View Full Version : Guinea Bissau:ONU preoccupata per sfollati,sapri a São Domingos
GUINEA-BISSAU 25/3/2006 14.05
SCONTRI ESERCITO-RIBELLI: ONU PREOCCUPATA PER SFOLLATI, SPARI A SÃO DOMINGOS
[PIME]Il sottosegretario generale dell’Onu per le Questioni umanitarie, Jan Egeland, ha espresso “grande preoccupazione” per il destino dei circa 5.500 civili costretti a lasciare le loro case nel nord della Guinea Bissau dagli attacchi dei ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc), cominciati lo scorso 14 marzo, e dai successivi scontri tra questi ultimi e l’esercito guineano. “Separato dalla sua casa e dalla sua terra, chi è fuggito è vulnerabile e rischia di essere soggetto a indebite influenze per tornare nel suo villaggio” ha aggiunto Egeland, dichiarando che è “inaccettabile che i diritti degli sfollati, incluso quello allo spostamento volontario e al ritorno, siano ignorati”. Secondo i pochi dati giunti dalla zona di São Domingos, isolata dal resto della Guinea Bissau dai combattimenti e dalle mine anti-persona disseminate dai ribelli del Mfdc, circa 3.000 sfollati si troverebbero al confine tra Senegal e Guinea Bissau mentre altri 2.500 avrebbero cercato protezione oltre il confine senegalese. Il Programma alimentare mondiale (Pam) e il Fondo dell’Onu per l’infanzia (Unicef) si stanno facendo carico del cibo, dell’acqua potabile e dei medicinali necessari per evitare epidemie e sfamare la popolazione terrorizzata, ma la situazione è molto complessa, anche per l’assoluta mancanza di informazioni. Secondo quanto dichiarato oggi alla radio locale da testimoni raggiunti telefonicamente o via radio, si sentirebbero colpi di cannone e di armi da fuoco intorno a São Domingos, località a circa 25 chilometri dal confine con il Senegal vicino alla quale da più vent’anni sorgono campi fortificati dei ribelli senegalesi che lottano per l’indipendenza della Casamance, che in Guinea hanno creato la loro base. Ancora sconosciute le notizia riguardanti le vittime civili e quelle militari, così come l’eventuale coinvolgimento nei combattimenti dell’esercito senegalese. “Tutte le parti devono esimersi dal compiere azioni che possano mettere in pericolo la vita dei civili” ha insistito Egeland, ma da ormai 12 giorni i ribelli continuano a seppellire nuove mine e le parti si scontrano in campo aperto, anche nei pressi dei villaggi e persino nel principale centro urbano della zona, São Domingos, che alcuni giorni fa ha visto i guerriglieri attaccare la locale guarnigione per appropriarsi delle armi.
GUINEA-BISSAU 31/3/2006 16.51
SCONTRI RIBELLI-ESERCITO, SI APRE UN SECONDO FRONTE
“Sono più di 900, tra bambini, donne e uomini, le persone sfollate negli ultimi due giorni dai tre principali villaggi intorno a Suzana”: lo ha detto telefonicamente alla MISNA una fonte locale, anonima per questioni di sicurezza, spiegando che “è proprio nei dintorni di questa città che ormai si è stabilito il secondo fronte dello scontro in atto tra l’esercito guineano e i ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc), guidati da Salif Sadio. “I villaggi ormai sono vuoti e la popolazione è stata spostata in territorio guineano; del resto le persone non avevano altra scelta dopo che nei giorni scorsi la radio ha ripetutamente detto che la zona sarebbe presto diventata oggetto di bombardamenti e scontri”, ricorda l’interlocutore della MISNA, aggiungendo che “ieri sera il presidente della Repubblica, Joao Bernardo Vieira, rientrato da un paio di giorni in Guinea, è intervenuto in televisione spiegando di essere pronto a trovare un accordo con i ribelli. Dichiarazioni che hanno lasciato molti perplessi, visto che fino a poche ore prima Vieira affermava di non sapere nulla degli scontri in corso”. Intanto, però, il quartier generale degli uomini di Sadio continua a essere assediato dai militari guineani, “anche se nessuno riesce a spiegarsi come quelli del Mfdc pensino di poter resistere e a che cosa porterà veramente, nei prossimi giorni, questo conflitto. Dalla prima linea del fronte non arrivano notizie e neppure cadaveri o feriti. I militari guineani hanno persino rifiutato di consegnare a una famiglia di Suzana il corpo del figlio, soldato dell’esercito saltato, su una mina. Pare che seppelliscano i corpi dei morti alla bene e meglio. Per questo nessuno sa quale sia stato il costo umano, finora, di questa battaglia” cominciata lo scorso 14 marzo, riferisce la fonte. Per ora il bilancio provvisorio delle vittime è fermo all’inizio della scorsa settimana, con 14 morti e 13 feriti gravi, tutti provocati dall’esplosione di mine. Non si hanno invece dati sulle vittime degli scontri a fuoco. Intanto, secondo il Comitato della Croce Rossa internazionale (Icrc), sarebbero 7.000 i civili sfollati sui due lati del confine guineano-senegalese; la fonte della MISNA precisa che “non abbiamo notizie di scontri sul lato senegalese ed è improbabile che gli sfollati guineani possano essere più di 3.000-3.500, tanti sarebbero gli abitanti di São Domingos e dei villaggi circostanti”. Un altro piccolo ‘mistero’ nel mistero di una battaglia le cui origini e il cui svolgimento sono ancora difficili da definire. [PIME]
[PIME]
GUINEA-BISSAU 3/4/2006 12.13
SCONTRI ESERCITO-RIBELLI: DECINE DI MORTI E FERITI TRA I SOLDATI DI BISSAU?
Ammonterebbe ad almeno 60 caduti, altrettanti feriti e alcune centinaia di disertori tra le file dell’esercito della Guinea Bissau, il bilancio degli scontri in corso nella zona di São Domingos, località a circa 8 chilometri dal confine con il Senegal, tra i militari regolari guineani e due fazioni dei ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc), guidati da Salif Sadio e da Cesar Badiate. La fonte di queste rivelazioni è un soldato guineano intervistato dalla stampa internazionale. La presenza di molti feriti e di centinaia di disertori sarebbe stata confermata anche da altri soldati, ma tutti hanno voluto mantenere l’anonimato per paura di essere espulsi dall’esercito o di essere arrestati. Gli scontri nella zona di São Domingos sono in corso dal 14 marzo scorso. Il bilancio dei primi giorni di combattimenti era di 14 morti e almeno 11 feriti, tre dei quali militari (tutti saltati su mine); dopo di che, una coltre di silenzio è calata sulla battaglia in corso. Fonti locali della MISNA nei giorni scorsi avevano riferito di molti militari feriti agli arti inferiori visti nell’ospedale di São Domingos, una struttura priva di sala operatoria e sala gessi, dunque non in grado di offrire assistenza a soldati presumibilmente saltati sulle mine disposte intorno al campo dei ribelli di Sadio, che da circa 20 anni hanno eletto il territorio guineano a loro base per le azioni condotte nella Casamance, territorio senegalese che i guerriglieri del Mfdc volevano proclamare indipendente. Nel frattempo, nella zona circostante São Domingos, almeno fino a sabato, sono proseguiti pesanti combattimenti, sebbene sembri che il campo ribelle non sia ancora stato raggiunto dai militari guineani. L’esercito, nel frattempo, ha schierato sul campo diversi cannoni, con i quali ha colpito le posizioni del Mfdc. Se le notizie sulle perdite guineane non hanno finora trovato conferma a Bissau né presso lo stato maggiore dell’esercito della Guinea, nessuna notizia trapela a proposito dei caduti tra le file dei ribelli. Nel frattempo, le Nazioni Unite e la Croce rossa internazionale confermano che migliaia di persone hanno dovuto lasciare le loro case nella zona compresa tra São Domingos e Suzana, sottolineando che sia quelle che hanno riparato in Senegal sia quelle rimaste in Guinea hanno bisogno di assistenza.
