easyand
19-06-2006, 19:20
HERAT – Verrà rinforzato il contigente italiano di Herat? Anche stavolta non arriva una risposta definitiva: «Non mi è difficile confermare – afferma Parisi in visita lampo in Afghanistan – che il nostro orientamento è quello di utilizzare tutte le risorse a disposizione per rafforzare il nostro sostegno. Peso le parole – ammette il ministro – perché la mia competenza in questa fase è istruttoria, per una decisione che dovrà essere affidata alla collegialità del governo, in funzione di una decisione del Parlamento. Ma per quanto riguarda la mia personale valutazione, questa prima fase d'istruttoria mi induce a valutare positivamente il cammino fatto finora».
Tradotto (integrato da informazioni raccolte anche sul posto), significa che è più che probabile che ci sarà un potenziamento di uomini e di mezzi a Herat, dove gli italiani oggi oscillano sui 400.
Il locale Prt (una di quelle squadre di ricostruzione provinciale con cui la Nato punta ad espandere la sua missione Isaf in tutto il Paese) potrebbe essere presto rinforzato con una compagnia di sicurezza di 150-200 uomini e da una o più aliquote di forze speciali (non è un caso, forse, che della delegazione ministeriale faceva parte anche il generale Marco Bertolini, già comandante della Folgore e responsabile della nuova struttura della Difesa che riunisce le forze speciali di tutte le forze armate e ne pianifica le operazioni, il COFS.
Danilo Errico, il generale italiano che comanda la missione della Nato a Herat e in tutto l'Afghanistan occidentale,ripete che ha bisogno di più uomini e mezzi: senza è difficile lavorare, in una regione vasta come metà dell'Italia, impervia, dove le tensioni interetniche, la minaccia di al Qaida e dei taleban sono sempre latenti. Il generale lo spiega al ministro della Difesa, Arturo Parisi. E batte cassa: «Abbiamo bisogno di una presenza maggiore, almeno una compagnia in più, e di qualche elicottero che ci consenta di muoverci con maggiore facilità».
L'esperienza del Prt, comunque, ha «positivamente impressionato» il ministro Parisi secondo cui queste squadre miste di civili e militari giocano un ruolo importante nella ricostruzione democratica dell'Afghanistan: basti guardare proprio a Herat, una città che in termini di vivibilità e sicurezza è distante anni luce dalla capitale Kabul. Dunque, pare di capire, una esperienza su cui investire, anche perché «l'Afghanistan ha bisogno di aiuto», dice Parisi ai militari schierati, e l'Italia intende «continuare ad onorare i suoi impegni», a dare il suo contributo proprio «grazie a una presenza militare che garantisce sicurezza e, al tempo stesso, supporta le nuove amministrazioni locali e realizza interventi e servizi di primaria importanza sociale».
C.F.
Tradotto (integrato da informazioni raccolte anche sul posto), significa che è più che probabile che ci sarà un potenziamento di uomini e di mezzi a Herat, dove gli italiani oggi oscillano sui 400.
Il locale Prt (una di quelle squadre di ricostruzione provinciale con cui la Nato punta ad espandere la sua missione Isaf in tutto il Paese) potrebbe essere presto rinforzato con una compagnia di sicurezza di 150-200 uomini e da una o più aliquote di forze speciali (non è un caso, forse, che della delegazione ministeriale faceva parte anche il generale Marco Bertolini, già comandante della Folgore e responsabile della nuova struttura della Difesa che riunisce le forze speciali di tutte le forze armate e ne pianifica le operazioni, il COFS.
Danilo Errico, il generale italiano che comanda la missione della Nato a Herat e in tutto l'Afghanistan occidentale,ripete che ha bisogno di più uomini e mezzi: senza è difficile lavorare, in una regione vasta come metà dell'Italia, impervia, dove le tensioni interetniche, la minaccia di al Qaida e dei taleban sono sempre latenti. Il generale lo spiega al ministro della Difesa, Arturo Parisi. E batte cassa: «Abbiamo bisogno di una presenza maggiore, almeno una compagnia in più, e di qualche elicottero che ci consenta di muoverci con maggiore facilità».
L'esperienza del Prt, comunque, ha «positivamente impressionato» il ministro Parisi secondo cui queste squadre miste di civili e militari giocano un ruolo importante nella ricostruzione democratica dell'Afghanistan: basti guardare proprio a Herat, una città che in termini di vivibilità e sicurezza è distante anni luce dalla capitale Kabul. Dunque, pare di capire, una esperienza su cui investire, anche perché «l'Afghanistan ha bisogno di aiuto», dice Parisi ai militari schierati, e l'Italia intende «continuare ad onorare i suoi impegni», a dare il suo contributo proprio «grazie a una presenza militare che garantisce sicurezza e, al tempo stesso, supporta le nuove amministrazioni locali e realizza interventi e servizi di primaria importanza sociale».
C.F.