23answer23
02-04-2006, 15:14
di Paolo Guzzanti - "Le elezioni si avvicinano, ma il piattino resta. I lettori mi avranno capito: parlo proprio di quel piattino, quello di Romano Prodi e della seduta spiritica durante la quale il dischetto di porcellana avrebbe roteato per ore di energia propria (facendo anche roteare nella tomba le inquiete ossa di Newton, Galileo ed Einstein) allo scopo di indicare saltellando fra le lettere dell'alfabeto, i nomi di tre località dell'alto Lazio: Gradoli, Bolsena e Viterbo. Dodici persone, undici delle quali probabilmente ignare, in un tedioso meriggio piovoso giocavano alla ricerca spiritica del luogo in cui Aldo Moro era interrogato dagli aguzzini che si apprestavano a liquidarlo. Prodi disse agli amici che avrebbe provveduto lui a fornire la preziosa informazione alle autorità, ciò che però fece non già precipitandosi al telefono, ma lasciando passare un paio di giorni prima di lasciar cadere il nome di Gradoli come per caso, durante una conversazione con il dottor Umberto Cavina nella sede della Democrazia Cristiana, al quale fornì (a lui soltanto) i numeri 96 e 11 che, guarda un po', corrispondevano al numero civico e all'interno di un appartamento di via Gradoli in Roma in cui i rapitori di Moro avevano il loro quartier generale e da cui i vicini di casa udivano trasmissioni in alfabeto Morse. La fine è nota: una vistosa operazione di polizia si abbatté sul paese di Gradoli e sui telegiornali. Provvisti di televisore, i brigatisti di via Gradoli mangiarono la foglia, capirono l'antifona e tagliarono la corda.
Da allora Romano Prodi si è cucito la bocca alla siciliana e, visto che i piattini non frullano con cervello pensante fra le lettere dell'alfabeto, si deve concludere che ha mentito ai giudici, ha mentito alla Commissione Moro, ha mentito alla Commissione Mitrokhin e, dopo ben 28 anni dai fatti nel corso dei quali tutti i brigatisti sono tornati liberi e belli, seguita a mentire rifiutandosi, inspiegabilmente più che testardamente, di rivelare la fonte dell'informazione e la causa della disinformazione. Io stesso, nella veste di Presidente della Commissione Mitrokhin, dopo averlo interrogato anche su questo punto, ho provveduto a deferire Prodi davanti al Tribunale dei Ministri che dovrà pronunciarsi su questo ed altri comportamenti. Ma nel frattempo voglio far notare che una reticenza del genere da parte di uno che aspira a diventare Primo ministro non sarebbe tollerata cinque minuti nelle grandi democrazie del mondo, da quella del Regno Unito a quella americana, da quella francese a quelle scandinave. Come è possibile invece che in Italia si finga di non vedere un vistosissimo scheletro nell'armadio di Prodi?
C'è poi una seconda balla che fa da copertura alla prima: quella secondo cui il buon professore volle benevolmente proteggere qualche povero ragazzetto dell'Autonomia operaia che gli passò l'indirizzo delle Brigate Rosse raccomandandogli di non fare mai il suo nome. Si tratta di una sesquipedale sciocchezza: esisteva allora come esiste oggi la protezione totale e legale della fonte che non vuole essere identificata e dunque non c'era alcun bisogno di una seduta spiritica come grottesca copertura. Come si vede, il problema è ben più grave di quel che sembrava perché se la fonte da proteggere non era un giovane autonomo contiguo alle Br, chi fu a dare a Prodi l'indirizzo dei rapitori di Moro? Oggi sappiamo per certo, in seguito alla rogatoria compiuta dal Parlamento italiano presso la Procura di Budapest, che il gruppo di comando delle Brigate Rosse faceva parte integrante di una rete militare sorvegliata dal Kgb e usata dal Gru, cioè dal servizio segreto militare sovietico, lo stesso che organizzò l'attentato per liquidare Papa Giovanni Paolo per sgomberare lo snodo militare polacco. Sappiamo anche che Prodi in una intervista al Corriere della Sera manifestò comprensione per il golpista Pavlov, suo stimato amico, mentre quello tentava di eliminare Michail Gorbaciov; e poi ancora che come presidente del Consiglio dette disposizioni al Sismi di rendere invisibili e inservibili le informazioni fornite da Vasilij Mitrokhin sulla rete sovietica in Italia.
