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View Full Version : Prossimamente : Governo Tecnico


telespalla
13-04-2006, 11:37
PERCHE’ L’ANTICO SODALIZIO TRA CIAMPI E PRODI E’ FINITO SULLE BRACE
CARLETTO TEME DI NON ESSERE PROROGATO, ROMANO TEME UN GOVERNO TECNICO
“WSJ”: "PRODI HA VINTO MA APPARE SORPRENDENTEMENTE COME UN PERDENTE”


Ci vorrebbe un libro per descrivere la giornata di ieri, non un libro scritto da una mano qualunque, ma da un grande romanziere, oppure da uno sceneggiatore capace di rappresentare le sequenze di un film nervoso e spettacolare che ha avuto come protagonista e interprete principale l'incazzatura di tutti i personaggi che sono al centro della vita politica.

I livelli di incazzatura sono però diversi; si va da quella plateale del Cavaliere di Arcore a quelle più sottili e difficili da decifrare di Pierfurby Casini, Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi, "vincitore dimezzato" della partita elettorale.


Berlusconi non accetta la sconfitta, non sotterra l'ascia di guerra e irridendo gli avversari lancia l'urlo: "avanti Polo alla riscossa!". E' la tecnica dei pozzi avvelenati che è iniziata in modo fragoroso rimettendo in discussione la legittimità del risultato elettorale e invocando addirittura la verifica di un milione di voti. Lui sa benissimo che questa battaglia è pretestuosa e che la verifica è destinata all'insuccesso, ma è solo la prima tappa di un percorso che vuole far capire a tutti la centralità del suo ruolo ridimensionato da poche migliaia di schede. Poco importa se questo atteggiamento non corrisponde a quello di uno statista che accetta la sconfitta e con fair play manda gli auguri al suo avversario. Non ha mai riconosciuto Prodi come avversario, non l'accetta oggi come "vincitore dimezzato" di una partita che gli brucia sulla pelle.

A dargli man forte nell'avvelenamento dei pozzi sono i segnali che arrivano da molte parti, primo fra tutti il silenzio che il mondo dei Grandi della Terra ha tenuto nei confronti del Professore di Bologna. Nessun messaggio di auguri è arrivato dal Vaticano oppure dal Cremlino, tantomeno da Tony Blair e dall'amico George che sta in America. Anzi, proprio da Washington scende in campo una vecchia figura che ha sempre seguito con attenzione le vicende italiane. Si tratta di Michael Leeden, il politologo che dentro una stanzetta dell'American Enterprise Institute (il think tank dei neocon statunitensi) ha preso carta e penna per scrivere un articolo sul "Wall Street Journal" di oggi che mette in discussione la vittoria di Prodi.


Micheal Leeden è stato consulente di Mediobanca e di Romiti, passa un'ora al giorno al telefono con Giuliano Ferrara e dopo i guai trascorsi nel "Billygate" ha messo dai tempi del rapimento Moro i suoi riflettori sulle vicende del nostro Paese. Il suo articolo sul giornale americano ha per titolo "Vincerò!" e si rifà alla musica di Puccini per dire che "Prodi ha vinto ma appare sorprendentemente come un perdente, mentre Berlusconi ha perso ma è stato per molti versi il vero vincitore".
Poi Leeden descrive i dubbi dell'establishment americano sulla fedeltà atlantica di Prodi che "governa una coalizione multicolore" dove "i partiti di sinistra con tre tipi di comunisti odiano il capitalismo e l'America di George Bush".

Piacerà al Cavaliere-Caimano questo tipo di prosa, certamente diversa dal titolo del quotidiano inglese "The Independent" che scrive: "Fine della storia per il Padrino" e mette insieme in un contesto allusivo l'uscita di scena di Berlusconi con l'arresto di Bernardo Provenzano.

Lo spettacolo per il resto del mondo è allucinante. L'Opera, l'Operetta, il Padrino, il voto non legittimato: l'immagine dell'Italia esce con le ossa rotte come l'immagine di una democrazia malata di tipo quasi sudamericano dove tutto è possibile e dove la politica è avvelenata come si avvelenavano i pozzi in Europa durante la peste del 1348.


L'incazzatura del Cavaliere è almeno pari, ma per ragioni opposte, all'incazzatura di alcuni dei suoi alleati, primo fra tutti Pierfurby Casini che ieri si è chiuso in conclave dentro una sala dell'hotel Minerva e ha discusso con preoccupazione il quadro politico. Il leader Udc ha lanciato il suo urlo moderato, un urlo molto aristotelico che suona così: "riflettere, riflettere, riflettere". Chi ha parlato con qualsiasi esponente di quel partito ha raccolto la profonda irritazione nei confronti del Cavaliere tuttofare. "Non entriamo nel partito salsa & merengues" ha detto il pericolante Bruno Tabacci escludendo a priori qualsiasi ipotesi di grande coalizione, ma per Pierfurby lo sganciamento morbido da Berlusconi adesso è roba da trapezio. "Se avesse perso le elezioni - sussurrano sottovoce i suoi collaboratori - ce lo saremmo tolto dai coglioni, avremmo avuto mano libera, invece dobbiamo dirgli grazie per aver raddoppiato i voti con una campagna furibonda e "personale" che abbiamo cercato di cavalcare anche noi nelle ultime tre settimane".

