zerothehero
20-04-2006, 14:16
Il Giappone ed i paesi del GCC hanno annunciato l’avvio di negoziati per la stipula di un Free Trade Agreement (FTA). Il GCC è impegnato in trattative simili con la Cina, l’India e la Corea del Sud. Queste trattative denotano l’importanza sempre maggiore che i paesi del blocco del GCC rivestono per le economie dei paesi asiatici bisognose di petrolio, settore in cui nei prossimi anni si giocherà una partita decisiva per gli equilibri politici e diplomatici sia mondiali che del Sud Est asiatico.
Dario Cristiani
Equilibri.net (20 aprile 2006)
Il Giappone e i sei paesi che formano il GCC, Gulf Cooperation Council, hanno annunciato che nel prossimo mese di maggio si terranno a Riyadh degli incontri preliminari per negoziare la stipula di accordi di libero scambio, che dovrebbe essere siglato nel 2008. L’annuncio è stato dato durante un vertice bilaterale tenuto dai rappresentanti dell’Arabia Saudita e del Giappone agli inizi di Aprile, in cui si è parlato di incrementare e migliorare i rapporti economici e commerciali tra i due paesi.
Il GCC e l’importanza futura del mercato asiatico
Questo annuncio si inserisce nella scia del sempre maggior attivismo con cui il GCC si sta proponendo sulla scena politica ed economica mondiale come partner importante per molti attori di primo piano. In particolar modo l’Asia rappresenta un importantissimo quadro geoeconomico in cui l’organizzazione sta cercando di espandere la propria presenza ed il proprio peso. Trattative sono state iniziate dal GCC per stipulare accordi di partenariato economico e di libero scambio con la Cina, l’India e la Corea del Sud. Anche se nessuno di questi accordi è ancora stato concluso, queste trattative sono la spia della sempre più crescente attenzione con la quale i paesi del GCC guardano al miglioramento delle relazioni commerciali con questi paesi.
Le motivazioni profonde di questa strategia vanno ricercate nella combinazione sempre più stringente di una pluralità di fattori che vanno caratterizzando sempre di più lo scenario geoeconomico planetario. Essi sono la crescente domanda di energia derivante dallo sviluppo economico di alcuni paesi, in primis la Cina e l’India, il cui corollario è la necessità per questi paesi di stringere rapporti sempre più stretti coi paesi esportatori di petrolio e penetrare economicamente le aree sensibili del pianeta in materia di risorse energetiche. Questo perché per questi attori assicurarsi gli approvvigionamenti indispensabili per mantenere inalterata la crescita delle proprie economie è un’esigenza a dir poco vitale.
Il GCC, con la presenza al suo interno di alcuni dei più importanti produttori mondiali di greggio, come l’Arabia Saudita e il Kuwait, è divenuto in breve tempo uno dei blocchi economici regionali a cui un gran numero di economie industrializzate, tra cui spiccano l’Unione Europea e il già citato Giappone, o in via di sviluppo, come appunto quelle asiatiche, guarda con estrema attenzione. Inoltre, l’aumento della domanda di petrolio a fronte di un’offerta mondiale sostanzialmente inalterata, se non destinata a calare nei prossimi anni, fa sì che sul mercato petrolifero mondiale si giochino i destini oltre che economici anche geopolitici e strategici di molte potenze mondiali. In tal senso l’area che gravita intorno al Pacifico, a causa della sua crescente importanza che la sta facendo divenire sempre di più il centro di gravità della geopolitica mondiale, offre un chiaro esempio. Sottolineare questo aspetto è utile per due motivi.
- Il primo è che l’interesse che molte potenze regionali asiatiche han mostrato nei confronti del GCC negli ultimi mesi denota la rivalità, più o meno latente, che sta crescendo nel sub sistema regionale, ad esempio tra Cina e Giappone, e sarà proprio il settore energetico uno dei teatri più importanti in cui questa rivalità si espleterà. La forte iniziativa diplomatica mossa dal Giappone verso questi paesi può essere quindi letta come la risposta alle trattative iniziate dalla Cina sempre con il GCC, con Pechino che punta a divenire il secondo partner commerciale del blocco dopo gli Stati Uniti.
