zerothehero
05-04-2006, 16:23
Unione Europea: le nuove linee di sicurezza energetica del libro verde
Si chiama “Una strategia europea per un’energia sostenibile competitiva e sicura” il libro verde con cui la Commissione europea, l’8 marzo scorso, ha proposto il riesame strategico della politica energetica dell’Unione. Delineando lo scenario in cui si troverà ad operare l’Europa nel 21esimo secolo, il libro ha individuato nell’equilibrio tra sviluppo sostenibile, competitività del mercato interno e sicurezza dell’approvvigionamento l’obiettivo di fondo che deve ispirare le scelte di una politica energetica comune, che cerca di farsi spazio tra patriottismo economico, spinte protezionistiche e ragioni di sicurezza nazionale.
Daniel Pescini
Equilibri.net (05 aprile 2006)
Un nuovo scenario per il 21esimo secolo
Nel 2004 i 25 membri dell’Ue hanno consumato circa 1.745 milioni di tonnellate di petrolio equivalente: per il 37% si tratta di energia prodotta da petrolio, per il 24% da gas naturale, per il 18% da combustibili solidi (principalmente carbone), per il 15% da energia nucleare, per il 6% da fonti rinnovabili (biomasse, solare, eolico e altre). Circa la metà di questi consumi deve essere importata e per il libro verde, senza modificazioni sostanziali, nei prossimi 20-30 anni la dipendenza energetica dell’Europa dalle importazioni crescerà fino al 70% del fabbisogno.
Nell’Ue si consumano 515 miliardi di metri cubi di gas all’anno e ci si aspetta che nel 2030 tale cifra raggiunga i 635 miliardi. Il 46% delle forniture di gas arriva dalla produzione interna di Gran Bretagna, Olanda, Germania, Italia e Danimarca. Il resto (il 54%) è importato dall’estero, quasi completamente da tre soli fornitori: Russia (25% del totale), Norvegia (15%) e Algeria (da dove arriva la maggior parte del rimanete 14%). Le riserve europee di gas, però, sono scarse e condannano la produzione interna a dimezzarsi nei prossimi 20 anni, facendo crescere la dipendenza dalle importazioni anche fino all’84% nel 2030. Tuttavia, l’Unione resterà il mercato di sbocco preferito per le ingenti riserve di gas della Russia, della Norvegia, del Nord Africa e del Caspio. Per Bruxelles, la vera sfida sarà diversificare le fonti, attraverso una serie di nuovi gasdotti, già decisi o in avanzata fase di progetto, che forniranno le importazioni necessarie nei prossimi 5-10 anni.
Per quanto riguarda il petrolio, esso è ancora il piatti principale nella dieta energetica dei 25. Nel 2004, nell’Ue ne ha prodotto 2,7 milioni di barili al giorno (mbpd), appena un quinto del suo fabbisogno. Ogni giorno, infatti, nell’Unione si consumano circa 13 mbpd, l’80% dei quali importato. Anche la produzione europea di petrolio calerà (già nel giro di 10-20 anni può diventare minore di 1 mbpd) mentre il consumo rimarrà invariato. La dipendenza petrolifera europea, quindi, è destinata ad accrescersi (si stima fino al 94% nel 2030) e non conforta il fatto che le forniture di petrolio della Ue siano abbastanza diversificate (27% dalla Russia, 19% per cento dal Medio Oriente, 16% dalla Norvegia, 5% da altre regioni). Infatti, pensare alla sicurezza dell’offerta di petrolio verso l’Europa in termini di protezione dalle interruzioni o da prezzi troppo elevati, significa misurarsi con il mercato globale, in cui un’ipotetica interruzione dei rifornimenti dal Medio Oriente (che rifornisce principalmente l’Asia), dalla Russia (maggior fornitore dell’Europa), dal Messico e dal Venezuela (che riforniscono quasi esclusivamente gli Stati Uniti) ha effetti in tutte le più importanti regioni di consumo. E questa situazione non cambierà almeno per i prossimi 20 anni.
Completano la scenario la tendenza all’aumento dei prezzi di gas e petrolio e la constatazione che l’Europa non ha ancora istituito mercati energetici interni competitivi, dai quali si potrebbero trarre vantaggi, sia in termini di abbassamento dei prezzi, sia in termini di sicurezza. Tuttavia, con i suoi 450 milioni di consumatori (il secondo mercato energetico del mondo) e agendo in modo unitario, l’Ue può comunque influire sulla gestione della domanda mondiale di energia e promuovere forme di energia alternative.
