naitsirhC
06-06-2006, 20:17
http://gazzettino.quinordest.it/VisualizzaArticolo.php3?Codice=2952059&Luogo=Main&Data=2006-6-6&Pagina=1
Salgono di tono le polemiche attorno a Sergio D'Elia, oggi componente dell'ufficio di presidenza della Camera, ma già terrorista di Prima linea e condannato per concorso nell'omicidio di un agente di polizia avvenuto nel 1978, poi dissociatosi dalla lotta armata ed approdato, attraverso il partito radicale alla lotta contro la pena di morte nel mondo alla testa di "Nessuno tocchi Caino". Esponenti dell'opposizione, parenti di vittime e dirigenti dei sindacati di polizia continuano a polemizzare contro la presenza nella presidenza di un ramo del Parlamento di chi è stato condannato per terrorismo; che viene difeso, invece, da quanti sottolineano che si tratta di una persona che ha scontato la pena, ha cambiato vita ed è stato democraticamente eletto. Mentre il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, nega qualsiasi problema «istituzionale» per la presenza di D'Elia nell'ufficio di presidenza. A gettare benzina sul fuoco è stato un altro "ex" di Prima linea, Roberto Sandalo, che in un'intervista ha fra l'altro sostenuto che D'Elia sarebbe stato implicato, oltre all'omicidio di Fausto Dionisi per il quale è stato condannato, anche in una rapina in cui fu uccisa una guardia giurata. Un «urlo di sdegno» nei confronti di uno Stato «che difende e incoraggia terroristi assassini che si vedono premiati per atti di pura barbarie, seminando terrore, dolore e incertezze in nome di un'ideologia». È un passo della lettera che Barbara Gori - figlia dell'ingegnere della Montedison Sergio, ucciso dalle Br a Mestre nel 1980 - ha inviato al Sindacato autonomo di polizia . «Non posso più tacere la mia rabbia nascosta per anni». E Maria Letizia, la compagna del dirigente ammazzato: «Sono dell'opinione che chi ha sbagliato, anche se pentito, debba pagare...».
FAVARO A PAG. 8
http://gazzettino.quinordest.it/VisualizzaArticolo.php3?Codice=2952174&Luogo=Main&Data=2006-6-6&Pagina=8
Salgono di tono le polemiche attorno a Sergio D'Elia, oggi componente dell'ufficio di presidenza della Camera, ma già terrorista di Prima linea e condannato per concorso nell'omicidio di un agente di polizia avvenuto nel 1978, poi dissociatosi dalla lotta armata ed approdato, attraverso il partito radicale alla lotta contro la pena di morte nel mondo alla testa di "Nessuno tocchi Caino". Esponenti dell'opposizione, parenti di vittime e dirigenti dei sindacati di polizia continuano a polemizzare contro la presenza nella presidenza di un ramo del Parlamento di chi è stato condannato per terrorismo; che viene difeso, invece, da quanti sottolineano che si tratta di una persona che ha scontato la pena, ha cambiato vita ed è stato democraticamente eletto. Mentre il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, nega qualsiasi problema «istituzionale» per la presenza di D'Elia nell'ufficio di presidenza. A gettare benzina sul fuoco è stato un altro "ex" di Prima linea, Roberto Sandalo, che in un'intervista ha fra l'altro sostenuto che D'Elia sarebbe stato implicato, oltre all'omicidio di Fausto Dionisi per il quale è stato condannato, anche in una rapina in cui fu uccisa una guardia giurata. Un «urlo di sdegno» nei confronti di uno Stato «che difende e incoraggia terroristi assassini che si vedono premiati per atti di pura barbarie, seminando terrore, dolore e incertezze in nome di un'ideologia». È un passo della lettera che Barbara Gori - figlia dell'ingegnere della Montedison Sergio, ucciso dalle Br a Mestre nel 1980 - ha inviato al Sindacato autonomo di polizia . «Non posso più tacere la mia rabbia nascosta per anni». E Maria Letizia, la compagna del dirigente ammazzato: «Sono dell'opinione che chi ha sbagliato, anche se pentito, debba pagare...».
FAVARO A PAG. 8
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