:.Blizzard.:
30-05-2006, 10:14
:D
Lo lessi a suo tempo sul giornale, ma adesso ve lo ripropongo.
Si adatta al 99% del nostro paese.
E' l'ora degli "Alloristi"
Beppe Severgnini,
Due congiunzioni dominano il dibattito nazionale. Qualsiasi pasticcio accada, qualunque sia l'accusa, chiunque siano i responsabili, risuonano gli stessi vocaboli: "E allora...".
Esempi a volontà, dallo sport alla politica, dal risiko bankario agli affari del mondo. Chi giustifica l'apparente conflitto d'interessi dell'arbitro Collina non entra nel merito (e potrebbe). Dice, invece: "... e allora Galliani?". Chi piange per la retrocessione del Torino s'arrabbia: "...e allora la Lazio?". Chi simpatizza per Ricucci, mobilissimo immobiliarista, sussurra: "...e allora Caltagirone e Ligresti?". Chi vuole ignorare il controllo politico sulla Rai di oggi ricorda: "... e allora la Rai di ieri?". Chi prova a giustificare le violenze islamiche azzarda: "...e allora gli americani in Iraq?" Eccetera.
E' così, pensateci. L'unico modo di difendere qualcuno, in Italia, è ricordare le colpe (vere o presunte) di qualcun altro.
Giovedì scorso, in questa rubrica, ho descritto - a malincuore - l'umore e le condizioni della Popolare di Crema, la banca della mia città, risucchiata negli schemi di Fiorani e della Banca Popolare Italiana. Ho ricevuto diverse email astiose, alcune da dipendenti del gruppo (eh, be'). Non discutevano dei bilanci zoppi, delle furbizie sugli estratti-conto o dei metodi usati per la scalata all'Antonveneta. No. Scrivevano: "... e allora cos'ha fatto la Banca d'Italia con l'Ambrosiano nei primi anni Ottanta?". Oppure: "....e allora perché non attacca le banche azioniste della Rcs?"
Questo modo di ragionare s'esalta quando s'avvicina alla politica. Parlate a un elettore berlusconiano del conflitto di interessi del capo, ormai diffuso sulla pelle d'Italia come un'allegra psoriasi. Non lo negherà (e come potrebbe?). Dirà "...e allora il centrosinistra?" A quel punto ricorderà l'impotenza dei governi Prodi, D'Alema e Amato, che in cinque anni non hanno saputo/voluto produrre una legge in materia. Vero, purtroppo. Ma non è un modo di discutere. E' un trucco per eludere la risposta.
Meccanismi simili operano nella testa degli elettori di centrosinistra. Lì dentro, dopo "E allora...", viene sempre un nome: Berlusconi. Come difendere le nebbiose primarie che, secondo Bruno Tabacci, "somigliano a una seduta spiritica"? O l'esclusione del giovanotto Scalfarotto, che col suo programma pieno di buon senso rischiava di creare qualche imbarazzo? E' facile. Basta dire: "E allora Berlusconi e la destra? Là arrivano i diktat dal Mar Nero. Noi, almeno, discutiamo."
E' così in ogni campo: gli "alloristi" spopolano. Intere categorie difendono i propri eccessi evocando altre categorie. Gli agricoltori pugliesi giustificano i blocchi stradali ("...e allora gli allevatori lombardi?"). I politici siciliani proteggono spese, posti e privilegi ("...e allora la Regione Campania?"). Gli avvocati difendono i loro concorsi ("...e allora i professori universitari?"). Alle critiche i commercialisti ribattono "...e allora in notai?". E i notai replicano: "... e allora i farmacisti?".
Potremmo continuare, ma avete capito. Nel nostro agitato e confuso paese nessuno si scusa. Tutti dicono, invece: "E allora...". I vecchi errori non servono per imparare, in Italia, ma per giustificarne di nuovi. Conseguenze dell'"allorismo"? Una su tutte: continuiamo a cadere dalla padella alle braci, per poi rientrare nella padella. E questo non è un comportamento da uomini, ma da polli. Destinati, com'è ovvio, a finire arrosto.
