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View Full Version : ***Presagi di crisi economica simile al 1929***


eraser
08-03-2006, 13:59
Articolo (http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=358385)


La settimana del 20-26 marzo rappresentera’ l’inizio di una crisi politica che potrebbe sfociare in una crisi economica e finanziaria simile al 1929. Motivi: la borsa petrolifera di Teheran in euro e l'abolizione della M3 da parte della Fed.

Il contenuto di questo articolo e' una traduzione letterale ma parziale di un rapporto del Laboratoire européen d’Anticipation Politique Europe 2020. Il pensiero degli autori non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Il Laboratoire européen d’Anticipation Politique Europe 2020 (LEAP/E2020) stima, con una probabilita’ dell’80%, che la settimana del 20-26 marzo rappresentera’ l’inizio di una significativa crisi politica che potrebbe sfociare in una crisi economica e finanziaria simile a quella scoppiata nel 1929. Nel caso di un intervento militare da parte degli Stati Uniti o di Israele contro l’Iran, le probabilita’ dello scoppio della crisi ammonterebbero al 100%.

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L’allarme e’ basato su due eventi fondamentali che si verificheranno nella settimana in questione. Il primo riguarda la decisione iraniana relativa all’apertura della prima borsa petrolifera prezzata in euro, che dovrebbe aprire il prossimo 20 marzo a Teheran e sara’ disponibile per tutti i produttori petroliferi della regione; il secondo riguarda la decisione della Federal Reserve americana di sospendere la pubblicazione dei dati relativi all’offerta di moneta M3 (che rappresenta uno degli indicatori piu’ affidabili per la stima dell’ammontare in dollari circolante nel mondo) a partire dal 23 marzo prossimo.

Gli analisti e ricercatori dell’associazione hanno identificato ben sette componenti che potrebbero indurre ad una crisi totale in cui sara’ coinvolto l’intero pianeta sia dal punto di vista politico che finanziario ed economico, nonche’ militare:

1. Crisi di fiducia nel dollaro
2. Crisi della stabilita’ finanziaria americana
3. Crisi petrolifera
4. Crisi della leadership statunitense
5. Crisi del mondo Arabo-Musulmano
6. Crisi della governabilita’ globale
7. Crisi della governabilita’ europea

Cerchiamo ora di spiegare come i primi 3 di questi eventi possono contribuire allo scoppio di una crisi globale.

Punto numero 1: “La creazione di una borsa petrolifera iraniana prezzata in euro”

Il verificarsi di tale evento rappresenterebbe la fine del monopolio del dollaro sul mercato petrolifero globale, con conseguenze immediate sui mercati internazionali della valute. In tal contesto, i Paesi produttori di greggio sarebbero in grado di prezzare il proprio output in valuta europea e, allo stesso modo, i Paesi europei sarebbero in grado di acquistare quantita’ di petrolio utilizzando la propria valuta, trascurando il cambio in dollari. In pratica, solo un minor numero di operatori avrebbe la necessita’ di un ammontare in valuta americana, con la conseguenza di una pesante svalutazione del dollaro. In uno scenario del genere, non sarebbe da escludere un cambio euro/dollaro di 1.70 entro la fine del 2007.

Punto numero 2: “La sospensione della pubblicazione dell’indicatore macroeconomico M3”

Con tale decisione, fortemente criticata dalla comunita’ degli economisti ed analisti finanziari, l’evoluzione della quantita’ di denaro denominato in dollari a livello globale perdera’ di trasparenza. Nell’ipotesi di un forte deprezzamento del dollaro, cosi’ come spiegato poco sopra, si potrebbe assistere ad una massiccia vendita dei bond del Tesoro americani detenuti nei Paesi asiatici ed europei e in quelli produttori di greggio. Cio’ permetterebbe agli Stati Uniti di “nascondere”, per il maggior tempo possibile, due decisioni, in parte imposte dalle scelte politiche ed economiche degli ultimi anni: la “monetarizzazione” del debito Usa e il lancio di una politica monetaria che possa sostenere l’attivita’ economica a stelle e strisce.

Punto numero 3: “L’intervento militare contro l’Iran”

L’Iran gode di significativi asset strategici e dell’abilita’ di intervenire direttamente sull’output di greggio, alterandone il livello globale. Numerose le possibilita’ da non trascurare, alla portata di uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo: il blocco delle stretto di Ormuz (situato tra il golfo Persico e quello di 'Oman e che separa l'isola di Ormuz dalle coste dell'Arabia), l’intervento nei conflitti in corso tra Iraq e Afghanistan, il ricorso al terrorismo internazionale nel caso estremo di un crollo dei rapporti con l’Occidente. Se gli Usa decidessero di intervenire militarmente contro l’Iran, potrebbero correre il rischio di rimanere privi del supporto degli europei, ancora titubanti sul modo in cui e’ stata gestita l’invasione dell’Iraq. Allo stesso tempo, il conseguente aumento dei prezzi petroliferi, potrebbe portare i Paesi asiatici, e la Cina in particolare, ad opporsi all’operazione, forzando gli Stati Uniti (o Israele) ad un intervento autonomo, senza l’appoggio delle Nazioni Unite.

Nella peggiore delle ipotesi, l’unione di tali componenti potrebbe causare un crollo del dollaro rispetto alle principali valute internazionali, un vertiginoso aumento dei prezzi petroliferi (oltre i $100 al barile), un peggioramento delle situazioni militari gestite da Usa e Gran Bretagna in Medio Oriente, una crisi economica e finanziaria paragonabile a quella scoppiata nel 1929, un improvviso stop del processo di globalizzazione, un collasso dell’asse transatlantico con conseguenti pericoli per il mondo intero.

Le conseguenze dell’ultima settimana di marzo saranno cruciali. Per gli investitori privati la scelta sembra essere forzata: e’ ormai chiaro che il dollaro non gode piu’ di quella fama di valuta “rifugio” che lo ha caratterizzato per cosi’ lungo tempo: il recente rally dell’oro potrebbe essere la spiegazione a tale evento, cosi’ come dimostrato dai numerosi operatori che hanno saggiamente anticipato tale trend.

Copyright © Laboratoire européen d’Anticipation Politique Europe 2020 per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved

(Traduzione a cura di Luigi De Giovanni)


corriamo a ritirare i risparmi dalle banche d'america? :stordita: :stordita:

FastFreddy
08-03-2006, 14:13
Scuse elettorali:

Oggi: "C'è stato l'11 settembre 2001"

Tra 5 anni: "C'è stato il crollo della borsa nel 2006!"

sempreio
08-03-2006, 14:41
l' unico bene rifugio secono me è avere la cantina piena di scatolette :rolleyes:

generals
08-03-2006, 14:48
secondo me questi portano solo sfiga! :fuck:

cprintf
08-03-2006, 15:25
Mi ricorda vagamente qualcosa...

...ah ecco:
http://www.macrolibrarsi.it/__duri_e_puri_eugenio_benetazzo.php

Altri dati per la gioia di tutti:
http://www.movisol.org/komp1.htm

E calcola che nell'articolo che hai postato manca il discorso sulla bolla immobiliare americana (http://www.nypost.com/business/64323.htm
<< HOUSING MARKET GLUTS UP>>).

...l'apertura della borsa in Euro non è una novità per chi legge i miei post...

Dai che non manca molto alla fine di Marzo...ormai siamo qui con i pop-corn! :D

Dona*
08-03-2006, 16:27
Beh che dire... non so quanto siano da prendere sul serio, ma sono scenari inquientanti

von Clausewitz
08-03-2006, 16:28
Articolo (http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=358385)



corriamo a ritirare i risparmi dalle banche d'america? :stordita: :stordita:

prendiamolo direttamente dall'originale
http://www.europe2020.org/fr/section_global/150206.htm
sembra un sito francogollista stile reseauvoltaire con le abituali venature antiamericane in mancanza delle quali probabilmente non saprebbe(ro) che scrivere
le solite fregnacce

cprintf
08-03-2006, 16:39
prendiamolo direttamente dall'originale
http://www.europe2020.org/fr/section_global/150206.htm
sembra un sito francogollista stile reseauvoltaire con le abituali venature antiamericane in mancanza delle quali probabilmente non saprebbe(ro) che scrivere
le solite fregnacce

Ah, quindi tu scommetti contro? Ok! :D

...per intanto un po' di "fregnacce" per aumentare la suspence:

<<Borsa petrolifera in euro entro marzo 2006>>
http://it.altermedia.info/economia/borsa-petrolifera-in-euro-entro-marzo-2006_2818.html

<<Supereroi... e Borsa iraniana.>> (verso metà pagina)
http://petrolio.blogosfere.it/2006/03/

<<Il dollaro minacciato dalla Borsa del Petrolio iraniana: ecco perchè l'Iran fa tanto paura.>>
http://www.businessonline.it/1/EconomiaeFinanza/950/Il_dollaro_minacciato_dalla_Borsa_del_Petrolio_iraniana_ecco_perch%C3%A8_l_Iran_fa_tanto_paura.html

<<La minaccia iraniana: bombe o euro?>>
http://www.nuovimondimedia.com/sitonew/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=1067&topic=20

(Su google ce ne sono ancora, volendo)

von Clausewitz
08-03-2006, 16:48
Mi ricorda vagamente qualcosa...

