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View Full Version : L'atteggiamento della destra


maddero
16-05-2006, 09:57
da ww.corriere.it

E Silvio disse: composti, come a un funerale L'irritazione del premier, spalla per un giorno di Giorgio «il comunista»: non mi ha citato S

Silvio Berlusconi durante l'intervento di Napolitano (Emblema)
«Agli ordini». Silvio Berlusconi ci ha provato, a sdrammatizzare tutto con una battuta, quando «sir George» Napolitano è uscito da Montecitorio. Ma certo il cerimoniale, che ieri gli assegnava una parte non solo di spalla ma quasi di valletto, sia pure di lusso, deve essergli pesato come un macigno: il destino cinico e baro aveva assegnato proprio a lui (a lui!) il compito di accompagnare al Quirinale il primo «comunista» mai eletto a capo dello Stato.

Una beffa. Che il Cavaliere ha vissuto con la faccia di un colitico vegetariano obbligato a deglutire bucatini con la pajata. Terreo, le labbra serrate, gli occhi socchiusi, la pelle della fronte tirata per la tensione con qualche rischio per le delicate suture estetiche, è entrato nell'aula tra gli ultimi e, prima di andarsi a piazzare al banco del presidente del Consiglio che per qualche giorno ancora gli spetta, è passato un attimo davanti alle prime file dei suoi di Forza Italia per suggerire: «Mi raccomando. Composti. Come fosse un funerale».

E per trequarti d'ora è rimasto lì, inchiodato al suo posto. Senza unirsi al battimani corale dei deputati e dei senatori all'ingresso in assemblea del successore di Carlo Azeglio Ciampi. Senza concedergli un cenno di saluto. Senza mai voltarsi una volta, neppure una, mentre quello faceva il suo discorso d'insediamento. Senza mai porsi il problema dello sgarbo istituzionale che gli sarebbe stato poi rinfacciato da un po' tutta la sinistra, a partire da Pierluigi Bersani: «Cafonissimo».

C'è chi dirà, tra i suoi, che il broncio era dovuto al fatto che Napolitano non si era ricordato di lui nei saluti iniziali. «Vogliamo credere che sia stata solo una vista», sibilerà Renato Schifani.

«Discorso deludente», rincarerà Elio Vito, «inoltre poteva essere rivolto un saluto al presidente Berlusconi e all'opera preziosa di governo che è stata assicurata in questi anni difficili dal punto di vista interno e internazionale». Ma lo sanno anche loro che il punto non è questo. Ciampi fece lo stesso: nessun saluto al premier D'Alema, nessuno al suo governo, nessuno ai ministri. Non era nella prassi. Fine.

A rendere fastidiosissimo quel passaggio istituzionale per il Cavaliere, che per anni ha coltivato l'immagine del «vincente» e odia perdere, era in realtà lo scherzo che gli ha tirato la sorte. Dannazione, proprio a lui! Lui che già nel discorso della «discesa in campo» non aveva citato manco una volta i temi che avrebbe poi cavalcato (mai le tasse e l'impegno di tagliarle, mai il rapporto con l'America, mai la necessità di ponti e strade e tangenziali) preferendo attaccare frontalmente i comunisti e «gli orfani e i nostalgici del comunismo» e le sinistre che «dicono di essere diventate liberal-democratiche, ma non è vero perché i loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro comportamenti sono gli stessi».

Sono anni che, infischiandosene dei consigli di chi gli diceva di lasciar perdere (come Giuliano Ferrara che sbadigliò lamentando un'«irrecusabile noia intellettuale») batte su questi tasti. È andato a inginocchiarsi in un santuario mariano prima della finale della Coppa dei Campioni contro lo Steaua Bucarest pregando la Madonna di dargli una mano a «battere i comunisti». Ha mandato una lettera ai parroci romani, in quel 1994 in cui aveva come avversario nel collegio non solo il «rosso» (?) Luigi Spaventa ma anche il democristiano Alberto Michelini, invitandoli a non votarlo «per non far vincere Spaventa e non far trionfare il comunismo». Ha accusato la nostra Carta Costituzionale, ieri esaltata da Napolitano, di risentire «di influenze sovietiche». Ha stabilito che «il 90% dei giornalisti italiani milita sotto le bandiere del fronte comunista o paracomunista». Ha spiegato che il referendum sul maggioritario, appoggiato tra gli altri anche da Antonio Martino e Gianfranco Fini, era «comunista».

