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View Full Version : Il Nobel Edward Prescott al Professore: «Ridurre le tasse»


zerothehero
22-05-2006, 20:53
«Il problema italiano è la crescita piatta, non il disavanzo»

Prima regola: «Se l’Italia vuole risanare i suoi conti pubblici, deve tagliare le tasse». Seconda regola: «Il punto non è aumentare la bassissima produttività degli italiani, basta ricondurre alla luce il sommerso e raddoppierà da sola ». Terza regola: «Per rimettere in moto la crescita, non bisogna spingere a colpi d’investimenti pubblici, basta mollare il freno, togliendo le barriere di protezione a certi settori». Edward Prescott non è un pazzo visionario, ma un Nobel per l’economia e il suo messaggio al nuovo governo italiano va preso sul serio. Dal forum Sas di Ginevra, dove ha parlato di efficienza della produzione attraverso l’uso della tecnologia, Prescott si rivolge a Romano Prodi sapendo di indirizzare le sue valutazioni a un collega prima ancora che a un politico.
Il nuovo governo s’insedierà con un’emergenza già in corso sul fronte dei conti pubblici: il deficit si avvia a sforare la soglia del 4% sul Pil, mentre in base agli accordi con Bruxelles non dovrebbe superare il 3,8%. E il rapporto debito- Pil è già ben superiore al 100%. Le sembriamo in condizione di tagliare le tasse? «Non bisogna spaventarsi di un aumento momentaneo del disavanzo. In definitiva l’Italia è in buona compagnia: anche il Giappone è nelle stesse condizioni. La differenza è che adesso il Giappone cresce, mentre l’Italia no. Il vero problema dell’Italia è la crescita piatta, non il disavanzo ».
Colli di bottiglia
Cos’è che blocca la crescita?
«Bisogna eliminare le rigidità e le barriere che imbrigliano l’efficienza produttiva: da un lato l’eccessiva fiscalità, dall’altro lato le protezioni di cui godono settori fatiscenti, solo per garantire l’occupazione a quei pochi privilegiati che ci lavorano. Bisogna ricordarsi che la protezione del posto di lavoro di qualcuno non avviene mai senza un costo e comunque sempre a discapito di qualcun altro».
Quindi?
«Primo: ridurre le aliquote fiscali. È stato ampiamente dimostrato da una serie di studi, compresi i miei, che la produttività è fortemente influenzata dalla fiscalità. Dalle statistiche dell’Ocse si deduce che gli americani nella fascia d’età 16-64 lavorano il 50% in più dei francesi. Valori analoghi risultano anche rispetto ai tedeschi e agli italiani. Per spiegare queste differenze spesso si citano fattori culturali o i sussidi alla disoccupazione, ma andando a verificare sulle serie storiche emerge chiaramente che l’unico motivo vero è il livello della tassazione. Nei primi anni Settanta, infatti, la situazione era capovolta. E anche le aliquote fiscali ».
Nella pratica?
«In pratica, le tasse sul reddito rappresentano un chiaro incentivo a lavorare di meno. E anche se si tassano solo i più ricchi, non si fa altro che disincentivare la produttività. Spesso i cosiddetti ricchi sono solo famiglie in cui lavorano sia il padre che la madre. L’aumento d e l l a pressione fiscale su questo tipo di famiglie ha solo l'effetto di far restare la madre a casa. E questo non è un male solo per il reddito familiare, ma anche per le casse dello Stato, che vedranno le entrate fiscali calare invece che crescere».
Come si fa a spezzare questo circolo vizioso?
«È semplice: se gli europei fossero tassati come gli americani, avrebbero gli stessi livelli di produttività. E di crescita. È la quantità di lavoro disponibile, non dimentichiamolo, il fattore chiave per aumentare la crescita. Ricordo quando l’Europa riuscì a raggiungere gli Stati Uniti in termini di output e di produttività. È successo dall’inizio degli anni Sessanta fino a cavallo degli anni Ottanta. Poi il declino. La gente, sia in America che in Europa, sia in Cile che in Giappone, risponde in maniera analoga ad analoghi stimoli fiscali».
Anche in Italia?
«Per l’Italia questo discorso è ancora più valido, considerando la dimensione consistente del sommerso. Gli italiani non lavorano necessariamente meno degli americani, solo che una parte del loro lavoro non viene tassata. Se il governo riducesse le aliquote abbastanza da catturare anche una buona fetta di questa torta, facendola emergere, potrebbe aumentare le sue entrate fiscali del 25 per cento. E improvvisamente si scoprirebbe che gli italiani sono dei gran lavoratori. Tanto quanto gli americani».
Ma tagliare le tasse non basta.
«No, ci sono altre riforme molto importanti: lo Stato dovrebbe smettere di proteggere le rendite di posizione, di qualsiasi tipo. Dovrebbe eliminare le barriere che scoraggiano il libero uso della tecnologia per migliorare l’efficienza della produzione. Dovrebbe togliere le rigidezze normative che ingessano il mercato del lavoro proteggendo solo i lavoratori garantiti. Dovrebbe spingersi oltre sulla riforma delle pensioni, introducendo gradualmente un sistema a capitalizzazione ed eliminando i privilegi ancora accordati ad alcune categorie... ».
Commercio
E tutto questo in quattro anni?
«Non solo questo. C’è dell’altro: l’Europa deve assolutamente favorire il libero commercio internazionale, eliminando le barriere doganali contro i prodotti asiatici. Solo la libera competizione consente ai consumatori occidentali di accedere alle merci più a buon mercato e promuove una distribuzione efficiente della produzione mondiale, lasciando ai Paesi più industrializzati solo le industrie con maggiore valore aggiunto e agli altri quelle in cui è essenziale un basso costo della manodopera ».
Ma questo significa autodistruggere interi settori della produzione industriale...
«Vero. Ma sono settori che non sopravvivrebbero comunque e resistere strenuamente alla loro distruzione significa danneggiarne altri, che invece sono i settori del futuro e andrebbero incentivati. Chi perde dall’abbandono di un sistema difficilmente si rassegna e chi guadagna difficilmente ha i mezzi per far valere le proprie ragioni. Ma la dittatura dello status quo imposta da alcuni gruppi al resto della società ci danneggia tutti».
Come si esce da questa dittatura?
«Eliminando gli steccati che impediscono ai nuovi competitor di entrare. Le barriere alla competizione arricchiscono le imprese esistenti, ma soffocano le nuove. Il potere economico "compra" il potere politico e rende il passaggio all’innovazione politicamente difficile, pur essendo economicamente conveniente. Nel Medio Evo, per esempio, come ricordano i libri di storia, le gilde usavano il proprio potere politico per indurre i governanti ad introdurre regolamentazioni che limitavano la competizione attraverso controlli dei prezzi, standard di produzione e un numero chiuso di agenti attivi sul mercato locale». Come gli ordini professionali di oggi... «Il risultato fu quello di tagliare il flusso di nuove idee, portando al declino i Paesi dove questo sistema è riuscito a prevalere. Tuttavia l’esperienza storica ci dice pure che non tutti i sistemi sono uguali e che non tutti i Paesi rimangono intrappolati in strategie e politiche perdenti. Dipende dall’indipendenza e dallo spessore dei politici che li governano ».
ELENA COMELLI