GUINEA-BISSAU 3/4/2006 14.21
SCONTRI ESERCITO-RIBELLI: ARTIGLIERIA ANCORA IN AZIONE
Altro, Standard
“Sinceramente non è ben chiaro che cosa stia succedendo a São Domingos. A Suzana, a una trentina di chilometri di distanza, sappiamo che si sente distintamente il tuono delle esplosioni. Ieri erano molto ravvicinate; oggi si continua ad avvertirle, ma con minore intensità”, lo ha detto alla MISNA una fonte raggiunta telefonicamente in mattinata in Guinea Bissau, che, per motivi di sicurezza, ha chiesto di restare anonima. “Sappiamo che diversi cannoni sono stati piazzati dall’esercito fuori dalla città di São Domingos per bersagliare il campo fortificato dei ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc), assediato da ormai una decina di giorni. È evidente, però, che i cannoni guineani non riescono a venire a capo dei rifugi fortificati in cui devono essersi riparati i ribelli”, continua la fonte, aggiungendo che questa situazione “rappresenta una vera calamità per la popolazione civile”. “Questo è il periodo più importante per il commercio e per la semina – prosegue la fonte - da tre settimane, però, le zone di São Domingos, Suzana e Varela sono isolate, la gente mangia solo grazie agli aiuti alimentari portati dal Pam (Programma alimentare mondiale) e dalla cooperazione portoghese e, in prospettiva, rischiamo il disastro per l’economia locale”. Mentre in prima linea i combattimenti proseguono, senza che però filtrino notizie sui caduti e sui feriti, sulla seconda linea, subito fuori Suzana, non sono ancora stati sparati colpi. “Per ora le cose stanno andando come annunciato dallo stato maggiore guineano alla radio: le autorità contano di prendere il campo dei ribelli e poi, marciando a ritroso, di rastrellare la foresta a caccia degli appartenenti al Mfdc sfuggiti all’accerchiamento. Per il momento, questo si è concretizzato nella fuga dai villaggi intorno a Suzana di un migliaio di persone, tra cui 150 bambini sotto i 5 anni, mentre l’unica via di collegamento tra la città e São Domingos continua a essere impraticabile a causa delle mine”. Se i combattimenti dovessero veramente spostarsi verso Suzana, la situazione rischierebbe di diventare drammatica: “In tutta la zona non c’è un solo dottore ed è attivo soltanto un infermiere; ormai a Suzana, da quello che sappiamo, non ci sono più medicine e 20.000 persone sono a rischio”
GUINEA-BISSAU 4/4/2006 9.33
SCONTRI ESERCITO-RIBELLI, ARRESTATO EX MINISTRO INTERNO PER COMMERCIO ARMI
Le forze di sicurezza della Guinea Bissau hanno arrestato l’ex ministro dell’Interno Marcelino Simoes Lopes Cabral, sospettato di fornire aiuto ai ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc) che, dallo scorso 14 marzo, stanno combattendo contro l’esercito guineano lungo il confine con il Senegal. L’ex ministro, arrestato domenica notte mentre si trovava nella sua casa di Bissau, avrebbe respinto ogni addebito. Lopes Cabral era legato negli anni Novanta all’ex capo militare Ansumane Mane che depose l’allora presidente Joao Bernardo Vieira, recentemente rieletto alla massima carica dello Stato, al termine della guerra civile del 1998-1999; già in passato l’ex ministro era stato accusato della vendita di armi a Salif Sadio, il capo dell’ala più estremista dei ribelli del Mfdc attualmente impegnati negli scontri con l’esercito nella zona di São Domingos, a pochi chilometri dal confine con il Senegal. Pochi giorni fa, come riferito dalla MISNA, il capo di stato maggiore guineano – che ha giurato massima fedeltà a Vieira nonostante seri scontri personali in passato - aveva dichiarato durante una conferenza stampa che uomini politici guineani sarebbero collusi a vario livello con i ribelli del Mfdc e aveva promesso di colpirli direttamente, una volta sgominati i guerriglieri, al momento asserragliati sotto i colpi dell’artiglieria guineana in un campo fortificato a pochi chilometri da São Domingos. L’arresto di Lopes Cabral potrebbe essere visto come un primo passo in questa direzione.
GUINEA-BISSAU 5/4/2006 17.53
SCONTRI ESERCITO-RIBELLI: GRAVI PERDITE TRA SOLDATI GUINEANI?
Alcune decine di soldati governativi della Guinea Bissau sarebbero rimasti uccisi e molti altri feriti ieri pomeriggio in un massiccio attacco dei ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc), non lontano dal confine tra i due Paesi: la MISNA lo ha appreso da una fonte locale, che ha parlato con testimoni oculari degli scontri. Non è chiaro se le vittime tra i militari guineani siano state provocate da colpi d’artiglieria; pare che nell’attacco sia stato ucciso anche uno degli ufficiali che dallo scorso 14 marzo comandava l’operazione contro la roccaforte ribelle, a pochi chilometri dalla frontiera con il Senegal, nelle vicinanze della città di São Domingos. Un’altra fonte della MISNA nella tarda mattinata aveva segnalato un’interruzione dei combattimenti. Due giorni fa gli scontri contro i ribelli senegalesi nella stessa zona avevano provocato almeno 60 morti tra i soldati governativi guineani e altrettanti feriti, oltre a un alto numero di diserzioni.
