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View Full Version : Turchia: il partito degli scettici contro l’adesione di Ankara all'UE.


zerothehero
13-04-2006, 14:07
Turchia: due fronti caldi alimentano il partito degli scettici contro l’adesione di Ankara all’UE

Se i leader occidentali lottano per convincere i propri elettori ad accettare l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, anche i leader turchi faticano a far accettare i valori occidentali e le prospettive europee ai propri cittadini. Di fronte ad una insolita convergenza sul medesimo piano dei problemi, Ankara deve affrontare la questione dell’ormai storica divisione dell’isola di Cipro e più di recente la rivolta dei Curdi nel sud est del paese che rischia di gettare benzina sul fuoco delle autonomie che ancora covano sotto le ceneri mai spente delle persecuzioni turche del passato. E arrancano i negoziati di adesione su capitoli cruciali.

Michele Campana Rovito

Equilibri.net (13 aprile 2006)

La rivolta curda

I 14 guerriglieri kurdi uccisi nelle scorse settimane hanno riacceso un fuoco mai completamente sopito. La protesta popolare così massiccia tenutasi il 28 marzo scorso è stata, nelle intenzioni degli organizzatori, la risposta non solo alle violenze perpetrate dal governo turco in occasione dei funerali dei guerriglieri, ma anche una protesta contro il massiccio dispiegamento di forze militari che si sta attuando nella regione curda ormai da mesi. Appartenenti allo storico Pkk, i guerriglieri uccisi dalle forze militari turche hanno dato luogo a quella che in molti non tardano a definire come una vera e propria rivolta popolare. Diyarbakir è stata la regione maggiormente interessata dalle proteste a cui Ankara intende dare un segnale forte che va nella direzione della repressione. Una politica, quella dei governi succedutesi nella storia recente della Turchia, che ha sempre tenuto a ribadire senza tanti complimenti, l’indiscutibilità dell’autorità centrale. E questo nonostante il cessate il fuoco unilaterale del Pkk. Di fronte a tale condotta, vari esponenti de Pkk hanno affermato come l’unica arma in loro possesso per scampare al massacro fosse l’autodifesa. Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan in visita proprio nella città devastata dagli ultimi eventi, aveva fatto trapelare delle apertura, impegnandosi in prima persona sulla rapida soluzione della questione curda, ma i militari hanno ben presto seppellito ogni sua parola. Del resto il clima ha subito un repentino peggioramento nella regione curda per due motivi essenzialmente: a novembre un attentato contro la libreria di Semdinli il cui titolare è un ex militante del Pkk ha scatenato le proteste della popolazione che il governo ha cercato di placare con un’annacquata inchiesta da parte di una commissione costituita ad hoc. L’indagato principale è stato il numero due dell’esercito (sembra infatti che l’attentato sia stato compiuto ad opera di reparti speciali e illegali della gendarmeria) e questo non poteva essere accettato supinamente dai militari che in Turchia rappresentano una forza non solo poliziesca.

Il secondo motivo che ha deteriorato il clima è stato il conflitto in Iraq che ha finito con lo sfumare ulteriormente la situazione del sud-est della Turchia dal momento che ha distolto l’attenzione dell’opinione pubblica più preoccupata del Kurdistan iracheno piuttosto che dei turcomanni di Kirkuk. Le sommosse popolari si sono ovviamente alimentate anche di un contesto assai difficile che ha mantenuto sempre troppo alte le tensioni sociali in questa parte della Turchia. Povertà e disoccupazione infatti sono condizioni predominanti un po’ in tutta la regione. La polizia stima in 28 mila i bambini che non frequentano la scuola e che vengono assoldati dalle locali bande criminali; mentre sono 16 mila le donne costrette a prostituirsi per sfamarsi.

Alcuni osservatori hanno constatato, criticandola, la flebile voce proveniente dall’UE sulla questione delle violenze in Turchia. Perfino gli Stati Uniti hanno manifestato la loro preoccupazione al premier turco chiedendogli spiegazioni su quanto stava accadendo, ma da parte dell’Europa è giunto solo un blando monito al rispetto della cultura curda. Ci si aspettava un intervento diplomatico più netto in vista dell’adesione della Turchia all’UE. Il militarismo turco, non consono agli standard europei, avrebbe dovuto subire una presa di posizione forte da parte dell’Unione Europea rinfrancando le aspettative del popolo curdo e dei loro diritti. Di fatto così non è stato e il processo di ingresso nell’Europa continua a rappresentare una seria minaccia per la potenza militare turca, che sarebbe costretta a cedere pezzi del proprio potere secolare.

