Adric
03-08-2006, 10:44
CRONACHE
NAPOLI LA MALEDIZIONE 15 ANNI DOPO LA CHIUSURA DELL’ACCIAIERIA
La sabbia e il mare sono pieni di veleni e Bagnoli muore
L’istituto Icram: troppi inquinanti pericolosi
I gestori: faremo ricorso, la Regione è con noi
3/8/2006
di Fulvio Milone
NAPOLI. Vista dall'alto la spiaggia più grande di Napoli somiglia al paradiso, con l'isolotto di Nisida troneggiante sull'acqua placida che lambisce la sabbia. Apparenza, solo apparenza, perchè a Bagnoli, un tempo quartiere operaio con la sua Italsider e oggi «riconvertito» in luogo di svago per chi non va in vacanza fuori città, acqua e sabbia sono avvelenate.
Così ha stabilito l'Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), che ha individuato nell'una e nell'altra una percentuale di idrocarburi più elevata di quella consentita dalla legge. E così la spiaggia chiude, vittima di una sorta di maledizione lanciata proprio dall'acciaieria che dopo la sua morte, avvenuta 15 anni fa, ha lasciato sul litorale e sui fondali piombo, rame, zinco e altre sostanze ritenute tossiche.
Il Comune ha preso atto della sentenza dell'Icram e ieri pomeriggio l'assessore all'Ambiente Rino Nasti ha firmato l'ordinanza con cui «si fa divieto di balneazione nell'area marino-costiera, nonchè di accedere e sostare sulle parti di arenili... che verranno appositamente segnalati con idonea cartellonistica». Poche parole in linguaggio burocratese sanciscono la condanna a morte per sei stabilimenti balneari, e al caldo torrido senza scampo per migliaia di napoletani che trovano in quella spiaggia un'alternativa a una vacanza altrimenti impossibile.
I proprietari dei sei lidi di Bagnoli, che danno a 300 persone un lavoro a questo punto a rischio, promettono battaglia dura, e raccontano una storia tutta italiana che va avanti da almeno un anno, scandita da compromessi, da patti stretti e subito dopo rinnegati, da leggi addomesticate in nome dell'emergenza occupazionale. «Abbiamo già mosso gli avvocati, faremo ricorsi al Tar e chiederemo danni milionari.
Stanno colpendo un’imprenditoria sana che, caso rarissimo nel Sud, è decollata con i propri mezzi e non grazie all’assistenza dello Stato», avverte Umberto Frenna, presidente del Consorzio Mare Bagnoli e titolare dell'«Arenile», una struttura che funziona anche di notte come ristorante e dancing. Che denuncia: «Il ministero della Salute e L'Asl competente avevano detto che la sabbia e l'acqua non erano poi tanto inquinate. Abbiamo un documento della Regione in cui si affermava che il quantitativo di idrocarburi non comporta pericoli nè per contatto epidermico nè per inalazione, a meno che la sabbia non venga ingerita in gran quantità e per un lungo periodo.
Pure Goletta Verde, quest'anno, ha certificato la balneabilità a Bagnoli, e lo ha fatto proprio sulla scorta dei dati forniti tempo fa dall'Icram». La storia della spiaggia e del mare agli idrocarburi ha un precedente. Già un anno fa i tecnici vietarono il contatto con la sabbia «avvelenata», imponendo ai gestori degli stabilimenti di stendere prati sintetici e costruire passerelle che finissero in acqua. Nei mesi invernali si disse che la spiaggia sarebbe stata bonificata, ma poco o nulla è stato fatto.
Insomma, a questo punto occorrerà pulire non solo la sabbia, ma anche il mare, con una spesa di milioni di euro da aggiungere ai 13 già impegnati per realizzare il progetto. In attesa della bonifica, per consentire la sopravvivenza per quest'estate degli stabilimenti con i loro 300 addetti, il ministero della Salute aveva concesso una deroga di 120 giorni: quattro mesi durante i quali i bagnanti avrebbero potuto stendersi sulla sabbia che, però, rimaneva «ufficialmente» tossica. «Ma con la nuova ordinanza la deroga è annullata e noi siamo rovinati», protestano i gestori dei lidi, mentre su Bagnoli si addensano anche le nubi di un'inchiesta giudiziaria avviata dalla procura della Repubblica di Napoli sulla bonifica mancata.
E così sembra proprio segnato il destino della spiaggia colpita dalla maledizione dell'Italsider. Una sorte che avrebbe potuto essere sicuramente migliore. Così dicono gli intellettuali e i professionisti riuniti nell'Assise cittadina di Bagnoli, che conta fra i suoi animatori il presidente dell'Istituto italiano per gli studi filosofici Gerardo Marotta. L'Assise, che chiede l'immediata chiusura degli stabilimenti («perchè sulla salute non si scherza») e un sussidio per i dipendenti condannati a restare senza lavoro, ricorda tutti i progetti annunciati ma mai decollati per il risanamento del quartiere dopo lo smantellamento dell'acciaieria.
«Quella della balneazione è una vergogna che dura da 15 anni - dice Marotta -, la classe dirigente partenopea ha dimostrato tutte le sue incapacità». E c'è anche chi ricorda il tempo impiegato in Germania per il risanamento dell'ex area industriale della Ruhr: «Cinque anni, non di più».
