View Full Version : Fmi: "L'Italia rischia di fare la fine dell'Argentina"
Riusciranno i nostri eroi a sapere come sono messi i conti dello Stato? Riusciremo a sapere se sono a posto come dice il B. oppure siamo sotto terra come dice il FMI?
http://www.centomovimenti.com/2006/marzo/20_fmi.htm
<<
WWW.CENTOMOVIMENTI.COM - 20 MARZO 2006
Fmi: "L'Italia rischia di fare la fine dell'Argentina". Berlusconi sotto accusa
REDAZIONE
Il "Fondo Monetario Internazionale" ha lanciato un nuovo allarme sulle drammatiche condizioni dell'economia italiana ed ha attaccato per l'ennesima volta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nel corso di un'intervista rilasciata ad un settimanale, il consigliere dell'Fmi, Nouriel Roubini, ha spiegato che "senza vere riforme, la probabilità che l'Italia esca dall'Euro è grande".
"I paralleli con situazione dell'Argentina prima della bancarotta sono semplicemente enormi - ha aggiunto - la debolezza della crescita in Italia minaccia di intensificarsi e i debiti pubblici seguiteranno a crescere. In questo modo potrebbe innescarsi una dinamica d'indebitamento, che alla fine costringerà l'Italia a lasciare l'Unione monetaria per ristrutturare i suoi debiti di Stato".
E ovviamente tra i responsabili di questo drammatico quadro, non può non essere citato il premier Silvio Berlusconi.
"Berlusconi gode di una confortevole maggioranza in Parlamento, ma egli si è giocato alla leggera questa chance - ha spiegato - la sua retorica è quella del liberalismo economico, ma in realtà si è occupato solo dei suoi interessi. Si è comportato come un monopolista che aumenta al massimo i suoi utili".>>
Non sapevo che al FMI fossero Comunisti o sinistri.
StefAno Giammarco
28-03-2006, 16:36
Non sapevo che al FMI fossero Comunisti o sinistri.
Perché non conosci le sigle.
FMI sta per Falce e Martello International :D
Il "fondo monetario internazionale" sta probabilmente dando una visione completamente ribaltatà della realtà.
Ma sai che ho una teoria in proposito?
Secondo me nella rappresentazione berlusconiana del globo terrestre c'è una macchiolina azzurra in corrispondenza di Arcore. Quella è terra "moderata". Tutto il resto è dipinto di rosso, ovvero "comunista".
(Marte, ovviamente, è già "comunista" di suo. :D
http://www.fascistisumarte.has.it/ )
Fmi: "L'Italia rischia di fare la fine dell'Argentina". Berlusconi sotto accusa
"I paralleli con situazione dell'Argentina prima della bancarotta sono semplicemente enormi
Questa mi sembra disinformazione....
Una domanda: quale organismo internazionale, secondo te, può avere un quadro esauriente della situazione economica italiana?
Una domanda: quale organismo internazionale, secondo te, può avere un quadro esauriente della situazione economica italiana?
Berlusconi, chi meglio di lui!?
Una domanda: quale organismo internazionale, secondo te, può avere un quadro esauriente della situazione economica italiana?
Veramente mi riferivo proprio a te ed a questi 3D "catastrofistici".
Imho fai della vera disinformazione con post come il primo dove nel titolo dici una cosa che è smentita nell'articolo...
L'unico organismo che ha i conti italiani è la Corte dei Conti.
Tutti gli altri fanno stime, compreso l'FMI.
Ho detto apposta internazionale... ;)
^TiGeRShArK^
28-03-2006, 16:51
Riusciranno i nostri eroi a sapere come sono messi i conti dello Stato? Riusciremo a sapere se sono a posto come dice il B. oppure siamo sotto terra come dice il FMI?
http://www.centomovimenti.com/2006/marzo/20_fmi.htm
<<
WWW.CENTOMOVIMENTI.COM - 20 MARZO 2006
Fmi: "L'Italia rischia di fare la fine dell'Argentina". Berlusconi sotto accusa
REDAZIONE
Il "Fondo Monetario Internazionale" ha lanciato un nuovo allarme sulle drammatiche condizioni dell'economia italiana ed ha attaccato per l'ennesima volta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nel corso di un'intervista rilasciata ad un settimanale, il consigliere dell'Fmi, Nouriel Roubini, ha spiegato che "senza vere riforme, la probabilità che l'Italia esca dall'Euro è grande".