...ah ecco:
http://www.macrolibrarsi.it/__duri_e_puri_eugenio_benetazzo.php

Altri dati per la gioia di tutti:
http://www.movisol.org/komp1.htm

E calcola che nell'articolo che hai postato manca il discorso sulla bolla immobiliare americana (http://www.nypost.com/business/64323.htm
<< HOUSING MARKET GLUTS UP>>).

...l'apertura della borsa in Euro non è una novità per chi legge i miei post...

Dai che non manca molto alla fine di Marzo...ormai siamo qui con i pop-corn! :D

ancora non hai capito che:
1) la storia della borsa di petrolio in euro è una fregnaccia, nel senso che non interessa nessuno neanche agli iraniani che infatti sinora non l'hanno messa in pratica, pur avendo tutto il tempo e la facoltà di farlo
2) la vera natura del contendere con l'iran che certo non riguarda solo gli USA e tantomeno la storia di borse petrolifere e amenicoli vari ed eventuali, quanto piuttosto qualcosa a che vedere con la sigla U (sta per uranio) e derivati
3) cosa è una bolla immobiliare e quella americana in particolare

si spera che fra un paio di settimane tu abbia capito almeno due su tre di questi punti e la smetta di tediarci di discussioni catastrofiste e fantapolitiche in merito

ginogino65
08-03-2006, 17:03
ancora non hai capito che:
1) la storia della borsa di petrolio in euro è una fregnaccia, nel senso che non interessa nessuno neanche agli iraniani che infatti sinora non l'hanno messa in pratica, pur avendo tutto il tempo e la facoltà di farlo
2) la vera natura del contendere con l'iran che certo non riguarda solo gli USA e tantomeno la storia di borse petrolifere e amenicoli vari ed eventuali, quanto piuttosto qualcosa a che vedere con la sigla U (sta per uranio) e derivati
3) cosa è una bolla immobiliare e quella americana in particolare

si spera che fra un paio di settimane tu abbia capito almeno due su tre di questi punti e la smetta di tediarci di discussioni catastrofiste e fantapolitiche in merito

Altri due paesi sono passati dal dollaro all'euro per le transazioni petrolifere, è sono l'iraq, e il venezuela, tutti noi sappiamo come è andata a finire con l'iraq, e il venezuela non è che se la stia passando bene.

cprintf
08-03-2006, 17:17
ancora non hai capito che:
1) la storia della borsa di petrolio in euro è una fregnaccia, nel senso che non interessa nessuno neanche agli iraniani che infatti sinora non l'hanno messa in pratica, pur avendo tutto il tempo e la facoltà di farlo
2) la vera natura del contendere con l'iran che certo non riguarda solo gli USA e tantomeno la storia di borse petrolifere e amenicoli vari ed eventuali, quanto piuttosto qualcosa a che vedere con la sigla U (sta per uranio) e derivati
3) cosa è una bolla immobiliare e quella americana in particolare

si spera che fra un paio di settimane tu abbia capito almeno due su tre di questi punti e la smetta di tediarci di discussioni catastrofiste e fantapolitiche in merito

1) Beh...penso che questa operazione abbia anche dei costi per l'Iran, quindi non l'avranno fatto prima perchè magari non lo consideravano il momento più opportuno. E dato che la cosa è "teatrale" non ci vedrei niente di strano nel programmare l'apertura della borsa in coincidenza con le elezioni in Israele.

2) Ma perchè secondo te l'Iran non potrebbe comprarsi le armi nucleari già fatte dalla Russia? Che bisogno vuoi che abbiano di farsi la bomba in casa?

3) La bolla immobiliare sono i prezzi degli immobili sopravvalutati. Cifre assurde che derivano dal fatto che i tassi erano bassissimi e quindi tantissimi hanno fatto prestiti per comprare immobili che ovviamente sono aumentati di valore.
Ora che i tassi stanno risalendo i prezzi dovrebbero tornare giù. Il problema è capire in che modo.

Gemma
08-03-2006, 17:54
io non ne so molto di economia, ma pare che qualcuno avesse previstola botta economica...

Michael Wells Mandeville (http://www.macrolibrarsi.it/__come_affrontare_crollo_economico_2006_2007.php)

sempreio
08-03-2006, 18:20
in ogni caso spero che gli stati uniti possano reggere, non lo vedo bene il mondo in mano a putin alla cina e a qualche regime arabico :(

zerothehero
08-03-2006, 18:29
Articolo (http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=358385)



corriamo a ritirare i risparmi dalle banche d'america? :stordita: :stordita:

Non vedo crisi di sovrapproduzione, al massimo ci può essere stagflazione, qualora i prezzi del petrolio dovessero ANCORA aumentare..insomma un nuovo '73 e non un nuovo '29.

Black Dawn
08-03-2006, 19:58
E tutto questo è solo l'inizio...aspettate il 2009... :mc:

giannola
08-03-2006, 20:09
in ogni caso spero che gli stati uniti possano reggere, non lo vedo bene il mondo in mano a putin alla cina e a qualche regime arabico :(

la crisi del 29 non si può ripetere in questo scenario perchè semplicemente non c'è una crisi.
C'è invece lo spostamento di competitività, l'europa prima e gli Usa stanno ridimensionando i propri mercati in ragione della loro competitività che che si modifica con tendenza al basso.
Se ci fosse crisi tutti i mercati avrebbero delle "sofferenze", ma non è così.
Vi sono paesi che stanno invece che hanno una crescita galoppante: la Cina, in primis, ma anche la Russia, l'India, il Perù (pil al 7%) e altri.
Alcuni fondi d'investimento orientati sui paesi emergenti hanno raggiunto il 35-40% solo nell'ultimo anno.
Quindi è veramente fuori luogo parlare di crisi, ma piuttosto di perdita di competitività

Black Dawn
08-03-2006, 20:17
la crisi del 29 non si può ripetere in questo scenario perchè semplicemente non c'è una crisi.
C'è invece lo spostamento di competitività, l'europa prima e gli Usa stanno ridimensionando i propri mercati in ragione della loro competitività che che si modifica con tendenza al basso.
Se ci fosse crisi tutti i mercati avrebbero delle "sofferenze", ma non è così.
Vi sono paesi che stanno invece che hanno una crescita galoppante: la Cina, in primis, ma anche la Russia, l'India, il Perù (pil al 7%) e altri.
Alcuni fondi d'investimento orientati sui paesi emergenti hanno raggiunto il 35-40% solo nell'ultimo anno.
Quindi è veramente fuori luogo parlare di crisi, ma piuttosto di perdita di competitività


Aspetta che arrivi l'onda elettromagnetica sulla costa orientale degli USA...3 anni mancano...dark angel rulez! :read: :Prrr:

giannola
08-03-2006, 20:21
Aspetta che arrivi l'onda elettromagnetica sulla costa orientale degli USA...3 anni mancano...dark angel rulez! :read: :Prrr:

:confused: ti sei visto troppi film.
In ogni caso mi pare che il mondo si stia attrezzando per fare a meno degli stati uniti.

Black Dawn
08-03-2006, 20:24
:confused: ti sei visto troppi film.
In ogni caso mi pare che il mondo si stia attrezzando per fare a meno degli stati uniti.

Chi vivrà vedrà :O :cool: :sofico:

cyber
08-03-2006, 20:25
Quindi è veramente fuori luogo parlare di crisi, ma piuttosto di perdita di competitività

speriamo :rolleyes:

Articolo su dollaro e cina (http://www.disinformazione.it/cinadollaro.htm)

sempreio
08-03-2006, 20:39
la crisi del 29 non si può ripetere in questo scenario perchè semplicemente non c'è una crisi.
C'è invece lo spostamento di competitività, l'europa prima e gli Usa stanno ridimensionando i propri mercati in ragione della loro competitività che che si modifica con tendenza al basso.
Se ci fosse crisi tutti i mercati avrebbero delle "sofferenze", ma non è così.
Vi sono paesi che stanno invece che hanno una crescita galoppante: la Cina, in primis, ma anche la Russia, l'India, il Perù (pil al 7%) e altri.
Alcuni fondi d'investimento orientati sui paesi emergenti hanno raggiunto il 35-40% solo nell'ultimo anno.
Quindi è veramente fuori luogo parlare di crisi, ma piuttosto di perdita di competitività


se crollano gli stati uniti crolla tutto

zerothehero
08-03-2006, 21:46
Quindi è veramente fuori luogo parlare di crisi, ma piuttosto di perdita di competitività

Dipende..in USA la produttività continua ad aumentare..l'unica vulnerabilità che io vedo per l'Impero è il crescente costo del petrolio, che alla lunga rischia di azzoppare il pil e di produrre inflazione (->stagnazione+inflazione=stagflazione). Poi dovrebbero un pò ridurre il deficit, ma finchè i cinesi ammassano dollari non hanno problemi.. :D
L'europa ha invece problemi molto più seri.

dupa
09-03-2006, 12:19
allora

1) se questa notizia fosse così incredibile, avremmo visto il dollaro precipitare.. cosa che invece non sta accadendo.. anzi, negli ultimi mesi si è rafforzato:

http://it.finance.yahoo.com/q/bc?s=EURUSD=X&t=3m

2) il fatto che molti stati, specialmente gli arabi, avrebbero cominciato a trattare in euro e a costituire riserve monetarie in euro, era una cosa che la sapevano anche i muri.. alla fine il vantaggio principale dell'euro è proprio quello di legare a una sola moneta tanti PIL in modo da avere un PIL associato superiore a quello del dollaro, al fine di creare in giro per il mondo riserve monetarie in euro, e conseguentemente chi ha una riserva monetaria in euro non ha alcun interesse a far andar male l'economia europea..

