majin mixxi
16-02-2006, 19:13
Stefano Bartezzaghi per la Repubblica-Milano
Essere pirla oggi non è per niente facile. Si hanno inevitabili dilemmi. Se qualcuno mi dice pirla e io penso di esserlo, magari mi dispiace ma non mi posso offendere. Non era un insulto ma un’onesta constatazione.
Se invece sono sicuro di non esserlo ("son minga on pirla!") mi offendo. Ma cosa succede se denuncio chi mi ha chiamato pirla? I giornali di ieri riportavano il caso di una condanna definitiva, passata in Cassazione, per uso della parola pirla, ritenuta "lesiva dell’onore e del decoro".
Pirla non è un insulto sanguinoso, o non lo è più. Notoriamente pirla ha alleggerito il suo carico semantico, la sua violenza verbale si è rarefatta, come insulto rischia anzi di essere un po’ moscio. E’ un colpo di clacson verbale che si dà, a volte contemporaneamente a quello automobilistico, per segnalare all’altro che ci sta intralciando nel gran traffico della vita.
Il pirla è stupido, secondo la scientifica definizione dello storico dell’economia Carlo M. Cipolla: uno che ti danneggia senza averne un vantaggio personale.
Il pirla è maschio. Se una donna si comporta da pirla, al massimo dell’esasperazione le si dice: "signora, lei è un pirla", tanto finisce per A in ogni caso. Nella Scala Mercalli dei disastri causati dall´uomo, la pirlata è un grado superiore alla sciocchezza ma molti gradi sotto l´incidente, più o meno all´altezza di quel guaio minore che è l´"incidente di percorso".
Se io denuncio chi mi ha dato del pirla, normalmente il giudice dovrebbe darmi torto all’istante, perché soltanto un vero pirla denuncerebbe chi lo ha chiamato pirla. E’ una situazione che potrebbe affascinare chi studia la logica dei paradossi.
Ma sappiamo che le cose in Cassazione sono andate altrimenti. Quello che le agenzie giornalistiche non hanno riportato, però, è la professione dell’insultato. Si sa solo che l´insultatore ha condito la pietanza della sua ingiuria con il contorno della minaccia, dicendogli "adesso che non hai la divisa addosso, esci e ti faccio vedere...". I casi sono due. O questa era una divisa da pirla o l’insultato era un pubblico ufficiale, carabiniere, poliziotto, controllore del tram, membro dell’Esercito.
Successivi approfondimenti giornalistici ci permettono finalmente di specificare che si trattava appunto di un vigile urbano, e questo cambia tutto il discorso. Il discorso si ribalta. Se denuncio chi mi ha detto pirla sono un vero pirla, ma se dico pirla a un vigile urbano non ho bisogno di denunce: il pirla sono io, probabilmente della specie accrescitiva dei pirloni (pirla ad azione insistita e a vasto raggio).
L’ultima possibilità è che l’insultatore non governava bene il gergo milanese, e ha detto pirla intendendo dire ghisa. Ma non c’è scampo: ha fatto una gran pirlata anche in quel caso.
Essere pirla oggi non è per niente facile. Si hanno inevitabili dilemmi. Se qualcuno mi dice pirla e io penso di esserlo, magari mi dispiace ma non mi posso offendere. Non era un insulto ma un’onesta constatazione.
Se invece sono sicuro di non esserlo ("son minga on pirla!") mi offendo. Ma cosa succede se denuncio chi mi ha chiamato pirla? I giornali di ieri riportavano il caso di una condanna definitiva, passata in Cassazione, per uso della parola pirla, ritenuta "lesiva dell’onore e del decoro".
Pirla non è un insulto sanguinoso, o non lo è più. Notoriamente pirla ha alleggerito il suo carico semantico, la sua violenza verbale si è rarefatta, come insulto rischia anzi di essere un po’ moscio. E’ un colpo di clacson verbale che si dà, a volte contemporaneamente a quello automobilistico, per segnalare all’altro che ci sta intralciando nel gran traffico della vita.
Il pirla è stupido, secondo la scientifica definizione dello storico dell’economia Carlo M. Cipolla: uno che ti danneggia senza averne un vantaggio personale.
Il pirla è maschio. Se una donna si comporta da pirla, al massimo dell’esasperazione le si dice: "signora, lei è un pirla", tanto finisce per A in ogni caso. Nella Scala Mercalli dei disastri causati dall´uomo, la pirlata è un grado superiore alla sciocchezza ma molti gradi sotto l´incidente, più o meno all´altezza di quel guaio minore che è l´"incidente di percorso".
Se io denuncio chi mi ha dato del pirla, normalmente il giudice dovrebbe darmi torto all’istante, perché soltanto un vero pirla denuncerebbe chi lo ha chiamato pirla. E’ una situazione che potrebbe affascinare chi studia la logica dei paradossi.
Ma sappiamo che le cose in Cassazione sono andate altrimenti. Quello che le agenzie giornalistiche non hanno riportato, però, è la professione dell’insultato. Si sa solo che l´insultatore ha condito la pietanza della sua ingiuria con il contorno della minaccia, dicendogli "adesso che non hai la divisa addosso, esci e ti faccio vedere...". I casi sono due. O questa era una divisa da pirla o l’insultato era un pubblico ufficiale, carabiniere, poliziotto, controllore del tram, membro dell’Esercito.
Successivi approfondimenti giornalistici ci permettono finalmente di specificare che si trattava appunto di un vigile urbano, e questo cambia tutto il discorso. Il discorso si ribalta. Se denuncio chi mi ha detto pirla sono un vero pirla, ma se dico pirla a un vigile urbano non ho bisogno di denunce: il pirla sono io, probabilmente della specie accrescitiva dei pirloni (pirla ad azione insistita e a vasto raggio).
L’ultima possibilità è che l’insultatore non governava bene il gergo milanese, e ha detto pirla intendendo dire ghisa. Ma non c’è scampo: ha fatto una gran pirlata anche in quel caso.