"I paralleli con situazione dell'Argentina prima della bancarotta sono semplicemente enormi - ha aggiunto - la debolezza della crescita in Italia minaccia di intensificarsi e i debiti pubblici seguiteranno a crescere. In questo modo potrebbe innescarsi una dinamica d'indebitamento, che alla fine costringerà l'Italia a lasciare l'Unione monetaria per ristrutturare i suoi debiti di Stato".
E ovviamente tra i responsabili di questo drammatico quadro, non può non essere citato il premier Silvio Berlusconi.
"Berlusconi gode di una confortevole maggioranza in Parlamento, ma egli si è giocato alla leggera questa chance - ha spiegato - la sua retorica è quella del liberalismo economico, ma in realtà si è occupato solo dei suoi interessi. Si è comportato come un monopolista che aumenta al massimo i suoi utili".>>
ma io... mi stropiccio gli occhi e le orecchie...
sono tutte BALLE! :mad:
mah... e ancora quasi la metà degli italiani voterà per chi ci ha ridotto in questo stato...:sob:
Veramente mi riferivo proprio a te ed a questi 3D "catastrofistici".
Imho fai della vera disinformazione con post come il primo dove nel titolo dici una cosa che è smentita nell'articolo...
L'unico organismo che ha i conti italiani è la Corte dei Conti.
Tutti gli altri fanno stime, compreso l'FMI.
Francamente io mi limito a riportare gli articoli che mi paiono credibili. Nel caso specifico ci sono le dichiarazioni ufficiali di un membro del FMI. Faccio presente che sarebbe notizia da prima pagina, in teoria.
Le stime del FMI sono quelle che può fare chiunque guardando ai dati statistici che sono venuti fuori in questi giorni. Il punto saliente, invece, è la presa di posizione ufficiale. E' quella la notizia. Il malessere della nostra economia mi pare che non faccia più notizia da un pezzo.
Francamente io mi limito a riportare gli articoli che mi paiono credibili. Nel caso specifico ci sono le dichiarazioni ufficiali di un membro del FMI. Faccio presente che sarebbe notizia da prima pagina, in teoria.
Le stime del FMI sono quelle che può fare chiunque guardando ai dati statistici che sono venuti fuori in questi giorni. Il punto saliente, invece, è la presa di posizione ufficiale. E' quella la notizia. Il malessere della nostra economia mi pare che non faccia più notizia da un pezzo.
Che stiamo messi maluccio è un fatto, che la presa di posizione del FMI è quella del titolo no.
Infatti se si legge l'articolo si vede che la nostra situazione con quella dell'Argentina non c'entra nulla.
E' vero che facendo le stime e guardando i grafici è evidente che noi stiamo molto meglio dell'Argentina ma è pure vero che non tutti si mettono a rifare i calcoli.
nothinghr
28-03-2006, 17:07
Scusate, io ce l'ho a morte col berlusca pero' :tie:
Che stiamo messi maluccio è un fatto, che la presa di posizione del FMI è quella del titolo no.
Infatti se si legge l'articolo si vede che la nostra situazione con quella dell'Argentina non c'entra nulla.
E' vero che facendo le stime e guardando i grafici è evidente che noi stiamo molto meglio dell'Argentina ma è pure vero che non tutti si mettono a rifare i calcoli.
A me pare che nell'articolo si dica proprio che ci sono analogie con l'Argentina:
"I paralleli con l' Argentina prima della bancarotta sono semplicemente enormi"
http://it.biz.yahoo.com/20032006/2/fmi-roubini-riforme-italia-potrebbe-uscire.html
<<
(ANSA) - FRANCOFORTE, 20 MAR - Nouriel Roubini, consigliere del Fondo Monetario Internazionale e professore d' economia alla New York University, teme che l' Italia, a causa dei suoi problemi economici, uscirà fuori dall' Unione monetaria europea.