GUINEA-BISSAU 12/4/2006 16.39
SCONTRI ESERCITO-RIBELLI: SI CONTINUA A COMBATTERE
“Sta rapidamente crescendo il numero di militari dell’esercito guineano presenti a São Domingos, nel nord ovest della Guinea Bissau, e lungo le vie di collegamento che portano alla città; aumentano anche i posti di blocco. Tutto questo fa pensare che si stia preparando qualcosa di molto serio”: lo ha detto alla MISNA una fonte contattata telefonicamente a São Domingos, precisando che “secondo voci militari, questa mattina nel campo dei ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc) sarebbe stata issata una bandiera bianca sopra un’asta. Pare però che lo stato maggiore guineano non si fidi e che pensi a una trappola. I comandanti dell’esercito guineano hanno metodi molto spicci e non sembrano aver intenzione di perdere molto tempo nel parlamentare con la controparte. Secondo molte persone, qui a São Domingos, i militari non vogliono fare prigionieri”. Resta ancora sconosciuto il numero delle vittime dei combattimenti tra ribelli ed esercito, cominciati lo scorso 14 marzo, sebbene fonti militari sul posto parlino di almeno 60 morti tra i soldati, decine di feriti (soprattutto per essere saltati sulle mine sepolte dal Mfdc intorno alla sua base) e almeno un centinaio di disertori. Secondo l’agenzia ‘Reuters’, l’esercito avrebbe catturato una trentina di ribelli, ma le fonti locali della MISNA non confermano la notizia, ribadendo invece che “ormai solo una parte dei senegalesi del Mfdc si trova nel campo assediato, mentre gli altri si sono dispersi nella foresta e stanno dando filo da torcere ai governativi. Comunque, ormai di giorno si spara pochissimo, mentre di notte ancora infuriano i combattimenti”.
GUINEA-BISSAU 15/4/2006 10.58
SCONTRI NEL NORD-OVEST: CONFERMATA CADUTA QUARTIER GENERALE RIBELLI
“L’annuncio della caduta nelle mani dei soldati governativi del quartier generale dei ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc) è arrivato qui a São Domingos ieri durante lo svolgimento della ‘via crucis’. Mentre era in corso la funzione, da lontano si sentivano i festeggiamenti dei militari. Quindi, dopo la celebrazione, è arrivata la conferma”: a riferirlo alla MISNA è una fonte anonima contattata telefonicamente a São Domingos, località situata nella Guinea Bissau nord-occidentale, a circa 10 chilometri dal confine con il Senegal e a una quarantina dalle coste dell’Oceano Atlantico. Trovano così definitiva conferma le frammentarie notizie diffuse ieri sera da alcune fonti locali e riferite questa mattina da ‘Radio France International’. “Ieri notte militari e popolazione di São Domingos hanno festeggiato la caduta della base ribelle di Baraca Mandioca. C’era molta gioia anche se lo stato maggiore guineano ritiene che non sia ancora finita. Il capo dei ribelli, Salif Sadio, è infatti sfuggito alla cattura, a differenza di due suoi stretti collaboratori, che sono stati imprigionati e portati qui a São Domingos” spiega l’interlocutore della MISNA, secondo cui “questa mattina sono ricominciati gli spari, abbastanza fitti. Pare che i ribelli abbiano altre tre basi fuori São Domingos, lungo la strada che va a Suzana, la città isolata dallo scorso 14 marzo. I comandanti guineani sembrerebbero intenzionati a ‘ripulire’ dalla presenza dei ribelli la zona di São Domingos per poi spingersi verso Suzana e chiudere la partita. Non si aspettano grande resistenza da quelle tre basi; la preoccupazione, piuttosto, sembra rivolta ai gruppi di ribelli che si sarebbero rifugiati nella foresta per sfuggire alla cattura o alla morte”. La posizione dell’esercito guineano riferita dalla nostra fonte è confermata indirettamente da una breve intervista rilasciata ieri sera dal presidente della Repubblica Joao Bernardo ‘Nino’ Vieira all’agenzia di stampa delle Nazioni Unite ‘Irin’. “L’esercito della Guinea Bissau rimarrà sul confine con il Senegal finché non avrà ottenuto la distruzione totale dei ribelli del Mfdc” ha detto Vieira, aggiungendo che “se i ribelli vengono dalla Casamance, devono andare a perorare la loro causa nella Casamance, non nel territorio della Guinea Bissau”. Nessuna novità, invece, sul fronte degli aiuti umanitari per la popolazione di Suzana, dove il cibo è razionato e l’ultima spedizione di aiuti del Programma alimentare mondiale (Pam) è arrivata via canoa a motore la settimana scorsa. Secondo fonti di Bissau, sarebbe in corso una raccolta di cibo da inviare d’urgenza alla popolazione di Suzana. Gli aiuti, però, dovranno comunque arrivare – con tutte le difficoltà del caso – trasportati su canoe a motore poiché l’unica strada che collega Suzana con São Domingos e con il resto del Paese è stata minata nei suoi 10 chilometri iniziali, proprio in corrispondenza con le basi minori dei ribelli del Mfdc. Sul fronte degli sfollati, infine, il governo guineano ha confermato che si tratterebbe di circa 7.000 persone, per le quali Bissau starebbe per erogare 100.000 euro in aiuti nel tentativo di sostenerle e favorire il ritorno alle loro case, nei villaggi intorno São Domingos, una volta che i ribelli saranno stati definitivamente vinti.
GUINEA-BISSAU 26/4/2006 12.19
NORD-OVEST: ESERCITO PREPARA OPERAZIONI IN SENEGAL CONTRO RIBELLI
L’esercito della Guinea Bissau è pronto a seguire i ribelli del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc) in territorio senegalese, fino al confine con il Gambia, dove gli uomini di Salif Sadio starebbero cercando riparo dopo essere stati pesantemente sconfitti dalle forze armate guineane, al termine di 5 settimane di scontri intorno alla località nord-occidentale di São Domingos. Lo ha dichiarato il colonnello guineano Lassana Massaly, vice-comandante delle operazioni belliche che l’esercito di Bissau sta intraprendendo contro i ribelli di Sadio, la cui cattura è considerata fondamentale per gli equilibri regionali. “È un nemico che sta ostacolando in particolare la pace nella Casamance, in generale nell’intera regione” ha dichiarato Massaly, aggiungendo che le operazioni in territorio senegalese, fino al confine con il Gambia, avverranno “in linea con le convenzioni internazionali”. “Abbiamo smantellato le basi di Sadio a Baraca Mandioca (a una decina di chilometri da São Domingos) e ora stiamo lavorando per garantire alla nostra gente la sicurezza del confine settentrionale del Paese” ha concluso il colonnello guineano. Secondo fonti locali, da alcuni giorni Sadio starebbe trasferendo via canoa a motore i suoi uomini nella Casamance senegalese, al confine con il Gambia. Il capo ribelle potrebbe contare su una cinquantina di uomini ben armati, scampati agli scontri con l’esercito guineano e, negli ultimi giorni, a qualche scambio di colpi d’arma da fuoco con quello senegalese.
GUINEA-BISSAU 4/5/2006 2.46
SCONTRI NEL NORD-OVEST: “RIBELLI NON DEL TUTTO SCONFITTI”
“Sono sempre più insistenti le voci per le quali solo una parte dei ribelli si sarebbe spostata dal nord della Guinea Bissau al confine tra Gambia e Senegal; gli altri sarebbero ancora a ridosso del confine con la Guinea e la popolazione guineana nel nord del Paese vive nel terrore che il Mfdc voglia vendicarsi della sconfitta subita da parte dell’esercito di Bissau e prima o poi decida di ricominciare a fare incursioni al di qua della frontiera”: lo ha detto alla MISNA una fonte locale, anonima per questioni di sicurezza, secondo cui “nessuno qui in Guinea crede che sia davvero stata fatta piazza pulita dei ribelli del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc). Il loro capo, Salif Sadio, non è stato catturato e ora sta riorganizzando i suoi uomini chissà dove”. A complicare la situazione e aumentare i timori della popolazione guineana contribuisce anche il fatto che il Senegal non starebbe perseguendo i ribelli, che dunque avrebbero libertà di movimento e di riorganizzarsi in territorio senegalese. Anche sul fronte umanitario, nonostante da un paio di settimane non si spari più nel nord-ovest della Guinea Bissau, continua a vigere una situazione d’emergenza. La ragione è che l’unica strada che collega la città di São Domingos con quella più occidentale di Suzana non è ancora stata formalmente dichiarata aperta. Nonostante infatti i militari e anche molti civili abbiano ricominciato a percorrerla, gli sminatori dell’Onu non hanno ancora formalizzato l’apertura dell’unica via di comunicazione tra le due località, per cui gli aiuti umanitari continuano a provenire dal Senegal o via fiume, con la conseguente perdita di tempo e di risorse.
Un Paese che vuole rialzare la testa
di Piero Gheddo
[PIME] Nel dicembre scorso sono stato in Guinea Bissau per la terza volta. Dopo le visite del 1987 e 1997, ho avuto l’impressione di vedere un Paese che sta peggiorando, come dicono coloro che ci vivono da molti anni (M.M., Speciale, maggio 1998, pp. 31-46). Specie se confronto la situazione della Guinea con quella di Paesi vicini che ho visto nel corso del medesimo viaggio. Non mancano segni di speranza, ma la realtà dei fatti dice che negli ultimi vent’anni il livello di vita è decaduto. Ho visto ancora una volta come in Africa (e non solo!) la guerra e la dittatura sono i peggiori flagelli. Senegal e Mali sono Paesi con una situazione molto migliore della Guinea Bissau, però hanno avuto un passaggio graduale e pacifico dal colonialismo all’indipendenza, acquistando a poco a poco, con l’educazione e la formazione delle persone, la capacità di garantire stabilità e un minimo di sviluppo.
