IpseDixit
26-07-2006, 09:39
Cambiano i nomi ma la sostanza è sempre la stessa :)
MILANO — Gli addetti alle pulizie che dovevano rimettere in sesto i treni fermi alla stazione di Napoli sono stati sorpresi addormentati sui sedili di prima classe. A Palermo, invece, i responsabili dell’organizzazione del lavoro non sono neppure stati trovati. Al loro posto, nella «capitale » siciliana così come a Reggio Calabria o a Milano, a Lecce o a Genova, solo sporcizia e disorganizzazione: sanitari divelti o impresentabili, cartacce strabordanti dai portarifiuti e torsoli di mela tra i sedili, pavimenti neri più della pece e graffiti ancora freschi del tutto ignorati. Un anno dopo le zecche e le cimici in carrozza, la pulizia dei treni— un affare da 190 milioni di euro l’anno, per tre anni—non supera ancora l’esame. Questa volta, per la prima volta, di Trenitalia. La società che gestisce il traffico passeggeri delle Ferrovie ha ingaggiato ispettori esterni e ha dato il via ai controlli sulle 13 aziende che lo scorso novembre hanno vinto gli appalti (quasi tutte già finite nel mirino per lo scandalo dell’estate 2005 ma in regola, almeno sulla carta, con i requisiti richiesti; per una clausola sociale sono in ogni caso obbligate a mantenere il personale impiegato). Risultato: zecche e cimici non sono state trovate, ma nessuna delle 261 carrozze ispezionate ha superato l’esame. La mancanza di pulizia va dal 40 al 70%, e persino al 100%: 48 di queste hanno infatti addirittura ottenuto il peggior voto possibile, «prestazione non resa». Vale a dire: i treni sono ripartiti sporchi così come erano arrivati in stazione. Una situazione che ha spinto Trenitalia ad inviare alle società interessate dalle ispezioni una lettera in cui si minaccia la rescissione del contratto. Anche per non gettare al vento i 630 milioni di euro investiti per le operazioni di restyling e bonifica su 1.700 carrozze, avviate dopo lo scandalo cimici e zecche.
ISPEZIONI A SORPRESA—I controlli a sorpresa sono partiti lo scorso maggio. Sei le regioni finora interessate: Calabria e Campania, Liguria e Lombardia, Puglia e Sicilia. Critica la situazione riscontrata al Sud. Maglia nera a Napoli: su 29 delle 39 carrozze ispezionate gli addetti alle pulizie non sono neppure saliti. A Lecce la proporzione è stata di sei su 40, a Reggio Calabria di 5 su 29, a Palermo di 3 su 14. Migliore la fotografia scattata a Milano e Genova, anche se pure qui gli standard di pulizia previsti dal contratto non sono stati raggiunti. Il sistema di controllo è stato introdotto a fine 2005 dall’amministratore delegato di Trenitalia Roberto Testore. Per separare i controllori dai controllati l’incarico è stato affidato a un centinaio di ispettori della Efm di Roma (società terza accreditata per la verifica di qualità). Agli 007 esterni sono stati affiancati 293 uomini di Trenitalia. Il meccanismo: premi alle aziende più brave, penali o addirittura rescissione del contratto per quelle che non rispettano gli standard previsti dagli accordi. Quello a cui ora potrebbero andare incontro le imprese ispezionate.
LE CARENZE—Sotto accusa innanzitutto il numero degli addetti messi in campo. Ma anche il coordinamento delle stesse operazioni di pulizia. A Napoli sono stati trovati in servizio solo cinque uomini (e non tutti svegli) per 32 interventi: la maggior parte era in ferie o in cassa integrazione. Fantasmi anche responsabili di area e capi turno con un’inevitabile ricaduta sulla programmazione del lavoro. Se si tratta di poca voglia o mancanza di formazione è difficile dirlo. Certo è che ovunque gli addetti alle pulizie non sono stati ritenuti all’altezza, insieme ai loro metodi giudicati superficiali. E quale massaia, per quanto mediocre, non rabbrividirebbe davanti all’utilizzo di stracci sporchi immersi in acqua putrida per dare una passatina ai sedili (facendo però attenzione a non spostare i rifiuti abbandonati), alla totale dimenticanza di disinfettanti e detersivi per pulire bagni e lavabi (spesso introvabili sapone, carta igienica e salviettine; guaste le serrature), al ricorso di secchiate di acqua sulle pareti (con il rischio di rovinare i sedili e far saltare gli impianti elettrici). Se gli uomini sono pochi e il lavoro tanto, la logica consiglierebbe l’utilizzo di macchinari adeguati. In molti casi un vero miraggio: per lo più le imprese ne sono sprovviste, dove esistono poi o sono obsoleti o non vengono utilizzati per non fare la fatica di caricarli in carrozza. In alcuni casi però, gli operatori non possono nemmeno contare su adeguati rifornimenti di acqua e corrente elettrica.
CONTRATTI A RISCHIO — Trenitalia ha minacciato di rescindere i contratti. Così che in attesa delle nuove ispezioni, a Napoli è stato richiamato il personale messo frettolosamente in cassa integrazione; le prime teste dei responsabili di coordinamento fantasma sono saltate. La speranza è che non succeda quello che è accaduto in Calabria: l’impresa già «licenziata» da Trenitalia ha presentato ricorso fino al Consiglio di Stato, ha abbassato ancora di più la qualità del servizio e impedito alla nuova ditta di prendere il suo posto.