Tre priorità di politica energetica interna
Nel libro verde, la Commissione sottolinea come primo punto della sicurezza energetica l’esigenza di un mercato interno aperto alla concorrenza di imprese che cercano di raggiungere una dimensione europea. Il quadro attuale, invece, è fatto da molti mercati a dimensione nazionale, in cui pochi operatori cercano di diventare dominanti. Fino a quando i vari Stati adotteranno approcci differenti per aprire i propri mercati dell’energia, lo sviluppo di un mercato europeo effettivamente competitivo, prevedibile e stabile continuerà a trovare ostacoli.
Il secondo elemento necessario alla sicurezza dell’approvvigionamento consiste nel garantire l’incolumità fisica delle infrastrutture energetiche da catastrofi naturali, attacchi terroristici e crisi geopolitiche, e nello stabilire meccanismi di solidarietà fra Stati in caso di interruzione nelle forniture energetiche. Per limitare al massimo tale rischio, il libro verde propone, tra l’altro, di istituire un Osservatorio europeo sull’approvvigionamento energetico (che controlli domanda e offerta e che anticipi possibili carenze), di sviluppare un meccanismo di reazione e solidarietà verso un paese che subisca un danno alle infrastrutture energetiche, di adottare misure comuni per proteggerle, di ripensare l’approccio per l’utilizzo delle riserve di emergenza.
Il terzo requisito fondamentale per la sicurezza dell’approvvigionamento è la determinazione di un mix energetico il più efficiente e diversificato possibile. Al momento, ogni stato membro e ogni impresa sceglie il proprio mix. Tuttavia, tali scelte hanno conseguenze sulla sicurezza energetica degli Stati vicini e di tutta la comunità. Per questo la Commissione propone un riesame strategico dell’intera politica energetica europea, che analizzi vantaggi e svantaggi delle varie fonti, e che offra un quadro di riferimento europeo all’interno del quale ogni Stato possa scegliere il proprio mix. In questo modo potrebbero convivere la libertà degli Stati membri di scegliere tra diverse fonti energetiche e la necessità dell’UE di disporre, per esempio, di un minimo mix energetico ottenuto da fonti sicure e a basse emissioni di carbonio.
Per una politica estera energetica comune
La diplomazia di Bruxelles può contare su una fitta rete di relazioni con i più importanti paesi fornitori e di transito delle materie prime energetiche. Una serie di dialoghi bilaterali sull’energia sono stati aperti con Russia, Ucraina, Norvegia, Algeria, Siria, Egitto, Iran, Venezuela. Nell’area dei Balcani è stata avviata una politica di collaborazione in campo energetico che mira a integrare i rispettivi mercati dell’energia, all’interno della quale potrebbe essere inclusa anche la Turchia. A livello di aree regionali, l’Unione ha promosso una serie di dialoghi energetici: i paesi della sponda sud del Mediterraneo, del Mar Nero e del Caspio, per una progressiva e maggiore integrazione dei mercati dell’energia; con i paesi Opec, per rendere più stabili il mercato e il prezzo del petrolio; con i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo Persico, sul tema della cooperazione industriale e dello scambio di know-how. Bruxelles discute di cooperazione energetica anche con i paesi dell’Asia centrale, mentre a livello di organizzazioni internazionali è attiva per la propria sicurezza energetica all’interno dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, del G8, dell’Ocse, delle Nazioni Unite e del Forum Internazionale sull’energia.
Come ricondurre tutte queste azioni, esercitate a più livelli, ad una coerente politica energetica esterna? Tra gli obiettivi che i vari Stati membri devono e possono condividere come presupposto di una simile politica, la Commissione ne ha indicati alcuni, tra cui lo sviluppo di una comunità paneuropea dell’energia. Su quest’ultimo punto, il libro verde è chiaro: “L’UE è da tempo impegnata ad estendere il proprio mercato energetico ai paesi vicini e a riavvicinarli progressivamente al mercato interno comunitario. L’istituzione di uno ‘spazio comune di regolamentazione’ attorno all’Europa, basato progressivamente sul commercio comune, sul transito e sulle norme ambientali, favorirebbe un mercato prevedibile e trasparente capace di incoraggiare gli investimenti, la crescita e la sicurezza dell’approvvigionamento, per l’UE e i suoi vicini”.