- Il secondo motivo è legato inestricabilmente al primo, e cioè che il GCC può sfruttare queste rivalità per negoziare accordi più favorevoli ai propri interessi. Anche se non sempre i paesi che ne fanno parte son riusciti a definire una ridda di interessi omogenei, in questa situazione specifica tutti i paesi del Council condividono la necessità di penetrare in mercati nei quali poter reinvestire gli utili derivanti dalle rendite petrolifere, rafforzate in questo anno e mezzo dagli alti prezzi del petrolio.
L’interscambio commerciale tra i paesi del GCC e quelli dell’Asia attualmente si limita alla mera vendita di risorse naturali, petrolio innanzitutto e poi gas e minerali, dei primi ai secondi. La stipula di questi accordi di libero scambio dovrebbe invece aprire un nuovo capitolo nelle relazioni tra le due aree, ampliando il ventaglio dei beni che verranno scambiati, invertendo la rotta attuale degli scambi, che si muove solamente dal blocco del GCC all’Asia con l’esportazione di materie prime, rendendola così bidirezionale. Nell’ottica dei paesi del Council di sviluppare i loro progetti di diversificazione delle proprie attività economiche, a tutt’oggi legate a doppio filo alle rendite petrolifere, e dell’ammodernamento dei propri sistemi produttivi i mercati dell’Asia possono essere utili per acquisire materiali e tecnologia funzionali a questi disegni.
Diversificare e ammodernare le proprie economie è divenuta un’esigenza vitale per i paesi del blocco del golfo poiché, nella previsione di un progressivo declino del mercato petrolifero e conseguenzialmente delle rendite ad esso connesse, vi è la necessità di slegare la propria ricchezza dalla dipendenza dalle esportazioni petrolifere. Questo innanzitutto a causa del progressivo declino, in termini quantitativi delle risorse petrolifere di molti di questi paesi ed, in seconda battuta, dello sviluppo di energie alternative alloro nero. Questo settore in realtà ad oggi non appare ancora forte e capace di erodere il monopolio del petrolio come motore principale dell’attuale sistema economico mondiale, ma un suo eventuale potenziamento nel corso dei prossimi decenni potrebbe concorrere al declino dello stesso.
La strategia e gli interessi giapponesi
Il Giappone negli ultimi mesi si è mosso in maniera molto attiva, da un punto di vista diplomatico, nei confronti dei paesi del blocco del GCC. Questo perché essi rivestono un ruolo quantitativamente preponderante nella geografia dell’approvvigionamento petrolifero giapponese. Le loro esportazioni di petrolio coprono il 75%, stando ai dati del 2005, del fabbisogno giapponese. L’economia di Tokyo soffre la carenza di risorse proprie in questo particolare ambito, per questo essa è, tra le economie dei paesi industrializzati, quella che dipende più marcatamente dalle importazioni di idrocarburi. La crescita economica del colosso asiatico può costituire una minaccia per la stabilità regionale dell’area ed in particolare è il Giappone, storico rivale della Cina, ad esserne maggiormente preoccupato. Inoltre il fatto che, oltre alla Cina, anche altri paesi dell’area si siano mossi negli stessi termini, come ad esempio India e Corea del Sud, hanno reso inevitabile per Tokyo questo tipo di mosse. Questa strategia si incanala tra l’altro nel mutuato atteggiamento che ha assunto il Giappone agli inizi del nuovo millennio nei confronti del quadrante medio orientale.
Durante la Guerra Fredda e negli anni immediatamente successivi la strategia giapponese nei confronti del Medio Oriente si era caratterizzata per l’esistenza due fattori in apparente contraddizione tra loro, e cioè la vitale importanza che questa regione rivestiva per l’economia nipponica e lo scarso, quasi nullo, coinvolgimento del paese nella partita diplomatica regionale. Per un lungo periodo vi è stata la convinzione in Giappone che le questioni economiche e quelle più strettamente militari e strategiche potessero essere scisse e trattate come due settori distinti e isolati tra loro. Questa visione non può essere applicata allo scenario medio orientale, dove tali fattori sono inestricabilmente legati tra loro.
Inoltre lo scarso coinvolgimento regionale del Giappone si deve anche alla peculiare struttura strategica del Medio Oriente. In quest’area una potenza incapace di avere un forte peso militare, come lo è il Giappone sin da dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la cui costituzione prevede nel suo articolo 9 il divieto per il paese di dotarsi di forze armate, diviene inevitabilmente una potenza incapace di esprimere un ruolo politicamente rilevante nel balancing regionale, poiché le manca uno degli strumenti principali con cui esprimere la propria influenza. Anche gli aiuti allo sviluppo, il principale strumento di politica estera del Giappone nel corso degli ultimi 50 anni, in Medio Oriente è stato poco utilizzato. Infine la mancanza di forti legami storici con la regione prima dell’avvento del petrolio e la carenza di interesse accademico e intellettuale per una regione considerata lontana concorrono a spiegare, insieme agli altri fattori prima elencati, questo scarso coinvolgimento regionale.