La Guinea Bissau ha vissuto 12 anni di guerra per giungere a un’indipendenza repentina nel 1974. Non c’è stata una graduale formazione all’autonomia e la lunga «guerra di liberazione» ha fatto trionfare le forze più violente ed estremiste. Dopo il 1974 il Paese ha conosciuto vent’anni di dittatura del Partito africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde (Paigc), sostenuto da Unione sovietica, Cuba e Germania dell’Est. Infine, la breve guerra civile del 1998 e 1999 ha distrutto quel poco che c’era di industrie moderne e ha quasi estinto nel popolo la fiducia e la speranza. Dopo più di trent’anni dall’indipendenza, la Guinea ancora non si è stabilizzata. Anzi, uscita con la guerra dal colonialismo, oggi si misura con i nuovi colonizzatori del Paese: i francesi che vogliono dominare in Africa occidentale, e i cinesi, certamente non migliori dei portoghesi.
In Guinea Bissau molte cose sono peggiorate rispetto al recente passato. Nell’anno scolastico iniziato nell’ottobre scorso, le scuole pubbliche hanno cominciato a funzionare solo una settimana prima di Natale: gli insegnanti erano in sciopero perché non ricevevano lo stipendio da otto mesi. La capitale Bissau pullula di scuole private di scarso valore, le uniche che funzionano bene sono quelle cattoliche, nelle quali infatti tutti vorrebbero poter entrare. Immagine e simbolo del Paese è la seconda città, Bafatà, di circa 18 mila abitanti; nel 1997 una cittadina viva e dinamica anche economicamente, oggi abbandonata da portoghesi e libanesi (che assicuravano piccole industrie e commerci), saccheggiata, senza attività economiche moderne.
Padre Mario Faccioli, da 49 anni in Guinea Bissau, mi dice: «Quando visiti i villaggi o la stessa periferia di Bissau (350 mila abitanti), vedi che mancano acqua pulita, cibo, luce elettrica, servizi igienici in casa, scuola, sicurezza, assistenza sanitaria, lavoro stipendiato. La gente non ha quasi niente. Manca lo Stato. Il problema di tutti è sopravvivere. Non ci può essere sviluppo finchè non cambia il tipo di mentalità egualitarista del passato, quando tutti vivevano allo stesso livello nel villaggio, immersi nella medesima condizione di miseria. Oggi, anche chi ha un lavoro stipendiato o ha studiato all’estero e poi ritorna, fatica a risparmiare qualche soldo a causa delle richieste della “famiglia allargata”. Gli studenti che i missionari hanno mandato in Italia a studiare e ritornano con una professione, potrebbero guadagnare e risparmiare: ma sono ripresi nella mentalità e nelle dinamiche tribali che impediscono al singolo di emergere. È sì una forma di solidarietà, ma non è la solidarietà gratuita che immaginiamo noi».
La società guineana vive il travaglio della modernità: la moralità tradizionale si è dissolta, conservando gli elementi deteriori della tradizione, e oggi assume gli aspetti negativi della civiltà occidentale, conosciuta attraverso i media (tivù e cinema). «La guerra per l’indipendenza - continua padre Faccioli - ha portato un autentico disorientamento etico nei villaggi. Si sono abbandonate le risaie; per i giovani l’indipendenza dal colonialismo, ottenuta con la violenza, è stata intesa anche come indipendenza dalla tradizione. L’idea di essere liberi li ha sciolti anche dai freni della moralità. Gli anziani vengono ancora chiamati “uomini grandi” e meritano rispetto, ma appena si può ci si libera della loro tutela. Anche la corruzione nello Stato e nei servizi pubblici ha questa radice e credo che oggi sia uno dei peggiori flagelli della Guinea».
Girare per la capitale Bissau dopo il tramonto significa aggirarsi per una città immersa nel buio. C’è un solo generatore che dà luce alla presidenza, ai militari e a qualche ufficio particolare, ma anche gli ospedali di notte non fanno più nulla, nemmeno operazioni perché i medici temono di rimanere al buio. I portoghesi e i cinesi hanno regalato generatori potenti per la capitale, ma chi paga il carburante? Il Paese produce poco, pochissimo; il bilancio dello Stato è finanziato dall’estero per oltre il 50 per cento e gli aiuti sono in buona parte ingoiati dalla corruzione. Manca il senso del bene pubblico, dello Stato».