In un' intervista rilasciata al settimanale 'Wirtschaftswoche', da oggi in edicola, Roubini ha detto: "Senza delle vere riforme, la probabilità che ciò si verifichi è assai grande, forse già in cinque anni. I paralleli con l' Argentina prima della bancarotta sono semplicemente enormi: la debolezza della crescita minaccia di intensificarsi, i debiti pubblici seguiteranno a crescere.
Così, potrebbe innescarsi una dinamica d' indebitamento, che alla fine costringerà l' Italia a lasciare l' Unione monetaria per ristrutturare i suoi debiti di Stato".
Per uscire dalla crisi, l' economia italiana avrebbe bisogno di una massiccia spinta della produttività. Roubini ha precisato: "Negli ultimi anni, le retribuzioni in Italia sono cresciute più che la produttività. Per questa ragione il mercato del lavoro deve essere reso flessibile, la burocrazia ridotta, e deve essere permessa più concorrenza. Oppure le retribuzioni devono scendere radicalmente, per diventare di nuovo competitive. Stanchezza nelle riforme e retribuzioni crescenti non vano bene insieme".
Secondo l' economista, il premier Berlusconi sarebbe corresponsabile della situazione e avrebbe perso la chance di modernizzare l' economia italiana. A giudizio di Roubini quest' occasione era estremamente favorevole: "I tassi d' interesse erano bassi, Berlusconi gode di una confortevole maggioranza in Parlamento, ma egli si è giocato alla leggera questa chance. La sua retorica è quella del liberalismo economico, ma in realtà si è trattato solo dei suoi interessi. Si è comportato come un monopolista che aumenta al massimo i suoi utili".(ANSA)>>
dantes76
28-03-2006, 17:11
30-01-2006
L'Italia e il rischio argentina*
Nouriel Rubini
Sono stato fin dall’inizio un forte sostenitore dell’Unione monetaria europea. A preoccuparmi è però il fatto che sebbene sia riuscita a innescare un processo di convergenza per alcune variabili nominali (inflazione, tassi di interesse e così via), l’Unione monetaria si associa ora a un processo di crescente divergenza nelle performance economiche, in particolare per quello che riguarda i tassi di crescita. La diversità di risultati economici è un problema serio per alcuni paesi membri (Italia, Portogallo, Grecia) e potrebbe portare a un collasso della stessa Unione monetaria. Non sono un fautore di tale eventualità, ma senza appropriate politiche macroeconomiche e riforme strutturali, il rischio a medio termine di un crollo dell’Unione monetaria è serio
I problemi di una crescita modesta
La crescita economica nell’area euro è stata molto modesta negli ultimi anni. E questo è certamente un problema per l’Unione monetaria. Il tasso di crescita medio nel periodo 2001-2005 è stato di circa l’1 per cento. Si tratta di un problema tutto strutturale? La risposta è no, in quanto le rigidità strutturali e la crescita più lenta della popolazione implicano che la crescita potenziale dell’Eurozona è più vicina al 2 per cento che al 3,5 per cento degli Stati Uniti. Dunque, lo scarto tra il potenziale 2 per cento e il reale 1 per cento deve essere attribuito alle politiche macroeconomiche.
Gli Stati Uniti hanno reagito alla recessione del 2001 tagliando i tassi a breve dal 6,5 all’1 per cento, trasformando un surplus di bilancio del 2,5 per cento del Pil in un deficit del 3,5 per cento e lasciando deprezzare il dollaro tra il 2002 e il 2004. Mentre la soluzione americana può essere stata eccessiva e senza scrupoli nel caso della politica di bilancio, la reazione dell’Europa è stata troppo timida.
La Banca centrale europea, troppo preoccupata dell’inflazione, ha ridotto i tassi molto più lentamente e molto meno (fino al 2 per cento) rispetto alla Fed. La politica fiscale è stata modificata solo marginalmente e l’euro si è apprezzato fino all’inizio del 2005. Così, rigide politiche macro hanno contribuito a rendere molto debole la ripresa dell’Eurozona dopo la recessione del 2001.