Insomma.. una notizia che vale poco o nulla.
Saluti.

giannola
09-03-2006, 12:56
se crollano gli stati uniti crolla tutto
:rotfl:
se si continua a vivere in questa illusione, allora davvero gli USA finiranno a gambe all'aria.
Notiziola di ieri: la Toyota si appresta a superare GM nel mercato.

dupa
09-03-2006, 12:57
:rotfl:
se si continua a vivere in questa illusione, allora davvero gli USA finiranno a gambe all'aria.
Notiziola di ieri: la Toyota si appresta a superare GM nel mercato.

peccato che produca negli USA, e cmq Toyota è da anni il principale produttore di auto al mondo

zerothehero
09-03-2006, 12:58
:rotfl:
se si continua a vivere in questa illusione, allora davvero gli USA finiranno a gambe all'aria.
Notiziola di ieri: la Toyota si appresta a superare GM nel mercato.

Gm è in fortissima crisi..ci sono dei grafici di confronto tra GM e Toyota che fanno impressione...

:D

von Clausewitz
10-03-2006, 00:49
Ah, quindi tu scommetti contro? Ok! :D

...per intanto un po' di "fregnacce" per aumentare la suspence:

<<Borsa petrolifera in euro entro marzo 2006>>
http://it.altermedia.info/economia/borsa-petrolifera-in-euro-entro-marzo-2006_2818.html

<<Supereroi... e Borsa iraniana.>> (verso metà pagina)
http://petrolio.blogosfere.it/2006/03/

<<Il dollaro minacciato dalla Borsa del Petrolio iraniana: ecco perchè l'Iran fa tanto paura.>>
http://www.businessonline.it/1/EconomiaeFinanza/950/Il_dollaro_minacciato_dalla_Borsa_del_Petrolio_iraniana_ecco_perch%C3%A8_l_Iran_fa_tanto_paura.html

<<La minaccia iraniana: bombe o euro?>>
http://www.nuovimondimedia.com/sitonew/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=1067&topic=20

(Su google ce ne sono ancora, volendo)

a caso da uno dei link inizia così:

"Certamente non sono un esperto di economia, ma come avrai visto dalle storie che seleziono, sono estremamente attratto dal dare visibilità alle news che non solo non sono affrontate dai mainstream media, ma che hanno poca o nessuna visibilità addirittura anche da parte di blogger indipendenti e siti di news."

insomma le solite analisi "alternative" riportanti i pareri di questo o quell'altro
non meglio identificato "professore" di "economia"
cosa vuoi che ti dica, per me son le solite fanfaluche di chi probabilmente non saprebbe che altro scrivere

von Clausewitz
10-03-2006, 00:59
1) Beh...penso che questa operazione abbia anche dei costi per l'Iran, quindi non l'avranno fatto prima perchè magari non lo consideravano il momento più opportuno. E dato che la cosa è "teatrale" non ci vedrei niente di strano nel programmare l'apertura della borsa in coincidenza con le elezioni in Israele.

2) Ma perchè secondo te l'Iran non potrebbe comprarsi le armi nucleari già fatte dalla Russia? Che bisogno vuoi che abbiano di farsi la bomba in casa?

3) La bolla immobiliare sono i prezzi degli immobili sopravvalutati. Cifre assurde che derivano dal fatto che i tassi erano bassissimi e quindi tantissimi hanno fatto prestiti per comprare immobili che ovviamente sono aumentati di valore.
Ora che i tassi stanno risalendo i prezzi dovrebbero tornare giù. Il problema è capire in che modo.

1) ma sei proprio così sicuro che il presidente iraniano voglia adottare la moneta di quelle che chiama potenze fantoccio?
contro le quali orchestra un giorno si e l'altro pure organizza manifestazioni anche violente contro le relative ambasciate?
io dico che i pensieri e le priorità di questa dirigenza iraniana sono ben altre
quanto alla coincidenza dell'elezione israeliana, chi te l'ha suggerito, blondet per caso? :confused: :D

2) spero che tu stia scherzando, la russia ha ereditato insieme all'arsenale sovietico, anche i relativi trattati e facendolo ne violerebbe una mezza dozzina oltre che inimicarsi un occidente di cui tutto sommato ha bisogno
e poi sarebbe del tutto inopportuna anche per lei, non si sa mai che l'amico di oggi possa divenire il nemico di domani........

3) ah ecco, ma non mi parlare di solvibilità dei mutui e di rivolte sociali, visto che nonostante i perduranti sforzi della FED con i suoi rialzi dei tassi, i mutui continuano a rimanere bassi

cyber
20-03-2006, 10:09
A proposito di Maurizio Blondet, visto che è stato nominato, altro articolo fresco fresco :)


L’American Enterprise minaccia l’Italia
Maurizio Blondet
19/03/2006

Romano Prodi è pronto per fare il suo «lavoro»Sul Financial Times è apparso un ennesimo articolo che minaccia l’Italia (1).
Lo firma Desmond Lachman.
Chi è?
E’ uno dei membri dell’American Enterprise, la fondazione «culturale» di Richard Perle, Paul Wolfowitz e Michael Leeden, insomma dei neocon ebraico-americani.
Lo stesso organismo che ha spinto l’America alla guerra in Iraq, ed ora la sta spingendo contro l’Iran.
E’ dunque una minaccia da prendere sul serio.
L’Italia, dice Lachman, «sta scendendo la china che ha portato l’Argentina al disastro».
Ed elenca le analogie.
Nel 1991, l’Argentina agganciò la sua moneta al dollaro, divisa troppo forte per la sua debole economia.
L’Italia ha abbandonato la lira per l’euro, troppo forte.
Entrambi i Paesi speravano così di imporsi, in un regime di bassa inflazione, la disciplina fiscale e le dure riforme del lavoro («flessibilità») necessarie per competere sul mercato globale.
Così facendo, anche l’Italia, come l’Argentina, ha rinunciato alla facoltà di stabilizzare la sua economia come ha sempre fatto: con svalutazioni periodiche per far costare meno le sue merci all’estero, e con inflazione per diluire il suo debito pubblico.



Privatasi della sua politica monetaria sovrana, l’Italia deve ora accettare i tassi d’interesse imposti - uguali per tutti i Paesi europei - dalla BCE, Banca Centrale Europea.
E ora, la BCE ha aumentato i tassi, aggravando gli interessi che l’Italia paga sul suo debito pubblico colossale.
Ora, i liberisti sanno che se la moneta è «rigida», a dover diventare «flessibili» sono le paghe dei lavoratori.
L’Italia non taglia i salari, né il bilancio statale.
Né Berlusconi né Prodi danno garanzie che lo faranno in futuro.
Intanto, l’Italia perde competitività (15 punti sotto la Germania, perché «gli aumenti salariali» - quali? - «non sono stati compensati da un aumento di produttività»), perde quote di mercato, esporta sempre meno.
Nella recessione deflazionista in cui l’ha gettata la moneta forte, l’Italia vede diminuire gli introiti fiscali: sicchè aumenta sia il deficit pubblico (4% del PIL, fuori dai parametri di Maastricht) sia il debito.
Prossimamente, prevede Lachman, le agenzie di rating declasseranno di nuovo il debito italiano: i BOT.
Fino ad oggi, la BCE accetta i BOT italiani al tasso d’interesse (lieve) che ha imposto a tutta l’Europa.



Così facendo, in pratica, sono i Paesi «forti» (Germania, Belgio, Olanda, Francia) ad accollarsi il costo-Italia, di fatto accollandosi la differenza tra il rendimento dei BOT attuale e quello che dovremmo offrire se fossimo fuori dall’euro.
Questa cosa non può continuare, intima Lachman.
Anche l’Argentina confidò che il Fondo Monetario avrebbe continuato a coprire le sue perdite per sempre: si sbagliò.
«L’Italia commetterebbe un grave errore se rimandasse le dolorose riforme di mercato necessarie, confidando nell’indefinita indulgenza della BCE».
Articolo notevole, per vari motivi.
Il primo è che un americano dica, o piuttosto ordini, le future mosse della Banca Europea contro l’Italia.
Il secondo: il messaggio dei neocon è rivolto a Prodi, che hanno deciso dovrà vincere le elezioni.
Ma l’amico Claudio Celani, che lavora per l’Executive Intelligence Review, ci fa notare che il messaggio contiene qualcosa di peggio: delineerebbe il piano per sbattere fuori l’Italia dai benefici dell’euro.
Espellendola di fatto dall’Unione Europea.