Ora, una democrazia è tale se non si fanno sconti ai concorrenti premier sul loro passato di uomini pubblici. Per questo mi sento di dire nel modo più rispettoso ma anche il più fermo che Prodi non ha alcun titolo per diventare primo ministro se prima non rivela da chi ebbe l'indirizzo completo del commando che aveva in mando Moro."
Allora, di questo che mi dicono tutti quelli che discutono (giustamente) da mesi sulle peripezie di Berlusconi?
Da allora Romano Prodi si è cucito la bocca alla siciliana e, visto che i piattini non frullano con cervello pensante fra le lettere dell'alfabeto, si deve concludere che ha mentito ai giudici, ha mentito alla Commissione Moro, ha mentito alla Commissione Mitrokhin e, dopo ben 28 anni dai fatti nel corso dei quali tutti i brigatisti sono tornati liberi e belli, seguita a mentire rifiutandosi, inspiegabilmente più che testardamente, di rivelare la fonte dell'informazione e la causa della disinformazione. Io stesso, nella veste di Presidente della Commissione Mitrokhin, dopo averlo interrogato anche su questo punto, ho provveduto a deferire Prodi davanti al Tribunale dei Ministri che dovrà pronunciarsi su questo ed altri comportamenti. Ma nel frattempo voglio far notare che una reticenza del genere da parte di uno che aspira a diventare Primo ministro non sarebbe tollerata cinque minuti nelle grandi democrazie del mondo, da quella del Regno Unito a quella americana, da quella francese a quelle scandinave. Come è possibile invece che in Italia si finga di non vedere un vistosissimo scheletro nell'armadio di Prodi?
C'è poi una seconda balla che fa da copertura alla prima: quella secondo cui il buon professore volle benevolmente proteggere qualche povero ragazzetto dell'Autonomia operaia che gli passò l'indirizzo delle Brigate Rosse raccomandandogli di non fare mai il suo nome. Si tratta di una sesquipedale sciocchezza: esisteva allora come esiste oggi la protezione totale e legale della fonte che non vuole essere identificata e dunque non c'era alcun bisogno di una seduta spiritica come grottesca copertura. Come si vede, il problema è ben più grave di quel che sembrava perché se la fonte da proteggere non era un giovane autonomo contiguo alle Br, chi fu a dare a Prodi l'indirizzo dei rapitori di Moro? Oggi sappiamo per certo, in seguito alla rogatoria compiuta dal Parlamento italiano presso la Procura di Budapest, che il gruppo di comando delle Brigate Rosse faceva parte integrante di una rete militare sorvegliata dal Kgb e usata dal Gru, cioè dal servizio segreto militare sovietico, lo stesso che organizzò l'attentato per liquidare Papa Giovanni Paolo per sgomberare lo snodo militare polacco. Sappiamo anche che Prodi in una intervista al Corriere della Sera manifestò comprensione per il golpista Pavlov, suo stimato amico, mentre quello tentava di eliminare Michail Gorbaciov; e poi ancora che come presidente del Consiglio dette disposizioni al Sismi di rendere invisibili e inservibili le informazioni fornite da Vasilij Mitrokhin sulla rete sovietica in Italia.
Ora, una democrazia è tale se non si fanno sconti ai concorrenti premier sul loro passato di uomini pubblici. Per questo mi sento di dire nel modo più rispettoso ma anche il più fermo che Prodi non ha alcun titolo per diventare primo ministro se prima non rivela da chi ebbe l'indirizzo completo del commando che aveva in mando Moro."
Allora, di questo che mi dicono tutti quelli che discutono (giustamente) da mesi sulle peripezie di Berlusconi?