Più pericolosa per l’Unione monetaria è però la crescente diversità nei risultati economici e nei tassi di crescita all’interno dell’area euro. La Bce sostiene, basandosi su proprie ricerche, che non c’è una diversità nella crescita in quanto 1) la deviazione standard dei tassi di crescita all’interno dell’area euro non è aumentata dopo la nascita dell’Unione monetaria e 2) la dispersione dei tassi di crescita all’interno dell’Unione monetaria è simile a quella che si ritrova all’interno dei cinquanta Stati Usa.
Queste statistiche sono però fuorvianti per una serie di ragioni.
1. Il tasso di crescita medio nell’Eurozona è sceso dal 2001 in poi. Perciò la dispersione (deviazione standard) dei tassi di crescita intorno a questa media più bassa, sarà inferiore. Si dovrebbe piuttosto guardare al coefficiente di variazione (la deviazione standard divisa per il tasso di crescita medio) per avere una corretta misura della dispersione. E quest’ultima misura mostra una crescita della divergenza.
2. La deviazione standard tra il 1999 e il 2005 è stabile perché le tre grandi economie europee (Germania, Italia e Francia) sono crescite poco tutte e tre insieme. Così, la bassa dispersione è dovuta a una scarsa crescita delle tre maggiori economie, ma la distanza tra questi paesi che restano indietro e gli altri dell’area euro è cresciuta.
3. Gli Stati Uniti sono molti diversi dai paesi dell’Unione Europea su due aspetti fondamentali. Primo, se si verifica una recessione in Texas, la gente fa i bagagli e si sposta verso gli Stati con più alto tasso di crescita e occupazione, cioè c’è una maggiore mobilità del lavoro negli Stati Uniti rispetto all’Eurozona. In secondo luogo, il federalismo fiscale (il cambiamento automatico e discrezionale in tasse, spesa e trasferimenti) implica che una caduta di un dollaro nel prodotto di stato Usa nel corso di una recessione regionale porti a una riduzione di soli 60 centesimi nel suo reddito effettivo.
In altre parole, il prodotto nazionale lordo degli Stati americani diverge molto meno di quanto non faccia prodotto interno lordo. Questo non accade in Europa, dove spese e trasferimenti a livello europeo sono molto limitati.
Minacce per l’Unione monetaria
Insomma, esistono seri divari di crescita all’interno dell’area euro. E la diversità nei risultati economici porta a gravi tensioni nella politica fiscale e monetaria. Rallentamento della crescita e difficoltà ad attuare aggiustamenti nelle politiche di bilancio in periodi di crescita mediocre, comportano l’emergere in alcuni paesi di deficit di bilancio.
Queste persistenti violazioni del Patto di stabilità rappresentano una minaccia di medio termine per l’Unione monetaria e per la credibilità della Bce. Inoltre, i divari economici e le tensioni che ne conseguono aumentano le pressioni politiche sulla Bce perché stimoli maggiormente la crescita, come dimostra la reazione dei ministri delle Finanze alla decisione della Bce nel dicembre 2005 di alzare i tassi di 25 punti base.
Il divario nella crescita è anche una grave minaccia per l’Unione monetaria. Sempre più commentatori notano come i diversi paesi reagiscano in modo diverso a queste sfide. Daniel Gros ha mostrato che la Germania ha reagito con ristrutturazione industriale, taglio del costo del lavoro e "deflazione competitiva". Per parte mia, sostengo che l’Italia ha fatto poco e sperimenta una "stagdeflazione", ovvero una combinazione di stagnazione e deflazione. In Italia il costo del lavoro, come ha dimostrato Gros, è cresciuto del 20 per cento se paragonato a quello tedesco, mentre la quota italiana nel commercio è caduta del 20 per cento, sempre in confronto alla Germania. Problemi di competitività simili riguardano Grecia, Portogallo e Spagna.
Inoltre, Gros nota correttamente che i divari di crescita del Pil sono stati attenuati dalle bolle dei mercati immobiliari in paesi come Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia: bassi tassi di interesse a breve e a lungo termine ( un puzzle o "conundrum" sul mercato mondiale dei bond) hanno determinato una bolla insostenibile. La perdita di competitività della Spagna è oggi nascosta dalla bolla del mercato immobiliare, ma una volta scoppiata la bolla, i gravi problemi diverranno evidenti.