Il primo a parlare del piano è stato Joachim Fels, economista della Morgan Stanley.
In un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung rilasciata l’8 agosto 2005: proprio il giorno in cui l’agenzia di rating Standard & Poor’s aveva decretato il passaggio dell’economia italiana da «stabile» a «negativa», preludio al declassamento del nostro debito pubblico.
In altri tempi, questo fatto avrebbe costretto il Tesoro ad aumentare gli interessi dei nostri BOT, aggravando il nostro deficit; ma poiché siamo nell’euro, i nostri tassi sono quelli europei.
Bassi.
Per questo, Fels disse al giornale tedesco: «ritengo improbabile che l’Italia esca dal sistema monetario europeo di sua volontà. E’ più probabile che un giorno i Paesi che vogliono la stabilità [dell’euro] diranno: noi introduciamo una nuova moneta forte, che chiamiamo Neuro (sic). E così gli italiani, e gli altri che diluiscono la qualità e stabilità dell’euro, saranno lasciati fuori».
Pochi giorni dopo (il 13 agosto) l’Economist, che è l’organo ufficioso della City di Londra, chiedeva le dimissioni di Fazio da Bankitalia: segnale d’inizio della lotta che è finita come sappiamo.
Come disse allora Tremonti, era la preparazione allo stesso scenario «del Britannia».
Ricordate?



Nel 1992 il Britannia, il panfilo della regina d’Inghilterra, comparve al largo di Civitavecchia: era pieno di banchieri inglesi, che imbarcarono una quantità di banchieri ed esponenti di poteri forti italiani.
C’era anche Mario Draghi, allora funzionario del Tesoro: che tacque di quell’incontro per ammettere solo due anni dopo, interrogato da una commissione parlamentare, che sul Britannia c’era anche lui.
I banchieri inglesi erano venuti a «fare la spesa», ossia a comprarsi i gioielli dell’industria pubblica italiana; e per rendere economica la spesa, anche allora Standard & Poor’s declassò il debito italiano; nello stesso periodo, George Soros lanciò il suo famoso attacco contro la lira che portò alla svalutazione della nostra moneta.
E in lire svalutate lorsignori comprarono i gioielli dell’IRI.
Insomma: una strategia concertata.
Ora si sta ripetendo lo stesso scenario, con Draghi a Bankitalia.
Ci si chiederà: che cosa ci vogliono prendere ancora, i banchieri della City e del Bilderberg Club? Facile risposta, viste le teleguidate sventure di Fiorani e Consorte: vogliono mettere le mani sul risparmio delle famiglie italiane, valutato a 140 miliardi di euro, e gestito dalle banche italiane nel noto modo criminale, rifilandoci obbligazioni Parmalat e bond argentini.



Ma può essere peggio, se a gestire il risparmio nostro sono quelli del Britannia.
Vediamo la strategia.
Bernard Connolly, il capo-economista della AIG (il più grosso gruppo assicurativo mondiale) ha scritto recentemente su The Wall Street Italia un articolo significativo: «l’Italia può uscire dall’euro?».
E anche lui traccia un parallelo fra noi e l’Argentina.
Dice Connolly: come l’Argentina agganciò la sua moneta al dollaro - moneta troppo forte per la sua fragile economia - così l’Italia si è voluta agganciare all’euro per darsi una disciplina di spesa. Ormai, la sola strada che resta agli italiani per mettere ordine nei conti pubblici è «tagliare i salari», e attuare una politica deflazionista dura.
Sicchè l’Italia ha davanti la prospettiva di «un orribile martirio», come quello sofferto dagli argentini: dovrà andare in recessione, e lo Stato dovrà chiedere al popolo italiano - disoccupato o malpagato - «di sopportare l’insopportabile».
Perché in realtà l’Italia dovrebbe svalutare del 20 %, e non può, poiché è nell’euro.



Subito dopo Martin Wolf, direttore del Financial Times nonché membro del Bilderberg (la società segreta dei miliardari delle due sponde dell’Atlantico) rilanciava lo «scenario Argentina» per il nostro Paese.
E diceva: se vuol restare nell’euro, l’Italia deve darsi «un governo tecnocratico con largo appoggio popolare» (sic) che tagli i salari all’osso: il programma che da quel momento viene adottato da Montezemolo.
Ma Connolly diceva un’altra cosa: l’Italia deve uscire dall’euro, diciamo così, per il suo bene.
Ci converrebbe infatti, salvo un piccolo particolare: i nostri debiti sono in euro, e con un ritorno alla lira svalutata, dovremmo continuare a pagare gli interessi in euro.
Ci siamo indebitati in euro, si noti, senza necessità: perché i risparmiatori italiani hanno sempre acquistato i BOT italiani, ed hanno i mezzi per farlo.
Invece Ciampi, sia come governatore di Bankitalia sia come ministro e premier, ha emesso una quantità enorme di BOT che ha venduto sui mercati europei.
La metà dei titoli che galleggiano sul mercato degli eurobond è costituito dai nostri BOT in moneta forte.
Ed è questo che ci rende fragili di fronte alle manovre.
L’autunno scorso la Banca Centrale Europea ha intimato che non accetterà più buoni del Tesoro di Stati che non abbiano un rating superiore ad A-.



L’intimazione apparentemente era mirata alla Grecia, che ha un rating A; anche ad essa si prospetta uno scenario argentino. Ma la Grecia non ha tanto debito all’estero come noi.
Il vero bersaglio era l’Italia: proprio allora, guarda caso, la solita Standard & Poor’s ci aveva declassato i BOT ad AA- «negativo», peggio del Portogallo (AA- «stabile»).
Che cosa vuol dire?
Nel succo, vuol dire questo: che non ci permetteranno di abbandonare l’euro.
Perché se l’Italia torna alla lira, può fare davvero come l’Argentina: ripudiare il suo debito in euro, dichiarare fallimento, e lasciare chi detiene i nostri eurobond con pacchi di carta straccia.
Ma gli stranieri, che hanno i nostri eurobond, non ce lo lasceranno fare.
Ecco il senso del progetto di Fels della Morgan Stanley: ci vogliono lasciare nell’euro, ma un euro «indebolito», con Grecia e Portogallo.
Mentre Germania, Francia, Olanda e Lussemburgo, Belgio e forse Spagna, si daranno una nuova moneta forte, il new-euro o «neuro».
Così, noi dovremo continuare a pagare gli interessi sul nostro debito in euro: il punto è che l’euro, benché «indebolito», continuerà ad essere emesso dalla Banca Centrale Europea.
L’Italia non recupererà la propria sovranità monetaria, che comprende anche la sovrana decisione di… non pagare il debito.



E' il progetto «neuro», ma non è da neurodeliri.
Questa non è solo una minaccia, è un ordine.
Vogliono cacciarci dal club dell’Europa forte, ma tenerci incatenati all’euro, per impedirci di tornare padroni della nostra moneta.
Il Problema sarà di Prodi.
Ma soprattutto nostro.
Perché Prodi, il signor Goldman Sachs, eseguirà gli ordini ricevuti a nostre spese.
Ci farà «sopportare l’insopportabile», risucchiando i risparmi, tassando case e tagliando salari.
Poi, potrà dire che, grazie ai «sacrifici» (nostri), «ha tenuto l'Italia nell’euro» (debole).

Maurizio Blondet




--------------------------------------------------------------------------------
Note
1) Desmond Lachman, «Italy follows Argentina in the same road to ruin», Financial Times, 17 marzo 2006.
2) Lo fece per primo Edoardo III, re d’Inghilterra, ripudiando il debito contratto con gli avidi banchieri fiorentini. Confronta il mio «Schiavi delle banche», Effedieffe, pagine 70 e seguenti.




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Onisem
20-03-2006, 12:00
A me interessa solo una cosa: effettivamente in Iran sta per aprire una borsa petrolifera in Euro? Quando precisamente?

giannola
20-03-2006, 12:06
:eek:

ecco perchè non voglio votare nessuno.
I politici che abbiamo nn hanno attributi sufficenti per farci diventare forti.

sempreio
20-03-2006, 12:36
.



tutto questo è vero, ci impediscono perfino di unire le nostre banche, vedi capitalia e quel presidente messo li da qualche banchiere inglese, ma io la vedo in un' altra maniera se l' europa ci vuole fuori ci uniremo alla cina e alla russia e vedi che casini che combiniamo qui in europa, non hanno mai conosciuto il vero spirito italiano.

cyber
20-03-2006, 12:39
A me interessa solo una cosa: effettivamente in Iran sta per aprire una borsa petrolifera in Euro? Quando precisamente?