E poi ha incoraggiato gli italiani dicendo che «anche se Gesù ci ha mandato in terra i comunisti, ce la possiamo fare». E distribuito kit elettorali dove si suggeriva di bombardare gli elettori spiegando che «il comunismo al potere ha sempre e dovunque prodotto: 1) miseria 2) terrore 3) morte».
E bollato come «cattocomunista» una figlia di Maria, sia pure assai combattiva, come Rosy Bindi che gli rispose: «Ma se non facevo nemmeno la spesa alla Coop, tanto ero anticomunista!». E indottrinato certe pasionarie come la bolzanina Michaela Biancofiore al punto che quella se n'è uscita spiegando che l'Alto Adige (l'Alto Adige di Magnago e Durnwalder e degli schützen!) è «pieno di comunisti» o anche se certo «non con la falce e il martello, ma con quello che Berlusconi intende per comunismo: l'omertà, l'occupazione della società, la paura di essere tagliati fuori. Come nelle Regioni rosse e in Alto Adige dove dei dc di sinistra applicano le regole Urss». Sud Sovietic Volkspartei...

Per non dire delle innumerevoli volte in cui lui, il premier azzurro, ha messo in guardia contro «i diessini o meglio i comunisti» che «sono gli stessi che hanno plaudito alla più feroce e disumana impresa della storia dell'uomo e dobbiamo perciò, quando li incontriamo, ricordarci che sono stati complici, politicamente e moralmente, di quanto è accaduto sotto i regimi comunisti».

Mettetevi al posto suo: cosa avreste fatto, ieri, costretti ad assistere al trionfo di un «comunista», sia pure british e non propriamente trinariciuto? Lui si è piegato facendo tutto il possibile per dimostrare quanto gli pesasse. Trequarti d'ora a dargli ostentatamente le spalle. A tamburellare con le dita sul tavolo come chi è molto annoiato. A leggere e piegare, rileggere e ripiegare, il fascicoletto del cerimoniale. A sospirare vistosamente per sottolineare la sua insofferenza. A rifiutarsi di applaudire se non quando proprio non poteva esimersi, come sul cordoglio per i militari morti nelle missioni in Afghanistan o in Iraq o sul ringraziamento alle forze dell'ordine o sul plauso al modo in cui Ciampi si è conquistato nei suoi sette anni la stima e l'affetto degli italiani. A lanciare occhiate incendiarie, se non proprio di odio, agli alleati come Pier Ferdinando Casini che gli sembravano troppo generosi nello spellarsi le mani per quel «comunista».

Per andarsene infine, per primo, così che tutti lo vedessero, mentre tutti (quasi tutti) erano in piedi come richiesto, al di là delle polemiche, dei torti e delle ragioni, dal fair- play.

Brutta giornata. Proprio una brutta giornata. Peggiore perfino di quella, che gli sarà tornata in mente in questi momenti di scandali calcistici, in cui un gruppo di tifosi avversari gli srotolò davanti il più infame degli striscioni: «Milanista ladro comunista».

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Gian Antonio Stella
16 maggio 2006

Casini, segnale a Silvio «Visto? Andava votato Non è un capo partito» Dal leader udc diciotto applausi a Napolitano «Come criticare un ex pci che cita De Gasperi?»

Quando Pier Ferdinando Casini sale nel suo nuovo ufficio sui tetti di Montecitorio, è già successo tutto e non è ancora successo nulla, Giorgio Napolitano ha giurato e parlato da presidente della Repubblica ma dall'opposizione nessuno si è ancora espresso, Silvio Berlusconi è andato via con fretta non si sa se dettata dal cerimoniale o dall'irritazione. Casini però non è pentito di aver quasi fatto da grande elettore di Napolitano; non ha potuto votarlo e farlo votare, ma ora nessuno gli può impedire di dirne bene.

«Questo snodo istituzionale era ed è fondamentale per la maturazione del centrodestra, per fare emergere un centrodestra diverso — ragiona Casini —. È un'opportunità per distinguerci da una sinistra che per cinque anni ha recitato la sua litania contro la dittatura della maggioranza e ora vuole instaurarla. Ed è un'opportunità per aprire un dialogo con un capo dello Stato che si è posto come garante di tutti. Noi abbiamo sventato un'operazione di appropriazione indebita del Colle, dove la sinistra voleva portare un capo partito. Ora non ci deve sfuggire che Napolitano ha scelto fin da subito un'impostazione diversa, tracciando il profilo del Quirinale come istituzione super partes». Non votarlo è stato un errore. Ma non è troppo tardi, dice Casini, «per chiudere il libro dei sogni e confrontarci con la realtà; che è diversa da quella che sognavamo. Anch'io avrei preferito vedere sul Colle un uomo del centrodestra. Ma le elezioni le hanno vinte gli altri». Le prime reazioni sono negative: discorso di parte, dicono. «Io invece penso che non fosse giusto attendere da un uomo di sinistra parole diverse da quelle di tutta una vita. Sarebbe stata una conversione trasformistica. Francamente, preferisco le garanzie che ci ha offerto. Più che una metamorfosi, dobbiamo chiedergli coerenza con quanto ha detto oggi. Napolitano ha le caratteristiche per interpretare al meglio il ruolo di garante anche dell'opposizione. Non ne dubitavo, perché lo conosco, lo stimo, e so che sia noi sia lui possiamo superare la prova».