(Dal Corriere della Sera)
Lo lessi a suo tempo sul giornale, ma adesso ve lo ripropongo.
Si adatta al 99% del nostro paese.
E' l'ora degli "Alloristi"
Beppe Severgnini,
Due congiunzioni dominano il dibattito nazionale. Qualsiasi pasticcio accada, qualunque sia l'accusa, chiunque siano i responsabili, risuonano gli stessi vocaboli: "E allora...".
Esempi a volontà, dallo sport alla politica, dal risiko bankario agli affari del mondo. Chi giustifica l'apparente conflitto d'interessi dell'arbitro Collina non entra nel merito (e potrebbe). Dice, invece: "... e allora Galliani?". Chi piange per la retrocessione del Torino s'arrabbia: "...e allora la Lazio?". Chi simpatizza per Ricucci, mobilissimo immobiliarista, sussurra: "...e allora Caltagirone e Ligresti?". Chi vuole ignorare il controllo politico sulla Rai di oggi ricorda: "... e allora la Rai di ieri?". Chi prova a giustificare le violenze islamiche azzarda: "...e allora gli americani in Iraq?" Eccetera.
E' così, pensateci. L'unico modo di difendere qualcuno, in Italia, è ricordare le colpe (vere o presunte) di qualcun altro.
Giovedì scorso, in questa rubrica, ho descritto - a malincuore - l'umore e le condizioni della Popolare di Crema, la banca della mia città, risucchiata negli schemi di Fiorani e della Banca Popolare Italiana. Ho ricevuto diverse email astiose, alcune da dipendenti del gruppo (eh, be'). Non discutevano dei bilanci zoppi, delle furbizie sugli estratti-conto o dei metodi usati per la scalata all'Antonveneta. No. Scrivevano: "... e allora cos'ha fatto la Banca d'Italia con l'Ambrosiano nei primi anni Ottanta?". Oppure: "....e allora perché non attacca le banche azioniste della Rcs?"
Questo modo di ragionare s'esalta quando s'avvicina alla politica. Parlate a un elettore berlusconiano del conflitto di interessi del capo, ormai diffuso sulla pelle d'Italia come un'allegra psoriasi. Non lo negherà (e come potrebbe?). Dirà "...e allora il centrosinistra?" A quel punto ricorderà l'impotenza dei governi Prodi, D'Alema e Amato, che in cinque anni non hanno saputo/voluto produrre una legge in materia. Vero, purtroppo. Ma non è un modo di discutere. E' un trucco per eludere la risposta.
Meccanismi simili operano nella testa degli elettori di centrosinistra. Lì dentro, dopo "E allora...", viene sempre un nome: Berlusconi. Come difendere le nebbiose primarie che, secondo Bruno Tabacci, "somigliano a una seduta spiritica"? O l'esclusione del giovanotto Scalfarotto, che col suo programma pieno di buon senso rischiava di creare qualche imbarazzo? E' facile. Basta dire: "E allora Berlusconi e la destra? Là arrivano i diktat dal Mar Nero. Noi, almeno, discutiamo."
E' così in ogni campo: gli "alloristi" spopolano. Intere categorie difendono i propri eccessi evocando altre categorie. Gli agricoltori pugliesi giustificano i blocchi stradali ("...e allora gli allevatori lombardi?"). I politici siciliani proteggono spese, posti e privilegi ("...e allora la Regione Campania?"). Gli avvocati difendono i loro concorsi ("...e allora i professori universitari?"). Alle critiche i commercialisti ribattono "...e allora in notai?". E i notai replicano: "... e allora i farmacisti?".
Potremmo continuare, ma avete capito. Nel nostro agitato e confuso paese nessuno si scusa. Tutti dicono, invece: "E allora...". I vecchi errori non servono per imparare, in Italia, ma per giustificarne di nuovi. Conseguenze dell'"allorismo"? Una su tutte: continuiamo a cadere dalla padella alle braci, per poi rientrare nella padella. E questo non è un comportamento da uomini, ma da polli. Destinati, com'è ovvio, a finire arrosto.
(Dal Corriere della Sera)