View Full Version : Perché non cresce l’economia italiana
dantes76
22-03-2006, 00:29
27-02-2006
Le priorità della politica economica
Stefano Micossi
Perché non cresce l’economia italiana
L’economia italiana non può crescere perché mille vincoli normativi e amministrativi impediscono il cambiamento, l’ingresso di capitali e nuovi giocatori, l’utilizzo delle moderne tecnologie. L’investimento si concentra nei settori di rendita perché lì i rendimenti sono più elevati; i servizi sono inefficienti e costosi, il mercato del lavoro rigido e iniquo, la pubblica amministrazione disperatamente inefficiente. Mentre si lasciavano correre la spesa per i salari pubblici, gli acquisti della sanità e gli altri consumi pubblici, si sono tagliati gli investimenti per le infrastrutture, la ricerca e l’università. L’instabile stato delle finanze pubbliche spaventa l’economia che – vedendo che non si vuol frenare la spesa – teme nuovi aumenti d’imposte.
In queste condizioni, dare denaro alle imprese perché "facciano innovazione", assumano, diventino grandi e quant’altro, senza cambiare i vincoli e gli incentivi che li guidano a comportarsi come si comportano, non serve a niente: come dimostra l’esperienza fallimentare di tutti i principali programmi pubblici di sgravio, sussidio e protezione alle imprese, inclusi quelli a erogazione automatica, tanto popolari tra gli utilizzatori, quanto inefficaci a elevare strutturalmente l’investimento e l’occupazione.
La malattia è nel settore pubblico
Ciò che i poli e i partiti non vogliono riconoscere è che il cuore del problema, la malattia grave dell’economia italiana, è nelle istituzioni pubbliche e nelle regole che governano il funzionamento dei mercati; il settore privato, nei suoi comportamenti distorti, ne offre solo lo specchio.
L’impresa resta piccola perché gli aiuti, i disincentivi fiscali e le regole del lavoro la spingono e restare piccola; la proprietà è concentrata, perché la pressione sociale sull’impresa è troppo forte per consentire all’imprenditore il rischio di aprire il capitale e affidare la gestione al management; aiuti, protezioni e vincoli sindacali mantengono il capitale in settori obsoleti, a discapito di quelli nuovi.
Certo, bisogna riprendere a investire in infrastrutture moderne, ricerca e capitale umano: il denaro non manca, basta smettere di sprecarlo in mille rivoli inutili. Va ridotto il cuneo fiscale sul lavoro, che può finanziarsi con l’eliminazione dei sussidi alle imprese.
Ma gli interventi per crescere riguardano soprattutto le istituzioni: servono legalità e buona giustizia, rapida e prevedibile negli esiti; chiare e semplici regole per l’avvio e l’esercizio dell’attività economica; severa tutela della concorrenza. Serve un campo di gioco aperto nel quale i giocatori possano entrare, uscire e competere liberamente, senza interventi estranei dei poteri pubblici, senza protezioni per quelli che già occupano il campo.
Il ruolo della politica
Qui però, sta il nodo cruciale. Una politica povera, invasa da incompetenti e affaristi, continua a preferire istituzioni deboli e un ambiente di regole opache, perché lì è più facile scambiare favori alle imprese e gruppi di interesse con il sostegno al proprio partito, alle proprie clientele, alle ambizioni private.
Così, l’attività legislativa è dominata dai piccoli interessi costituiti. E intanto, lievitano le retribuzioni, si moltiplicano i posti pubblici, si assegnano agli amici consulenze inutili e appalti; proliferano le società pubbliche dai nomi altisonanti "per lo sviluppo" e gli affari poco limpidi; si moltiplicano le scorrerie nel mercato con l’occupazione delle aziende pubbliche da parte di gruppi politici. La domanda pubblica potrebbe essere fonte di innovazione e nuove tecnologie, forzando le imprese a competere; invece diventa l’occasione per favorire imprese di scarsa qualità, spesso anche di corruzione.
Frequentemente, la politica è anche la prima ad agire per indebolire e aggirare le regole, quando i soggetti coinvolti appartengono alla propria sponda. Le Autorità indipendenti sono invase da personaggi di nomina politica, senz’altra qualità che quell’appartenenza. Le assemblee regionali votano leggi per consentire ai propri componenti di aggirare le incompatibilità per i posti nelle aziende sanitarie. Regioni, province e comuni, alla ricerca di elettori, impediscono il funzionamento del mercato di molti servizi con i loro regolamenti e gli interventi amministrativi.
Un nuovo sistema di regole
Dunque, se si vuol discutere seriamente di crescita, dobbiamo parlare di istituzioni e di regole, non di politica industriale. Dobbiamo intervenire incisivamente a separare la politica dall’economia, ridando alla politica il ruolo suo proprio, che è quello di fissare le regole del gioco; eliminandone ogni possibilità di intervento diretto negli affari.
Ho redatto, per questo, un decalogo: dieci capitoli di interventi normativi e regolamentari che affrontano alla radice il problema delle regole e del ruolo improprio assunto dalla politica nell’economia italiana. Lo pubblico qui sperando di avviare una discussione aperta.
Se considerati individualmente, gli interventi proposti non sono una novità: quasi tutti sono già oggetto di discussione tra gli addetti ai lavori e i politici illuminati; in diversi casi, vi sono già leggi per attuare le regole proposte, ma non vengono rispettate. (1) Alcuni sono di notevole complessità e richiedono di essere precisati: ad esempio, gli interventi proposti per la sanità implicano un vero cambiamento di sistema, che deve essere approfondito. L’abolizione dello spoil system per le nomine pubbliche pone complessi problemi di transizione. La novità dell’impostazione proposta risiede, forse, nell’aver organizzato tutti gli interventi in un quadro coerente.
Cambiare non solo le regole, ma i comportamenti
Per muovere su questa via, si pone un altro problema fondamentale: spesso, i primi ad aggirare le leggi sulla pubblica amministrazione e i poteri pubblici sono proprio i membri delle assemblee elettive e i pubblici amministratori. Se non si cambiano i loro comportamenti, ponendo la questione al centro di una campagna politica, sollecitando un severo scrutinio degli elettori, per quanto si facciano buone leggi, non si otterranno risultati.
Sarà interessante vedere se un serio dibattito può essere avviato su questo tra i poli che ci chiedono il voto.
(1) Un interessante catalogo di interventi che mirano allo stesso fine, ma diverso dal mio, è stato elaborato da Cesare Salvi e Massimo Villone nel bel volume "Il costo della democrazia", edito da Mondadori. Agli autori va il gran merito di aver documentato la degenerazione della politica e aver posto il problema dall’interno del mondo politico.
http://www.lavoce.info/news/view.php?id=27&cms_pk=2019&from=index
Non vedo il fine di questa citazione, non dice nulla di nuovo. Tra l'altro, tra le varie cose che il signor Micossi non ha citato (forse di proposito?), non vedo l'importanza di evitare che i potentati creino lobbies che impediscono la creazione di un mercato veramente competitivo... Micossi è nel consiglio di amministrazione di Generali, che, con tutte le altre imprese assicuratrici italiane costituiscono uno dei peggiori cartelli che abbiamo in Italia (la nostra RC Auto è doppia rispetto a quella francese).
A me sembrano tante ovvietà, mentre non analizza a fondo il fatto che gli imprenditori in Italia sono ignoranti in buona parte, e quando guadagnano qualche soldo, anzichè reinvestire i profitti e far crescere l'impresa, preferiscono investire in Porsche Cayenne e BMW di grossa cilindrata. Lo sapevi che un concessionario di Roma di BMW è quello che ne vende di più in Europa?
dantes76
22-03-2006, 00:59
Non vedo il fine di questa citazione, non dice nulla di nuovo. Tra l'altro, tra le varie cose che il signor Micossi non ha citato (forse di proposito?), non vedo l'importanza di evitare che i potentati creino lobbies che impediscono la creazione di un mercato veramente competitivo... Micossi è nel consiglio di amministrazione di Generali, che, con tutte le altre imprese assicuratrici italiane costituiscono uno dei peggiori cartelli che abbiamo in Italia (la nostra RC Auto è doppia rispetto a quella francese).
A me sembrano tante ovvietà, mentre non analizza a fondo il fatto che gli imprenditori in Italia sono ignoranti in buona parte, e quando guadagnano qualche soldo, anzichè reinvestire i profitti e far crescere l'impresa, preferiscono investire in Porsche Cayenne e BMW di grossa cilindrata. Lo sapevi che un concessionario di Roma di BMW è quello che ne vende di più in Europa?
infatti, la cosa strana e che qualcuno dice il contrario, che tutto va bene, che e colpa della Pasqua, delle cassandre....
Peccato che dall'altro lato ci sia chi comunque dice una balla uguale, e cioè che prima di Berlusconi andava tutto bene.
maghettoribelle
22-03-2006, 02:13
Credo sia meglio parlare di economia dopo elezioni, adesso si fanno i copia incolla di cose dette dall'uno o dall'altro che servono solo a screditare l'avversario, e la gente ripete come i pappagalli cose che non capisce, cose che la confondono, cose usate appunto per confonderla!!!! Lo fanno entrambi gli schieramenti in egual misura, solo che data la situazione, non italiana, ma europea, forse sarebbe meglio capire i problemi reali dell'economia....ma perchè Berlusconi non se ne va a casa? :muro: a quel punto la destra potrebbe fare politica e la sinistra idem, senza questi atteggiamenti da bambini che hanno....ragazzi svegliaaaaaa...la vita è la nostraaaaaaaaa......io non capisco, ma davvero credete che i danni l'abbia fatti Berlusconi o l'euro? O che Prodi e Berlusconi possano risolverli??? no way!!! Non si possono aprire temi così importanti e metterli sulla politica.....anche perchè l'unica cosa che ci può salvare è la Politica con la P maiuscola appunto!!! La Germania, la Francia, che tanto vengono nominati, hanno solo spostato i problemi da un settore ad un altro, nella guerra dei numeri sono solo un po in vantaggio perchè tracolleranno dopo, ma lo faranno e come. E' il sistema Europa che non regge, attenzione non intendo l'€ ma il sistema Europa....Non trovate o troviamo scuse ai problemi in leggi fatte ieri o l'altro ieri, perchè i problemi sono altri!!!!
L'Italia va leggermente peggio di Germania e Francia perchè Berlusconi ha fatto danni??? ma dai!!!! Tra un anno o due andrà peggio perchè Prodi non è stato in grado di risolvere i problemi??? ma dai!!! Vogliamo parlare di economia senza dare le colpe ma analizzando realmente le cose come stanno e in maniera sintetica e senza usare paroloni che la gente non capisce???? Allora ci si può provare!!!!
Io ci metto la mia apero di riuscire a spiegarmi a tutti:
Siamo ormai nell'era della globalizzazione quindi siamo in un mercato che più aperto è difficile, o per lo meno con gli anni si aprirà sempre più.
Qual'è il problema dell'Europa ( e poi vedremo in particolare dell'Italia) ?
Già all'inizio del secolo importanti economisti avevano tracciato le basi della teoria economica che sta collassando....già loro avevano definito quali sono i nostri problemi; cioè che non è possibile competere in un mercato volendo mantenere tre cose, stato sociale, libertà individuali, crescita economica, se tutti i giocatori della partita non li mantengono. Chi sta minando maggiormente la nostra economia sono gli usa, e i paesi con un mercato simile, e i neo giganti asiatici. Per intenderci, vedendola dal nostro punto di vista chiaramente, loro stanno barando, perchè non osservano le tre regole; gli usa, come è chiaro, a momenti non conoscono lo stato sociale,così che per ovviare alla crisi hanno tagliato da far paura il costo del danaro, tanto che gli frega tagliano le spese del sociale che è una bellezza.
La Cina non sa cosa sono le libertà individuali (per intenderci sulla Cina, non centra il costo del lavoro in questo esempio, ma il mercato negato,saprete che è da poco stato vietato con pesantissime sanzioni il Voip, se tra qualche hanno le compagnie telefoniche cinesi dovessero venire a comprarsi telecom usando gli introiti che hanno maturato con questa legge a dir poco illiberale, non prendetevela con Berlusconi o Prodi, è già scritto).
L'unico modo di risolvere il problema sarebbe, aimè, proteggerci!!!!!!(visto che le regole non puoi imporle, come non puoi imporre alla aziende di assumere,sono solo slogan). Dico questo perchè loro "violano" quelle regole, r so per certo che noi non abbandoneremo mai nessun ideale che in millenni di storia abbiamo conquistato, quindi ti difendi in un solo modo, cambiando le carte in tavola, ma un po contro la tua etica devi andare (e che cavolo almeno un pochetto contro l'etica, quelli barano su cose be più importanti).
E arrivo all'Italia, noi purtroppo stiamo peggio; stiamo peggio perchè esploderemo prima a causa dei costi dell'energia, che viene nominata spesso e a sproposito negli ultimi tempi (i provvedimenti proposti sono barzellette)...e stiamo peggio perchè il nostro vanto, il made in italy, è quello che di più è colpito da quel miliardo e mezzo di persone che ormai hanno scoperto che tanto, noi italiani, siamo occupati a definire di chi è colpa anzicchè risolvere il problema.....non voglio diventare nazista o comunista, ma quelli veri della cortina di ferro, ma gli interessi nazionali dobbiamo cominciare a guardarli davvero come hanno cominciato a fare Francia e Germania...loro litigano e bruciano intere città, ma contro lo straniero....prova a dirgli qualcosa...allora dico se ti becco con roba contraffatta ti metto in galera e butto la chiave, se produci fuori dall'europa e vuoi importare ti faccio pagare la differenza di costo....ecc....e non mi date del pazzo, del protezionista ecc...arriveremo alla sopravvivenza, e allora governo ladro non sarà più abbastanza, il dare la colpa a qualcuno e sentirsi bene per questo, non basterà.
La situazione non è bella, ma il processo è lungo e quindi non siamo allo sfascio, solo che bisogna fare attenzione che il fondo non si è affatto toccato.
Ciao a tutti e buona notte :D
P.S. forse è meglio che dormo che alle 3 di notte scrivo questi sproloqui :muro: :muro:
Lucio Virzì
22-03-2006, 06:39
27-02-2006
Le priorità della politica economica
Stefano Micossi
Perché non cresce l’economia italiana
L’economia italiana non può crescere perché mille vincoli normativi e amministrativi impediscono il cambiamento, l’ingresso di capitali e nuovi giocatori, l’utilizzo delle moderne tecnologie. L’investimento si concentra nei settori di rendita perché lì i rendimenti sono più elevati; i servizi sono inefficienti e costosi, il mercato del lavoro rigido e iniquo, la pubblica amministrazione disperatamente inefficiente. Mentre si lasciavano correre la spesa per i salari pubblici, gli acquisti della sanità e gli altri consumi pubblici, si sono tagliati gli investimenti per le infrastrutture, la ricerca e l’università. L’instabile stato delle finanze pubbliche spaventa l’economia che – vedendo che non si vuol frenare la spesa – teme nuovi aumenti d’imposte.
In queste condizioni, dare denaro alle imprese perché "facciano innovazione", assumano, diventino grandi e quant’altro, senza cambiare i vincoli e gli incentivi che li guidano a comportarsi come si comportano, non serve a niente: come dimostra l’esperienza fallimentare di tutti i principali programmi pubblici di sgravio, sussidio e protezione alle imprese, inclusi quelli a erogazione automatica, tanto popolari tra gli utilizzatori, quanto inefficaci a elevare strutturalmente l’investimento e l’occupazione.
La malattia è nel settore pubblico
Ciò che i poli e i partiti non vogliono riconoscere è che il cuore del problema, la malattia grave dell’economia italiana, è nelle istituzioni pubbliche e nelle regole che governano il funzionamento dei mercati; il settore privato, nei suoi comportamenti distorti, ne offre solo lo specchio.
L’impresa resta piccola perché gli aiuti, i disincentivi fiscali e le regole del lavoro la spingono e restare piccola; la proprietà è concentrata, perché la pressione sociale sull’impresa è troppo forte per consentire all’imprenditore il rischio di aprire il capitale e affidare la gestione al management; aiuti, protezioni e vincoli sindacali mantengono il capitale in settori obsoleti, a discapito di quelli nuovi.
Certo, bisogna riprendere a investire in infrastrutture moderne, ricerca e capitale umano: il denaro non manca, basta smettere di sprecarlo in mille rivoli inutili. Va ridotto il cuneo fiscale sul lavoro, che può finanziarsi con l’eliminazione dei sussidi alle imprese.
Ma gli interventi per crescere riguardano soprattutto le istituzioni: servono legalità e buona giustizia, rapida e prevedibile negli esiti; chiare e semplici regole per l’avvio e l’esercizio dell’attività economica; severa tutela della concorrenza. Serve un campo di gioco aperto nel quale i giocatori possano entrare, uscire e competere liberamente, senza interventi estranei dei poteri pubblici, senza protezioni per quelli che già occupano il campo.
Il ruolo della politica
Qui però, sta il nodo cruciale. Una politica povera, invasa da incompetenti e affaristi, continua a preferire istituzioni deboli e un ambiente di regole opache, perché lì è più facile scambiare favori alle imprese e gruppi di interesse con il sostegno al proprio partito, alle proprie clientele, alle ambizioni private.
Così, l’attività legislativa è dominata dai piccoli interessi costituiti. E intanto, lievitano le retribuzioni, si moltiplicano i posti pubblici, si assegnano agli amici consulenze inutili e appalti; proliferano le società pubbliche dai nomi altisonanti "per lo sviluppo" e gli affari poco limpidi; si moltiplicano le scorrerie nel mercato con l’occupazione delle aziende pubbliche da parte di gruppi politici. La domanda pubblica potrebbe essere fonte di innovazione e nuove tecnologie, forzando le imprese a competere; invece diventa l’occasione per favorire imprese di scarsa qualità, spesso anche di corruzione.
Frequentemente, la politica è anche la prima ad agire per indebolire e aggirare le regole, quando i soggetti coinvolti appartengono alla propria sponda. Le Autorità indipendenti sono invase da personaggi di nomina politica, senz’altra qualità che quell’appartenenza. Le assemblee regionali votano leggi per consentire ai propri componenti di aggirare le incompatibilità per i posti nelle aziende sanitarie. Regioni, province e comuni, alla ricerca di elettori, impediscono il funzionamento del mercato di molti servizi con i loro regolamenti e gli interventi amministrativi.
Un nuovo sistema di regole
Dunque, se si vuol discutere seriamente di crescita, dobbiamo parlare di istituzioni e di regole, non di politica industriale. Dobbiamo intervenire incisivamente a separare la politica dall’economia, ridando alla politica il ruolo suo proprio, che è quello di fissare le regole del gioco; eliminandone ogni possibilità di intervento diretto negli affari.
Ho redatto, per questo, un decalogo: dieci capitoli di interventi normativi e regolamentari che affrontano alla radice il problema delle regole e del ruolo improprio assunto dalla politica nell’economia italiana. Lo pubblico qui sperando di avviare una discussione aperta.
Se considerati individualmente, gli interventi proposti non sono una novità: quasi tutti sono già oggetto di discussione tra gli addetti ai lavori e i politici illuminati; in diversi casi, vi sono già leggi per attuare le regole proposte, ma non vengono rispettate. (1) Alcuni sono di notevole complessità e richiedono di essere precisati: ad esempio, gli interventi proposti per la sanità implicano un vero cambiamento di sistema, che deve essere approfondito. L’abolizione dello spoil system per le nomine pubbliche pone complessi problemi di transizione. La novità dell’impostazione proposta risiede, forse, nell’aver organizzato tutti gli interventi in un quadro coerente.
Cambiare non solo le regole, ma i comportamenti
Per muovere su questa via, si pone un altro problema fondamentale: spesso, i primi ad aggirare le leggi sulla pubblica amministrazione e i poteri pubblici sono proprio i membri delle assemblee elettive e i pubblici amministratori. Se non si cambiano i loro comportamenti, ponendo la questione al centro di una campagna politica, sollecitando un severo scrutinio degli elettori, per quanto si facciano buone leggi, non si otterranno risultati.
Sarà interessante vedere se un serio dibattito può essere avviato su questo tra i poli che ci chiedono il voto.
(1) Un interessante catalogo di interventi che mirano allo stesso fine, ma diverso dal mio, è stato elaborato da Cesare Salvi e Massimo Villone nel bel volume "Il costo della democrazia", edito da Mondadori. Agli autori va il gran merito di aver documentato la degenerazione della politica e aver posto il problema dall’interno del mondo politico.
http://www.lavoce.info/news/view.php?id=27&cms_pk=2019&from=index
Sono d'accordo, ci vogliono regole chiare, una nuova politica e qualcosa potrà cambiare.
LuVi
@maghettoribelle:
Alcune cose che dici sono giuste, altre meno. Ah, comunque la Cina ha già partecipazioni in imprese telefoniche nostrane, ma non mi pare che abbia fatto alcunchè di proibito (H3G, altresì nota come 3, è controllata da Hutchison Whampoa, colosso della telefonia cinese, seppur con sede a Hong Kong).
Il problema dell'energia è reale, ed esiste per tutto il mondo. In quel campo paghiamo caramente la scelta di dire no al nucleare.
ironmanu
22-03-2006, 09:19
Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?
sempreio
22-03-2006, 09:25
Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?
è logico che non si può risolvere, una parte della popolazione non specializzata verrà esclusa dalla società.
Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?
Bisogna uscire da quei settori. Punto e basta. Spostarsi in Cina non serve a niente, se no si fa la fine dei produttori di auto o di cellulari, che sono andati là per spaccare il mondo, ed invece vanno via con la coda tra le gambe perchè dopo qualche tempo gli hanno fregato il know-how e le cose di cui sopra ora iniziano a farsele da soli.
ironmanu
22-03-2006, 09:28
@maghettoribelle:
Alcune cose che dici sono giuste, altre meno. Ah, comunque la Cina ha già partecipazioni in imprese telefoniche nostrane, ma non mi pare che abbia fatto alcunchè di proibito (H3G, altresì nota come 3, è controllata da Hutchison Whampoa, colosso della telefonia cinese, seppur con sede a Hong Kong).
Il problema dell'energia è reale, ed esiste per tutto il mondo. In quel campo paghiamo caramente la scelta di dire no al nucleare.
Beh diciamo che in italia nella telefonia c'è discreta concorrenza(nn per la banda larga).
Concordissimo sul nucleare,davvero un erroraccio...Piu' che altro avendolo si sarebbe potuto investire in fonti alternative con piu' tranquillità e piu' fondi.Adesso col cappio al collo è motlo + difficile destinare risorse.
saembra che si muova qualcosa sul fronte rigassificatori.
fatto stà che per il breve/medio periodo nn credo che sremmo in grado di mettere in atto contromisure energetiche efficaci sul pil.
Si certo si puo' risparmiare l'energia sprecata ma di quanto varierà il costo al KWH???
Secondo me l'Italia non cresce perchè non vende e non vende perchè è diventata cara. Più semplice di così :D
Adesso mi leggo l'articolo va :D
ironmanu
22-03-2006, 09:37
Bisogna uscire da quei settori. Punto e basta. Spostarsi in Cina non serve a niente, se no si fa la fine dei produttori di auto o di cellulari, che sono andati là per spaccare il mondo, ed invece vanno via con la coda tra le gambe perchè dopo qualche tempo gli hanno fregato il know-how e le cose di cui sopra ora iniziano a farsele da soli.
Sono d'accordo con te sull'idea ma rimane una cosa imho impraticabile.
Questi settori danno lavoro ad un numerero molto considerevole di persone,una generazione almeno.I numeri in ballo credo che siano grossi in termini di famiglie.
Resta il fatto che tutte le produzioni a basso valore verranno "cinesizzate".
Quello che sta sulle balle comunque nn è il capo/scarpa cinese che finisce sulle bancarelle o nei negozi,infatti sono prodotti scarsi.
Il problema è il benetton,il marina yachting,l'harry cotton's che sono prodotti a costo molto cinese e venduti aprezzo italianissimo!!!Il problema è questo,c'è gente che sta facendo una barca di soldi,dopo aver mortificato l'acquirente medio licenziandolo e togliendogli potere d'acquisto.
Molti imprenditori prima hanno licenziato per delocalizzare e adesso parlano di incentivi alle imprese.Per carità comprensibile,ma uno che sposta la produzione
così puo' dire quello che vuole basta che nn pronunci mai la parola qualità,perchè nn gli crede nessuno...
Beh diciamo che in italia nella telefonia c'è discreta concorrenza(nn per la banda larga).
Concordissimo sul nucleare,davvero un erroraccio...Piu' che altro avendolo si sarebbe potuto investire in fonti alternative con piu' tranquillità e piu' fondi.Adesso col cappio al collo è motlo + difficile destinare risorse.
saembra che si muova qualcosa sul fronte rigassificatori.
fatto stà che per il breve/medio periodo nn credo che sremmo in grado di mettere in atto contromisure energetiche efficaci sul pil.
Si certo si puo' risparmiare l'energia sprecata ma di quanto varierà il costo al KWH???
L'unica soluzione sarà tornare al nucleare: ne sono certo, tra qualche anno saremo costretti a farlo. Tanto inquinano meno delle altre centrali, e comunque non siamo immuni dal rischio di contaminazioni (a Lione c'è una centrale enorme, la si vede passando col treno, e lo stesso dicasi per la Slovenia). Questa decisione la prenderà pure Prodi, se sarà lui a governare, pur se continua a dire fesserie del tipo "le centrali turbogas sono efficienti": ma se qualunque ingegnere energetico dice che sono uno dei modi + costosi per ottenere energia...
Sono d'accordo con te sull'idea ma rimane una cosa imho impraticabile.
Questi settori danno lavoro ad un numerero molto considerevole di persone,una generazione almeno.I numeri in ballo credo che siano grossi in termini di famiglie.
Resta il fatto che tutte le produzioni a basso valore verranno "cinesizzate".
Quello che sta sulle balle comunque nn è il capo/scarpa cinese che finisce sulle bancarelle o nei negozi,infatti sono prodotti scarsi.
Il problema è il benetton,il marina yachting,l'harry cotton's che sono prodotti a costo molto cinese e venduti aprezzo italianissimo!!!Il problema è questo,c'è gente che sta facendo una barca di soldi.
Molti imprenditori prima hanno licenziato per delocalizzare e adesso parlano di incentivi alle imprese.Per carità comprensibile,ma uno che sposta la produzione
così puo' dire quello che vuole basta che nn pronunci mai la parola qualità,perchè nn gli crede nessuno...
E purtroppo ti devo smentire anche su questo punto, ci sono produzioni cinesi di qualità anche più alta di quella italiana, e sempre con costi di produzione cinese.
La globalizzazione va fatta fino in fondo, portando le stesse regole sulla produzione/vendita in tutti i paesi o perlomeno in quelli che vogliono vendere le proprie merci in Europa/Occidente altrimenti si prende solo il lato peggiore della globalizzazione, fabbriche in cina dove la sicurezza è una chimera e gli stipendi sono da fame, iniziamo a far applicare la 626 anche laggiù e a dare potere ai sindacati e vediamo se sarà ancora così conveniente delocalizzare la produzione.
Sono d'accordo con te sull'idea ma rimane una cosa imho impraticabile.
Questi settori danno lavoro ad un numerero molto considerevole di persone,una generazione almeno.I numeri in ballo credo che siano grossi in termini di famiglie.
Resta il fatto che tutte le produzioni a basso valore verranno "cinesizzate".
Quello che sta sulle balle comunque nn è il capo/scarpa cinese che finisce sulle bancarelle o nei negozi,infatti sono prodotti scarsi.
Il problema è il benetton,il marina yachting,l'harry cotton's che sono prodotti a costo molto cinese e venduti aprezzo italianissimo!!!Il problema è questo,c'è gente che sta facendo una barca di soldi,dopo aver mortificato l'acquirente medio licenziandolo e togliendogli potere d'acquisto.
Molti imprenditori prima hanno licenziato per delocalizzare e adesso parlano di incentivi alle imprese.Per carità comprensibile,ma uno che sposta la produzione
così puo' dire quello che vuole basta che nn pronunci mai la parola qualità,perchè nn gli crede nessuno...
Allora importiamo i cinesi in Italia... :D Scherzo.
Il discorso della qualità è risibile. Chiunque è in grado, oggi, di ottenere qualità sufficiente a prodotti di fascia media un po' in tutti i settori: è ovvio che prima di vedere vestiti paragonabili a quelli di Brioni o Loro Piana passerà molto tempo, ma quelle sono produzioni di altissimo livello.
Il fatto che la qualità cinese sia bassa è un luogo comune. Un mio professore universitario mi ha raccontato un paio d'anni fa che in Cina hanno macchinari che nel biellese (tanto per parlare di un distretto rovinato dalla Cina) si sognano.
La produzione cinese non è solo quella delle bancarelle: il cartellino "Made in Italy" si può apporre anche a capi solo rifiniti in Italia, ma con semilavorati provenienti dalla Cina. L'Italia dovrebbe puntare tanto sul terziario, come tutte le economie avanzate che hanno tanti laureati, ed invece noi continuiamo a importare servizi (le società di servizi finanziari/gestionali sono in gran parte straniere, per esempio). L'industria va bene solo se avanzata. Secondo me al posto della cassintegrazione sarebbe meglio dare a chi è in esubero la possibilità di reinserirsi, anche in età avanzata, nel mondo del lavoro.
ironmanu
22-03-2006, 09:52
L'unica soluzione sarà tornare al nucleare: ne sono certo, tra qualche anno saremo costretti a farlo. Tanto inquinano meno delle altre centrali, e comunque non siamo immuni dal rischio di contaminazioni (a Lione c'è una centrale enorme, la si vede passando col treno, e lo stesso dicasi per la Slovenia). Questa decisione la prenderà pure Prodi, se sarà lui a governare, pur se continua a dire fesserie del tipo "le centrali turbogas sono efficienti": ma se qualunque ingegnere energetico dice che sono uno dei modi + costosi per ottenere energia...
beh purtroppo le centrali termiche (gas o vapore) hanno un rendimento alto solo se sono di una certa dimensione,ovviamente sono posizionate per nn dare fastidio ai grossi centri urbani.
In questo senso abbiamo rinunciato alla possibilità di realizziare importanti sistemi di teleriscaldamento,negli impianti cogenerativi si puo' raggiungere anche l'80% in termini di rendimento quindi un bel risparmio...
Un abbattimento sostanzioso del costo dell'energia è possibile o col nucleare o con le alternative (se ben pianificate pero') ed entrambe le soluzioni nn darebbero beneficii prima del medio periodo almeno.Tutto imho ovviamente.
ironmanu
22-03-2006, 10:05
E purtroppo ti devo smentire anche su questo punto, ci sono produzioni cinesi di qualità anche più alta di quella italiana, e sempre con costi di produzione cinese.
La globalizzazione va fatta fino in fondo, portando le stesse regole sulla produzione/vendita in tutti i paesi o perlomeno in quelli che vogliono vendere le proprie merci in Europa/Occidente altrimenti si prende solo il lato peggiore della globalizzazione, fabbriche in cina dove la sicurezza è una chimera e gli stipendi sono da fame, iniziamo a far applicare la 626 anche laggiù e a dare potere ai sindacati e vediamo se sarà ancora così conveniente delocalizzare la produzione.
si ok ma io facevo un discorso leggermente diverso.Nessuno discute che ci siano prodotti cinesi di qualità (a parte che qualità puo' significare tutto e niente),ad esempio nei nostri cellulari che amiamo tanto...
Il problema che sollevavo lo riferivo essenzialmente ai settori che ho citato,abbigliamento essenzialmente.Qui nn me la sto prendendo con i cinesi che,poveracci loro,lavorano con criteri disumani.La mia è una precisa critica a certa classe imprenditoriale che credo di poter prendere per il naso a destra e a manca.
In qualsiasi business si operi sono convinto che una politica della qualità sia fondamentale.Il punto è che questa necessita di tempo,coinvolgimento di tutto il sistema produttivo dal management agli operatori.ora se tu oggi sei in romania,domani in cina e la prox settimana dici che torni in italia se ti diamo gli incentivi sai cosa stai facendo?semplice:
sfruttando a suo tempo le capacità e le competenze italiane hai creato un marchio forte.Ora lo stai semplicemente sfruttando per "far passare l'dea della qualità" e giustificare il prezzo.Stop.
Ripeto che mi sto riferendo a certi beni italiani prodotti all'esterno.
comunque 626 e sindacati nn è che li possiamo imporre noi,devono essere loro ad autopromuoversi,forse spedendo lì fausto... :D
ironmanu
22-03-2006, 10:09
Allora importiamo i cinesi in Italia... :D Scherzo.
Il discorso della qualità è risibile. Chiunque è in grado, oggi, di ottenere qualità sufficiente a prodotti di fascia media un po' in tutti i settori: è ovvio che prima di vedere vestiti paragonabili a quelli di Brioni o Loro Piana passerà molto tempo, ma quelle sono produzioni di altissimo livello.
Il fatto che la qualità cinese sia bassa è un luogo comune. Un mio professore universitario mi ha raccontato un paio d'anni fa che in Cina hanno macchinari che nel biellese (tanto per parlare di un distretto rovinato dalla Cina) si sognano.
La produzione cinese non è solo quella delle bancarelle: il cartellino "Made in Italy" si può apporre anche a capi solo rifiniti in Italia, ma con semilavorati provenienti dalla Cina. L'Italia dovrebbe puntare tanto sul terziario, come tutte le economie avanzate che hanno tanti laureati, ed invece noi continuiamo a importare servizi (le società di servizi finanziari/gestionali sono in gran parte straniere, per esempio). L'industria va bene solo se avanzata. Secondo me al posto della cassintegrazione sarebbe meglio dare a chi è in esubero la possibilità di reinserirsi, anche in età avanzata, nel mondo del lavoro.
ed uno che ha 45 anni ed ha sempre fatto scarpe mi spieghi come e dove lo
reinserisci?
cosa intendi puntare tanto sul terziario???nn sono le attività produttive che spingono il pil???
ci vorrebbe gente pià giovane in politica, un bel ricambio costante, e forse qualcosa cambierebbe. Io direi che basterebbe partire da questo. E non è poco.
ed uno che ha 45 anni ed ha sempre fatto scarpe mi spieghi come e dove lo inserisci?
Servirebbero corsi professionali, tanto per il mercato del lavoro non sarebbe un grande perdita, a meno che questo signore non facesse le scarpe a mano (lì si perderebbe know-how). Ma comunque sono dell'idea che le scarpe di altissima qualità i cinesi non riusciranno a farle per un bel po'. Invece imparare ad usare un certo macchinario non è un'impresa titanica, IMHO.
Servirebbero corsi professionali, tanto per il mercato del lavoro non sarebbe un grande perdita, a meno che questo signore non facesse le scarpe a mano (lì si perderebbe know-how). Ma comunque sono dell'idea che le scarpe di altissima qualità i cinesi non riusciranno a farle per un bel po'. Invece imparare ad usare un certo macchinario non è un'impresa titanica, IMHO.
il problema è che il signorotto di 45 anni scenderebbe in piazza ogni giorno per conservare il suo lavoro piuttosto che rimettersi a studiare :muro:
il problema è che il signorotto di 45 anni scenderebbe in piazza ogni giorno per conservare il suo lavoro piuttosto che rimettersi a studiare :muro:
Si a parte che il "signorotto" di 45 anni credo avrebbe ben altri problemi da badare prima di pensare a scendere in piazza, magari deve pensare alla moglie e ai figli e magari ha studiato fino alla 3a media, cosa vorresti fare fargli fequentare 10 anni di scuola per raggiungere la laurea? Oppure studiare cosa? Visto che migliaia di diplomati 18enni e laureati 25enni non trovano lavoro, credi che un 45enne riuscirebbe dove giovani ben più preparati non arrivano?
Siamo realisti.
maghettoribelle
22-03-2006, 11:25
@ ALM
chiaro che posso aver sbagliato, è una mia analisi economica, ne capisco unpo ma non sono mica un luminare :D :D in cosa non concordi? Per quanto riguarda la Cina, il problema è che cambiano le regole del gioco ci siamo? Limitano una libertà individuale, cose che noi non ci saremmo maisognati, perchè non gli conveniva venisse usato il Voip.....e così fanno in altri settori, è quello il problema!!! Sono in un mercato globale nelle cose che gli conviene, ma non si tirano indietro se devono decidere di tassare del 400% le esportazioni, capito? Non puoi competere se non ti adegui!!!
Su cosa non sei daccordo di preciso sul mio primo post?
ciao a tutti ebuona giornata
-kurgan-
22-03-2006, 11:29
Si a parte che il "signorotto" di 45 anni credo avrebbe ben altri problemi da badare prima di pensare a scendere in piazza, magari deve pensare alla moglie e ai figli e magari ha studiato fino alla 3a media, cosa vorresti fare fargli fequentare 10 anni di scuola per raggiungere la laurea? Oppure studiare cosa? Visto che migliaia di diplomati 18enni e laureati 25enni non trovano lavoro, credi che un 45enne riuscirebbe dove giovani ben più preparati non arrivano?
Siamo realisti.
queste sono tutte persone che finiranno in mezzo ad una strada.
non tutti possono "specializzarsi", la bassa manovalanza coinvolgerà sempre una fascia della popolazione.. e questa gente farà la fame, di questo passo.
@ ALM
chiaro che posso aver sbagliato, è una mia analisi economica, ne capisco unpo ma non sono mica un luminare :D :D in cosa non concordi? Per quanto riguarda la Cina, il problema è che cambiano le regole del gioco ci siamo? Limitano una libertà individuale, cose che noi non ci saremmo maisognati, perchè non gli conveniva venisse usato il Voip.....e così fanno in altri settori, è quello il problema!!! Sono in un mercato globale nelle cose che gli conviene, ma non si tirano indietro se devono decidere di tassare del 400% le esportazioni, capito? Non puoi competere se non ti adegui!!!
Su cosa non sei daccordo di preciso sul mio primo post?
ciao a tutti ebuona giornata
La mia era solo una precisazione. ;) Per il resto sono abbastanza d'accordo.
i cinesi stanno intaccando anche settori ad alto contenuto tecnologico come la meccanica di precisione. non c'è possibilità di vittoria con chi non rispetta le regole, questo deve essere chiaro.
qualità, servizi, tante balle per distogliere l'attenzione dal problema reale, ossia che per un vantaggio di breve periodo hanno creato una situazione che nel lungo ci costerà carissima.
questo a livello globale, a livello locale anche i nostri imprenditori hanno la loro bella fetta di colpa e quando vanno a piangere e battere cassa sono veramente penosi. intanto, prima, al posto di crescere e investire giocavano con la svalutazione, ora il giochino s'è rotto e van frignando.
l'unica cosa che spero è che la cina collassi su se stessa per questioni sociali interne, potrebbe essere un modo per uscirne a meno di covincere i ns operai a vivere da cinesi.
a mio avviso credo che:
- la qualità è una bufala, i cinesi si stanno evolvendo a ritmi impressionanti, e la ricerca non la fanno ma se la giocano col reverse engineering ( successo più volte) mentre per i costi di assiemaggio non credo ci sia da dire nulla
- i servizi sono anche quelli una bolla di sapone per nascondere la raltà amara. i servizi sono rivolti alle aziende, senza manifatturiero che si fa? accenture che fa consulenza a mckinsey che la presta a kpmg ?
- la produzione a scarso valore aggiunto è morta, inutile tenere in vita settori in coma farmacologico, non serve a nulla. quella ad alto valore aggiunto è in serio pericolo, e se non si fa qualcosa pure quella andrà a passeggiatrici ( ricordo che i cinesi sono in grado di clonare micoprocessori, turboalternatori e via dicendo... non solo le scarpe del caro della valle...)
- se le ns aziende ad alto contenuto tecnologico non faranno sistema onde raggiungere la massa critica necessaria ad affrontare un mercato globale ( che deve assolutamente essere regolamentato quanto prima) possono pure iniziare la procedura di fallimento sin da ora. pensare di mandare avanti un paese solo con produzioni di nicchia modaiole è assurdo, specialmente se poi di made in italy è rimasto solo il confezionamento (e il prezzo,ovviamente), come già accade oggi.
ironmanu
22-03-2006, 12:26
Si a parte che il "signorotto" di 45 anni credo avrebbe ben altri problemi da badare prima di pensare a scendere in piazza, magari deve pensare alla moglie e ai figli e magari ha studiato fino alla 3a media, cosa vorresti fare fargli fequentare 10 anni di scuola per raggiungere la laurea? Oppure studiare cosa? Visto che migliaia di diplomati 18enni e laureati 25enni non trovano lavoro, credi che un 45enne riuscirebbe dove giovani ben più preparati non arrivano?
Siamo realisti.
appunto,intendevo proprio questo.Ora estendiamo il discorso a centinaia di migliaia di persone ed ecco che il contraccolpo diventa un bel pugno sullo stomaco...
ironmanu
22-03-2006, 12:29
queste sono tutte persone che finiranno in mezzo ad una strada.
non tutti possono "specializzarsi", la bassa manovalanza coinvolgerà sempre una fascia della popolazione.. e questa gente farà la fame, di questo passo.
Mi pare di capire che anche te sei d'accordo sul fatto che ci saranno sempre operai di questa fascia,che hanno anche loro un dignità.
A volte pare che si debba tutti diventare ingegneri ultraspecializzati,che per inciso al tornio nn ci vogliono andare...
dantes76
22-03-2006, 12:39
Secondo me l'Italia non cresce perchè non vende e non vende perchè è diventata cara. Più semplice di così :D
Adesso mi leggo l'articolo va :D
in italia invece si vende, ma si vendono prodotti hi tech, cioe prodotti non italiani, che non arrecano nessuna ricchezzza al nostro paese, percio' portare dati del tipo gli italiani sono quelli che hanno piu telefonini o che mandano piu' sms di tutti... lasciano solo il tempo che trovano, noi produciamo caciotte, mutande e lustrini, prodotti a basso contenuto tecnologico, e facilmente replicabili. a dimenticavo siamo stati uno dei primi paesi nel digit terrestre...
ironmanu
22-03-2006, 12:41
- la produzione a scarso valore aggiunto è morta, inutile tenere in vita settori in coma farmacologico, non serve a nulla. quella ad alto valore aggiunto è in serio pericolo, e se non si fa qualcosa pure quella andrà a passeggiatrici ( ricordo che i cinesi sono in grado di clonare micoprocessori, turboalternatori e via dicendo... non solo le scarpe del caro della valle...)
Si ma vedi che sarà pure morta ma gli addetti sono ancora vivi e vegeti.Siccome tutti parlano di puntare sull'alto valore aggiunto,alta tecnologia ecc..vorrei che mi dicessero cosa facciamo nel frattempo di tutta sta gente.
Senza contare sono tutte prospettive ottime (puntare sull'alta tecnologia) ma che nn tengono conto del livello medio della nostra imprenditoria (in termini di competenze).
Insomma l'obiettivo a cui puntare è chiaro e condiviso da tutti.Il problema è che i problemi legati al COME RAGGIUNGERLO nessuno ha la minima idea su come affrontarli (mi riferisco alla classe politica ed industriale),perchè piu' di dire "bisogna fare sistema"(frase di per sè vuota) nn sembra ci siano ste gran proposte.
dantes76
22-03-2006, 12:43
- se le ns aziende ad alto contenuto tecnologico non faranno sistema onde raggiungere la massa critica necessaria ad affrontare un mercato globale ( che deve assolutamente essere regolamentato quanto prima) possono pure iniziare la procedura di fallimento sin da ora. pensare di mandare avanti un paese solo con produzioni di nicchia modaiole è assurdo, specialmente se poi di made in italy è rimasto solo il confezionamento (e il prezzo,ovviamente), come già accade oggi.
quali sono? quelle che fanno il grana o D&G? credi che sia piu facile copiare un abito di D&G o una mercedes?
l'italia non ne ha... sarebbe interessante parlare di natta e del moplen , per riassumere tutta una mentalita' italica
Si ma vedi che sarà pure morta ma gli addetti sono ancora vivi e vegeti.Siccome tutti parlano di puntare sull'alto valore aggiunto,alta tecnologia ecc..vorrei che mi dicessero cosa facciamo nel frattempo di tutta sta gente.
Senza contare sono tutte prospettive ottime (puntare sull'alta tecnologia) ma che nn tengono conto del livello medio della nostra imprenditoria (in termini di competenze).
Insomma l'obiettivo a cui puntare è chiaro e condiviso da tutti.Il problema è che i problemi legati al COME RAGGIUNGERLO nessuno ha la minima idea su come affrontarli (mi riferisco alla classe politica ed industriale),perchè piu' di dire "bisogna fare sistema"(frase di per sè vuota) nn sembra ci siano ste gran proposte.
non ti do la mia personale soluzione perchè non ce l'ho. secondo me siamo andati oltre il punto di non ritorno. semplice. non abbiamo manovalanza, non abbiamo imprenditori preparati ma solo cialtroni, non abbiamo know-how, non abbiamo le imprese idonee dimensionalmente e come mentalità...
si sono crogiolati nel successo per troppo tempo, e tuttora non fanno nulla
ironmanu
22-03-2006, 12:51
non ti do la mia personale soluzione perchè non ce l'ho. secondo me siamo andati oltre il punto di non ritorno. semplice. non abbiamo manovalanza, non abbiamo imprenditori preparati ma solo cialtroni, non abbiamo know-how, non abbiamo le imprese idonee dimensionalmente e come mentalità...
si sono crogiolati nel successo per troppo tempo, e tuttora non fanno nulla
beh insomma adesso nn buttiamoci troppo giu'.Diciamo che certa imprenditoria di piccolo livello,che essendo molto diffusa ha migliaia di addetti,ha puntato sui guadagni facili e veloci negli ultimi 15/20anni (tessile e calzturiero in primis),che anche come investimenti iniziali hanno una bassa barriera d'ingresso.
Ormai come sottolinei questa strategia sta morendo in molte zone,e lascia il problema sociale dei disoccupati.
Questo vale anche per altri settori.
quali sono? quelle che fanno il grana o D&G? credi che sia piu facile copiare un abito di D&G o una mercedes?
l'italia non ne ha... sarebbe interessante parlare di natta e del moplen , per riassumere tutta una mentalita' italica
sbagliato, l'italia, e sono in pochi a saperlo, vanta una tradizione nella costruzione delle macchine utensili che primeggia in europa e ha da dare lezioni anche agli stessi usa.
il settore però ha perso smalto, a causa di germania e giappone, e adesso accusa il colpo cinese. inoltre, sono imprese molto frammentate, accentratrici, poco propense alla delega, a conduzione padronale. insomma, la tipica azienda creata dai nonni, ingrandita dai padri, e distrutta dai figli, e siamo alla terza generazione. difatti sono andati in crisi.
abbiamo anche una presenza in campo elettronico, ST ha svariate sedi qua da noi, e completa la produzione più grezza in cina. non è industria italiana ma sono qua.
nel campo avionico, siamo tra i migliori, se guardiamo almeno le nicchie specifiche. stessa cosa in campo navale.
convengo che è poca roba ma se non difendiamo nemmeno quella accontentiamoci delle tod's made in china e packaged in italy.
però penso che un paese non possa pensare di reggere solo su produzione di alta gamma,mancano i numeri per dare lavoro a tutti
ironmanu
22-03-2006, 12:55
però penso che un paese non possa pensare di reggere solo su produzione di alta gamma,mancano i numeri per dare lavoro a tutti
è la soluzione a questo che mi preme di capire.
beh insomma adesso nn buttiamoci troppo giu'.Diciamo che certa imprenditoria di piccolo livello,che essendo molto diffusa ha migliaia di addetti,ha puntato sui guadagni facili e veloci negli ultimi 15/20anni (tessile e calzturiero in primis),che anche come investimenti iniziali hanno una bassa barriera d'ingresso.
Ormai come sottolinei questa strategia sta morendo in molte zone.
anche su produzione a contenuto tcnologico più elevato il problema è la dimensione aziendale e la mentalità. l'imprenditore italiano è alergico alla parola invetsimento, conosce solo il costo. si crede furbo, taglia taglia taglia.... e poi si taglia pure l'uccello e manco se ne accorge.
ma passiamo a quella grande. metallurgia? dalmine sarebbe morta, è controllata da techint che lei stessa ha generato, e vive grazie al fatto che l'impianto ormai c'è e non si può impacchettare e spostare
industria dell'alluminio? sta collassando pure quella, abbiamo costi energetici troppo elevati e quella voce influisce direttamente sul costo del prodotto finale. ecco un altro punto: le infrastrutture. come trasporti, come energia, siamo allo sfacio, e queste voci incidono. paese fieramente denuclearizzato e pecoraro sa solo dire che il nucleare è vetusto. olè.
ma passiamo poi al campione nostrano, la fiat. onestamente credi che senza i ricatti perpetrati dagli agnelli allo stato italiano, la fiat esisterebbe ancora? se è in crisi GM...
ironmanu
22-03-2006, 12:59
in effetti con la cina il commercio di macchine utensili è sempre stato ai massimi negli anni 80/90.
Adesso stanno imparando a costruirsele...
Questo nn sarebbe neanche un problema tutto sommato,il dramma è che con la detassazione sugli utili reinvestiti i nostri imprenditori han pensato bene di concentrarsi sulla costruzione di nuovi capannoni anzichè su investimenti veri :rolleyes:
E purtrpoppo questo misura il grado di competenza con cui si ha a che fare!
in effetti con la cina il commercio di macchine utensili è sempre stato ai massimi negli anni 80/90.
Adesso stanno imparando a costruirsele...
Questo nn sarebbe neanche un problema tutto sommato,il dramma è che con la detassazione sugli utili reinvestiti i nostri imprenditori han pensato bene di concentrarsi sulla costruzione di nuovi capannoni anzichè su investimenti veri :rolleyes:
E purtrpoppo questo misura il grado di competenza con cui si ha a che fare!
sai come fanno i cinesi a fare le macchine? le comprano, le smontano, le replicano, appiccicano un falso bollo verde CE e te le vendono a metà prezzo.
e i nostri in tutta risposta si sono visti rispondere picche dall'UE. altri, poi, han pensato bene di aprire in cina una "filiale per servire meglio il mercato locale"
ironmanu
22-03-2006, 13:03
pecoraro sa solo dire che il nucleare è vetusto. olè.
ma passiamo poi al campione nostrano, la fiat. onestamente credi che senza i ricatti perpetrati dagli agnelli allo stato italiano, la fiat esisterebbe ancora? se è in crisi GM...
beh qua ci si preoccupa dello sviluppo ecocompatibile(giusto eh!),quale sviluppo???
sulla fiat ormai ci sarebbe solo da dividere tutto l'azionariato tra tutti gli italiani ad essere sinceri...
beh qua ci si preoccupa dello sviluppo ecocompatibile(giusto eh!),quale sviluppo???
sulla fiat ormai ci sarebbe solo da dividere tutto l'azionariato tra tutti gli italiani ad essere sinceri...
l'ecocompatibilità la si realizza in modi intelligenti però, non segandosi le gambe e andando a fondo. ah ecco, altro punto, bravo: in cina come normativa ambientale? e via, altri costi depennati, e poi ci fanno il culo. ma a quelli del wto penso freghi nulla, non sono certo operai
ironmanu
22-03-2006, 13:07
sai come fanno i cinesi a fare le macchine? le comprano, le smontano, le replicano, appiccicano un falso bollo verde CE e te le vendono a metà prezzo.
e i nostri in tutta risposta si sono visti rispondere picche dall'UE. altri, poi, han pensato bene di aprire in cina una "filiale per servire meglio il mercato locale"
Questo delle regole è un nodo cruciale,alcuni pero' sostengono che ci sta bene visto che fino a pochi anni fa sfruttavamo questo fatto..
Il fatto è che con il peso che la cina sta assumendo nel WTO mi sa che saremo noi a doverci adattare.
ironmanu
22-03-2006, 13:11
l'ecocompatibilità la si realizza in modi intelligenti però, non segandosi le gambe e andando a fondo. ah ecco, altro punto, bravo: in cina come normativa ambientale? e via, altri costi depennati, e poi ci fanno il culo. ma a quelli del wto penso freghi nulla, non sono certo operai
Si però a sim city 4 se piazzo una zona industriale addosso al centro abitato vado a picco con la gente che ha problemi di salute a manetta.
Su rai 3 hanno fatto tempo fa un programma sulle aree industriali piu' importante.
La skyline della zona intorno shangai era qualcosa di abominevole in quanto a trasparenza dell'aria.Se continuano così voglio vedere dove vanno a parare.
saranno anche in 2 miliardi di persone ma il danno che creano mi pare sia ampiamente in proporzione
ironmanu
22-03-2006, 13:12
Secondo alcuni economisti il piu' grosso problema per la cina sarà l'india.
Si però a sim city 4 se piazzo un zona industriale addo al centro abitato vado a picco con la gente che ha problemi di salute a manetta.
Su rai 3 hanno fatto tempo fa un programma sulle aree industriali piu' importante.
La skyline della zona intorno shangai era qualcosa di abominevole in quanto a trasparenza dell'aria.Se continuano così voglio vedere dove vanno a parare.
saranno anche in 2 miliardi di persone ma il danno che creano mi pare sia ampiamente in proporzione
io parlavo dell'italia, non della cina. sulla cina, come ho già detto, mi auguro una bella rivolta interna, criticabile fin che vuoi ma qua siamo al mors tua vita mea
ironmanu
22-03-2006, 13:14
io parlavo dell'italia, non della cina. sulla cina, come ho già detto, mi auguro una bella rivolta interna, criticabile fin che vuoi ma qua siamo al mors tua vita mea
si ho capito perfettamente,commentavo la situazione cinese alla luce dei problemi riconducibili ai danni ambientali.
in italia invece si vende, ma si vendono prodotti hi tech, cioe prodotti non italiani, che non arrecano nessuna ricchezzza al nostro paese, percio' portare dati del tipo gli italiani sono quelli che hanno piu telefonini o che mandano piu' sms di tutti... lasciano solo il tempo che trovano, noi produciamo caciotte, mutande e lustrini, prodotti a basso contenuto tecnologico, e facilmente replicabili. a dimenticavo siamo stati uno dei primi paesi nel digit terrestre...
Con la frase " l'Italia non vende " intendevo dire non vende all'estero, cioè non esporta più.
Sul fatto che la colpa dell'Italia è quella di produrre prodotti a basso contenuto tecnologico ho delle riserve. Se continua così tempo 10 anni e qualsiasi cosa sarà facilmente replicabile dalla Cina.
Secondo alcuni economisti il piu' grosso problema per la cina sarà l'india.
Ecco, bravo... ;)
In realta' il killer sottovalutato dell'industria informatica occidentale e' proprio l'India. Hanno milioni di ingegneri preparatissimi ed economici, e la produzione di software si sta spostando a Bangalore.
Tra pochi anni non ci sara' piu' nulla che gli USA non potranno subappaltare agli indiani, che gia' stanno iniziando a mettersi in proprio. Negli ultimi anni gli americani si tenevano i guadagni, relegando il lavoro all'outsourcing in India, ma recentemente aziende indiane iniziano a vendere direttamente, saltando il "parassita" USA.
Cosa c'entra questo con l'Italia? Apparentemente poco, ma la mia riflessione e' questa: se la Cina sta soppiantando la produzione low-tech europea, l'India sta per dare una bella batosta all'hi-tech USA.
Illudersi che spostando l'economia italiana ai servizi ci salvi non portera' a niente di solido. Al massimo rallentera' il crollo.
La vera domanda e' questa: cosa si puo' fare in Italia che non si puo' facilmente produrre all'estero?
L'unica risposta che mi viene in mente per ora e' il turismo. Incentivando turisti danarosi stranieri si potrebbe avere una lenta ripresa. Ma occorre essere competitivi con altre decine di paesi che possono vivere di turismo.
Non mi viene in mente altro. Armani e Ferrari possono ormai essere clonati in tempi brevi o lunghi. La finanza si spostera' da Lussemburgo all'India. I formaggi non fanno guadagnare soldi. Il vino italiano deve competere addirittura con australiani e californiani.
Non riesco a provare soddisfazione per il fatto che l'idiozia dell'imprenditoria italiana sara' duramente punita, perche' sara' tutta la popolazione a pagare, prima ancora che non gli imprenditori. Quando un incapace fallisce i primi a soffrire sono i suoi dipendenti, e solo dopo (forse) ne soffrira' lui.
L'unica risposta che mi viene in mente per ora e' il turismo. Incentivando turisti danarosi stranieri si potrebbe avere una lenta ripresa. Ma occorre essere competitivi con altre decine di paesi che possono vivere di turismo.
50 milioni di operatori turistici? non sta in piedi
Mi viene da aggiungere una riflessione amara...
In realta' non sarebbe un male per il mondo l'ipotesi di un crollo delle economie americana ed europea. Da millenni ci sono imperi che crescono e crollano. E solitamente quando crolla un impero ne nasce un altro in un paese che prima era molto arretrato. E' una regola della Storia.
Forse tra un secolo ci sara' un egemonia indiana e cinese sul mondo, mentre USA ed UE vivranno la situazione che ora c'e' in Africa. Oppure sara' il secolo dell'Islam, dopo 1000 anni. Nessuno puo' dirlo ora.
Questo pero' non autorizza alcun governo a rassegnarsi passivamente. Quello che pero' deve essere chiaro e' che non ha senso illudersi che si possa cristallizzare il mondo in una struttura statica per secoli. La Storia va avanti anche contro la volonta' dei governi.
50 milioni di operatori turistici? non sta in piedi
"Operatori turistici" e' una visione limitativa.
Attorno al turismo ruotano molti settori economici, dall'alberghiero, ai trasporti, ai beni culturali, al commercio....
Si parla di "fallout"... ;)
"Operatori turistici" e' una visione limitativa.
Attorno al turismo ruotano molti settori economici, dall'alberghiero, ai trasporti, ai beni culturali, al commercio....
Si parla di "fallout"... ;)
già adesso siamo riusciti a fare fuggire i teteschi verso lidi più a buon mercato e non appestati da italiani cafoni, figurati domani :stordita:
e anche lì, l'italiano medio è fuuurbo, mungi mungi mungi e poi il mangiacrauti allunga il medio e va in croazia. giustamente, aggiungo
già adesso siamo riusciti a fare fuggire i teteschi verso lidi più a buon mercato e non appestati da italiani cafoni, figurati domani :stordita:
e anche lì, l'italiano medio è fuuurbo, mungi mungi mungi e poi il mangiacrauti allunga il medio e va in croazia. giustamente, aggiungo
Come posso non concordare al 100% con quello che scrivi...
Italiani... popolo principe nella sublime arte cosi' ben rappresentata dell'esimio Tafazzi. :rolleyes:
io posseggo una delle aziende messe in crisi dalla concorrenza cinese che ancora si salva o meglio mantiene in vita grazie alla effettiva qualità che possiamo garantire (ancora per poco) rispetto alla concorrenza estera.
motivazioni sono decine,cito solo le maggiori a mio punto di vista.
-arretratezza delle vie di comunicazioni (avendo le imprese e relativo indotto in prov. di lecce è altamente costoso il trasporto nel resto del paese)
-mentalità di imprenditori e operai (le PMI in italia sono la quasi totalità e quasi nessuno ha le capacità per espandersi o migliorare i propri prodotti, tutti cercano il risultato subito senza avere la pazienza, gli operai molto spesso non fanno bene il loro lavoro soprattutto in periodi come questi che c'è da sudare 7 camicie, non capendo che se non si lavora si va a casa)
-costo alto dell'energia
-i sindacati che sono vere e proprie società a delinquere quando vogliono
Luca Pitta
22-03-2006, 18:06
Sono d'accordo, ci vogliono regole chiare, una nuova politica e qualcosa potrà cambiare.
LuVi
Dai che arriva il proffesor Prodi e sistema tutto. :rotfl:
Di sicuro una cosa è certa: cmq vada Berlusconi non sarà più primo ministro.
Pitta
Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?
Ancora con stà storia della Cina col costo della manodopera più basso?
Guardiamo un pò più in là, non è nè può essere solo questo.
Prima cosa: quanto incide davvero il costo della manodopera per un prodotto?
Pensi davvero che una scarpa che in Cina si fa a 10 dollari in Italia quanto venga a costare? 30 dollari perchè la manodopera costa di più? Non è così, non solo.
Il problema grosso dell'industria manifatturiera italiana è quella dei numeri: nell'economia attuale devi avere potere contrattuale per produrre milioni di pezzi, non qualche decina di migliaia al colpo! Il prezzo di una scarpa, ma anche di un'auto, o di un orologio, è dato da una miriade di fattori: materie prima, manodopera, costi dei macchinari, costi dell'energia, costi finanziari, logistica, etc......
Da una stima avevo letto della DaimlerChrysler risultava che il costo della manodopera per un'auto era il 2% del totale, per cui, non è solo manodopera.
Le crisi di sovrannumero che ha per esempio ha la Mercedes non sono tanto perchè ha 10.000 operai in più, ma perchè i macchinari restano improduttivi, per cui si hanno sprechi.
Ora, se noi vogliamo vedere la nostra inefficienza globale in termini di costi logistici e finanziari nettamente superiori ai nostri concorrenti europei e asiatici solo nell'ottica del minor costo della manodopera dei Paesi dell'Est e della Cina, continuiamo pure.
Dico solo una cosa: da quello che ho visto in giro in Italia ci sono potenzialità inespresse incredibili, in gran parte limitate dalla solita mentalità del furbacchione, congiunta con quell'altra mentalità clientelare, perarltro diffusa anche in Oriente, che stroncano queste potenzialità.
Inoltre, altra cosa da non sottovalutare, è che la delocalizzazione delle imprese aumenta la possibilità di evadere il fisco. Il classico gioco delle tre carte che funziona sempre. Ma al di là di questo, le maggiori colpe della crisi economica che stiamo attraversando sono da imputarsi al fatto che bisogna crescere e investire. Le aziende che lo fanno non hanno problemi da questi punti di vista, crescono bene, anche a dispetto della Cina e della crisi.
ironmanu
22-03-2006, 19:44
Ancora con stà storia della Cina col costo della manodopera più basso?
Guardiamo un pò più in là, non è nè può essere solo questo.
Prima cosa: quanto incide davvero il costo della manodopera per un prodotto?
Pensi davvero che una scarpa che in Cina si fa a 10 dollari in Italia quanto venga a costare? 30 dollari perchè la manodopera costa di più? Non è così, non solo.
Il problema grosso dell'industria manifatturiera italiana è quella dei numeri: nell'economia attuale devi avere potere contrattuale per produrre milioni di pezzi, non qualche decina di migliaia al colpo! Il prezzo di una scarpa, ma anche di un'auto, o di un orologio, è dato da una miriade di fattori: materie prima, manodopera, costi dei macchinari, costi dell'energia, costi finanziari, logistica, etc......
Da una stima avevo letto della DaimlerChrysler risultava che il costo della manodopera per un'auto era il 2% del totale, per cui, non è solo manodopera.
Le crisi di sovrannumero che ha per esempio ha la Mercedes non sono tanto perchè ha 10.000 operai in più, ma perchè i macchinari restano improduttivi, per cui si hanno sprechi.
Ora, se noi vogliamo vedere la nostra inefficienza globale in termini di costi logistici e finanziari nettamente superiori ai nostri concorrenti europei e asiatici solo nell'ottica del minor costo della manodopera dei Paesi dell'Est e della Cina, continuiamo pure.
Dico solo una cosa: da quello che ho visto in giro in Italia ci sono potenzialità inespresse incredibili, in gran parte limitate dalla solita mentalità del furbacchione, congiunta con quell'altra mentalità clientelare, perarltro diffusa anche in Oriente, che stroncano queste potenzialità.
Inoltre, altra cosa da non sottovalutare, è che la delocalizzazione delle imprese aumenta la possibilità di evadere il fisco. Il classico gioco delle tre carte che funziona sempre. Ma al di là di questo, le maggiori colpe della crisi economica che stiamo attraversando sono da imputarsi al fatto che bisogna crescere e investire. Le aziende che lo fanno non hanno problemi da questi punti di vista, crescono bene, anche a dispetto della Cina e della crisi.
Scusa ma nn concordo.il costo della manodopera è un costo variabile con cio che ne consegue (che + o - proporzionale alla produzione in certi casi).
per le produzioni di cui sopra(calzaturiero e tessile) credo che la manodopera sia tutto.Il capitale consiste in un capannone e macchine da cucire + poco altro.
Forse in altri settori tipo la meccanica ci sono capitali e costi fissi molto alti,ma per queste altre produzioni "fatte a mano"...
Poi io ho citato della valle mica me lo sono inventato.
poi scusa ma nn puoi confrontare le categorie di costo tra industria automobilistica (capital intensive) e quella delle scarpe 8labour intensive) sennò ne esce un pasticcio,nn sei d'accordo????
le voci di costo nei due casi sono capovolte secondo me...
Scusa ma nn concordo.il costo della manodopera è un costo variabile con cio che ne consegue (che + o - proporzionale alla produzione in certi casi).
per le produzioni di cui sopra(calzaturiero e tessile) credo che la manodopera sia tutto.Il capitale consiste in un capannone e macchine da cucire + poco altro.
Forse in altri settori tipo la meccanica ci sono capitali e costi fissi molto alti,ma per queste altre produzioni "fatte a mano"...
Poi io ho citato della valle mica me lo sono inventato.
poi scusa ma nn puoi confrontare le categorie di costo tra industria automobilistica (capital intensive) e quella delle scarpe 8labour intensive) sennò ne esce un pasticcio,nn sei d'accordo????
le voci di costo nei due casi sono capovolte secondo me...
in effetti non si posson paragonare fischi per fiaschi, le strutture di costo di un auto e di un paio di scarpe sono enormemente differenti.
i settori labour intensive sono i primi a crollare ma attenzione che stanno scricchiolando pure i capital e i brain intensive
la cosa che più forse fa incazzare è che nessuno fa nulla per porre rimedio a questa situazione, nessuno, dal politico all'imprenditore. il primo si fa i cazzi suoi, il secondo investe in cayenne e bella vita. ma le spese le faranno tutti.
Scusa ma nn concordo.il costo della manodopera è un costo variabile con cio che ne consegue (che + o - proporzionale alla produzione in certi casi).
per le produzioni di cui sopra(calzaturiero e tessile) credo che la manodopera sia tutto.Il capitale consiste in un capannone e macchine da cucire + poco altro.
Forse in altri settori tipo la meccanica ci sono capitali e costi fissi molto alti,ma per queste altre produzioni "fatte a mano"...
Poi io ho citato della valle mica me lo sono inventato.
poi scusa ma nn puoi confrontare le categorie di costo tra industria automobilistica (capital intensive) e quella delle scarpe 8labour intensive) sennò ne esce un pasticcio,nn sei d'accordo????
le voci di costo nei due casi sono capovolte secondo me...
Ho citato un esempio. Chiaro che ci sono settori dove il costo della manodopera incide di più, e altri di meno. Ma che nel settore calzaturiero sia ridotto ad un paio di macchine da cucire, ti sbagli di grosso.
Non pensare che quello che dice Della Valle sia oro colato. Anche lui ha il suo interesse a dire certe cose, e a tacere su altre.
Le fustelle? Le forme? Gli stampi? I macchinari?
Non pensare che un calzaturificio sia una serie di macchine da cucire, non è così. E' una cosa molto più complessa, che funziona nello stesso modo di tutte le altre produzioni di massa. Più hai produzione, più riesci a diminuire i costi per unità.
Io ho anche lavorato alla Geox, e mia sorella gestisce la produzione di scarpe in stabilimenti cinesi per multinazionali. E credimi, se qualcuno ti racconta che la manodopera è cruciale, ti racconta una balla clamorosa. E' importante sì, ma non è il fattore primario. Il fattore primario per una calzatura è il costo della materia prima. Almeno per quella di massa, per le produzioni limitate il discorso cambia, ma allora si va all'artigianato. Perchè per esempio l'Adidas produceva le ciabatte ( roba da pochi dollari, è la calzatura che costa meno ) in Italia e non in Cina? Perchè costava meno. Perchè ci sono dazi. Perchè ad esempio si può permettere di produrre la ciabatta ad iniezione, invece dello stampo: la tecnica ad iniezione permette di avere scarto zero, ma gli stampi costano milioni, in euro. Devi bilanciare il costo del macchinario con la resa in produzione. Conviene solo se fai certi numeri, se non li fai non conviene.
Poi pensa che la Geox fa rifare qui in Italia migliaia di paia perchè dagli stabilimenti romeni escono fatte col deretano. Ripeto, le fanno rifare, quindi costa due volte. Economico, vero?
Pensa che la New Balance ha uno stabilimento in Inghilterra, l'Adidas ne ha uno di proprietà in Germania, oltre a produrre in Italia: la produzione tutta all'estero è una cosa prettamente italiana, ma qui entrano in gioco altri fattori tipo "mafia", ci anche altre cose dietro. Per esempio, per la produzione in Cina tutte le fabbriche italiane devono passare per una società commerciale di proprietà di un certo signor Tirindelli, il quale ha bellamente piazzato i suoi uomini dentro i posti chiave di ogni azienda italiana che vuole produrre in Cina. Con la sola esclusione della Fila mi sembra.
Per il tessile, non ti so dire. Non mi sbilancerei comunque a dire che è un settore a bassa automazione.
A me Della Valle sta sulle scatole, ma non si possono paragonare le sue scarpe ed il suo business alle Geox, che spesso sono stilisticamente pure copiate da altri (per esempio dalle Hogan di Della Valle :asd: ).
Tra l'altro Mario Moretti Polegato mi pare rappresenti bene l'imprenditore medio italiano, una buona idea di partenza, ma zero in cultura, economica e non. Un paio d'anni fa, in piena crisi FIAT, gli chiesero se avrebbe mai acquistato una macchina con quel marchio: lui rispose che lo avrebbe fatto solo se diventavano di moda...
ironmanu
22-03-2006, 23:11
Ho citato un esempio. Chiaro che ci sono settori dove il costo della manodopera incide di più, e altri di meno. Ma che nel settore calzaturiero sia ridotto ad un paio di macchine da cucire, ti sbagli di grosso.
Non pensare che quello che dice Della Valle sia oro colato. Anche lui ha il suo interesse a dire certe cose, e a tacere su altre.
Le fustelle? Le forme? Gli stampi? I macchinari?
Non pensare che un calzaturificio sia una serie di macchine da cucire, non è così. E' una cosa molto più complessa, che funziona nello stesso modo di tutte le altre produzioni di massa. Più hai produzione, più riesci a diminuire i costi per unità.
Io ho anche lavorato alla Geox, e mia sorella gestisce la produzione di scarpe in stabilimenti cinesi per multinazionali. E credimi, se qualcuno ti racconta che la manodopera è cruciale, ti racconta una balla clamorosa. E' importante sì, ma non è il fattore primario. Il fattore primario per una calzatura è il costo della materia prima. Almeno per quella di massa, per le produzioni limitate il discorso cambia, ma allora si va all'artigianato. Perchè per esempio l'Adidas produceva le ciabatte ( roba da pochi dollari, è la calzatura che costa meno ) in Italia e non in Cina? Perchè costava meno. Perchè ci sono dazi. Perchè ad esempio si può permettere di produrre la ciabatta ad iniezione, invece dello stampo: la tecnica ad iniezione permette di avere scarto zero, ma gli stampi costano milioni, in euro. Devi bilanciare il costo del macchinario con la resa in produzione. Conviene solo se fai certi numeri, se non li fai non conviene.
Poi pensa che la Geox fa rifare qui in Italia migliaia di paia perchè dagli stabilimenti romeni escono fatte col deretano. Ripeto, le fanno rifare, quindi costa due volte. Economico, vero?
Pensa che la New Balance ha uno stabilimento in Inghilterra, l'Adidas ne ha uno di proprietà in Germania, oltre a produrre in Italia: la produzione tutta all'estero è una cosa prettamente italiana, ma qui entrano in gioco altri fattori tipo "mafia", ci anche altre cose dietro. Per esempio, per la produzione in Cina tutte le fabbriche italiane devono passare per una società commerciale di proprietà di un certo signor Tirindelli, il quale ha bellamente piazzato i suoi uomini dentro i posti chiave di ogni azienda italiana che vuole produrre in Cina. Con la sola esclusione della Fila mi sembra.
Per il tessile, non ti so dire. Non mi sbilancerei comunque a dire che è un settore a bassa automazione.
beh chiaro che nn bastano 2 lire per un calzaturificio...dico solo che essendo un attività ad alto tasso di manodopera,il costo di questa è ,se nn la prima,la seconda forza motrice al delocalizzare.
A meno che nn si decida di fare una politica di gestione nn orientata solo ai costi.
il tessile invece ,inteso come confezionamento dei capi, è secondo me a bassissima automazione per forza,altrimenti nn potrebbe avere la flessibilità richiesta.
A me Della Valle sta sulle scatole, ma non si possono paragonare le sue scarpe ed il suo business alle Geox, che spesso sono stilisticamente pure copiate da altri (per esempio dalle Hogan di Della Valle :asd: ).
Tra l'altro Mario Moretti Polegato mi pare rappresenti bene l'imprenditore medio italiano, una buona idea di partenza, ma zero in cultura, economica e non. Un paio d'anni fa, in piena crisi FIAT, gli chiesero se avrebbe mai acquistato una macchina con quel marchio: lui rispose che lo avrebbe fatto solo se diventavano di moda...
Mario Moretti Polegato.......un uomo che è riuscito a mettere l'impianto a gas sulla sua Ferrari :eek:
Lasciando perdere il gossip, vorrei citare anche un episodio, mi sembra avvenuto l'anno scorso, quando la Lotto per sbaglio fece partire la produzione di un modello di scarpa, che poi fermò perchè la scarpa doveva essere modificata. Però fabbricarono circa 5.000 paia di scarpe "sbagliate". Bene, la Lotto rifiutò di acquistarle, e le lasciò al produttore. Siccome le fabbriche cinesi, anche se qui si parla mi sembra della Wai Wai, una società taiwanese con fabbriche in Cina ( la più grande, 50.000 operai ), già lavoravano a credito con la Lotto, procedettero a chiudere i rubinetti. Poco male, perchè la Lotto all'epoca stava già portando parte della produzione in India.
E non mi meraviglierò se poi passeranno in Vietnam e poi Indonesia e così via.
Questo per esemplificare come ragiona buona parte dell'imprenditoria, soprattutto veneta: non ti pago proprio. Punto.
Con una classe imprenditrice di tal fatta, come si può sperare di risalire la china? :confused:
sempreio
23-03-2006, 11:51
Ho citato un esempio. Chiaro che ci sono settori dove il costo della manodopera incide di più, e altri di meno. Ma che nel settore calzaturiero sia ridotto ad un paio di macchine da cucire, ti sbagli di grosso.
Non pensare che quello che dice Della Valle sia oro colato. Anche lui ha il suo interesse a dire certe cose, e a tacere su altre.
Le fustelle? Le forme? Gli stampi? I macchinari?
Non pensare che un calzaturificio sia una serie di macchine da cucire, non è così. E' una cosa molto più complessa, che funziona nello stesso modo di tutte le altre produzioni di massa. Più hai produzione, più riesci a diminuire i costi per unità.
Io ho anche lavorato alla Geox, e mia sorella gestisce la produzione di scarpe in stabilimenti cinesi per multinazionali. E credimi, se qualcuno ti racconta che la manodopera è cruciale, ti racconta una balla clamorosa. E' importante sì, ma non è il fattore primario. Il fattore primario per una calzatura è il costo della materia prima. Almeno per quella di massa, per le produzioni limitate il discorso cambia, ma allora si va all'artigianato. Perchè per esempio l'Adidas produceva le ciabatte ( roba da pochi dollari, è la calzatura che costa meno ) in Italia e non in Cina? Perchè costava meno. Perchè ci sono dazi. Perchè ad esempio si può permettere di produrre la ciabatta ad iniezione, invece dello stampo: la tecnica ad iniezione permette di avere scarto zero, ma gli stampi costano milioni, in euro. Devi bilanciare il costo del macchinario con la resa in produzione. Conviene solo se fai certi numeri, se non li fai non conviene.
Poi pensa che la Geox fa rifare qui in Italia migliaia di paia perchè dagli stabilimenti romeni escono fatte col deretano. Ripeto, le fanno rifare, quindi costa due volte. Economico, vero?
Pensa che la New Balance ha uno stabilimento in Inghilterra, l'Adidas ne ha uno di proprietà in Germania, oltre a produrre in Italia: la produzione tutta all'estero è una cosa prettamente italiana, ma qui entrano in gioco altri fattori tipo "mafia", ci anche altre cose dietro. Per esempio, per la produzione in Cina tutte le fabbriche italiane devono passare per una società commerciale di proprietà di un certo signor Tirindelli, il quale ha bellamente piazzato i suoi uomini dentro i posti chiave di ogni azienda italiana che vuole produrre in Cina. Con la sola esclusione della Fila mi sembra.
Per il tessile, non ti so dire. Non mi sbilancerei comunque a dire che è un settore a bassa automazione.
gli stampi costano milioni di euro perchè sono prodotti qui in italia, fra poco vedrai che in cina potranno fare gli stessi stampi a 1/10 di quel costo, a cosa servono sennò quei milioni di ingegneri cinesi ;)
ma quando finirà anche qui in italia la produzione di macchine di precisione, allora l' italia non avrà più nulla
zerothehero
23-03-2006, 11:58
bè il tessile a parte la produzione di alta gamma è perduto..non è possibile avere fabbriche in italia (e infatti tutti delocalizzano nell'est e in China)..in fin dai conti la stessa cosa è avvenuta in Inghilterra ben prima di oggi...non si può pretendere di produrre dei prodotti a basso valore aggiunto con alti costi, mi pare ovvio.
gli stampi costano milioni di euro perchè sono prodotti qui in italia, fra poco vedrai che in cina potranno fare gli stessi stampi a 1/10 di quel costo, a cosa servono sennò quei milioni di ingegneri cinesi ;)
ma quando finirà anche qui in italia la produzione di macchine di precisione, allora l' italia non avrà più nulla
costano tanto ( ma milioni di euro è esagerato) solo perchè richiedono macchine con costi orari proibitivi
sempreio
23-03-2006, 13:40
costano tanto ( ma milioni di euro è esagerato) solo perchè richiedono macchine con costi orari proibitivi
alla fine sono costi orari del personale, che fa e progetta ste macchine, anche prima si è detto che i costi del personale incide sul prodotto finito della mercedes per solo il 2% e hanno detto un' assurdità, non viene minimamente contato tutto il personale dell' indotto e le ore di lavoro dei macchinari dell' azienda. non so nulla di aziende lo ammetto, ma so che oltre il costo della materia prima tutto il resto sono costi dati dall' uomo
gli stampi costano milioni di euro perchè sono prodotti qui in italia, fra poco vedrai che in cina potranno fare gli stessi stampi a 1/10 di quel costo, a cosa servono sennò quei milioni di ingegneri cinesi ;)
ma quando finirà anche qui in italia la produzione di macchine di precisione, allora l' italia non avrà più nulla
La produzione di stampi già la fanno in Cina da un pezzo..... ;)
Però gli stampi italiani sono i migliori in assoluto, seguiti dai coreani e dai tedeschi. Ma a seconda della qualità costano, ovvio.
Ma, vedi, il discorso è sempre quello: la produzione finirà non perchè la manodopera costi di meno ( già lo stanno dimostrando i tedeschi, pur con le loro difficoltà ), ma perchè ci stiamo tagliando le gambe da soli facendo imprenditoria nel modo sbagliato. Non siamo in un sistema meritocratico, ma di raccomandati. E le produzioni non vengono pensate con la pianificazione, ma solo con l'unico scopo dell'immediato guadagno personale. Insomma, è la mentalità truffaldina che ci frega, non i costi della manodopera ( ammortizzabili in più di un sistema ), nè la mancanza di teste buone. Ti assicuro che il più stacanovista dei cinesi non lavora come un buon operaio del Nord-Est, però a questo punto sta venendo meno anche la voglia di lavorare.
A guardare bene, almeno dalle mie parti, che tutto sommato è tutt'ora il centro più importante della calzatura italiana, il declino non è iniziato con l'avvento della produzione cinese, ma già qualche anno prima. Così anche il tessile. Se i cinesi sono aggressivi, e lo sono, hanno solo peggiorato una situazione già difficile di suo. E non è colpa della manovalanza se le imprese della zona non sono cresciute com'era nelle loro possibilità, ma degli imprenditori, e della struttura delle aziende, sempre a carattere familiare, e non manageriale. La Lotto e la Diadora una volta erano ben più importanti di quanto non lo sono adesso. I tennisti, una ventina di anni fa, facevano mettere una postilla nei contratti di sponsorizzazione per poter giocare a Wimbledon con scarpe Diadora. Adesso figuriamoci!
Negli anni settanta, quando è esploso il settore calzaturiero, in poco tempo le aziende a carattere familiare si sono espanse a tal punto da non risultare più gestibili com'erano prima, e i titolari non si sono resi conto che dovevano ricorrere ai manager. E' stato lì il disastro, non è colpa della Cina. E' la testa degli imprenditori che non è arrivata a capire la globalizzazione, perchè è stato un fenomeno troppo grande e complesso.
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