Conclusioni
Le critiche mosse al libro verde evidenziano come non vi siano indicazioni per affrontare nell’immediato l’aumento dei prezzi del gas e la dipendenza dalle importazioni di petrolio. Altre si soffermano sul fatto che Bruxelles fa troppo affidamento sulle fonti di energia rinnovabile senza sottolineare il ruolo chiave che il nucleare può svolgere per assicurare sicurezza energetica all’Unione. Dai settori ambientalisti, al contrario, si critica il libro verde per non aver scommesso abbastanza sulle fonti rinnovabili.
Per certo, il lavoro della Commissione non ha modificato gli obiettivi di fondo che dal 2000 caratterizzano la politica energetica dell’Ue: sviluppo sostenibile, competitività e sicurezza dell’approvvigionamento, obiettivi che sarebbero meglio perseguibili se l’Ue agisse con una sola voce. E proprio definire questo “agire comune” pare essere la principale preoccupazione della Commissione, che non a caso ha rimandato la presentazione di proposte concrete alla fine di un auspicato dibattito pubblico che anticipi la proposta revisione strategica della politica energetica europea. Il primo esame a cui è stato sottoposto il libro verde sull’energia è stato il vertice europeo dello scorso 24 e 25 marzo. Divisioni e resistenze si sono registrate tra i 25 su come e quanto liberalizzare i mercati nazionali. Gli Stati membri, infatti, considerano il settore energetico come vitale per la propria sicurezza nazionale, al punto che i governi di Francia e Spagna sono intervenuti (rispettivamente nei casi Enel-Suez e EON-Endesa) per bloccare le scalate di gruppi stranieri alle industrie energetiche nazionali. Il Consiglio europeo, comunque, ha dato il via libera alla maggior parte delle proposte contenute nel libro verde, anche se ha ribadito la sovranità di ogni stato di scegliere il proprio mix energetico e ha rifiutato l’istituzione di un’autorità energetica europea che promuovesse il commercio transfrontaliero dell’energia. Il patriottismo economico e le spinte protezioniste, quindi, permangono e rappresentano uno degli ostacoli maggiori per lo sviluppo di una politica energetica comune. La Commissione, comunque, può adesso ripartire da una buona base per lanciare proposte più stringenti. “L’Europa non vuole altre competenze –ha dichiarato il presidente Barroso- la questione era piuttosto se esistesse la volontà politica di arrivare ad una strategia comune. E la risposta è sì”.
Si chiama “Una strategia europea per un’energia sostenibile competitiva e sicura” il libro verde con cui la Commissione europea, l’8 marzo scorso, ha proposto il riesame strategico della politica energetica dell’Unione. Delineando lo scenario in cui si troverà ad operare l’Europa nel 21esimo secolo, il libro ha individuato nell’equilibrio tra sviluppo sostenibile, competitività del mercato interno e sicurezza dell’approvvigionamento l’obiettivo di fondo che deve ispirare le scelte di una politica energetica comune, che cerca di farsi spazio tra patriottismo economico, spinte protezionistiche e ragioni di sicurezza nazionale.
Daniel Pescini
Equilibri.net (05 aprile 2006)
Un nuovo scenario per il 21esimo secolo
Nel 2004 i 25 membri dell’Ue hanno consumato circa 1.745 milioni di tonnellate di petrolio equivalente: per il 37% si tratta di energia prodotta da petrolio, per il 24% da gas naturale, per il 18% da combustibili solidi (principalmente carbone), per il 15% da energia nucleare, per il 6% da fonti rinnovabili (biomasse, solare, eolico e altre). Circa la metà di questi consumi deve essere importata e per il libro verde, senza modificazioni sostanziali, nei prossimi 20-30 anni la dipendenza energetica dell’Europa dalle importazioni crescerà fino al 70% del fabbisogno.
Nell’Ue si consumano 515 miliardi di metri cubi di gas all’anno e ci si aspetta che nel 2030 tale cifra raggiunga i 635 miliardi. Il 46% delle forniture di gas arriva dalla produzione interna di Gran Bretagna, Olanda, Germania, Italia e Danimarca. Il resto (il 54%) è importato dall’estero, quasi completamente da tre soli fornitori: Russia (25% del totale), Norvegia (15%) e Algeria (da dove arriva la maggior parte del rimanete 14%). Le riserve europee di gas, però, sono scarse e condannano la produzione interna a dimezzarsi nei prossimi 20 anni, facendo crescere la dipendenza dalle importazioni anche fino all’84% nel 2030. Tuttavia, l’Unione resterà il mercato di sbocco preferito per le ingenti riserve di gas della Russia, della Norvegia, del Nord Africa e del Caspio. Per Bruxelles, la vera sfida sarà diversificare le fonti, attraverso una serie di nuovi gasdotti, già decisi o in avanzata fase di progetto, che forniranno le importazioni necessarie nei prossimi 5-10 anni.