La «prova», per Casini, è la tenuta del bipolarismo e insieme il superamento della contrapposizione frontale. «Fino a oggi noi eravamo sul piede di guerra. Ora dobbiamo avere l'intelligenza politica di cambiare registro». Sempre sospettato di lavorare all'ipotesi del «grande centro», Casini dice invece di puntare più che mai sul bipolarismo, come già fece nel '94 quando si smarcò da Martinazzoli e Segni, nel nome del maggioritario e dell'alternanza. Ma l'ex presidente della Camera vede il bipolarismo come lo vede Napolitano: non come la contrapposizione tra due schieramenti definiti dal sostegno o dall'avversione a Berlusconi; non come «una guerra all'arma bianca tra due estremismi. È tempo di costruire il bipolarismo maturo, che per consolidarsi non ha bisogno di clave».

«Discorso retorico» dice il capogruppo di Forza Italia Elio Vito. Casini legge l'agenzia sul computer, tra la foto con Ciampi e quella con Kohl, e dissente. «A me è sembrato un discorso per nulla retorico. Molto sobrio. Alla Napolitano: stile anglosassone». A Casini è piaciuto anche perché è stato un discorso politico, e da politico. Porto senza enfasi, mai a chiamare gli applausi, dagli applausi anzi quasi infastidito. Un discorso da uomo delle istituzioni, inevitabilmente apprezzato da chi ha appena lasciato la presidenza di Montecitorio, dopo aver nominato alla guida della Fondazione proprio Napolitano, certo per stima personale ma forse anche presagendone l'avvenire. «E Cesa, che fa Cesa?» si informa Casini consultando il computer. Niente, le agenzie battono ancora i temi del discorso. «Molto buono il passaggio sulle famiglie. Bene il riferimento ai rapporti con l'Europa e con gli Stati Uniti. Ma la parte che ho apprezzato di più è quella sulla cristianità come radice comune dell'Europa. E poi la risposta al Pontefice, con l'elogio del dialogo tra Stato e Chiesa: un'apertura al mondo cattolico italiano». Il centrodestra non ha applaudito invece l'elogio della Resistenza. «È vero. Sono parole che a una parte del mio schieramento non piacciono. Però ormai il valore fondativo della Resistenza fa parte della coscienza comune; così come ne fanno parte le sue ombre. Io stesso cinque anni fa ho citato l'uno e le altre, nel mio primo discorso da presidente della Camera. Napolitano ha parlato di "aberrazioni". Per un uomo che viene dal Pci, non è poco».

Alla parola «aberrazioni», Casini ha applaudito. L'ha fatto altre 17 volte, su 31 applausi complessivi: per le forze armate, per Ciampi, per i caduti, per Israele; ma pure per la citazione degli italiani all'estero, accolta dai banchi della destra quasi come una provocazione. Un applauso l'ha lanciato lui, quando Napolitano ha promesso di essere il garante «non solo della maggioranza che mi ha eletto». «Più che il passaggio sul dialogo, che era dovuto — dice Casini — è importante quello sulle riforme istituzionali; in particolare, la distinzione tra i principi fondamentali della Carta, che hanno una loro rigidità, e la parte sull'ordinamento, che può essere modificata». Napolitano ha ripreso i punti che aveva anticipato al Corriere nel giorno dell'elezione: il referendum di fine giugno, comunque vada, non scioglie il nodo delle riforme; vanno rafforzate sia la stabilità del governo, quindi i poteri del premier, sia le garanzie dell'opposizione. «Ecco, nella scorsa legislatura questo è sempre stato un cavallo di battaglia del centrosinistra, che ora se l'è rimangiato tentando di imporci D'Alema. Leggo esercizi di doppiopesismo a firma di Manzella. Napolitano si muove su una linea diversa».