Scoperchiatore
22-05-2006, 20:59
L'Economia non la capirò mai...

"E' stato ampliamente dimostrato da vari studi..." è una frase che non ha senso!
Dato che non si può ricreare il contesto esatto in cui lo studio è stato effettuato, non si è dimostrato un bel niente, si è solo analizzato un qualcosa.

FnF
22-05-2006, 21:33
Prima regola: «Se l’Italia vuole risanare i suoi conti pubblici, deve tagliare le tasse». Seconda regola: «Il punto non è aumentare la bassissima produttività degli italiani, basta ricondurre alla luce il sommerso e raddoppierà da sola ». Terza regola: «Per rimettere in moto la crescita, non bisogna spingere a colpi d’investimenti pubblici, basta mollare il freno, togliendo le barriere di protezione a certi settori».

Beh, chiedo venia al luminare, ma ha scoperto l'acqua calda. Una quarta regola poi non sarebbe male: investire un pò di più nella ricerca.

[...]lasciando ai Paesi più industrializzati solo le industrie con maggiore valore aggiunto e agli altri quelle in cui è essenziale un basso costo della manodopera ».
Ma questo significa autodistruggere interi settori della produzione industriale...
«Vero. Ma sono settori che non sopravvivrebbero comunque e resistere strenuamente alla loro distruzione significa danneggiarne altri, che invece sono i settori del futuro e andrebbero incentivati.[...]

E' vero [ovvio, è un premio nobel mica cazzi] ma auspica una situazione, o meglio un cambiamento di situazione che ha ripercussioni tali che nessuno ha l'intenzione di farlo partire.

Probabilmente ci arriveremo, così come ci arriveranno gli altri paesi occidentali [prima di noi] o forse, vista la situazione attuale dell'Italia perderemo il treno e... (quest'ultimo pensiero è più polemico che verosimile).

L'Economia non la capirò mai...

"E' stato ampliamente dimostrato da vari studi..." è una frase che non ha senso!
Dato che non si può ricreare il contesto esatto in cui lo studio è stato effettuato, non si è dimostrato un bel niente, si è solo analizzato un qualcosa.

Nel medio e lungo periodo raramente si sbaglia, soprattutto se in riferimento alla macroeconomia. Ricordo un testo di marketing internazionale che grazie a vari studi prevedeva nel 2005 l'espansione del mercato cinese con ripercussioni a seguire sugli altri mercati [libro del '98 s enon ricordo male)..matematico no? :)

leoneazzurro
22-05-2006, 21:45
Secondo me il luminare confonde causa con effetto, ossia non è che la produttività è bassa perchè le tasse sono alte, bensì le tasse sono alte perchè la produttività è bassa. E' vero anche che basse tasse attirano investimenti stranieri (come accade in Irlanda, tanto per dirne una) ma certo non è il solo fattore (e non so quanti investimenti potremmo attirare se non costruiamo quel substrato tecnologico ad alto valore aggiunto che auspica il Prof. Prescott).
Per il resto abbastanza d'accordo con l'analisi, per crescere bisogna liberarsi delle produzioni che richiedono un forte apporto di manodopera (aggiungo, non specializzata) e portare avanti ricerca (come giustamente dice FNF) e produzioni ad alto contenuto tecnologico e qualitativo.

Cfranco
22-05-2006, 21:47
«Per rimettere in moto la crescita, non bisogna spingere a colpi d’investimenti pubblici, basta mollare il freno, togliendo le barriere di protezione a certi settori».
L' acqua calda ...
Facile a dirsi , difficile a farsi , prova soltanto ad andare a toccare i monopoli e le corporazioni e vedrai quanto ci metti a finire sulla graticola :muro:

fabio80
22-05-2006, 21:49
L' acqua calda ...
Facile a dirsi , difficile a farsi , prova soltanto ad andare a toccare i monopoli e le corporazioni e vedrai quanto ci metti a finire sulla graticola :muro:


eppure il problema principale sta proprio lì. finchè non si tocca quel punto, imho, da qua non ci schiodiamo

|Gia|
22-05-2006, 22:01
Appoggio molti punti. C'è da aggiungere però che nascosto nel sistema c'è qualcuno a cui la condizione attuale conviene e anche parecchio.
PS: mi ricordavo da macroeconomia politica che il tetto massimo tra disavanzo e pil fosse 3%, non 3.8%, confermate? Si tratta di una proroga dunque?

Jaguar64bit
22-05-2006, 22:08
Non ha detto solo cose infondate come dite quel professore... , in Italia c'è chi lavora produce e rischia... e poi c'è tanta gente ma tanta che vive come parassiti.. come sanguisughe , posti pubblici che producono posti di lavoro a perdere che non producono nulla.. sono solo un immenso costo( sopratutto per non dire quasi esclusivamante al centro sud ) assistenzialismo esagerato , sprechi..poca impresa nel sud , per colpa della criminalità che è un cancro che blocca l'Italia... se hai una attività ti vogliono succhiare le vene..prima lo stato poi i taglieggiatori.. , l'Italia va male per molti fattori che sono incancrenati nell'essere poco seri degli italiani , c'è troppa gente che vive sulle spalle dei sacrifici altrui... c'è troppa mentalità "dell'arrangiamoci".


X leoneazzurro , l'Irlanda non è l'Italia..in quel paese la criminalità è minima e ci sono le infrastrutture , poi è un paese molto informatizzato e anglofono..per il sud Italia non basterebbe abbassare le tasse agli investitori esteri..tanto li non ci andrebbero ugualmente.

FnF
22-05-2006, 22:27
si, il tetto massimo è il 3%, basta cercare patto di stabilità per averne conferma. :)

|Gia|
22-05-2006, 22:33
Esatto, dunque la giornalista sbaglia parlando del 3.8%.
Per quanto riguarda l'illegalità nascosta basterebbe guardare i dati dell'aumento dell'evasione dopo i due condoni di Silvio.