Per quanto riguarda il petrolio, esso è ancora il piatti principale nella dieta energetica dei 25. Nel 2004, nell’Ue ne ha prodotto 2,7 milioni di barili al giorno (mbpd), appena un quinto del suo fabbisogno. Ogni giorno, infatti, nell’Unione si consumano circa 13 mbpd, l’80% dei quali importato. Anche la produzione europea di petrolio calerà (già nel giro di 10-20 anni può diventare minore di 1 mbpd) mentre il consumo rimarrà invariato. La dipendenza petrolifera europea, quindi, è destinata ad accrescersi (si stima fino al 94% nel 2030) e non conforta il fatto che le forniture di petrolio della Ue siano abbastanza diversificate (27% dalla Russia, 19% per cento dal Medio Oriente, 16% dalla Norvegia, 5% da altre regioni). Infatti, pensare alla sicurezza dell’offerta di petrolio verso l’Europa in termini di protezione dalle interruzioni o da prezzi troppo elevati, significa misurarsi con il mercato globale, in cui un’ipotetica interruzione dei rifornimenti dal Medio Oriente (che rifornisce principalmente l’Asia), dalla Russia (maggior fornitore dell’Europa), dal Messico e dal Venezuela (che riforniscono quasi esclusivamente gli Stati Uniti) ha effetti in tutte le più importanti regioni di consumo. E questa situazione non cambierà almeno per i prossimi 20 anni.
Completano la scenario la tendenza all’aumento dei prezzi di gas e petrolio e la constatazione che l’Europa non ha ancora istituito mercati energetici interni competitivi, dai quali si potrebbero trarre vantaggi, sia in termini di abbassamento dei prezzi, sia in termini di sicurezza. Tuttavia, con i suoi 450 milioni di consumatori (il secondo mercato energetico del mondo) e agendo in modo unitario, l’Ue può comunque influire sulla gestione della domanda mondiale di energia e promuovere forme di energia alternative.
Tre priorità di politica energetica interna
Nel libro verde, la Commissione sottolinea come primo punto della sicurezza energetica l’esigenza di un mercato interno aperto alla concorrenza di imprese che cercano di raggiungere una dimensione europea. Il quadro attuale, invece, è fatto da molti mercati a dimensione nazionale, in cui pochi operatori cercano di diventare dominanti. Fino a quando i vari Stati adotteranno approcci differenti per aprire i propri mercati dell’energia, lo sviluppo di un mercato europeo effettivamente competitivo, prevedibile e stabile continuerà a trovare ostacoli.
Il secondo elemento necessario alla sicurezza dell’approvvigionamento consiste nel garantire l’incolumità fisica delle infrastrutture energetiche da catastrofi naturali, attacchi terroristici e crisi geopolitiche, e nello stabilire meccanismi di solidarietà fra Stati in caso di interruzione nelle forniture energetiche. Per limitare al massimo tale rischio, il libro verde propone, tra l’altro, di istituire un Osservatorio europeo sull’approvvigionamento energetico (che controlli domanda e offerta e che anticipi possibili carenze), di sviluppare un meccanismo di reazione e solidarietà verso un paese che subisca un danno alle infrastrutture energetiche, di adottare misure comuni per proteggerle, di ripensare l’approccio per l’utilizzo delle riserve di emergenza.
Il terzo requisito fondamentale per la sicurezza dell’approvvigionamento è la determinazione di un mix energetico il più efficiente e diversificato possibile. Al momento, ogni stato membro e ogni impresa sceglie il proprio mix. Tuttavia, tali scelte hanno conseguenze sulla sicurezza energetica degli Stati vicini e di tutta la comunità. Per questo la Commissione propone un riesame strategico dell’intera politica energetica europea, che analizzi vantaggi e svantaggi delle varie fonti, e che offra un quadro di riferimento europeo all’interno del quale ogni Stato possa scegliere il proprio mix. In questo modo potrebbero convivere la libertà degli Stati membri di scegliere tra diverse fonti energetiche e la necessità dell’UE di disporre, per esempio, di un minimo mix energetico ottenuto da fonti sicure e a basse emissioni di carbonio.