Questo atteggiamento però è mutato nel corso degli ultimi anni e l’attenzione rivolta verso il GCC ne è una spia. Questo poiché ora il Giappone non è più l’unica economia del Sud Est asiatico bisognosa di petrolio, quindi la partita medio orientale legata alle fonti di approvvigionamento di questa materia prima diviene fondamentale per gli equilibri diplomatici del sistema regionale in cui il Giappone è immerso. Se prima il Giappone non aveva rivali regionali per ciò che concerne l’acquisizione del petrolio ora invece la situazione è fortemente cambiata e quella petrolifera rappresenta una delle ramificazioni in cui si declina la partita strategica regionale tra le potenze dell’area. Di qui la necessità per il Giappone di agire in maniera più marcata da un punto di vista diplomatico e politico nei teatri fondamentali per sostenere la propria economia ed il proprio status regionale, minacciato dalla crescita cinese.
Conclusioni
Il GCC, a causa della sempre maggiore importanza che il petrolio sta assumendo nel delineare gli equilibri economici e politici internazionali, sta vivendo una fase di nuovo protagonismo internazionale, nonostante il fatto che al suo interno le posizioni e gli interessi dei vari paesi membri spesso siano fortemente divergenti. Il Sud Est asiatico è divenuto cosi in questi anni una delle regioni alle quali il GCC guarda con più interesse. Questa attenzione è ricambiata dalle potenze dell’area, che vedono nel GCC un partner fondamentale per il proprio fabbisogno energetico ed, in seconda battuta, come mercati nei quali poter esportare i proprio prodotti. Per questi paesi, in particolare la Cina e il Giappone, il petrolio e l’energia sono però funzionali non solo alla propria crescita economica ma bensì al proprio peso politico, sia regionale che internazionale. Avere fonti certe e relativamente economiche di approvvigionamento petrolifero diviene così un’esigenza irrinunciabile per questi paesi e l’offensiva sferrata dal Giappone nei confronti dei paesi del Golfo risponde a questo particolare tipo di esigenza.
Dario Cristiani
Equilibri.net (20 aprile 2006)
Il Giappone e i sei paesi che formano il GCC, Gulf Cooperation Council, hanno annunciato che nel prossimo mese di maggio si terranno a Riyadh degli incontri preliminari per negoziare la stipula di accordi di libero scambio, che dovrebbe essere siglato nel 2008. L’annuncio è stato dato durante un vertice bilaterale tenuto dai rappresentanti dell’Arabia Saudita e del Giappone agli inizi di Aprile, in cui si è parlato di incrementare e migliorare i rapporti economici e commerciali tra i due paesi.
Il GCC e l’importanza futura del mercato asiatico
Questo annuncio si inserisce nella scia del sempre maggior attivismo con cui il GCC si sta proponendo sulla scena politica ed economica mondiale come partner importante per molti attori di primo piano. In particolar modo l’Asia rappresenta un importantissimo quadro geoeconomico in cui l’organizzazione sta cercando di espandere la propria presenza ed il proprio peso. Trattative sono state iniziate dal GCC per stipulare accordi di partenariato economico e di libero scambio con la Cina, l’India e la Corea del Sud. Anche se nessuno di questi accordi è ancora stato concluso, queste trattative sono la spia della sempre più crescente attenzione con la quale i paesi del GCC guardano al miglioramento delle relazioni commerciali con questi paesi.
Le motivazioni profonde di questa strategia vanno ricercate nella combinazione sempre più stringente di una pluralità di fattori che vanno caratterizzando sempre di più lo scenario geoeconomico planetario. Essi sono la crescente domanda di energia derivante dallo sviluppo economico di alcuni paesi, in primis la Cina e l’India, il cui corollario è la necessità per questi paesi di stringere rapporti sempre più stretti coi paesi esportatori di petrolio e penetrare economicamente le aree sensibili del pianeta in materia di risorse energetiche. Questo perché per questi attori assicurarsi gli approvvigionamenti indispensabili per mantenere inalterata la crescita delle proprie economie è un’esigenza a dir poco vitale.
