oscuroviandante
07-04-2006, 10:34
Mi è sempre piaciuto come giornalista e ritengo che sia uno dei migliori che il panorama Italiano possa offrire.
Sicuramente è il miglior inviato di guerra che il giornalismo italiano abbia sfornato.
Eppure viene messo in mezzo al casino di Mediaset.... triste ,davvero triste
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/Notizie/Politiche2006/articoli/04_Aprile/06/cazzullo.shtml
bluelake
07-04-2006, 11:29
«Meglio un Toni Capuozzo vivo che un Hemingway morto» scrisse Adriano Sofri, e fu la consacrazione. «Ma era solo un modo affettuoso per presentare un mio reportage dall'Amazzonia. Era appena uscito un inedito di Hemingway, piuttosto deludente. E poi con Adriano siamo sempre stati amici». Entrambi in Lotta continua, entrambi figli di una triestina e di un militare meridionale (marinaio il padre di Sofri, poliziotto quello di Capuozzo). «Ma lui era il capo, io un militante. Più che Lotta continua ci univa il Friuli. Da bambino Adriano passava mesi a Masarolis, il paese della sua fantesca slava. L'ho riaccompagnato laggiù da grande. Poi ci siamo ritrovati a Sarajevo». Il paragone scherzoso con Hemingway fu scritto su Reporter. Direttore Enrico Deaglio. Sofri firmava l'inserto culturale. Capuozzo divideva la stanza con Giuliano Ferrara («Non c'era quasi mai, parlavamo poco, ho sempre creduto che mi preferisse il suo cane lupo. Invece è stato lui a chiamarmi in tv, nel '91, all'Istruttoria ». Ora gli ha affidato una rubrica fisiognomica sul Foglio, « Occhiaie di riguardo »). Reporter lo pagavano i socialisti, in particolare Martelli; e Gad Lerner ne ha scritto sulla Stampa come esempio della «spregiudicatezza intellettuale» degli ex di Lotta continua, che continuavano l'opposizione al Pci «da destra» dopo averlo fatto per un decennio «da sinistra», con il retropensiero che alla fine sarebbero state le loro intelligenze a prevalere, su quelle degli avversari come su quelle degli alleati («Ma chi vuoi che sia questo Martelli rispetto ad Adriano?»). Poi le strade si sono divise. Deaglio dirige un settimanale antiberlusconiano.
Capuozzo, dopo l'Istruttoria, è andato a lavorare a Mediaset. E ora gli è capitata la chance, o il guaio, dell'affondo finale di Berlusconi, l'ultima conferenza del Cavaliere, che proprio Capuozzo avrebbe dovuto condurre. «Infatti già mi danno del traditore. Una stroncatura preventiva, durata un'intera giornata. Peccato, perché credo avrei fatto una trasmissione dignitosa. Nulla di cui vergognarmi. Avrei posto qualche domanda da impolitico. Purtroppo il giornalismo italiano è embedded: troppo legato alla politica. Ne ha mutuato le regole imbalsamate. Non c'è neppure bisogno di attendere la vittoria della sinistra: il conformismo già impera». Prove di regime, dice Confalonieri. «Non c'è stato il regime di Berlusconi, non ci sarà quello di Prodi — dice Capuozzo —. C'è l'impero della correttezza politica». «Confalonieri che parla di prove di regime è come Bossi in partenza per la Svizzera: malaccorto. E insistere sul Berlusconi imbavagliato che va poco in tv è involontariamente comico» dice Gad Lerner. «Ma non per questo considererò mai Capuozzo un "traditore". Toni è un grande inviato di esteri, la prima firma del Tg5; lo stimo molto, ho tentato di portarlo a La 7, e c'ero quasi riuscito. Come giornalista politico, però, non è dei migliori. Strano poi che l'operazione non sia stata affidata al conduttore naturale, Enrico Mentana. O non era considerato affidabile, o non si è prestato». «Come si può mettere in dubbio la professionalità di Capuozzo? Uno che ha rischiato la pelle nei Balcani, nei Territori occupati, in Iraq? Si pensa forse che non sappia fare una domanda sulle pensioni? No, avrebbe condotto una trasmissione bellissima, piena di umanità» dice Paolo Liguori, ex direttore di Studio Aperto ed ex dirigente di Lotta continua. «Ma sono stanco di queste etichette vecchie di trent'anni; come dire che Ingrao è un ex dirigente del Guf.
Capuozzo è un giornalista di sinistra non perché ha militato in Lc, ma perché è sempre stato un giornalista di strada, lontano da istituzioni e affari, attento agli umili e ai diritti umani. Capuozzo è uno che torna dalla Bosnia con un bambino che ha perso una gamba e la madre, lo cresce per cinque anni e poi lo riporta alla famiglia. Avrà diritto più di Bertinotti a parlare dei poveri? Purtroppo è rimasto vittima dei veleni della campagna elettorale, che si concentrano contro Mediaset. Abbiamo fatto buona televisione, ora vogliono farcela pagare». «Io e la politica siamo come un alcolista anonimo e il vino: non ne sopporto la vista — dice Capuozzo —. Ne ho fatta troppa da giovane. Non voto da anni; qualche volta ho votato Pannella, stavolta non lo so e non lo dirò. In Nicaragua ho visto prima la repressione di Somoza, poi quella dei sandinisti. Ho raccontato su Lotta continua la fuga dei marielitos da Cuba, beccandomi le lettere di protesta dei lettori; Montanelli portò il caso in prima sul Giornale; le lettere raddoppiarono. "Parlaci di Cuba" mi chiesero all'esame da professionista. Ero al terzo tentativo: risposi di no, che quella volta dovevo proprio passarlo, piuttosto mi chiedessero i decreti legge e i decreti delegati. Mai capita la differenza».
Però ha pubblicato una guida anti- Gambero Rosso ai ristoranti per camionisti, scritto per Epoca e Panorama, lavorato sei mesi in un femminile («Dovevano fare lo Stern italiano, poi decisero di fare Vera. Fudivertente»). Ha litigato con Fede («Però gli sono grato, mi ha portato a Mediaset e mi ha insegnato il linguaggio televisivo») e con Sposini, che bacchettò le sue critiche a «Un ponte per...», l'organizzazione delle due Simone. Ora è il vice di Rossella e guida Terra!. «È stato Carlo a mettermi in preallarme, la settimana scorsa: "Preparati, forse c'è da fare un faccia a faccia tra Prodi e Berlusconi". L'altro giorno mi ha avvertito che Prodi non ci stava, ma si poteva intervistare il premier. Volevo invitare Piero Sansonetti di Liberazione e Gabriele Polo del manifesto, li ho cercati ma non li ho trovati: il rifiuto mi è arrivato tramite le agenzie di stampa. Solo dopo ho parlato con Polo: "Non dire che mi hai risposto di no, se non ci siamo neppure parlati". Abbiamo cercato anche altri giornalisti, ma non voglio esporre i loro nomi alla gogna mediatica. Peccato. Avevo molte cose da chiedere a Berlusconi. Ad esempio se non teme di aver sbagliato a contrapporre i figli dei professionisti a quelli degli operai. Perché ci sono tanti figli di professionisti che votano a sinistra, e figli di operai che votano per lui».
Aldo Cazzullo
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