I veti greco-ciprioti

Molto più decisiva è apparsa la posizione dell’Europa rispetto alla presenza militare turca sull’isola di Cipro. Il Partito Popolare Europeo ha approvato, pur non senza un acceso dibattito, una mozione che chiede il ritiro urgente delle forze turche da Cipro al fine di agevolare una distensione che precluderebbe a una soluzione della questione turco-cipriota. La mossa del partito europeo non ha mancato di sollevare le proteste dei turco-ciprioti che hanno ricordato come il piano Annan non sia andato a buon fine per il rifiuto della controparte e cioè i greco-ciprioti. Nel medesimo comunicato il PPE ha ribadito la necessità che l’ONU appronti al più presto un nuovo calendario entro cui portare a termine l’annosa diatriba confidando anche in un’azione dell’Unione Europea affinché contribuisca attivamente alla definizione dei rapporti tra i due paesi. Intanto rimane il problema del mancato riconoscimento del cosiddetto “protocollo di Ankara” che estenderebbe l’unione doganale ai 10 nuovi paesi membri Cipro inclusa e che la Turchia si rifiuta di ratificare. La Repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn) si trova sicuramente in una posizione di maggiore isolamento rispetto alla parte sud dell’isola e il Ppe ha espresso tutto il suo appoggio per aiutare gli abitanti turco-ciprioti. L’Unione Europea ha accordato alla Turchia un pacchetto di aiuti per la sua parte di isola ma questa decisione ha infiammato gli animi dei greci. In gioco c’è l’adesione della Turchia all’Europa continuamente tirata in ballo dai greco-ciprioti forti del diritto di veto di cui dispongono come paese membro dell’UE. Il 27 febbraio scorso i ministri degli esteri dell’Unione hanno concesso 139 milioni di euro alla repubblica turca di Cipro del Nord (Rtcn) per migliorarne le infrastrutture e avviare un processo di miglioramento del tenore di vita dei suoi abitanti. La Turchia da parte sua preme affinché il pacchetto di aiuti rientri in un in progetto più ampio che preveda il libero commercio tra la parte nord dell’isola e i 25 dell’Unione. La presidenza austriaca dell’Unione Europea, accusata di unilateralismo da Ankara, si è invece dichiarata soddisfatta per i termini dell’accordo raggiunti. In generale la posizione della diplomazia europea sulla questione dell’isola è sempre stata conciliante e favorevole ad una soluzione pacifica ed equilibrata della vicenda.

La strana alleanza e il rafforzamento dello scetticismo europeista

Le accese polemiche scoppiate in seguito alle caricature del profeta Maometto hanno reso co-protagonista della vicenda la presidenza austriaca impegnata in un’opera di riconciliazione tra Europa e mondo musulmano attraverso la Turchia come giocatore chiave della partita. Dopo essere stata tra i principali sostenitori del no all’apertura dei negoziati di adesione di Ankara nell’UE, l'Austria, forte del suo ruolo istituzionale europeo, ha deciso invece di costruire un ponte con il mondo islamico proprio grazie alla Turchia. Di tutt’altra posizione è il partito popolare danese che continua ad ostacolare ogni passo in avanti di Ankara verso l'Europa e invoca lo strumento referendario come il solo idoneo ad affrontare una decisione così delicata. Anche il governo danese ha modificato il suo sostegno alla candidatura della Turchia volgendo verso posizione più circospetta e distaccata. Un cambiamento riconducibile alla richiesta di scuse formulata dal governo turco e poi subito dopo ridimensionata nella richiesta di una presa di distanza dalle vignette satiriche offensive da parte del governo danese. La controversa reazione di Ankara alla triste satira che ha fatto il giro del mondo, è venuta in un momento non particolarmente favorevole e cioè quando il consenso al suo ingresso stava subendo degli arretramenti in molti paesi europei. Questo lo si deve da un lato all’ascesa dei più scettici nei confronti di Ankara come il cancelliere tedesco Angela Merkel e il candidato alla presidenza francese Nicolas Sarzoky e dall’altro all’indebolimento dei sostenitori di sempre come il presidente Jacques Chirac. Una convergenza che potrebbe riportare in auge il partenariato privilegiato (che sembrava ormai superato) piuttosto che l’adesione come paese membro dell’UE.