Il GCC, con la presenza al suo interno di alcuni dei più importanti produttori mondiali di greggio, come l’Arabia Saudita e il Kuwait, è divenuto in breve tempo uno dei blocchi economici regionali a cui un gran numero di economie industrializzate, tra cui spiccano l’Unione Europea e il già citato Giappone, o in via di sviluppo, come appunto quelle asiatiche, guarda con estrema attenzione. Inoltre, l’aumento della domanda di petrolio a fronte di un’offerta mondiale sostanzialmente inalterata, se non destinata a calare nei prossimi anni, fa sì che sul mercato petrolifero mondiale si giochino i destini oltre che economici anche geopolitici e strategici di molte potenze mondiali. In tal senso l’area che gravita intorno al Pacifico, a causa della sua crescente importanza che la sta facendo divenire sempre di più il centro di gravità della geopolitica mondiale, offre un chiaro esempio. Sottolineare questo aspetto è utile per due motivi.
- Il primo è che l’interesse che molte potenze regionali asiatiche han mostrato nei confronti del GCC negli ultimi mesi denota la rivalità, più o meno latente, che sta crescendo nel sub sistema regionale, ad esempio tra Cina e Giappone, e sarà proprio il settore energetico uno dei teatri più importanti in cui questa rivalità si espleterà. La forte iniziativa diplomatica mossa dal Giappone verso questi paesi può essere quindi letta come la risposta alle trattative iniziate dalla Cina sempre con il GCC, con Pechino che punta a divenire il secondo partner commerciale del blocco dopo gli Stati Uniti.
- Il secondo motivo è legato inestricabilmente al primo, e cioè che il GCC può sfruttare queste rivalità per negoziare accordi più favorevoli ai propri interessi. Anche se non sempre i paesi che ne fanno parte son riusciti a definire una ridda di interessi omogenei, in questa situazione specifica tutti i paesi del Council condividono la necessità di penetrare in mercati nei quali poter reinvestire gli utili derivanti dalle rendite petrolifere, rafforzate in questo anno e mezzo dagli alti prezzi del petrolio.
L’interscambio commerciale tra i paesi del GCC e quelli dell’Asia attualmente si limita alla mera vendita di risorse naturali, petrolio innanzitutto e poi gas e minerali, dei primi ai secondi. La stipula di questi accordi di libero scambio dovrebbe invece aprire un nuovo capitolo nelle relazioni tra le due aree, ampliando il ventaglio dei beni che verranno scambiati, invertendo la rotta attuale degli scambi, che si muove solamente dal blocco del GCC all’Asia con l’esportazione di materie prime, rendendola così bidirezionale. Nell’ottica dei paesi del Council di sviluppare i loro progetti di diversificazione delle proprie attività economiche, a tutt’oggi legate a doppio filo alle rendite petrolifere, e dell’ammodernamento dei propri sistemi produttivi i mercati dell’Asia possono essere utili per acquisire materiali e tecnologia funzionali a questi disegni.
Diversificare e ammodernare le proprie economie è divenuta un’esigenza vitale per i paesi del blocco del golfo poiché, nella previsione di un progressivo declino del mercato petrolifero e conseguenzialmente delle rendite ad esso connesse, vi è la necessità di slegare la propria ricchezza dalla dipendenza dalle esportazioni petrolifere. Questo innanzitutto a causa del progressivo declino, in termini quantitativi delle risorse petrolifere di molti di questi paesi ed, in seconda battuta, dello sviluppo di energie alternative alloro nero. Questo settore in realtà ad oggi non appare ancora forte e capace di erodere il monopolio del petrolio come motore principale dell’attuale sistema economico mondiale, ma un suo eventuale potenziamento nel corso dei prossimi decenni potrebbe concorrere al declino dello stesso.