(La Stampa)
NAPOLI LA MALEDIZIONE 15 ANNI DOPO LA CHIUSURA DELL’ACCIAIERIA
La sabbia e il mare sono pieni di veleni e Bagnoli muore
L’istituto Icram: troppi inquinanti pericolosi
I gestori: faremo ricorso, la Regione è con noi
3/8/2006
di Fulvio Milone
NAPOLI. Vista dall'alto la spiaggia più grande di Napoli somiglia al paradiso, con l'isolotto di Nisida troneggiante sull'acqua placida che lambisce la sabbia. Apparenza, solo apparenza, perchè a Bagnoli, un tempo quartiere operaio con la sua Italsider e oggi «riconvertito» in luogo di svago per chi non va in vacanza fuori città, acqua e sabbia sono avvelenate.
Così ha stabilito l'Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), che ha individuato nell'una e nell'altra una percentuale di idrocarburi più elevata di quella consentita dalla legge. E così la spiaggia chiude, vittima di una sorta di maledizione lanciata proprio dall'acciaieria che dopo la sua morte, avvenuta 15 anni fa, ha lasciato sul litorale e sui fondali piombo, rame, zinco e altre sostanze ritenute tossiche.
Il Comune ha preso atto della sentenza dell'Icram e ieri pomeriggio l'assessore all'Ambiente Rino Nasti ha firmato l'ordinanza con cui «si fa divieto di balneazione nell'area marino-costiera, nonchè di accedere e sostare sulle parti di arenili... che verranno appositamente segnalati con idonea cartellonistica». Poche parole in linguaggio burocratese sanciscono la condanna a morte per sei stabilimenti balneari, e al caldo torrido senza scampo per migliaia di napoletani che trovano in quella spiaggia un'alternativa a una vacanza altrimenti impossibile.
I proprietari dei sei lidi di Bagnoli, che danno a 300 persone un lavoro a questo punto a rischio, promettono battaglia dura, e raccontano una storia tutta italiana che va avanti da almeno un anno, scandita da compromessi, da patti stretti e subito dopo rinnegati, da leggi addomesticate in nome dell'emergenza occupazionale. «Abbiamo già mosso gli avvocati, faremo ricorsi al Tar e chiederemo danni milionari.
Stanno colpendo un’imprenditoria sana che, caso rarissimo nel Sud, è decollata con i propri mezzi e non grazie all’assistenza dello Stato», avverte Umberto Frenna, presidente del Consorzio Mare Bagnoli e titolare dell'«Arenile», una struttura che funziona anche di notte come ristorante e dancing. Che denuncia: «Il ministero della Salute e L'Asl competente avevano detto che la sabbia e l'acqua non erano poi tanto inquinate. Abbiamo un documento della Regione in cui si affermava che il quantitativo di idrocarburi non comporta pericoli nè per contatto epidermico nè per inalazione, a meno che la sabbia non venga ingerita in gran quantità e per un lungo periodo.
Pure Goletta Verde, quest'anno, ha certificato la balneabilità a Bagnoli, e lo ha fatto proprio sulla scorta dei dati forniti tempo fa dall'Icram». La storia della spiaggia e del mare agli idrocarburi ha un precedente. Già un anno fa i tecnici vietarono il contatto con la sabbia «avvelenata», imponendo ai gestori degli stabilimenti di stendere prati sintetici e costruire passerelle che finissero in acqua. Nei mesi invernali si disse che la spiaggia sarebbe stata bonificata, ma poco o nulla è stato fatto.
Insomma, a questo punto occorrerà pulire non solo la sabbia, ma anche il mare, con una spesa di milioni di euro da aggiungere ai 13 già impegnati per realizzare il progetto. In attesa della bonifica, per consentire la sopravvivenza per quest'estate degli stabilimenti con i loro 300 addetti, il ministero della Salute aveva concesso una deroga di 120 giorni: quattro mesi durante i quali i bagnanti avrebbero potuto stendersi sulla sabbia che, però, rimaneva «ufficialmente» tossica. «Ma con la nuova ordinanza la deroga è annullata e noi siamo rovinati», protestano i gestori dei lidi, mentre su Bagnoli si addensano anche le nubi di un'inchiesta giudiziaria avviata dalla procura della Repubblica di Napoli sulla bonifica mancata.
E così sembra proprio segnato il destino della spiaggia colpita dalla maledizione dell'Italsider. Una sorte che avrebbe potuto essere sicuramente migliore. Così dicono gli intellettuali e i professionisti riuniti nell'Assise cittadina di Bagnoli, che conta fra i suoi animatori il presidente dell'Istituto italiano per gli studi filosofici Gerardo Marotta. L'Assise, che chiede l'immediata chiusura degli stabilimenti («perchè sulla salute non si scherza») e un sussidio per i dipendenti condannati a restare senza lavoro, ricorda tutti i progetti annunciati ma mai decollati per il risanamento del quartiere dopo lo smantellamento dell'acciaieria.
«Quella della balneazione è una vergogna che dura da 15 anni - dice Marotta -, la classe dirigente partenopea ha dimostrato tutte le sue incapacità». E c'è anche chi ricorda il tempo impiegato in Germania per il risanamento dell'ex area industriale della Ruhr: «Cinque anni, non di più».
(La Stampa)