Per ora proseguono i negoziati con al centro dell’attenzione i capitoli sulla ricerca scientifica e l’educazione scolastica. Una scelta non casuale fatta per rimandare il problema dell’unione doganale con gli altri paesi non ancora risolto. Gli scambi commerciali tra Turchia e Cipro ci sono, ma sono ridotti e restano inibiti i porti e aeroporti turchi alle navi e ai velivoli greco-ciprioti. Secondo l’ambasciatore turco all’UE Volkan Bozkir le condizioni politiche non consentono ancora un’apertura in tal senso anche perché il governo ritiene che questo passaggio non rientri tra le implementazioni degli accordi doganali europei. Per contro il rappresentante permanente greco-cipriota Nicos Emiliou critica la scelta di Ankara e ribadisce che non è accettabile negoziare il capitolo delle unioni doganali senza l’impegno della Turchia. In questo quadro, il rischio imminente è che l’Europa avrà esaurito i capitoli “secondari” da negoziare e sarà costretta ad affrontare quello sul commercio e le unioni doganali esponendo però l’intero processo di negoziazione a una raffica di veti greco-ciprioti con conseguente impasse del sistema. Intanto entro quest’anno è atteso un rapporto da parte della commissione europea sull’applicazione del “protocollo di Ankara” che se dovesse evidenziare delle resistenze turche alla sua piena operatività, potrebbe condurre Cipro a richiedere la sospensione dei negoziati di adesione all’UE (sebbene questo richieda l’unanimità dei paesi membri). Le posizioni restano distanti, la Turchia non cede senza che venga prima approntato un piano di pace per l’isola e Cipro si oppone all’apertura dell’UE al commercio con il nord dell’isola. In mezzo a tutte queste divisioni, va registrato un vero e proprio evento di pochi giorni fa, e cioè la banca nazionale di Grecia, la prima banca del paese, ha comprato la Finansbank, l’ottava banca turca. Rappresenta una svolta storica perché è la prima vera transazione compiuta tra i due paesi. La banca greca pagherà 5,5 miliardi di euro cash per comprare il 46% della banca turca. L’attività della nuova creatura nata dalla fusione tocca i 70 miliardi di euro e 50 miliardi di euro di depositi. Dunque solo la grande finanza sembra capace di superare la storica inimicizia tra i due paesi per il “bene” del profitto.

Conclusioni

In tanti se è stato utile portare solo metà dell’isola nell’UE riducendo così il potere contrattuale della parte turca e acuendo i dissapori tra le due repubbliche (quella turca riconosciuta solo da Ankara). Restano delle forti divergenze che Bruxelles non se la sente di affrontare autonomamente come un grande e forte ambasciatore d’occidente ma preferisce appellarsi all’intervento dell’ONU. Intanto i negoziati di adesione vanno avanti in un contesto ambiguo dove da un lato si ricerca una riconciliazione tra le due repubbliche e dall’altro si attende di accodarsi ad una nuova proposta di pace dopo il fallimento del piano Annan. Il clima internazionale brucia ancora per le sommosse del mondo arabo contro le vignette su Maometto e inevitabili sono state in questo senso le ricadute sulla Turchia quale paese islamico moderato. Come se non bastasse sono riesplose le protese dei kurdi del sud est tornate all’attenzione dei media solo perché particolarmente violente. Eventi in rapida sequenza che hanno alimentato i timori sull’opportunità di proseguire nei negoziati di adesione della Turchia nell’UE rischiando di mandare all’aria quanto costruito sinora in termini di consenso nell’opinione pubblica occidentale.

Come Folgore dal cielo
13-04-2006, 15:18
Per fortuna che ci danno una mano anche loro.

zerothehero
14-04-2006, 12:38
up

Xiaoma
14-04-2006, 15:09
Anche io sono tra gli scettici... sia per Turchia che per Israele. Penso che sarebbe molto piu' coerente pensare ai paesi mediterranei solo dopo aver esteso l'Europa ai paesi europei, fino agli Urali.

Ma mi sembra di capire che i paesi germanici abbiano una certa avversione ad accettare gli slavi. O forse sono altri ad opporsi, e non capisco perche'. Secondo me sarebbe molto piu' logico accettare la Russia che la Turchia.