Alessandra Mangiarotti
26 luglio 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/07_Luglio/26/mangiarotti.shtml
MILANO — Gli addetti alle pulizie che dovevano rimettere in sesto i treni fermi alla stazione di Napoli sono stati sorpresi addormentati sui sedili di prima classe. A Palermo, invece, i responsabili dell’organizzazione del lavoro non sono neppure stati trovati. Al loro posto, nella «capitale » siciliana così come a Reggio Calabria o a Milano, a Lecce o a Genova, solo sporcizia e disorganizzazione: sanitari divelti o impresentabili, cartacce strabordanti dai portarifiuti e torsoli di mela tra i sedili, pavimenti neri più della pece e graffiti ancora freschi del tutto ignorati. Un anno dopo le zecche e le cimici in carrozza, la pulizia dei treni— un affare da 190 milioni di euro l’anno, per tre anni—non supera ancora l’esame. Questa volta, per la prima volta, di Trenitalia. La società che gestisce il traffico passeggeri delle Ferrovie ha ingaggiato ispettori esterni e ha dato il via ai controlli sulle 13 aziende che lo scorso novembre hanno vinto gli appalti (quasi tutte già finite nel mirino per lo scandalo dell’estate 2005 ma in regola, almeno sulla carta, con i requisiti richiesti; per una clausola sociale sono in ogni caso obbligate a mantenere il personale impiegato). Risultato: zecche e cimici non sono state trovate, ma nessuna delle 261 carrozze ispezionate ha superato l’esame. La mancanza di pulizia va dal 40 al 70%, e persino al 100%: 48 di queste hanno infatti addirittura ottenuto il peggior voto possibile, «prestazione non resa». Vale a dire: i treni sono ripartiti sporchi così come erano arrivati in stazione. Una situazione che ha spinto Trenitalia ad inviare alle società interessate dalle ispezioni una lettera in cui si minaccia la rescissione del contratto. Anche per non gettare al vento i 630 milioni di euro investiti per le operazioni di restyling e bonifica su 1.700 carrozze, avviate dopo lo scandalo cimici e zecche.
ISPEZIONI A SORPRESA—I controlli a sorpresa sono partiti lo scorso maggio. Sei le regioni finora interessate: Calabria e Campania, Liguria e Lombardia, Puglia e Sicilia. Critica la situazione riscontrata al Sud. Maglia nera a Napoli: su 29 delle 39 carrozze ispezionate gli addetti alle pulizie non sono neppure saliti. A Lecce la proporzione è stata di sei su 40, a Reggio Calabria di 5 su 29, a Palermo di 3 su 14. Migliore la fotografia scattata a Milano e Genova, anche se pure qui gli standard di pulizia previsti dal contratto non sono stati raggiunti. Il sistema di controllo è stato introdotto a fine 2005 dall’amministratore delegato di Trenitalia Roberto Testore. Per separare i controllori dai controllati l’incarico è stato affidato a un centinaio di ispettori della Efm di Roma (società terza accreditata per la verifica di qualità). Agli 007 esterni sono stati affiancati 293 uomini di Trenitalia. Il meccanismo: premi alle aziende più brave, penali o addirittura rescissione del contratto per quelle che non rispettano gli standard previsti dagli accordi. Quello a cui ora potrebbero andare incontro le imprese ispezionate.
LE CARENZE—Sotto accusa innanzitutto il numero degli addetti messi in campo. Ma anche il coordinamento delle stesse operazioni di pulizia. A Napoli sono stati trovati in servizio solo cinque uomini (e non tutti svegli) per 32 interventi: la maggior parte era in ferie o in cassa integrazione. Fantasmi anche responsabili di area e capi turno con un’inevitabile ricaduta sulla programmazione del lavoro. Se si tratta di poca voglia o mancanza di formazione è difficile dirlo. Certo è che ovunque gli addetti alle pulizie non sono stati ritenuti all’altezza, insieme ai loro metodi giudicati superficiali. E quale massaia, per quanto mediocre, non rabbrividirebbe davanti all’utilizzo di stracci sporchi immersi in acqua putrida per dare una passatina ai sedili (facendo però attenzione a non spostare i rifiuti abbandonati), alla totale dimenticanza di disinfettanti e detersivi per pulire bagni e lavabi (spesso introvabili sapone, carta igienica e salviettine; guaste le serrature), al ricorso di secchiate di acqua sulle pareti (con il rischio di rovinare i sedili e far saltare gli impianti elettrici). Se gli uomini sono pochi e il lavoro tanto, la logica consiglierebbe l’utilizzo di macchinari adeguati. In molti casi un vero miraggio: per lo più le imprese ne sono sprovviste, dove esistono poi o sono obsoleti o non vengono utilizzati per non fare la fatica di caricarli in carrozza. In alcuni casi però, gli operatori non possono nemmeno contare su adeguati rifornimenti di acqua e corrente elettrica.
CONTRATTI A RISCHIO — Trenitalia ha minacciato di rescindere i contratti. Così che in attesa delle nuove ispezioni, a Napoli è stato richiamato il personale messo frettolosamente in cassa integrazione; le prime teste dei responsabili di coordinamento fantasma sono saltate. La speranza è che non succeda quello che è accaduto in Calabria: l’impresa già «licenziata» da Trenitalia ha presentato ricorso fino al Consiglio di Stato, ha abbassato ancora di più la qualità del servizio e impedito alla nuova ditta di prendere il suo posto.
Alessandra Mangiarotti
26 luglio 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/07_Luglio/26/mangiarotti.shtml