Non vorrei dire una stupidagine ma credo dal 20 marzo, praticamente da oggi.

Onisem
20-03-2006, 12:44
Non vorrei dire una stupidagine ma credo dal 20 marzo, praticamente da oggi.
Beh, se è vero immagino che questo ci farà pagare di meno benzina ed energia. :stordita: Come no...

giannola
20-03-2006, 13:32
Beh, se è vero immagino che questo ci farà pagare di meno benzina ed energia. :stordita: Come no...
:rotfl:
mi fai morire, da un 3d all'altro, battute su battute, vuoi vedermi crepare ? :D

cyber
20-03-2006, 13:50
Beh, se è vero immagino che questo ci farà pagare di meno benzina ed energia. :stordita: Come no...

Non c'è motivo di pagarlo meno se pagato in Euro. ;)

cprintf
20-03-2006, 14:43
Tanto per restare in tema.

"Il malato d'Europa non deve risultare «fatale» per gli altri paesi dell'Ue. "

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/200603articoli/3324girata.asp
<<
Allarme Financial Times: Italia malata e a rischio
Nei prossimi anni si gioca tutto, in pericolo la stabilità. Per risanare inadeguati due poli. Servirebbe una grande coalizione. Occorre recuperare competitività ed evitare recessione
20/3/2006



ROMA. Lo scontro di sabato tra Silvio Berlusconi e i vertici di Confindustria è stato l'occasione per il prestigioso Financial Times per un focus e una serie di commenti sull'Italia. «Berlusconi fa arrabbiare la leadership dell'imprenditoria», è il titolo d'apertura del Financial, che dedica un'intera Financial Timespagina e due editoriali alla situazione e alle prospettive elettorali. Il quotidiano domani proseguirà a coprire la vicenda «considerata l'importanza di queste elezioni per l'Europa».

Già perché secondo Ft l'Italia è il grande malato dell'Europa e il mix di stagnazione economica, indisciplina fiscale e perdita di competitività è divenuto una pesante minaccia per la stabilità politica del paese. Dalle prossime elezioni «i leader imprenditoriali sperano ardentemente che scaturisca stabilità e una forte leadership». Il malato d'Europa - recita l'editoriale di Martin Wolf, che riprende il soprannome più volte affibbiato dal quotidiano alla penisola - non deve risultare «fatale» per gli altri paesi dell'Ue.

I problemi dell'Italia potrebbero essere risolti solo da una grande coalizione, titola un altro editoriale, firmato dal Wolfgang Munchau, secondo cui è necessario stabilire degli obiettivi specifici per rilanciare la produttività e modificare i meccanismi di determinazione dei salari. Se il trend degli ultimi sette anni dovesse continuare per i prossimi sette le conseguenze per «l'industria italiana e la solvibilità dello Stato sarebbero vicino alla catastrofe», scrive Munchau evocando la scritta all'ingresso dell'Inferno dantesco: lasciate ogni speranza voi che entrate.

Silvio Berlusconi e il Romano Prodi hanno combattuto una campagna divertente, una replica virtuale della battaglia elettorale di dieci anni fa, ma allora i due non avevano una strategia economica coerente, l'hanno ancora meno adesso«. La diagnosi quindi non lascia molte speranze, la cura è chiara: l'Italia deve ritrovare competitività senza cadere »in una prolungata e profonda recessione« che ne peggiorerebbe i conti pubblici.

Il quotidiano della City, ammette che è prematuro disperarsi e riprende le parole del governatore di Bankitalia, Mario Draghi: »i ritardi strutturali dell'economia italiana non sono i segnali di un inevitabile declino«.>>

sempreio
20-03-2006, 16:28
Tanto per restare in tema.

"Il malato d'Europa non deve risultare «fatale» per gli altri paesi dell'Ue. "

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/200603articoli/3324girata.asp
<<
Allarme Financial Times: Italia malata e a rischio
Nei prossimi anni si gioca tutto, in pericolo la stabilità. Per risanare inadeguati due poli. Servirebbe una grande coalizione. Occorre recuperare competitività ed evitare recessione
20/3/2006



ROMA. Lo scontro di sabato tra Silvio Berlusconi e i vertici di Confindustria è stato l'occasione per il prestigioso Financial Times per un focus e una serie di commenti sull'Italia. «Berlusconi fa arrabbiare la leadership dell'imprenditoria», è il titolo d'apertura del Financial, che dedica un'intera Financial Timespagina e due editoriali alla situazione e alle prospettive elettorali. Il quotidiano domani proseguirà a coprire la vicenda «considerata l'importanza di queste elezioni per l'Europa».

Già perché secondo Ft l'Italia è il grande malato dell'Europa e il mix di stagnazione economica, indisciplina fiscale e perdita di competitività è divenuto una pesante minaccia per la stabilità politica del paese. Dalle prossime elezioni «i leader imprenditoriali sperano ardentemente che scaturisca stabilità e una forte leadership». Il malato d'Europa - recita l'editoriale di Martin Wolf, che riprende il soprannome più volte affibbiato dal quotidiano alla penisola - non deve risultare «fatale» per gli altri paesi dell'Ue.

I problemi dell'Italia potrebbero essere risolti solo da una grande coalizione, titola un altro editoriale, firmato dal Wolfgang Munchau, secondo cui è necessario stabilire degli obiettivi specifici per rilanciare la produttività e modificare i meccanismi di determinazione dei salari. Se il trend degli ultimi sette anni dovesse continuare per i prossimi sette le conseguenze per «l'industria italiana e la solvibilità dello Stato sarebbero vicino alla catastrofe», scrive Munchau evocando la scritta all'ingresso dell'Inferno dantesco: lasciate ogni speranza voi che entrate.

Silvio Berlusconi e il Romano Prodi hanno combattuto una campagna divertente, una replica virtuale della battaglia elettorale di dieci anni fa, ma allora i due non avevano una strategia economica coerente, l'hanno ancora meno adesso«. La diagnosi quindi non lascia molte speranze, la cura è chiara: l'Italia deve ritrovare competitività senza cadere »in una prolungata e profonda recessione« che ne peggiorerebbe i conti pubblici.

Il quotidiano della City, ammette che è prematuro disperarsi e riprende le parole del governatore di Bankitalia, Mario Draghi: »i ritardi strutturali dell'economia italiana non sono i segnali di un inevitabile declino«.>>



possono dire quello che vogliono, ma pure la loro economia è una bella schifezza certo non hanno il nostro debito pubblico ma le loro multinazionali non contano più come una volta, i soldi che investono in ricerca sono minimi le loro industrie stanno precipitando di giorno in giorno e cosa principale non contano più come una volta nel mondo

cprintf
20-03-2006, 16:49
possono dire quello che vogliono, ma pure la loro economia è una bella schifezza certo non hanno il nostro debito pubblico ma le loro multinazionali non contano più come una volta, i soldi che investono in ricerca sono minimi le loro industrie stanno precipitando di giorno in giorno e cosa principale non contano più come una volta nel mondo

Si ma non è quello il punto. Il punto è che si comincia a "suggerire" l'idea che sarebbe "opportuno" lasciarci andare perchè la nostra economia è al capolinea e rischia di trascinare giù anche gli altri. Può essere il segno che qualcuno stia già preparando psicologicamente il terreno per future manovre.

C'è da dire che non hanno neanche tutti torti, comunque. Siamo il ramo più secco d'Europa e di questi tempi il tagliarlo oppure no può fare la differenza. Siamo stati amministrati male e trovo giusto che l'italiano medio raccolga quello che ha seminato con il voto del 2001.

cyber
20-03-2006, 17:32
...Siamo stati amministrati male e trovo giusto che l'italiano medio raccolga quello che ha seminato con il voto del 2001.

Io invece sono dell'opinione che in europa non ci dovevamo proprio entrare.

Magari per il 2008-2009 (se adeguatamente preparati). ;

cprintf
20-03-2006, 17:57
Beh ma quando si parla di votazioni si parla sempre e comunque di politici.

L'entrare oppure no in Europa non è mai stato un problema degli italiani. E' stato solo una questione di firme solenni da mettere oppure no. Non vorrai mica che votiamo per entrare/uscire dall'Europa, oppure per accettare una nuova moneta, o una nuova costituzione...

Adesso è ora di pagare ed è giusto così. Paghiamo per il rispetto che permettiamo non ci venga portato come persone e alla fine l'impressione è che gli italiani si sentano e vengano considerati prima come obbedienti cittadini e solo poi come persone.

In Francia invece mi sembra che si sentano (e di conseguenza vengano considerati) prima persone e poi cittadini. E quando si sente aria di fregatura il rapporto con lo Stato lo mettono in discussione senza pensarci due volte.

17mika
20-03-2006, 18:03
A proposito di Maurizio Blondet...


Mi rifiuto di credere che sul FT possano essere uscite delle cacchiate del genere. Sicuramente il giornalista ita avrà strumentalizzato qualche pezzo di dichiarazione :mad:
Io mi stupisco sempre di come certa gente possa divertirsi a scrivere delle cacchiate del genere :confused:

Dire che l'Italia uscirà dall'euro, o addirittura un paragone con l'argentina è una cacchiata allucinante, perchè per come l'euro zona è costruita, vi sono dei meccanismi appositi per far stare i paesi in carreggiata. E' l'obiettivo stesso dell'euro quello della stabilità.
Io sono convinto che l'italia non farà in tempo a rientrare col deficit nei parametri stimati nel 2007, ma questo porterà semplicemente a delle manore correttive che al massimo limiteranno la crescita del nostro paese.

cyber
20-03-2006, 19:06
...Io sono convinto che l'italia non farà in tempo a rientrare col deficit nei parametri stimati nel 2007, ma questo porterà semplicemente a delle manore correttive che al massimo limiteranno la crescita del nostro paese.

Io non sono un esperto di economia ma sinceramente non riesco a capire che senso abbia 'limitare la cresciata' (intesa come sanzione) di un paese in crisi.

cyber
20-03-2006, 19:09
... non vorrai mica che votiamo per entrare/uscire dall'Europa, oppure per accettare una nuova moneta...

altrove l'hanno fatto ;)

dantes76
20-03-2006, 22:44
Articolo (http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?ART_ID=358385)



corriamo a ritirare i risparmi dalle banche d'america? :stordita: :stordita:

non capisco il paragone con la crisi del 1929....

giannola
21-03-2006, 07:59
non capisco il paragone con la crisi del 1929....
nemmeno io.

cyber
22-03-2006, 11:59
Che oggi come allora ci potrebbero essere tutti i presupposti affinchè questo riaccada.

giannola
22-03-2006, 12:03
Che oggi come allora ci potrebbero essere tutti i presupposti affinchè questo riaccada.
ma nemmeno per idea, la crisi del 1929 viene da un periodo di benessere, speculazione e sovrapproduzione di beni.
Noi viceversa veniamo da un periodo di stagnazione, il mercato adesso è in ripresa.

cyber
22-03-2006, 13:53
ma nemmeno per idea, la crisi del 1929 viene da un periodo di benessere, speculazione e sovrapproduzione di beni.
Noi viceversa veniamo da un periodo di stagnazione, il mercato adesso è in ripresa.

Dal mio punto di vista anche ora veniamo da una periodo di benessere e grande speculazione. Non sono neanche d'accordo sul fatto che il mercato sia in rispresa. Perdonami ma io la luce non la vedo. Punti di vista. ;)

giannola
22-03-2006, 14:36
Dal mio punto di vista anche ora veniamo da una periodo di benessere e grande speculazione. Non sono neanche d'accordo sul fatto che il mercato sia in rispresa. Perdonami ma io la luce non la vedo. Punti di vista. ;)
3 grandi paesi corrono (india, cina, russia), anche il sudamerica si sta riprendendo (il perù ha il pil al7%).
Sensa contare l'est europa.
Non è questione di punti di vista, con la globalizazione il mercato si sposta dove è più conveniente, è lì che c'è la crescita.
Dovresti finirla (nel senso buono ;) ) di pensare che i fulcri del mercato mondiale siano USA e Europa.
Il futuro ci sta preparando a questo scenario. :)

cyber
22-03-2006, 15:29
Dovresti finirla (nel senso buono ;) ) di pensare che i fulcri del mercato mondiale siano USA e Europa.

Lo farei volentieri solo che mi viene cmq da pensare che il business di questi paesi emergenti è cmq in dollari.

giannola
22-03-2006, 20:14
Lo farei volentieri solo che mi viene cmq da pensare che il business di questi paesi emergenti è cmq in dollari.

vedrai che non appena i paesi emergenti, emergono quel tanto che basta, si sbarazzeranno del dollaro, rafforzando la propria moneta (non adesso ovviamente, perchè gli serve per emergere) ;)

17mika
22-03-2006, 23:28
Io non sono un esperto di economia ma sinceramente non riesco a capire che senso abbia 'limitare la cresciata' (intesa come sanzione) di un paese in crisi.

Non è che l'UE multerà l'Italia. ;) semplicemente intimerà esplicitamente all'Italia di tornare ad un rapporto deficit.PIL e ad un debito minori.
Sono misure necessarie per poter stare nell'euro.
Intuitivamente è facile capire che paesi che hanno la stessa moneta e la stessa politica monetaria devono per forza avere dati macroeconomici un minimo a posto (e simili), se no ne va:
1) della possibilità di attuare un politica monetaria europea efficace per tutti i paesi.
2) della credibilità dell'unonione europea e dell'euro.

Il "lmitare la crescita" è semplicemente un effetto del fatto che bisognerà stare attenti alla spesa pubblica, e la crescita italiana potrebbe risentirne.

toniz
23-03-2006, 15:14
Dal mio punto di vista anche ora veniamo da una periodo di benessere e grande speculazione. Non sono neanche d'accordo sul fatto che il mercato sia in rispresa. Perdonami ma io la luce non la vedo. Punti di vista. ;)

Quoto e sono d'accordo :(
ma solamente se si intende come "benessere e grande speculazione" non del normale piccolo risparmiatore, ma dei "grandi investitori" (per non usare un altro termine ben piu' identificante :mad: :mad: :mad: ).
Secondo me ormai e' finito il tempo del denaro a fiumi (per questi g.i.) e temo per quello che arriverà...
Sinceramente non sono molto positivo a riguardo, anche se 2 anni fa se si fosse previsto un raddoppio del prezzo del petrolio, molti avrebbero gridato alla catastrofe, mentre in realtà il colpo e' stato assorbito (per quanto abbia frenato la ripresa), quindi in realtà c'e' una qualche capacità di adattamento.
Almeno fino ad ora (sgrat sgrat..) :rolleyes:

twinpigs
24-03-2006, 11:55
[Come il 1929] Qui lo spiega in maniera chiara, sempre lui
http://www.nexusitalia.com/nexus_new/index.php?option=com_content&task=view&id=675&Itemid=100


CRACK IN VISTA A FINE MARZO? di Maurizio Blondet
lunedì 13 marzo 2006
«Investitori attenti!», grida dall'Herald Tribune Daniel Wagner, analista dei rischi con sede a Manila (1).
La novità è che il suo articolo sia stato pubblicato, che non è stato censurato.


E' finito il tempo dei tranquillanti tipo «tutto va bene nell'economia globale».
Ora suonano tutti insieme una miriade di campanelli d'allarme.
Wagner consiglia: non spendete più a credito, non gettate denaro preso in prestito in azioni «iper-inflazionate».
Il consiglio contrario a quello che veniva dato solo due settimane prima.
Il credito mondiale «si sta prosciugando», come dice il Telegraph (2).
E' bastato che la Banca Centrale Europea e il Giappone aumentassero lievissimamente il tasso d'interesse primario: e il sistema è così fragile da non sopportare un rincaro del denaro dello 0,25%.
L'allarme suona per il «carry trade», la più stupida (ma fino a ieri lucrosa) speculazione finanziaria pensabile.
Di che si tratta?
Gli speculatori prendono in prestito denaro dal Giappone, allo 0 %, o dalla Svizzera all'1%, e lo «investono» in USA (tasso primario 4,5%) o in bond argentini, o in ogni altro mercato che paghi frutti maggiori.

Profitti facili e ragguardevoli, anche perché i volumi del «carry trade» sono enormi.
Ma ora il Giappone, che sta uscendo dalla sua crisi deflattiva ultradecennale, ha cominciato a far pagare qualcosa di più il denaro che presta.
E qui è il dramma.
Perché lo spostamento di fiumi di denaro dal Giappone a tasso zero verso i tassi alti è «la macchina che ha fornito liquidità senza limiti alle banche e ai fondi speculativi sui derivati (hedge funds)», spiega il Telegraph.
E' questa liquidità a basso costo (il costo dei bassi tassi è stato accollato ai risparmiatori) ad aver alimentato tutte le bolle speculative - dagli immobili, ai consumi ai titoli - che fino a ieri ci venivano gabellate come «la trionfale ripresa» globale.
E' il denaro facile ad aver alimentato la febbre di «fusioni» e di «scalate» che abbiamo visto in questi anni.
Secondo la Banca del regolamenti internazionali, le scalate hanno mosso 3 mila miliardi di dollari nell'ultimo anno, con un aumento del 30% nel 2004.
Queste fusioni sono state fatte per lo più a credito.
Le grandi imprese scalatrici, ora, stanno pagando gli interessi.
Un rialzo dei tassi anche lieve, e vanno sotto quelle mega-aziende che la Borsa (e i giornali servi del potere) hanno salutato, ad ogni fusione e acquisizione, come «vincenti» e «trionfatori».
Fallimenti, bancarotte, recessione, perdita di posti.

Il «carry trade» ha alimentato soprattutto la giostra folle del derivati.
La Banca dei regolamenti internazionali valuta il giro dei derivati sui titoli e i tassi d'interesse a 2,4 trilioni di dollari «al giorno».
Al giorno, non all'anno.
Poi, a sorpresa, un granello di sabbia è entrato in questo enorme vortice di pseudo-capitale.
La crisi del '29 fu innescata dal fallimento di una piccola banca austriaca.
Stavolta, è toccato all'Islanda.
L'Islanda!
Conta poco nell'economia globale.
Così, il 21 febbraio scorso, una discutibile agenzia di rating (la Fitch, mai sentita nominare) ha ritenuto senza rischi di declassare il debito «sovrano» islandese, ossia i BOT dell'isola ghiacciata.
In poche ore la moneta locale (krone) è caduta del 9,2% sul dollaro, la Borsa islandese ha incassato perdite del 5,2 %.
E soprattutto, i BOT islandesi hanno dovuto pagare un tasso del 10,75%, perché qualcuno li comprasse.
E nonostante questo, il mercato della liquidità si è bloccato.
E non solo in Islanda.
Questo fatto, in tempi normali, non avrebbe avuto conseguenze.

Invece stavolta ha provocato effetti a cascata a distanze immense: Australia e Nuova Zelanda, Sud Africa e Brasile e Ungheria.
Tutti Paesi i cui BOT danno alti tassi, si sono visti a corto di liquidità.
Perché la globalizzazione, abolendo gli ostacoli alla fuga di capitali, ha abolito le dighe di contenimento dei disastri.
Ora il mondo è piatto, e l'ondata arriva dappertutto.
Panico.
Il mercato del «carry trade» si prosciuga.
I grandi «investitori» (speculatori), esposti con debiti immensi su cui pagano poco, da leoni sono diventati conigli.
Tanto più che la Banca Centrale di Tokio, visto che l'economia giapponese tira (grazie ai traffici con la Cina) al ritmo del 5,5% annuo, ha dichiarato di non aver più bisogno di prestare il suo denaro a costo zero, come faceva prima per «innescare» la ripresa.
I «grandi» operatori sui derivati movimentano, come si è detto, 2,4 trilioni di dollari al giorno.
Denaro che non hanno.
L'ha spiegato Timothy Geithner, presidente della Federal Reserve, i derivati sono «basati su una base di debito sottostante molto più piccola. Cioè, per ogni dollaro di debito di un'azienda, le banche possono emettere 10 dollari in derivati sul credito… nel caso di un fallimento (dall'azienda debitrice), i derivati perciò diventano moltiplicatori del rischio in dinamiche di mercato avverse» (3).

E pensare che la speculazione sui derivati era giustificata dall'ideologia corrente come «una forma di assicurazione» dei rischi finanziari.
Questa era la bugia.
Ora è il momento della verità.
Come ha detto Geithner «i derivati non hanno eliminato il rischio. Non hanno posto fine alla tendenza dei mercati a crisi di follia e di panico. Non hanno eliminato la possibilità di fallimento di un qualunque grosso intermediario finanziario. E non hanno isolato il sistema finanziario dagli effetti di tale fallimento».
Insomma, i derivati non servivano a niente, se non ad accrescere l'instabilità inerente.
E a guadagnare saccheggiando l'economia reale.
L'accenno al fallimento di qualche grosso «intermediario» è facile da tradurre: sono in pericolo le grandi banche.
Era il «carry trade» a tenerle con la testa fuori dall'acqua.
Ora, se il «carry trade» si blocca o anche rallenta, grandi banche americane ed europee finiscono a fondo.
Infatti, il Tesoro USA e la Federal Reserve hanno fatto una mossa strana: creato una «banca d'emergenza» destinata a tappare le falle nel caso che una delle due banche usate dal Tesoro per vendere i BOT americani - la Bank of New York e la Morgan Chase - dovessero trovarsi «incapaci di operare».

Tranquilli, ci dicono i bugiardi: è solo una precauzione in caso di «attacco terroristico» (la scusa sempre pronta: gli arabi).
Allora la nuova banca creata in fretta - si chiama proprio così, New Bank - subentrerà alle banche «incapacitate a regolare le loro posizioni a breve», operando al loro posto, dalle loro sedi fisiche, e con i loro dipendenti.
La New Bank è infatti «virtuale», esiste solo sulla carta - come l'intera economia finanziaria globale.
A Wall Street già sussurrano i nomi della banca vicina al crollo: la Morgan Chase, o la Goldman Sachs, entrambe enormemente esposte nel mercato della liquidità che si è congelato.
A questa mossa del potere americano (mossa disperata) se ne deve aggiungere un'altra: la Federal reserve ha annunciato che dal 23 marzo, smetterà di pubblicare le cifre della M3, la più vasta definizione di «moneta» pensabile.
Gli Stati Uniti, il Paese più indebitato nel mondo, non ci dirà più quanti dollari circolano nel pianeta.
E quanti ne stanno stampando per far fronte agli impegni.
Nascondono ai loro creditori la loro vera situazione.

I creditori degli USA sono, come si sa, Cina e le economie asiatiche esportatrici, che parcheggiano i loro dollari in bond americani del Tesoro; e i Paesi petroliferi che, volenti o nolenti, vendono il greggio per dollari.
Ma i creditori stanno già, silenziosamente, liberandosi dei dollari.
Basti qualche cifra.
Nel 2000, le riserve e attivi finanziari nel mondo erano tenuti nella seguente proporzione: il 49,6% in dollari, il 30,1% in euro.
Ma a fine 2004, la proporzione si era invertita: il 37% in dollari, e il 46,8 % in euro.
In questa situazione, il tracollo può essere provocato dall'Iran.
Teheran ha annunciato che dal 20 marzo aprirà la sua Borsa petrolifera, che venderà greggio in euro.
In situazioni normali questo sarebbe un fatterello, come la crisi dell'Islanda.
Ma non sono tempi normali.
Dal 20 marzo, l'Europa può comprare greggio iraniano in euro; non avrà più bisogno dei dollari.
E il bisogno di dollari calerà - più o meno drammaticamente - in tutto il mondo.
Il Paese più indebitato del pianeta non vedrà più richiedere la sua moneta (dissestata) come prima.

Conclusione?
Un centro di analisi francese, il Laboratoire européen d'Anticipation Politique sostiene che, «tra il 20-26 marzo si apre all'80 % il rischio di una crisi sistemica globale», con «l'innesco della crisi politica mondiale più significativa dalla caduta del Muro».
E se l'America e Israele pensano di risolvere il problema bombardando l'Iran, «la probabilità della crisi sale al 100 %» (5).
Ciò perché, ragiona l'istituto francese, l'intervento in Iran, provocando insieme un rincaro del greggio e (quasi certamente) la revulsione delle opinioni pubbliche europee, diverrebbe il «fattore aggravante» delle ben sette «crisi convergenti» che sono in corso in questi mesi.
Eccole:
1) crisi del dollaro;
2) crisi degli sbilanci finanziari USA;
3) crisi del greggio;
4) crisi della leadership americana;
5) crisi del mondo islamico;
6) crisi della «governance» mondiale;
7) crisi della «governance» europea.
E' il caso di richiamare l'attenzione sui numeri 4, 6, 7.

Perché il collasso finanziario globale che si profila richiederebbe, per porvi rimedio, un livello di «governance» eccezionale.
Pari a quello per cui l'America impose, nel dopoguerra, il cosiddetto «ordine di Bretton Wood», che ha regolato a lungo e beneficamente gli scambi mondiali.
Ma allora gli USA erano il creditore mondiale, oggi sono il debitore.
Allora, erano i vincitori, e nessun Paese poteva opporsi ad esso; oggi il mondo è multipolare. Soprattutto, non erano governati da fanatici likudnik, messianici apocalittici e delinquenti comuni come oggi; ma da statisti che gestirono la situazione con una dose generosa di consensualità e di pensiero economico non avvelenata dalla sete di profitti a breve.
L'America di oggi non suscita alcuna fiducia spontanea.
Quella che occorrerebbe, perché la «governance» non è il «governo mondiale» come istituzione, ma una egemonia dell'intelligenza e anche della moralità, che induce gli altri Paesi a convenire che ciò che è meglio per l'«egemone», è buono anche per loro.
L'oscuramento dell'europeismo burocratico si è parimenti visto negare la fiducia dai popoli europei (che hanno votato no alla Costituzione).
Questo aggrava la situazione.
Non c'è nessuno al comando del mondo.
E nessuno è in grado di prendere il timone nella tempesta imminente.