Arriva l'agenzia con la dichiarazione di Cesa: «Bene Napolitano». «E bravo Cesa — sorride Casini —. Certo, non tutto il discorso di insediamento mi è piaciuto. La parte sulla questione sociale, su lavoratori garantiti e non garantiti, mi è parsa un po' superata. Del resto Napolitano si è proposto come è, mica poteva travestirsi da qualcun altro». Così com'è, a Casini non dispiace. Il leader dell'Udc è già sulla via del Quirinale quando indugia ancora un attimo: «E poi, come si fa a criticare un ex comunista che nel discorso di insediamento cita De Nicola, Antonio Segni e De Gasperi?».


Aldo Cazzullo
16 maggio 2006

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ho una domanda per chi ha votato a destra: meglio l'atteggiamento dell'UDC (e da quel che ho letto di AN) o l'atteggiamento di Forza Italia?

GianoM
16-05-2006, 10:04
http://www.iltempo.it/approfondimenti/index.aspx?id=925886

Applausi a Napolitano, Berlusconi se ne va
Il presidente ha ricordato la Resistenza e la lotta al terrorismo. Il premier è uscito appena finito di parlare
Il discorso del nuovo Capo dello Stato alla Camera. Casa delle Libertà in piedi solo nel passaggio sui militari morti all’estero
di PAOLO ZAPPITELLI

LA garanzia che la Cdl aspettava è arrivata solo alla fine del discorso del nuovo Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Non sarò in alcun momento il Presidente solo della maggioranza che mi ha eletto — ha detto parlando alla Camera davanti ai parlamentari riuniti in seduta comune — Avrò attenzione e rispetto per tutti voi, per tutte le posizioni ideali e politiche che esprimete. Dedicherò senza risparmio le mie energie all’interesse generale per poter contare sulla fiducia dei rappresentanti del popolo e dei cittadini italiani senza distinzione di parte». Solo a quel punto, dopo il triplice viva del nuovo Capo dello Stato al Parlamento, alla Repubblica e all’Italia, a conclusione del suo intervento, è arrivato un applauso un po’ più convinto dal centrodestra. Prima, lungo i quaranta minuti del discorso, la Cdl ha più volte lasciato alla parte dell’emiciclo occupata dall’Ulivo il rituale degli applausi, trentuno in tutto. Nessun battimani dai banchi della Cdl quando Napolitano ha citato la Resistenza — «Ci si può, io credo, ormai ritrovare, superando vecchie laceranti divisioni, nel riconoscimento del significato e del decisivo apporto della Resistenza» — nessuno quando ha ricordato «la splendida figura di Nilde Iotti». Applausi convinti solo quando ha parlato dei militari morti all’estero, a Kabul e a Nassiriya, con Silvio Berlusconi che, unica volta, si è alzato in piedi in un lungo battimani. Per il resto il premier (resterà in carica fino a quando non giurerà Prodi) è rimasto sempre seduto nei banchi riservati al governo, insieme agli altri ministri, disegnando su un foglietto che aveva davanti. Una freddezza al nuovo Capo dello Stato che è stata la stessa mostrata dai parlamentari del centrodestra. Anche se in diverse gradazioni: dal vero e proprio gelo della Lega Nord (Maroni era seduto in mezzo ai parlamentari e non ha quasi mai applaudito mentre gli altri due ministri del Carroccio, Calderoli e Castelli, non erano proprio in Aula) ai toni appena più morbidi di Forza Italia e An (Fini si è girato due volte verso il Capo dello Stato per applaudirlo), a quelli un pochino più calorosi dell’Udc. Napolitano è entrato nell’Aula della Camera poco prima delle cinque — dopo essere stato «prelevato» da casa sua da una squadra di carabinieri motociclisti — ed è stato accolto dai due presidenti Franco Marini e Fausto Bertinotti. Qualche momento di emozione prima di pronunciare il giuramento — «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione» — poi Napolitano tira fuori un grande fazzoletto bianco, se lo porta al viso, lo ripone e inizia il suo discorso. Quaranta minuti nei quali parla dei valori sui quali si fonda la Repubblica, ricorda il prossimo referendum sulla devolution — «la legge di revisione costituzionale approvata dal Parlamento mesi or sono è ora affidata al giudizio conclusivo del popolo sovrano; si dovrà comunque verificare poi la possibilità di nuove proposte di riforma capaci di raccogliere il necessario largo consenso in Parlamento — esprime il suo omaggio a Ciampi «per l’esemplare svolgimento del suo mandato» e boccia qualsiasi forma di terrorismo così come di antisemitismo. Poi un passaggio sulla nostra economia — «posso esprimere solo un messaggio di fiducia, senza indulgere a diagnosi pessimiste sull’inevitabile declino del nostro sistema economico e finanziario, ma nemmeno sottovalutando la gravità delle debolezze da superare e dei nodi da sciogliere. Il nodo — innanzitutto — del debito pubblico. E insieme, le debolezze del sistema produttivo» — e subito dopo arriva il richiamo al suo ruolo «super partes»: «Considero mio dovere impegnarmi per favorire più pacati confronti tra le forze politiche e più ampie, costruttive, convergenze nel Paese. Ma è un impegno che svolgerò con la necessaria sobrietà e nel rigoroso rispetto dei limiti che segnano il ruolo e i poteri del Presidente della Repubblica nella Costituzione vigente. Un ruolo di garanzia dei valori e degli equilibri costituzionali, un ruolo di moderazione e persuasione morale, che ha per presupposto il senso e il dovere dell’imparzialità nell’esercizio di tutte le funzioni attribuite al Presidente». Ancora qualche minuto per un omaggio a Papa Benedetto XVI, alla Corte Costituzionale, al Consiglio superiore della Magistratura, poi Napolitano chiude il suo discorso e così come aveva fatto all’inizio si porta il suo fazzolettone al volto. L’applauso che gli arriva dall’Aula è il più lungo dei 31 che gli sono stati tributati, dura 1 minuto e 48 secondi. Quello che gli riserva Berlusconi è molto più breve: a metà il premier era già all’uscita dell’Aula.

