’ l’invito?
«Non voglio banalizzarlo. Credo sia un’occasione per civilizzare i rapporti con l’opposizione, come richiama sempre il presidente Marini. E anche per cominciare a provocare una discussione nel fronte avversario. Noi dell’Unione non solo non abbiamo avuto luna di miele dopo le elezioni, ma sembra quasi che la sfida sia fra noi, invece che fra noi e loro».
Condivide la tesi di un regime berlusconiano nella scorsa legislatura?
«Condivido che il conflitto di interessi è emerso con una evidenza quasi sfrontata, questo sì. Ma sdrammatizzerei. L’Italia è un Paese maturo, nel quale le elezioni garantiscono un ricambio fisiologico e democratico. Dico di più: è naturale che si vada oltre i propri fedelissimi, in campo aperto. Non escludo che a fine legislatura ci si sfidi finalmente per prendere i consensi di FI, e viceversa. Ho parlato con Prodi e gli ho detto che bisogna cercare di interpellare quell’elettorato, anche mostrando di capire l’identità di un Paese con profonde radici cattoliche».
Non è che il gelo fra l’Unione e il Vaticano vi aiuti molto.
«Gelo mi pare troppo. Diciamo che dobbiamo risolvere un problema. A tratti, nell’Unione si dimentica quello che aveva già capito Togliatti, l’antico capo del Pci: che con i cattolici non bisognava solo fare un compromesso, ma comprenderne il radicamento ».
Vuol dire che la sinistra soffre di un ritardo culturale, dopo la fine della Dc?
«Credo che a parte dell’Unione sfugga la comprensione del ritorno ad una chiesa di popolo, che diventerà presto un fenomeno molto vasto, seppure apolitico, senza ricadute necessariamente elettorali. Vedo un’analisi superficiale sulla novità del fenomeno. Quando vado in chiesa, non capisco se accanto a me ho elettori nostri o del centrodestra. Va scongiurata l’eventualità che succeda, magari a favore dei nostri avversari».
Ritiene che la Chiesa cattolica sia all’opposizione del governo Prodi?
«No, ma la vedo perplessa e interrogativa su quanto facciamo».
Sindrome Zapatero?
«Quella è minoritaria. Anche se per alcuni settori dell’Unione, il premier spagnolo Zapatero che non va alla messa del Papa è un gesto popolare. Per me invece è un insuccesso. Se io assisto ad una cerimonia islamica o metto la kippà non abdico alla mia laicità di uomo pubblico, né alle mie convinzioni personali».
Sui rapporti con Usa e Israele vi sentite più vicini a FI e all’Udc, o a Prc e Pdci?
«Ci sentiamo vicini alla politica estera di questi 50 anni, europeista ed atlantista. È evidente che questo scenario non fa sentire a loro agio le forze della sinistra radicale. Ma hanno dimostrato grande senso di responsabilità sull’Afghanistan».
E Berlusconi?
«Berlusconi è venuto sulla nostra linea, anche perché aveva nell’alleanza Fini e Bossi e dunque all’inizio rischiava l’isolamento in Europa. Forse l’unica novità positiva di Berlusconi è stato l’approccio nuovo verso Israele, seppure accompagnato da rapporti disastrosi col mondo arabo moderato».
Che cosa risponde a chi accusa l’Unione di essere antisraeliana?
«Io non lo sono. E credo neppure gran parte dell’Unione. Ho scelto di dire a viso aperto ad una platea di ebrei romani che la reazione agli Hezbollah è stata sproporzionata. Ma aggiungo che la condizione di accerchiamento di Israele è senza precedenti, e dunque va capita la sua risposta. Non dimentichiamo che Sharon decise il ritiro unilaterale da Gaza; e che il partito Kadima è nato proponendo un compromesso stabile con i palestinesi, pur con Hamas al confine».
Eppure Europa, il vostro quotidiano, ironizza su «Giulio D’Alema»: un ministro degli Esteri filoarabo come Andreotti.
«Mi è parso un richiamo giornalistico. In realtà, D’Alema ha verso Israele un atteggiamento attento. Lui e il ministro della Difesa, Arturo Parisi, si consultano sempre. E mi pare che si rendano conto che l’Italia non deve sottovalutare i passi avanti che ha fatto Israele in questi anni».
Se siete così d’accordo sulla politica estera, come mai rimanete divisi sulla parentela internazionale del Partito democratico?
«Perché gli schieramenti europei sono datati. Bisogna costruire qualcosa di nuovo. Occorre un’alleanza di centrosinistra che a livello internazionale abbia rapporti organici col Partito democratico degli Stati Uniti. Sarebbe il vero passo avanti che dovrebbe metterci d’accordo».
Ma lo farete mai, in Italia, questo partito?
«Bisogna farlo: per stabilizzare il governo, e per evitare che riprenda la competizione fra Ds e Margherita. Se non ci integriamo, entreremo in conflitto».
Non ci siete già? Lei è accusato di forzare i tempi per mettere in difficoltà i Ds.
«Io non forzo i tempi. Indico scadenze, perché so che la maggioranza tiene e si allarga se troviamo nel Partito democratico un nuovo baricentro, equilibrato e capace di tenere insieme la sinistra riformista e parlare ai moderati. Altrimenti il governo magari va avanti, perché è vivo, ma rischia il trasformismo».
È ancora convinto che durerà 5 anni?
«Sono ottimista. Abbiamo centrato tutti i traguardi che ci eravamo dati. I fondamentali sono stati rispettati».
E allora perché si parla di allargamento?
«A me l’espressione non piace molto. E infatti ritengo che l’Unione debba trovare un’intesa precisa in primo luogo con se stessa, sulla Finanziaria; e a settembre, prima di andare in Parlamento. Dopo di che, c’è il problema di aprire un dibattito alle Camere con la Cdl per sfidarla su alcuni temi. Alludo alle liberalizzazioni, alle riforme pensionistiche, al cuneo fiscale, ad un nuovo piano energetico nazionale, all’invadenza dei partiti nel sottogoverno locale e nella sanità».
Altre spine con i Ds.
«No, il problema riguarda tutte le giunte».
Ma sono governate in gran parte da voi.
«Da qualche mese, non prima. Vede, Berlusconi ha perso perché non ha liberalizzato, perché l’Italia funziona meno di quando l’ha presa in mano lui. Ecco, noi dobbiamo farla funzionare, sapendo che abbiamo una società cambiata, composta da cittadini, utenti, consumatori più che da classi organizzate come nel XX Secolo. Dobbiamo capire e riempire quello che chiamo "lo spazio Ciampi". È il 90 per cento di consenso che l’ex capo dello Stato era riuscito a costruire intorno a sé, trasmettendo un messaggio di fiducia, di equilibrio, di patriottismo maturo. L’Unione deve non smarrire quell’eredità, e farsene interprete. E adesso mi scusi, devo incontrare uno di quei prelati con i quali ci sarebbe il gelo...».
Rutelli saluta. In anticamera lo aspetta un giovane monsignore della Curia.
Massimo Franco
discepolo
05-08-2006, 14:37
L'intervista Rutelli: voglio civilizzare i rapporti con il Polo «Chiesa perplessa su quanto facciamo. Basta superficialità, l’Unione deve parlare ai cattolici». «Schieramenti europei datati, una nuova alleanza con rapporti organici con i Democratici Usa»
Ha invitato Silvio Berlusconi alla festa della Margherita per «civilizzare i rapporti con l’opposizione»; e nella speranza neppure troppo segreta di intercettarne l’elettorato moderato: anche se teme l’«analisi superficiale che una parte dell’Unione fa sul mondo cattolico ». Scommette sulla durata del governo di Romano Prodi. E spiega che l’Unione si potrà allargare soltanto facendo il Partito democratico: una forza destinata a collegarsi organicamente non col socialismo europeo, ma col Partito democratico statunitense. Francesco Rutelli, vicepremier e ministro dei Beni culturali, conferma il suo schema di un centrosinistra dal profilo equilibrato. Ammette che in politica estera certe sintonie atlantiste ed europeiste a volte avvicinano l’opposizione più che gli alleati della sinistra radicale: sebbene riconosca loro «senso di responsabilità» sull’Afghanistan. E dà atto al Berlusconi premier di avere assunto «un approccio nuovo verso Israele», nonostante i «rapporti disastrosi col mondo arabo moderato».
Sa che sta per essere scomunicato?
«Da chi?»
Da parte della sinistra, perché ha invitato Berlusconi alla festa della Margherita.
«La scomunica non l’ho colta. E nella Margherita mi pare siano tutti d’accordo sull’invito. È normale che oltre a Fini e Casini, venga l’ex premier e leader di FI, azionista di maggioranza del centrodestra».
Non banalizza un po’ l’invito?
«Non voglio banalizzarlo. Credo sia un’occasione per civilizzare i rapporti con l’opposizione, come richiama sempre il presidente Marini. E anche per cominciare a provocare una discussione nel fronte avversario. Noi dell’Unione non solo non abbiamo avuto luna di miele dopo le elezioni, ma sembra quasi che la sfida sia fra noi, invece che fra noi e loro».
Condivide la tesi di un regime berlusconiano nella scorsa legislatura?
«Condivido che il conflitto di interessi è emerso con una evidenza quasi sfrontata, questo sì. Ma sdrammatizzerei. L’Italia è un Paese maturo, nel quale le elezioni garantiscono un ricambio fisiologico e democratico. Dico di più: è naturale che si vada oltre i propri fedelissimi, in campo aperto. Non escludo che a fine legislatura ci si sfidi finalmente per prendere i consensi di FI, e viceversa. Ho parlato con Prodi e gli ho detto che bisogna cercare di interpellare quell’elettorato, anche mostrando di capire l’identità di un Paese con profonde radici cattoliche».
Non è che il gelo fra l’Unione e il Vaticano vi aiuti molto.
«Gelo mi pare troppo. Diciamo che dobbiamo risolvere un problema. A tratti, nell’Unione si dimentica quello che aveva già capito Togliatti, l’antico capo del Pci: che con i cattolici non bisognava solo fare un compromesso, ma comprenderne il radicamento ».
Vuol dire che la sinistra soffre di un ritardo culturale, dopo la fine della Dc?
«Credo che a parte dell’Unione sfugga la comprensione del ritorno ad una chiesa di popolo, che diventerà presto un fenomeno molto vasto, seppure apolitico, senza ricadute necessariamente elettorali. Vedo un’analisi superficiale sulla novità del fenomeno. Quando vado in chiesa, non capisco se accanto a me ho elettori nostri o del centrodestra. Va scongiurata l’eventualità che succeda, magari a favore dei nostri avversari».
Ritiene che la Chiesa cattolica sia all’opposizione del governo Prodi?
«No, ma la vedo perplessa e interrogativa su quanto facciamo».
Sindrome Zapatero?
«Quella è minoritaria. Anche se per alcuni settori dell’Unione, il premier spagnolo Zapatero che non va alla messa del Papa è un gesto popolare. Per me invece è un insuccesso. Se io assisto ad una cerimonia islamica o metto la kippà non abdico alla mia laicità di uomo pubblico, né alle mie convinzioni personali».
Sui rapporti con Usa e Israele vi sentite più vicini a FI e all’Udc, o a Prc e Pdci?
«Ci sentiamo vicini alla politica estera di questi 50 anni, europeista ed atlantista. È evidente che questo scenario non fa sentire a loro agio le forze della sinistra radicale. Ma hanno dimostrato grande senso di responsabilità sull’Afghanistan».
E Berlusconi?
«Berlusconi è venuto sulla nostra linea, anche perché aveva nell’alleanza Fini e Bossi e dunque all’inizio rischiava l’isolamento in Europa. Forse l’unica novità positiva di Berlusconi è stato l’approccio nuovo verso Israele, seppure accompagnato da rapporti disastrosi col mondo arabo moderato».