La strategia e gli interessi giapponesi
Il Giappone negli ultimi mesi si è mosso in maniera molto attiva, da un punto di vista diplomatico, nei confronti dei paesi del blocco del GCC. Questo perché essi rivestono un ruolo quantitativamente preponderante nella geografia dell’approvvigionamento petrolifero giapponese. Le loro esportazioni di petrolio coprono il 75%, stando ai dati del 2005, del fabbisogno giapponese. L’economia di Tokyo soffre la carenza di risorse proprie in questo particolare ambito, per questo essa è, tra le economie dei paesi industrializzati, quella che dipende più marcatamente dalle importazioni di idrocarburi. La crescita economica del colosso asiatico può costituire una minaccia per la stabilità regionale dell’area ed in particolare è il Giappone, storico rivale della Cina, ad esserne maggiormente preoccupato. Inoltre il fatto che, oltre alla Cina, anche altri paesi dell’area si siano mossi negli stessi termini, come ad esempio India e Corea del Sud, hanno reso inevitabile per Tokyo questo tipo di mosse. Questa strategia si incanala tra l’altro nel mutuato atteggiamento che ha assunto il Giappone agli inizi del nuovo millennio nei confronti del quadrante medio orientale.
Durante la Guerra Fredda e negli anni immediatamente successivi la strategia giapponese nei confronti del Medio Oriente si era caratterizzata per l’esistenza due fattori in apparente contraddizione tra loro, e cioè la vitale importanza che questa regione rivestiva per l’economia nipponica e lo scarso, quasi nullo, coinvolgimento del paese nella partita diplomatica regionale. Per un lungo periodo vi è stata la convinzione in Giappone che le questioni economiche e quelle più strettamente militari e strategiche potessero essere scisse e trattate come due settori distinti e isolati tra loro. Questa visione non può essere applicata allo scenario medio orientale, dove tali fattori sono inestricabilmente legati tra loro.
Inoltre lo scarso coinvolgimento regionale del Giappone si deve anche alla peculiare struttura strategica del Medio Oriente. In quest’area una potenza incapace di avere un forte peso militare, come lo è il Giappone sin da dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la cui costituzione prevede nel suo articolo 9 il divieto per il paese di dotarsi di forze armate, diviene inevitabilmente una potenza incapace di esprimere un ruolo politicamente rilevante nel balancing regionale, poiché le manca uno degli strumenti principali con cui esprimere la propria influenza. Anche gli aiuti allo sviluppo, il principale strumento di politica estera del Giappone nel corso degli ultimi 50 anni, in Medio Oriente è stato poco utilizzato. Infine la mancanza di forti legami storici con la regione prima dell’avvento del petrolio e la carenza di interesse accademico e intellettuale per una regione considerata lontana concorrono a spiegare, insieme agli altri fattori prima elencati, questo scarso coinvolgimento regionale.
Questo atteggiamento però è mutato nel corso degli ultimi anni e l’attenzione rivolta verso il GCC ne è una spia. Questo poiché ora il Giappone non è più l’unica economia del Sud Est asiatico bisognosa di petrolio, quindi la partita medio orientale legata alle fonti di approvvigionamento di questa materia prima diviene fondamentale per gli equilibri diplomatici del sistema regionale in cui il Giappone è immerso. Se prima il Giappone non aveva rivali regionali per ciò che concerne l’acquisizione del petrolio ora invece la situazione è fortemente cambiata e quella petrolifera rappresenta una delle ramificazioni in cui si declina la partita strategica regionale tra le potenze dell’area. Di qui la necessità per il Giappone di agire in maniera più marcata da un punto di vista diplomatico e politico nei teatri fondamentali per sostenere la propria economia ed il proprio status regionale, minacciato dalla crescita cinese.
Conclusioni
Il GCC, a causa della sempre maggiore importanza che il petrolio sta assumendo nel delineare gli equilibri economici e politici internazionali, sta vivendo una fase di nuovo protagonismo internazionale, nonostante il fatto che al suo interno le posizioni e gli interessi dei vari paesi membri spesso siano fortemente divergenti. Il Sud Est asiatico è divenuto cosi in questi anni una delle regioni alle quali il GCC guarda con più interesse. Questa attenzione è ricambiata dalle potenze dell’area, che vedono nel GCC un partner fondamentale per il proprio fabbisogno energetico ed, in seconda battuta, come mercati nei quali poter esportare i proprio prodotti. Per questi paesi, in particolare la Cina e il Giappone, il petrolio e l’energia sono però funzionali non solo alla propria crescita economica ma bensì al proprio peso politico, sia regionale che internazionale. Avere fonti certe e relativamente economiche di approvvigionamento petrolifero diviene così un’esigenza irrinunciabile per questi paesi e l’offensiva sferrata dal Giappone nei confronti dei paesi del Golfo risponde a questo particolare tipo di esigenza.