parax
16-05-2006, 10:06
Ieri ho visto l'entrata del presidente al Quirinale, lavorandoci di fronte, molta gente alla vista del Berluska in macchina ha quasi avuto un coccolone.
Alla vista dell'auto tutti applaudivano, poi quando ci si è resi conto del vicino sono partiti i primi fischi accompagnati da qualche insulto. Napolitano proprio non se lo meritava ieri un vicino così, gli ha rovinato la festa.
Altra scena mitica erano tutti gli esponenti della cdl che entravano fin dentro, mentre quelli del centro sx scendevano vicino all'obelisco, per prendersi un po di applausi, al passaggio di D'Alema e Veltroni c'è stata un ovazione. Sembrava l'entrata agli Oscar :mbe:

kaioh
16-05-2006, 10:32
almeno io son stato più fortunato di berlusconi , appena al tg ho sentito napolitano parlare ho potuto cambiare canale con uno scatto fulmineo nauseato da ciò che sentivo , lui ha dovuto star li a subirselo tutto .

maddero
16-05-2006, 10:45
almeno io son stato più fortunato di berlusconi , appena al tg ho sentito napolitano parlare ho potuto cambiare canale con uno scatto fulmineo nauseato da ciò che sentivo , lui ha dovuto star li a subirselo tutto .

quindi sei daccordo con l'atteggiamento di Berlusconi? Perchè?

kaioh
16-05-2006, 11:01
quindi sei daccordo con l'atteggiamento di Berlusconi? Perchè?ha fatto ciò che il cerimoniale gli imponeva di fare , di cosa vi lamentate ?
Vi lamentate anche quando non ha violato nessuna norma e regola, era previsto che doveva sorridere , se si, per quanti secondi ?
Mi sembra che ogni occasione è buona pur di parlare del berluska.

Tefnut
16-05-2006, 11:13
ha fatto ciò che il cerimoniale gli imponeva di fare , di cosa vi lamentate ?
Vi lamentate anche quando non ha violato nessuna norma e regola, era previsto che doveva sorridere , se si, per quanti secondi ?
Mi sembra che ogni occasione è buona pur di parlare del berluska.
sopra hai scritto che sei stato fortunato....

perchè? cosa c'era che non andava nel discorso del nuovo presidente?

maddero
16-05-2006, 12:11
ha fatto ciò che il cerimoniale gli imponeva di fare , di cosa vi lamentate ?
Vi lamentate anche quando non ha violato nessuna norma e regola, era previsto che doveva sorridere , se si, per quanti secondi ?
Mi sembra che ogni occasione è buona pur di parlare del berluska.

io non mi lamento di niente. cercavo solo di capire se il sentimento degli elettori fosse orientato di più verso un atteggimento tipo quello che sta tenendo Forza Italia (diciamo no a tutto) oppure un atteggiamento come quello dei suoi alleati (che mi sembrano più aperti ad un confronto sereno con la sinistra.). tutto qui.

maddero
16-05-2006, 14:26
Quali alleati, i democristiani ?, ti sbagli, quelli non si alleano con nessuno ma sfruttano chiunque.

forse l'udc.
ma AN? democristiani anche loro? è una domanda per cercare di capire se, chi ha votato a destra, si stà rispecchiando di più nell'atteggiamento di Forza Italia o degli altri partiti della coalizione....