Afro-pessimismo? No, è la cruda realtà. Anche se, come ripeto, non mancano segni di speranza di cui dirò più avanti. Ma occorre prendere coscienza della realtà, per capire e poter aiutare: non si può far credere che tutto e sempre sia colpa dell’Occidente.
Un volontario italiano, Oscar Bosisio, in Guinea da 15 anni e impegnato nel campo della sanità, racconta: «In Guinea, gli analfabeti sono circa il 60 per cento, i bambini che vanno a scuola il 53 per cento. I medici iscritti all’Ordine e riconosciuti dal governo sono 5 stranieri e 102 locali attivi (altri 63 vivono all’estero). La Guinea ha circa un medico ogni 12 mila persone (in Italia uno ogni 330); molto spesso quindi i malati sono lontani dal medico e non hanno alcuna possibilità di raggiungerlo. Poi c’è un altro problema: anche se fresco di studi in Europa, il medico in Guinea non dispone di strumenti tecnici né di collaboratori alla sua altezza. Non ha riviste scientifiche e in pochi anni non è più in grado di aggiornarsi né sulle tecniche né sui medicinali. Ci sono medici di vent’anni fa che sono invecchiati anzitempo, usano farmaci che non esistono più, tecniche superate, ecc.».
Purtroppo questo vale in tutti i campi. «Un insegnante di sessant’anni ha studiato al tempo dei portoghesi. Una volta partiti gli ex colonizzatori, sono quasi scomparsi i libri scolastici. Oggi il materiale didattico scarseggia. L’insegnante si vede costretto a insegnare senza libri, scrive sulla lavagna e invita gli alunni a copiare. I nostri insegnanti non sono aggiornati, a meno che non abbiano studiato recentemente in Europa».
«Perché dopo l’indipendenza - si chiede Bosisio - è decaduto l’insegnamento, sono peggiorate la sanità, le strade, la presenza dello Stato, la moralità pubblica? Difficile rispondere. Quando sono venuto qui nel 1991, mi ero fatto una certa idea, dopo dieci anni l’avevo cambiata, adesso dopo 15 anni non so più cosa dire. I problemi sono così complessi che è difficile dare ricette e soluzioni, troppi i fattori che intervengono. Credo che uno degli elementi fondamentali sia il fatto che la grandissima maggioranza della popolazione ha il problema essenziale della sopravvivenza. Quando devi lottare giorno per giorno per assicurare alla tua famiglia un piatto di riso, tutto il resto diventa relativo. Capita così che un insegnante (non pagato o pagato pochissimo) un giorno insegna qualcosa ai suoi alunni e il giorno dopo li manda nei suoi campi a lavorare per avere qualcosa da mangiare».
Padre Marco Pifferi, superiore locale del Pime, è in Guinea dal 1989. Dice: «Fra i giovani incomincia a crescere la coscienza che sono loro i protagonisti dello sviluppo del Paese: discutono, si fanno sentire, protestano, non hanno più paura del dittatore o del partito unico, che non ci sono più, almeno ufficialmente. Questo avviene nella capitale. Il resto del Paese, specie nei villaggi, cammina con un ritmo molto più lento. Questa coscienza nuova è stata creata da molti fattori, soprattutto dalle due università di Bissau, la Amilcar Cabral, statale, e la Colina de Boé, privata. Vi si insegna diritto, medicina, giornalismo: le loro lauree sono riconosciute in Portogallo. Lì circolano idee e stimoli nuovi». Purtroppo, aggiunge il missionario, «più in generale riscontriamo una tendenza ad adagiarsi nella situazione di povertà in cui il Paese è precipitato. La miseria è aumentata, anche a causa dell’impunità assoluta di cui godono i capi. Chi viene ad investire capitali in questo Paese? I pochi ricchi del posto esportano i loro capitali, c’è scarsa iniziativa privata, le poche industrie che c’erano non ci sono più: tutto è importato dall’estero. Il Paese rimane povero, anzi va indietro».
Visitando le regioni rurali, chi mi accompagna mi fa notare quanti terreni una volta coltivati a risaia siano oggi abbandonati. In passato, il Sud - ai confini con la Guinea Conakry (la regione di Catiò, Cacine, Bedanda) - era il granaio del Paese. Al tempo dei portoghesi, la Guinea esportava molto riso, era una delle ricchezze nazionali; adesso ci sono ancora risaie, ma si calcola che la Guinea produca solo il 10-15 per cento del riso che consuma. Anche qui pesa il fattore-corruzione: l’importazione di riso di pessima qualità a prezzi stracciati (ad esempio da Cina, India e Thailandia) soffoca la produzione locale dei contadini che non traggono alcun vantaggio dalla loro produzione. Quando ci sono momenti di vera fame poi, i governanti lanciano appelli internazionali e i Paesi ricchi donano riso, che loro stessi rivendono.