Stando così le cose, ecco lo scenario delineato dall'istituto francese.
Avremo un calo del dollaro fra marzo e la fine del 2006; calo che può giungere a 1,7 dollari per 1 euro nel 2007: un'enorme pressione sull'euro e le economie ad esso legate.
Un rialzo significativo del greggio, sui 100 dollari a barile.
Un sostanziale default degli USA sul loro debito.
Ciò colpirà anzitutto la Cina, grande detentrice di dollari e grande esportatrice in USA: dal «boom», potrà entrare nella recessione di colpo.
Una recessione che Pechino ha ampiamente meritato, con il mancato aumento dei salari cinesi: così non ha creato quel mercato interno che poteva ripararla dalla perdita dei mercati d'esportazione.
Ma tutti i Paesi ne saranno colpiti in misura variabile, in proporzione alla fiducia che hanno dato agli USA.
Per esempio la Gran Bretagna, che ha 3 mila miliardi di dollari di crediti verso l'America, assai più che Francia e Giappone, che verso gli USA hanno crediti tre volte inferiori.
La recessione mondiale appare dunque inevitabile, e di lunga durata: come il grande gelo che seguì alla crisi del '29, e durò fino al 1939 (la guerra innescò la «ripresa»).

E che dobbiamo fare noi, i pesci piccoli, i salariati e pensionati, i piccoli risparmiatori?
Mi limito a riportare (senza assumerne la responsabilità) i suggerimenti di Martin Weiss, un analista, che paiono ragionevoli.

- Uscire dal dollaro.
- Uscire subito dal mercato azionario, fondi d'investimento e simili.
- Chiudere debiti e mutui, se - in ragione del proprio reddito - non si possono sopportare aumenti dei ratei a tasso variabile abbastanza rilevanti.
- Mettere il 60% del proprio capitale in BOT e altri titoli del Tesoro a breve (3-6 mesi).
- Mettere il 20% in titoli del Tesoro a 2-3 anni, se proprio si vuole.
- E il 10-20% in oro o azioni di miniere d'oro.
Nell'insieme, dunque, il consiglio è di tenere tutto liquido e a portata di mano: lo scopo, in un quadro di crisi, non è il profitto ma la salvezza.
Quando arriva la deflazione, ogni «investimento» (basato sul debito) comporta enormi rischi.
Aspettare con pazienza, perché poi chi avrà liquidi potrà - a tempesta finita - comprare azioni, mobili e immobili a prezzi stracciati.

Almeno così dice Wiess che, ricordiamolo, è americano, con mentalità speculativa.
Noi italiani saremo già fortunati se la nostra banca ci consegnerà i soldi che abbiamo sul conto corrente.
Prima, salverà l'amato Tronchetti Provera e gli altri indebitati di riguardo.
Sono consigli da prendere con le molle.
Ma l'incertezza è inevitabile: ogni mossa per giocare d'anticipo su una crisi è una scommessa al buio.
L'importante è agire «ora», prima che la crisi arrivi: «perché quando si scatena il panico, chi ha aspettato troppo perde», dice l'istituto francese.
Alla fine, ci saremo meritato tutto.
Questo sistema - la globalizzazione a tasso zero - ha alimentato corruzione, soperchierie, consumi indecenti a livello planetario; e sparso guerre e rovine sociali.
Per qualche anno, la gioventù smetterà di arraffare gli ultimi telefonini e sbavare per le felpe cinesi e le scarpe Nike; tutti dovremo tirare la cinghia.
L'augurio è che la necessità di diventare più austeri ci renda anche più seri.

Note
1) Daniel Wagner, «Investor: beware», International Herald Tribune, 8 marzo 2006.
2) Ambrose Evans-Pritchard, «Global credit ocean dries up», Telegraph, 24 febbraio 2006.
3) L. Wolfe, «Collapse of carry trade would blow out financial system», Executive Intelligence Review, 10 marzo 2006.
4) Dudley Baker e Lorimer Wilson, «Warning! Fiscal hurricane approaching!», Precious Metal Warrants, 8 marzo 2006.
5) «Europe 2020 Alarm: global systemic rupture, march 20-26», LEAP, 15 febbraio 2006.

(Tratto da www.effedieffe.com)

cyber
24-03-2006, 15:55
Quoto e sono d'accordo :(
ma solamente se si intende come "benessere e grande speculazione" non del normale piccolo risparmiatore, ma dei "grandi investitori" (per non usare un altro termine ben piu' identificante :mad: :mad: :mad: ).
Secondo me ormai e' finito il tempo del denaro a fiumi (per questi g.i.) e temo per quello che arriverà...
Sinceramente non sono molto positivo a riguardo, anche se 2 anni fa se si fosse previsto un raddoppio del prezzo del petrolio, molti avrebbero gridato alla catastrofe, mentre in realtà il colpo e' stato assorbito (per quanto abbia frenato la ripresa), quindi in realtà c'e' una qualche capacità di adattamento.
Almeno fino ad ora (sgrat sgrat..) :rolleyes:

Personalmente già non è che sia molto ottimista sul futuro... poi di tanto in tanto mi capita pure di legere sta roba...

Forse sanno che non c’è futuro (http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1030&parametro=economia)

:(

sempreio
24-03-2006, 16:45
Personalmente già non è che sia molto ottimista sul futuro... poi di tanto in tanto mi capita pure di legere sta roba...

Forse sanno che non c’è futuro (http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1030&parametro=economia)

:(


per ora le cose si sostengono ma quando la crisi arriverà vedrete se la carne non arriverà a 100euro al kg :(
e allora li son mazzate

cprintf
26-03-2006, 15:51
Vendite delle case nuove a Washington: -10,5% in un mese. Mi sta che sta scoppiando la bolla immobiliare da quelle parti.

http://www.startribune.com/535/story/328041.html
<<
New-home sales drop
Associated Press

Last update: March 24, 2006 – 9:38 AM
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Business

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WASHINGTON — Sales of new homes plunged by the largest amount in nearly nine years in February while the median price of a new home dropped for the fourth straight month, providing fresh evidence that the nation's once-booming housing market is cooling off.

The Commerce Department reported that sales of new single-family homes dropped by 10.5 percent last month to a seasonally adjusted annual sales pace of 1.08 million homes. It was the second straight monthly decline and was much bigger than the small 2 percent dip that Wall Street was expecting.

The drop in new home sales followed news Thursday that sales of previously owned homes actually rose by a stronger-than-expected 5.2 percent last month following five straight monthly declines. Analysts said the trend in both reports pointed to a slowing housing market after five record-setting years.

The slowdown in sales was putting pressure on prices. The median price of a new home sold last month dropped to $230,400, down by 1.6 percent from January and off 2.9 percent from February 2005. The median is the mid-point where half the homes sold for more and half for less.

In other economic news, orders to U.S. factories for big-ticket manufactured goods rose by 2.6 percent last month, the biggest gain since November, reflected a surge in demand for commercial aircraft. Outside of the volatile transportation sector, orders actually fell by 1.3 percent, but economists said the underlying trend for manufacturing remained strong.

The 10.5 percent drop in new home sales in February followed a 5.3 percent decline in January and was the biggest drop since a similar 10.5 percent fall in April 1997.

Sales of new homes have fallen in four of the past five months with the sales rate of 1.08 million units the slowest pace since May 2003.

While sales of both new and existing homes climbed to new all-time highs in 2005, the fifth consecutive annual records, analysts believe sales will decline this year as the housing boom slows under the impact of rising mortgage rates.

By sector of the country, sales fell by the largest amount last month in the West, a drop of 29.4 percent. Sales were also down in the South, dropping 6.4 percent. Sales rose in the Northeast by 12.7 percent while sales in the Midwest were up by 5.2 percent.

The slowdown in sales pushed the inventory of unsold homes up to a record of 548,000 at the end of February. At the February sales pace it would take 6.3 months to sell all of the homes on the market, up from 5.3 months in January.

Analysts believe that the growing backlog of unsold homes will start to put more pressure on home sellers to reduce prices in the months ahead.

Economists still believe that housing is likely to see a moderate slowdown this year rather than anything as severe as the bursting of the speculative bubble in stock prices at the beginning of this decade. That decline was severe enough, wiping out trillions of dollars in wealth, that it helped pushed the economy into a recession.

The report on orders for durable goods showed that the strength came from a 52.5 percent surge in demand for commercial aircraft, a rebound after a 70.1 percent drop in January aircraft orders.

Excluding transportation, orders fell by 1.3 percent last month, the weakest showing in this category since last July. But analysts noted that this drop followed strong gains in the non-transportation area in the previous two months, a good signal for future growth.

"The bottom line here is that industry is doing well," said Ian Shepherdson, chief U.S. economist for High Frequency Economics.

While total transportation orders rose by 13.4 percent, that reflected the 52.5 percent rise in civilian aircraft. Demand for military aircraft fell by 16.7 percent.

Orders for motor vehicles dropped by 3.3 percent in February after a 3.2 percent decline in January. American automakers have been struggling with increased foreign competition and sagging demand for sport utility vehicles in the face of rising gasoline prices.

General Motors Corp. earlier this week announced one of the largest buyouts in corporate history in an effort to cut costs by trimming payrolls.

The 2.6 percent increase in overall orders was the biggest gain since a 5.3 percent rise last November. It left total orders at $215.8 billion last month, an increase of $4.99 billion. >>