Per una politica estera energetica comune
La diplomazia di Bruxelles può contare su una fitta rete di relazioni con i più importanti paesi fornitori e di transito delle materie prime energetiche. Una serie di dialoghi bilaterali sull’energia sono stati aperti con Russia, Ucraina, Norvegia, Algeria, Siria, Egitto, Iran, Venezuela. Nell’area dei Balcani è stata avviata una politica di collaborazione in campo energetico che mira a integrare i rispettivi mercati dell’energia, all’interno della quale potrebbe essere inclusa anche la Turchia. A livello di aree regionali, l’Unione ha promosso una serie di dialoghi energetici: i paesi della sponda sud del Mediterraneo, del Mar Nero e del Caspio, per una progressiva e maggiore integrazione dei mercati dell’energia; con i paesi Opec, per rendere più stabili il mercato e il prezzo del petrolio; con i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo Persico, sul tema della cooperazione industriale e dello scambio di know-how. Bruxelles discute di cooperazione energetica anche con i paesi dell’Asia centrale, mentre a livello di organizzazioni internazionali è attiva per la propria sicurezza energetica all’interno dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, del G8, dell’Ocse, delle Nazioni Unite e del Forum Internazionale sull’energia.
Come ricondurre tutte queste azioni, esercitate a più livelli, ad una coerente politica energetica esterna? Tra gli obiettivi che i vari Stati membri devono e possono condividere come presupposto di una simile politica, la Commissione ne ha indicati alcuni, tra cui lo sviluppo di una comunità paneuropea dell’energia. Su quest’ultimo punto, il libro verde è chiaro: “L’UE è da tempo impegnata ad estendere il proprio mercato energetico ai paesi vicini e a riavvicinarli progressivamente al mercato interno comunitario. L’istituzione di uno ‘spazio comune di regolamentazione’ attorno all’Europa, basato progressivamente sul commercio comune, sul transito e sulle norme ambientali, favorirebbe un mercato prevedibile e trasparente capace di incoraggiare gli investimenti, la crescita e la sicurezza dell’approvvigionamento, per l’UE e i suoi vicini”.
Conclusioni
Le critiche mosse al libro verde evidenziano come non vi siano indicazioni per affrontare nell’immediato l’aumento dei prezzi del gas e la dipendenza dalle importazioni di petrolio. Altre si soffermano sul fatto che Bruxelles fa troppo affidamento sulle fonti di energia rinnovabile senza sottolineare il ruolo chiave che il nucleare può svolgere per assicurare sicurezza energetica all’Unione. Dai settori ambientalisti, al contrario, si critica il libro verde per non aver scommesso abbastanza sulle fonti rinnovabili.
Per certo, il lavoro della Commissione non ha modificato gli obiettivi di fondo che dal 2000 caratterizzano la politica energetica dell’Ue: sviluppo sostenibile, competitività e sicurezza dell’approvvigionamento, obiettivi che sarebbero meglio perseguibili se l’Ue agisse con una sola voce. E proprio definire questo “agire comune” pare essere la principale preoccupazione della Commissione, che non a caso ha rimandato la presentazione di proposte concrete alla fine di un auspicato dibattito pubblico che anticipi la proposta revisione strategica della politica energetica europea. Il primo esame a cui è stato sottoposto il libro verde sull’energia è stato il vertice europeo dello scorso 24 e 25 marzo. Divisioni e resistenze si sono registrate tra i 25 su come e quanto liberalizzare i mercati nazionali. Gli Stati membri, infatti, considerano il settore energetico come vitale per la propria sicurezza nazionale, al punto che i governi di Francia e Spagna sono intervenuti (rispettivamente nei casi Enel-Suez e EON-Endesa) per bloccare le scalate di gruppi stranieri alle industrie energetiche nazionali. Il Consiglio europeo, comunque, ha dato il via libera alla maggior parte delle proposte contenute nel libro verde, anche se ha ribadito la sovranità di ogni stato di scegliere il proprio mix energetico e ha rifiutato l’istituzione di un’autorità energetica europea che promuovesse il commercio transfrontaliero dell’energia. Il patriottismo economico e le spinte protezioniste, quindi, permangono e rappresentano uno degli ostacoli maggiori per lo sviluppo di una politica energetica comune. La Commissione, comunque, può adesso ripartire da una buona base per lanciare proposte più stringenti. “L’Europa non vuole altre competenze –ha dichiarato il presidente Barroso- la questione era piuttosto se esistesse la volontà politica di arrivare ad una strategia comune. E la risposta è sì”.