Sfortunatamente, la mancanza di serie riforme fa crescere il rischio che l’Italia possa finire come l’Argentina. Non è inevitabile, ma se l’Italia non intraprende le riforme necessarie, non si può escludere una sua uscita dall’Unione monetaria nei prossimi cinque anni.
Come l’Argentina, l’Italia affronta infatti una crescente perdita di competitività dovuta a una moneta sopravvalutata, con rischio di caduta delle esportazioni e crescita del deficit di parte corrente. Il rallentamento della crescita peggiorerà deficit e debito pubblico e lo renderà potenzialmente insostenibile nel tempo. E se la svalutazione non può essere usata per ridurre i salari reali, la sopravvalutazione del tasso reale di cambio sarà annullata attraverso un lungo e penoso processo di deflazione di salari e prezzi. La deflazione, però, manterrà alti i tassi reali e renderà più acuta la crisi di crescita e di bilancio. Senza le necessarie riforme, il circolo vizioso della stagdeflazione imporrà all’Italia l’uscita dall’Unione monetaria, il ritorno alla lira e il ripudio del debito denominato in euro.
Alcuni sostengono che l’Italia o altri paesi dell’Unione monetaria nella sua stessa situazione non usciranno dal sistema perché una forte svalutazione della nuova lira, necessaria per riguadagnare competitività, renderebbe il valore reale del debito in euro troppo alto e perciò insostenibile per lo Stato, il settore privato e le famiglie. Ma basta guardare a quello che è successo in Argentina: ha svalutato e dati gli effetti di bilancio del deprezzamento sul debito in dollari, è stata costretta a "pesizzare" il suo debito in dollari. Allo stesso modo, l’Italia sarebbe costretta a "lirizzare" il suo debito in euro. Se l’Italia dovesse uscire dall’Unione monetaria il ripudio interno e verso l’estero, privato e pubblico, del debito denominato in euro sarebbe inevitabile.
E uno Stato sovrano può fare tutto ciò – uscita dall’Unione monetaria, ritorno alla valuta nazionale e ripudio del debito in euro – senza tener conto dei vincoli legali e formali imposti dal Trattato dell’Unione monetaria con le clausole sulla non ammissibilità di una uscita dall’Unione.
Non è fantascienza, l’Argentina lo dimostra.
Gli effetti di sistema
Quali sarebbero gli effetti di sistema di una eventuale uscita dell’Italia dall’Unione monetaria? Sarebbero estremamente pesanti sul mercato europeo dei capitali perché l’Italia dovrebbe ripudiare parte del debito verso l’estero - la parte del suo debito in euro in mano ai non residenti. Gli effetti di contagio su altri mercati europei dei capitali e sulle banche sarebbero gravi. Né si potrebbe agitare lo spauracchio delle regole della Banca centrale, perché la Bce sarebbe costretta a monetizzare la crisi indotta di liquidità e di solvivibilità per evitare un effetto sistemico sui mercati finanziari europei.
In conclusione, l’Unione monetaria può funzionare, e ha funzionato, per i paesi della zona euro che hanno intrapreso la strada delle riforme. Ma se l’Italia e altri paesi europei non cambiano le loro politiche per perseguire serie riforme economiche che garantiscano loro una rinnovata competitività e crescita, saranno alla fine costretti a uscire dall’Unione monetaria. Sarebbe un disastro, ma è un disastro inevitabile se le politiche non cambiano. Personalmente, sono pessimista sul fatto che tali cambiamenti possano esserci, considerati i politici e le politiche finora adottate in paesi come l’Italia.
tratto da Lavoce.info Link (http://www.lavoce.info/news/view.php?SEARCH=rischio+argentina&ACTION=search&AUTHOR=&RECORD_PAGE=5&button.x=0&button.y=0&id=2&cms_pk=1967&from=index)
Sito dell'autore: RGEMonitors (http://www.rgemonitor.com/)
v10_star
28-03-2006, 17:18
poi arriverà bertinotti e congelerà tutti i c/c :sofico:
problema risolto....
vBulletin® v3.6.4, Copyright ©2000-2025, Jelsoft Enterprises Ltd.