I contadini producono in gran parte per l’autosussistenza. Il riso, in effetti, costa poco: un sacco da 50 chili al mercato si vende a 13-14 mila franchi Cfa (il salario minimo oggi è di 18 mila Cfa, pari a circa 30 euro). Comprando un sacco di riso (che non basta per una famiglia media per un mese) rimangono poche migliaia di Cfa. E col riso ci vuole un po’ di pesce, d’olio e di sale, mentre la carne è praticamente inaccessibile.
Un’infermiera o un’insegnante, se lavorano da molti anni, possono arrivare anche a 50-60 mila Cfa al mese, un medico non ne prende più di 60-70 mila; a meno che non sia appena tornato dall’Europa con qualche specializzazione, e allora prende anche 80 mila Cfa, che equivalgono a poco più di 100 euro al mese: una miseria! Come può la gente comune sopravvivere? Risposta: «Mangia una volta al giorno un po’ di riso e a volte deve saltare il pasto perché non ha neppure quello. Prima mangia l’“uomo grande”, poi gli uomini, le donne; infine, i bambini prendono quel che rimane, sempre che rimanga qualcosa».
Una visita anche rapida in Guinea porta a una evidente conclusione: quel che soprattutto manca qui è la scuola, l’educazione, l’istruzione in tutti i suoi aspetti. Quello guineano è un popolo che vive nel mondo moderno (non mancano, nemmeno qui, i telefonini!), ma con la testa e il cuore ancora nel tempo magico del lontano passato. Un esempio. Oggi tutti si lamentano del presidente Nino, che loro stessi hanno rieletto dopo che già avevano sperimentato per anni l’inefficienza e la corruzione del suo governo. Ma molti l’hanno votato per avere benefici e perché nella campagna elettorale Nino non ha badato a spese con regalie ai capi e ai villaggi. Se chiedete il motivo della vittoria, molti vi risponderanno che Nino ha un iran molto forte, che lo rende ricco e invincibile, e che bisognava votarlo se non si volevano avere guai. Cos’è l’iran? «Lo spirito protettore che lui ha avuto grazie a cerimonie e riti magici, un po’ come nella macumba. Infatti Nino durante la guerra di liberazione è sempre scampato mentre molti altri sono morti. Poi ha vinto su tutti gli altri e ha governato dal 1980, quando è salito al potere con un colpo di Stato, fino al 1998, quando venne defenestrato a sua volta. Rifugiatosi in Portogallo, è tornato in Guinea ed è stato rieletto presidente nel 2005, contrariamente alle previsioni, grazie al suo iran». Per superare situazioni come queste, sulla via verso un’autentica democrazia, non c’è alternativa all’educazione.
GUINEA-BISSAU 5/6/2006 13.21
CHIUSA OPERAZIONE MILITARE NEL NORD, RITIRATI SOLDATI GOVERNATIVI
Sono state ritirate le truppe dell’esercito governativo che a fine aprile avevano respinto oltre frontiera una fazione di ribelli senegalesi della Casamance: “L’operazione è terminata, torniamo nei nostri reparti” ha detto un militare all’agenzia ‘Afp’ mentre otto camion hanno prelevato i circa 300 soldati dalla cittadina settentrionale di São Domingos, usata come quartier-generale. All’inizio di marzo nella zona sono scoppiati violenti combattimenti – durati cinque settimane - tra una fazione dissidente di ribelli senegalesi del Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc) guidati da Salif Sadio e le forze governative della Guinea Bissau, che alla fine hanno prevalso. Fonti della MISNA hanno segnalato di recente le difficoltà di reinserimento per la popolazione civile, costretta a lasciare temporaneamente le proprie abitazioni durante la battaglia. Il vero bilancio degli scontri non è mai stato reso noto dalle autorità di Bissau, ma secondo testimoni di São Domingos le vittime tra i militari sarebbero state alcune decine, alle quali vanno aggiunti i feriti e i mutilati, oltre ai morti tra i ribelli. Il gruppo armato aveva stabilito le proprie basi in territorio guineano dopo essersi dissociato dal processo di disarmo accettato dalla maggioranza dei ribelli del Mfdc, in seguito all’accordo di pace col governo di Dakar del dicembre 2004.
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