FnF
22-05-2006, 22:42
Esatto, dunque la giornalista sbaglia parlando del 3.8%.

non credo. Prima di questa discussione non ne sapevo nulla :stordita: ma mi son fatto una rapida ricerca e:

Sul tappeto resta la ricontrattazione con Bruxelles del percorso di rientro al di sotto del 3%, che dovrebbe chiudersi nel 2007.
Se nulla muterà, e in mancanza di una manovra-bis, la Finanziaria del prossimo anno dovrà operare una correzione non da poco: da un tendenziale del 4,5% (è la nuova stima della Commissione) occorrerà scendere quanto meno al 3 per cento


link (http://barometroeconomia.ilsole24ore.com/BarometroEconomia/Approfondimenti/Congiuntura-Italiana/2006/05/09/SS20060509002UAA.jsp)

Quindi immagino un obiettivo programmato del 3,8% per quest'anno(?) e poi a scendere. Era meglio se non leggevo :rolleyes:

leoneazzurro
22-05-2006, 22:52
X leoneazzurro , l'Irlanda non è l'Italia..in quel paese la criminalità è minima e ci sono le infrastrutture , poi è un paese molto informatizzato e anglofono..per il sud Italia non basterebbe abbassare le tasse agli investitori esteri..tanto li non ci andrebbero ugualmente.

Che è quello che dicevo anche io ;)

|Gia|
22-05-2006, 23:10
Interessante, il testo su cui ho preparato l'esame parlava ancora del 3%...
probabilmente in chiave eccessivamente ottimista :doh:

HenryTheFirst
22-05-2006, 23:39
La dimostrazione, in termini economici, si basa proprio sullo studio dello storico. E' ovvio che non si può parlare di una dimostrazione scientifica con prove empiriche e casi da laboratorio ricreati a piacimento. Cerchiamo di contestualizzare le parole nell'ambito della materia di cui stiamo trattando, è impossibile trattare l'economia con le categorie della fisica.
Inoltre, tutte le critiche sull'acqua calda scoperta da Prescott: ovviamente le parole lette su quell'articolo sono "edulcorate" per il pubblico cui sono rivolte, che non è tecnico e a cui non interessano tutti gli studi che ci sono a monte. In sostanza si tratta con ogni probabilità del riassunto del riassunto dei risulati di uno studio che noi non riusciremmo a capire se letto in forma estesa. Chiaramente il teorico indica le vie da percorrere, poi è il politico che deve decidere come farlo, e nessuno ha mai detto che sia facile.

[Polemica mode on]
Ma si sa: il premio Nobel diventa garanzia di capacità innate solo quando serve a tirare acqua al mulino di Fo o di Arafat :asd:
Scusate, non ho resistito, sono stanco e adesso vado a dormire :Prrr:
[Polemica mode off]

FnF
23-05-2006, 00:55
Bah, continuo a pensare che le soluzioni riportate sono conosciute a livello accademico da anni. Cambiano solo le % col passare degli anni.

Parla di delocalizzazione degli impianti, eliminazione pastoie burocratiche, autoregolazione del mercato, legalizzazione del sommerso, meritocrazia invece di nepotismo..scusate, ma non sono le vie da seguire per lo sviluppo dai primi anni '90?

Inoltre il ragionamento non fa una piega, ma è rivolto ad un paese che non è la vera Italia..un paese che destina X alla ricerca ma alla fine lo stanziamento reale è X - 30% [dato a caso] perchè c'è da ungere delle ruote etc etc, dove, a causa della conformazione geografica, il trasporto intermodale dovrebbe farla da apdrona e invece nisba, tutto su gomma. E alti costi di trasporto\stoccaggio etc si ripercuotono sui costi per unità di venduto. Un paese che sta diventando preda dei grandi distributori esteri [carrefour in primis] e reagisce a stento [e gli americani devono ancora arrivare, hanno appena iniziato a espandersi in europa]. Un paese dove si stanziano miliardi di lire per favorire lo sviluppo di cooperative nel settore agroalimentare nel sud che venivano create e fatte fallire nel giro di un anno per intascare i finanziamenti e bon.

Quale buona soluzione teorica potrebbe riuscire vincente visto il background con cui andrebbe a scontrarsi?

E potrei continuare per ore visto che in tutti i testi studiati i casi di eccellenza erano quasi sempre di altre nazioni mentre le situazione da "not to do" prettamente italiane.

Quindi ben vengano i consigli del premio nobel, ma poteva dare quello più utile di tutti: Italiani, cambiate mentalità e cultura sennò, visto che la Spagna ci sta superando, vi restano dietro solo Portogallo e Grecia e chissà per quanto ancora.

Solo che se dicesse una cosa del genere l'Italia unita insorgerebbe perchè critica il nostro modo di essere furbi, che a noi piace tanto. :rolleyes:

N.B
Per paramri da polemiche, sì ci sono ancora settori e imprese di cui andare fieri, ma se li contate son pochi.