I corazzieri del Quirinale non tremano. Dal 1553 quando venne istituita la Guardia d'Onore al Principe, vedono la storia scorrere dall'alto, ma ieri qualche brivido l'hanno sentito. L'uomo del Colle, il padre degli italiani nato a Livorno il 9 dicembre 1920, era straincazzato, e quando i livornesi si incazzano è meglio stare alla larga. La giornata di Carletto Ciampi è stata piena di furore ed è cominciata di prima mattina quando si è sentito tirare per la giacca dai costituzionalisti che hanno addirittura ipotizzato le dimissioni premature per aprire una "finestra in grado di anticipare la formazione del Governo".

Prima che arrivasse Prodi al Quirinale, l'ufficio stampa guidato dal bravo Peluffo ha messo in circuito una secca precisazione sulle scadenze istituzionali. Il messaggio non era rivolto agli italiani (come quello di Capodanno), e nemmeno agli emeriti professori di diritto scesi in campo per aiutare Prodi. Il destinatario era uno soltanto, il Professore, la testa dura di Bologna che cercava la "finestra utile" per accelerare l'investitura.

I corazzieri non tremano, non sentono, non guardano, al massimo vibrano o meglio percepiscono le vibrazioni del Palazzo e degli stucchi. Sotto le volte del Quirinale i 70 minuti del colloquio tra Carletto e il "vincitore dimezzato" sembra che siano stati attraversati da scariche fulminanti. L'antico sodalizio dei due uomini che hanno portato l'Italia nell'euro e hanno condiviso la stagione delle privatizzazioni, sembra essersi incrinato e le parti si sono rovesciate.

Fino alla vigilia elettorale il Professore di Bologna non faceva mistero di volere la riconferma di Ciampi al Quirinale, una specie di salvacondotto per il futuro che per un anno o due gli avrebbe dato il tempo di "fare un giro" a Palazzo Chigi per poi occupare dignitosamente la più alta carica dello Stato. Dall’altra parte, Ciampi vuole, fortissimamente vuole, la riconferma sul Colle. Contrariamente a ciò che può apparire, vuole rimanere al centro della scena come arbitro della situazione.

Poi è arrivato il papocchio del 9 aprile, con una risibile maggioranza al Senato: due senatori due. Con Padre Pio dalla tua parte si può governare, certo, ma come fare passare le leggi? Basta un colpo di prostata, un’influenza o un aero che non decolla, ed è subito tragicommedia. Incalzato dalle polemiche all’interno dell’Unione, che lo accusano apertamente di aver sperperato in un mese dieci punti di vantaggio sul Cavaliere, Prodi va nel pallone e dichiara alla conferenza alla Stampa Estera: “''Il governo nascera' certamente in maggio, nella prima o seconda parte, a seconda di quello che garantiranno i presidenti di Camera e Senato che vedranno se il voto di fiducia si puo' fare subito o dopo la nomina del presidente della Repubblica''. (Ansa).


Ohibò, un nuovo presidente della Repubblica? Prodi non accenna a una riconferma. Di qui iniziano le resistenze "istituzionali" del Quirinale. In breve, l’ottuagenario del Colle teme di essere strumentalizzato con un incarico al volo per Prodi e poi scaricato ai giardinetti. Se le cose stanno così, se l’Unione mi vuole fregare, allora non bisogna forzare i tempi e la mano di un "corretto percorso istituzionale". Vale a dire, sarà il successore di Ciampi – a maggio - a conferire l’incarico. E il Prodino-ino-ino viene così stappato e stoppato.

Ma perché Prodi è stato così incauto nel fare quella dichiarazione sul nuovo capo dello Stato, “abrogativa” del ciampismo? Semplicemente perché teme di essere scalzato da un governo tecnico-istituzionale, magari guidato dal professor Mario Monti. E Ciampi è la sola autorità che per rispetto e popolarità, contatti e agganci con i mercati finanziari internazionali, può far digerire all’83,6% dei votanti e ai partiti delle due coalizione un governo tecnico di salute pubblica e di emergenza economica.

Salsa & merengues, l'Opera di Puccini e il Padrino. Questa è l'Italia del 13 aprile 2006.


Dagospia 13 Aprile 2006

Nockmaar
13-04-2006, 11:39
Ero sicuro fosse roba tratta da IlGiornale... Stessa consistenza marroncina...

telespalla
13-04-2006, 11:43
Ero sicuro fosse roba tratta da IlGiornale... Stessa consistenza marroncina...


mi sa che hai letto male....

matteo1
13-04-2006, 12:00
alcuni spunti interessanti e verosimili(UDC che pensava ad una sconfitta di Berlusconi in modo da poter rifare la DC e porsi a guida alle prossime elezioni),altri meno come l'ipotesi che Ciampi abbia intenzione di restare,quando invece ha detto chiaramante che non ne vuole più sapere.
Comunque un fondo di verità,un'analisi che comunque fa sorridere,almeno quello.

eddy cudo
13-04-2006, 12:12
Il governo tenico fino a nuove elezioni a data da destinarsi per un'ordinaria amministrazione per il bene dell'italia mi sembra la soluzione migliore.

nomeutente
13-04-2006, 12:25
Non è impossibile come soluzione.

Ricordiamoci bene tutti che in Italia il premier non è eletto direttamente e le primarie sono una cosa interna alla coalizione.
Se il PdR durante le sue consultazioni capisce che un ipotetico governo Prodi potrebbe avere una maggioranza risicata, ma un altro governo potrebbe essere più stabile, non esiste alcuna norma che gli impedisce di dare l'incarico a questa seconda persona.

Tuttavia sarebbe una bella presa per il :ciapet: