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View Full Version : Ripensare la politica a partire dalle arance


cerbert
20-03-2006, 13:21
Faccio una doverosa premessa.
Il gruppo locale dell'associazione di volontariato di cui faccio parte ( www.manitese.it ) sostiene i G.A.S. , gruppi di acquisto solidale che null'altro sono, alla fine che la riedizione più strutturata e formalizzata dei gruppi d'acquisto che i nostri o noi stessi facciamo con i colleghi d'ufficio, i compagni di convitto, i condomini per andare a comprare "dal produttore" gli insaccati o le casse di verdure.
L'unica differenza è che i GAS si propongono qualche vincolo in più, rinunciando a qualche convenienza in cambio di qualche garanzia.
Comunque, un sacco di informazioni le trovate qui: http://www.retegas.org/

Fatta la premessa, questo è un breve articolo/testimonianza inviatoci da uno dei produttori da cui ci riforniamo, lo posto per il suo valore "realmente" politico:


Cari amici dei Gas, mi chiamo Roberto, ho tre figli, 50 anni e da più di 20 mi occupo di agricoltura biologica. Vi racconto la mia storia con una breve premessa. Nella mia terra, la Sicilia orientale, in origine c'era il latifondo, padroni, nobili assenti, braccianti quasi schiavi, mezzadri, amministratori ladroni, ma il padrone faceva comunque la bella vita. Poi vennero le riforme agrarie e la proprietà fu frazionata.
Il lavoro rendeva bene, con due tumuli di agrumeto (circa 4.000 metri) "si campava la famiglia". Molti braccianti riuscirono a comprare, ci fu una certa ricchezza diffusa, ma poi sono arrivate globalizzazione e internazionalizzazione dei mercati, i prezzi sono calati verticalmente (negli anni 80 vendevo a 650/750 lire al kg, oggi, al massimo, ti offrono 20 centesimi). I costi di produzione sono saliti e per il piccolo proprietario il margine si è via via assottigliato, fino ad arrivare a zero.
I grossi produttori e commercianti, fanno dumping con le loro produzioni o con i prodotti importati dal Marocco, impongono prezzi bassissimi sui mercati. Quando il piccolo vede il disastro, che nessuno gira per comprare, e si vede infine proporre quei 10-20 centesimi al chilo che non gli pagano neanche le spese vive, piange ma finisce per cedere, perchè teme che sia l'unica occasione di vendita.
Ma non basta: il valore fondiario dei terreni precipita. E chi spunta allora? Il grosso commerciante, che per un pezzo di pane ti libera dalla croce di possedere un pezzo di terra.

Che ironia che da noi si chiami l'agrumeto "il giardino" (un tempo, forse, luogo di delizie), e che neanche con la pressa riesci più a cavarci fuori qualche risorsa. E si fa fatica e c'è silenzio e solitudine. Vediamo Natale arrivare e le arance sugli alberi, anzi per terra, chè nessuno le compra e il vento e la pioggia li buttano giù (vi manderò una foto con un bel tappeto rosso sotto gli alberi). E viene molta voglia di mollare, se puoi. Oppure insisti per affetto, per caparbietà, per disperazione, perchè senti l'agrumeto come una creatura viva più che come una fonte di reddito. Ed è quello che ho fatto io negli anni scorsi: lavoracci per campare, salariato a montare spettacoli, facchino, interprete e autotrasportatore per gli americani della base Nato. Stavo in campagna il sabato, la domenica, quando riuscivo a scappare dai lavori. Ma non ci campavo, giusto tenevo in piedi il giardino senza farlo seccare, deprimente.
Negli ultimi anni sono giunto alla determinazione di voler avere un contatto personale con chi mette in bocca i miei prodotti. Niente più mediatori, cooperative, commercianti e intermediari. Mi è piaciuta l' idea di relazionarmi con un gruppo di acquisto e circa due anni fa, a novembre 2003, ho mandato una lettera via mail a tutti i Gas di cui ho trovato l'indirizzo: evidentemente vi ho riversato un vissuto lungo e sofferto, perchè ho ricevuto molte risposte. Ho iniziato con qualche cassetta a un gruppo di amici di Trento, l'anno scorso ho venduto quasi tutta la mia produzione ai Gas. Questo inverno ho mandato a decine di gruppi d'acquisto in tutto il Nord Italia circa 100 mila chili di agrumi.

E' iniziato così un nuovo corso: mi è possibile restare in agricoltura, trarre da vivere lavorando onestamente facendo una cosa che mi piace: mi ritrovo ad avere contatti numerosi, talvolta intensi con persone mai viste, molti ospiti da varie parti d'Italia sono venuti a trovarci ed abbiamo condiviso qualche escursione nelle zone più belle della mia terra. Questo sta significando la rottura dell' isolamento, uno dei mali peggiori dell'agricoltura meridionale, e in questo "risorgimento", in qualche cena e dopocena al fresco della mia casa, sgorgano una quantità di idee interessanti: come quella di coinvolgere altri amici, sottrarre qualche altro produttore dalla gogna dei sensali. E così è stato. Diversi agricoltori si sono rivolti a noi intravedendo la possibilità di avere di nuovo un reddito e di poter restare in campagna. Siccome non vogliamo fare un supermercato del bio on line, nè i commercianti, abbiamo offerto la nostra esperienza e il nostro entusiasmo perchè nascessero altre iniziative analoghe. Ma abbiamo accolto le richieste di alcuni amici, realtà magari troppo piccole per poter gestire in proprio un'attività del genere, e abbiamo inserito nel listino i prodotti da forno della cooperativa l'Arcolaio del carcere di Siracusa. Mi ha dato molta soddisfazione sentirmi dire da Barbara, mia amica dai tempi verdi, agricoltora bio da 25 anni: "è la prima volta che vedo un po' di soldi, ho potuto cambiare le ruote della macchina e ho fatto aggiustare il trattore".

E il prossimo passo potrebbe essere fare un piccolo consorzio.

Combattivamente.


Non sarebbe l'unica testimonianza di questo genere, nei colli dietro a Bordighera una anziana ex-insegnante è impegnata in una crociata contro gli sterpi e la spazzatura che soffocano interi ettari una volta coltivati a olive taggiasche, una delle varietà più gustose del mondo. Migliaia di altre persone cercano di vivere, davvero, sulla (e della) "terra italica" senza pesare in maniera insensata sulle tasche del consumatore, non solo come "sussidi" versati per tener terre a marcita ma proprio come prezzo finale.
Le arance di Roberto non costano certo tanto di più che quelle che hanno girato il mondo a scaricar l'IVA. Una bottiglia da un litro di olio d'oliva "Arnasca" (altra varietà) che non debba far rientrare della pubblicità e della marca costa tra i 9 e i 12 euro da un commerciante onesto... quanti di noi spendono 12Euro per un aperitivo con due amici?

Queste persone fanno una politica molto più sensata, a mio parere, di chi vagheggia di inapplicabili dazi a questo e quell'altro; difendono la nostra cultura ed il nostro territorio nei fatti e non nel blahblah da salotto televisivo.
E garantiscono quella libertà di scelta che è il fondamento ultimo della democrazia, perchè se non si parte a difendere il diritto a scegliere il proprio nutrimento, su cosa esprimeremo mai un diritto di voto che abbia valore?

Forse è per questo che della singolare "coppa davis" politica che abbiamo allestito ben poco m'interessa: da un agrumeto io posso vedere il lavoro che sta dietro l'agrumeto e la persona che sta dietro al lavoro. Questi signori, quando mangiano un'arancia, neanche ci pensano a questo.