Che cosa risponde a chi accusa l’Unione di essere antisraeliana?
«Io non lo sono. E credo neppure gran parte dell’Unione. Ho scelto di dire a viso aperto ad una platea di ebrei romani che la reazione agli Hezbollah è stata sproporzionata. Ma aggiungo che la condizione di accerchiamento di Israele è senza precedenti, e dunque va capita la sua risposta. Non dimentichiamo che Sharon decise il ritiro unilaterale da Gaza; e che il partito Kadima è nato proponendo un compromesso stabile con i palestinesi, pur con Hamas al confine».
Eppure Europa, il vostro quotidiano, ironizza su «Giulio D’Alema»: un ministro degli Esteri filoarabo come Andreotti.
«Mi è parso un richiamo giornalistico. In realtà, D’Alema ha verso Israele un atteggiamento attento. Lui e il ministro della Difesa, Arturo Parisi, si consultano sempre. E mi pare che si rendano conto che l’Italia non deve sottovalutare i passi avanti che ha fatto Israele in questi anni».
Se siete così d’accordo sulla politica estera, come mai rimanete divisi sulla parentela internazionale del Partito democratico?
«Perché gli schieramenti europei sono datati. Bisogna costruire qualcosa di nuovo. Occorre un’alleanza di centrosinistra che a livello internazionale abbia rapporti organici col Partito democratico degli Stati Uniti. Sarebbe il vero passo avanti che dovrebbe metterci d’accordo».
Ma lo farete mai, in Italia, questo partito?
«Bisogna farlo: per stabilizzare il governo, e per evitare che riprenda la competizione fra Ds e Margherita. Se non ci integriamo, entreremo in conflitto».
Non ci siete già? Lei è accusato di forzare i tempi per mettere in difficoltà i Ds.
«Io non forzo i tempi. Indico scadenze, perché so che la maggioranza tiene e si allarga se troviamo nel Partito democratico un nuovo baricentro, equilibrato e capace di tenere insieme la sinistra riformista e parlare ai moderati. Altrimenti il governo magari va avanti, perché è vivo, ma rischia il trasformismo».
È ancora convinto che durerà 5 anni?
«Sono ottimista. Abbiamo centrato tutti i traguardi che ci eravamo dati. I fondamentali sono stati rispettati».
E allora perché si parla di allargamento?
«A me l’espressione non piace molto. E infatti ritengo che l’Unione debba trovare un’intesa precisa in primo luogo con se stessa, sulla Finanziaria; e a settembre, prima di andare in Parlamento. Dopo di che, c’è il problema di aprire un dibattito alle Camere con la Cdl per sfidarla su alcuni temi. Alludo alle liberalizzazioni, alle riforme pensionistiche, al cuneo fiscale, ad un nuovo piano energetico nazionale, all’invadenza dei partiti nel sottogoverno locale e nella sanità».
Altre spine con i Ds.
«No, il problema riguarda tutte le giunte».
Ma sono governate in gran parte da voi.
«Da qualche mese, non prima. Vede, Berlusconi ha perso perché non ha liberalizzato, perché l’Italia funziona meno di quando l’ha presa in mano lui. Ecco, noi dobbiamo farla funzionare, sapendo che abbiamo una società cambiata, composta da cittadini, utenti, consumatori più che da classi organizzate come nel XX Secolo. Dobbiamo capire e riempire quello che chiamo "lo spazio Ciampi". È il 90 per cento di consenso che l’ex capo dello Stato era riuscito a costruire intorno a sé, trasmettendo un messaggio di fiducia, di equilibrio, di patriottismo maturo. L’Unione deve non smarrire quell’eredità, e farsene interprete. E adesso mi scusi, devo incontrare uno di quei prelati con i quali ci sarebbe il gelo...».
Rutelli saluta. In anticamera lo aspetta un giovane monsignore della Curia.
Massimo Franco
Che Rutelli sia spoderando tutte le sue virtù di prima donna per passare nella cdl!!
:ciapet:
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