IpseDixit
16-02-2006, 13:26
Si discute molto di possibile «pareggio» tra le coalizioni. Bisognerebbe stare attenti perché il pareggio è in realtà un genere di cui si danno diverse specie. Le possibilità teoriche riguardano soprattutto due eventualità, di cui una immediatamente esplosiva (una coalizione vincente alla Camera e l'altra al Senato) e l'altra problematica sul medio termine (una coalizione che vince alla Camera e che ha al Senato un margine molto ristretto di seggi). La chiave del problema sta nel Senato giacché alla Camera chiunque vinca, anche di un voto, avrà una maggioranza significativa in seggi: i 340 del premio più, con tutta probabilità, 6 su 12 dei seggi all'estero. 346 su 530,31 in più della maggioranza assoluta. Al Senato vincerà chi ha vinto alla Camera? E di quanto, visto che ci sono 17 premi regionali, 1 collegio uninominale (Val d'Aosta), 2 seggi alle prime due liste (Val d'Aosta), 5 collegi e 1 di recupero (Trentino-Alto Adige) e i 6 seggi del voto all'estero?
Negli ultimi giorni si è diffusa una «leggenda metropolitana» sull'unico tipo di pareggio che non si può verificare: la vittoria del centro-destra al Senato che bilancerebbe il centrosinistra alla Camera. Vediamo ciò che può verificarsi. Suddividiamo le regioni in quattro fasce. Cominciamo dala prima, quella dove è in testa il centrosinistra. Si tratta del Trentino Alto-Adige dove, alleato alla Svp, otterrà insieme ad essa 5 seggi contro 1. E' poi in testa, ma senza realisticamente andare sopra il 55%, in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Sardegna, Umbria. Potrebbe andare sopra in Emilia e Toscana: poniamo che ciò accada in una sola delle due. Ne risulta un equilibrio complessivo di 79 seggi a 53. Prendiamo ora la seconda fascia, dov'è in testa il centro-destra. Si tratta di Sicilia, Lombardia e Veneto. In nessuna di queste tre sembra in grado di andare al di sopra del 55%. Nel complesso può quindi ottenere con i tre premi regionali 55 seggi contro 42. Prendiamo come terza fascia le regioni in bilico, che sono solo quattro: Piemonte, Friuli, Lazio e Puglia. I seggi «incerti» in palio sono quindi solo gli 11 di quei premi regionali. Gli altri seggi andranno metà per ogni coalizione, quindi 33 ciascuna. Anche se per il momento in tutte e quattro è in testa il centrosinistra, lasciamoli da parte, non assegnandoli a nessuno. Costruiamo poi una quarta fascia con i seggi residui. Si tratta del voto all'estero, dove è ritenuto probabile che vadano 3 seggi ad ogni coalizione. Lo stesso in Molise dove andrà un seggio ciascuno. La Val d'Aosta andrà all'Unione Valdotaine che si ritiene fuori dai poli. Altre liste fuori dai poli non prenderanno seggi perché lo sbarramento dichiarato (8%) e quelli impliciti sono troppo alti. A questo punto possiamo tirare le somme provvisorie. Se sommiamo i seggi «sicuri» del centrosinistra si arriva a 158, cioè già esattamente alla soglia della maggioranza assoluta (79 + 42 + 33 + 4). Quelli «sicuri» del centrodestra sarebbero invece 145 (53 + 55 + 33 + 4). 1 sarebbe dell'Uv. 11 gli incerti non ancora assegnati.
Possiamo quindi prospettare alcuni scenari.
In una prima ipotesi, in cui il distacco restasse quello attuale di 4 o 5 punti in voti a favore del centrosinistra, o si riducesse di poco, i vincitori sarebbero tranquilli alla Camera con 346 seggi e al Senato vedrebbero aggiungere ai 158 «sicuri» gli 11 incerti e il secondo in «esubero» (o in Emilia o in Toscana). Raggiungerebbero così quota 170, 12 seggi sopra la maggioranza, a cui potrebbero aggiungersi voti dei senatori a vita e di diritto, che sono tutti o di centrosinistra o indipendenti. Un vantaggio non enorme, ma il sistema al Senato è più selettivo, sfavorisce le piccole forze non concentrate geograficamente. Sarebbero quindi in grandissima maggioranza seggi di Ds e Margherita. Né la minoranza di Rifondazione né l'Udeur dall'altra sarebbero determinanti. Il «pareggio» quindi non ci sarebbe.
In una seconda ipotesi, logicamente opposta, e quanto mai improbabile, visto che in Italia la mobilità elettorale tra le coalizioni non è molto elevata e non è neanche facile con questo sistema elettorale rimotivare in massa gli astenuti, il centro-destra che recuperasse in modo spettacolare e prevalesse di poco in voti assoluti, prenderebbe il premio alla Camera arrivando lui a 346, ma al Senato ai 145 «sicuri», vincendo tutte e 4 le regioni marginali, aggiungerebbe gli 11 incerti, arrivando solo a 156, comunque sotto il centrosinistra, senza neanche il bisogno di contare i senatori a vita e di diritto.
Ma qual è la ragione di fondo per cui il centrosinistra è regolarmente più tranquillo al Senato, dove potrebbe vincere in seggi anche perdendo in voti? Si tratta di un vantaggio costante: nel 1994 Berlusconi ebbe bisogno di qualche transfuga al Senato, mentre l'aveva molto larga alla Camera; nel 1996 l'Ulivo era autosufficiente senza Rifondazione al Senato (e infatti cadde alla Camera); nel 2001 è andato comunque meglio al Senato, anche se Rifondazione si è presentata da sola in tutti i collegi, a differenza della Camera. La risposta sta nell'art. 57 terzo comma della Costituzione che prevede per le regioni piccole, escluse Val d'Aosta e Molise, uno «zoccolo minimo» di 7 seggi. In questo ben 3 regioni si trovano ad avere più seggi rispetto a quanto gliene spetterebbero in rapporto alla popolazione, il criterio adottato alla Camera. Si tratta del Trentino che ne ha 7 invece di 5, dell'Umbria che ne ha 7 invece di 4 e della Basilicata che ne ha 7 invece di 3. Queste 3 regioni, che votano in massa per il centrosinistra, hanno così 21 seggi invece di 12; sono sovrarappresentate significativamente e la loro omogeneità politica cumula questi vantaggi. Il sistema è stato sì costruito per impedire che il centrosinistra dato per vincente abbia una maggioranza «tranquilla», ma, nel far questo, gli strateghi del centrodestra non hanno calcolato che in caso di recupero forte nelle regioni marginali ciò non basterebbe a far vincere il centrodestra al Senato, anche se ci riuscisse alla Camera. Hanno inventato un sistema dove il centrodestra non può mai vincere in seggi al Senato.
Vi è poi anche un terzo scenario, di un recupero significativo della Cdl, con l'Unione comunque vittoriosa alla Camera e i conseguenti 346 seggi, ma vincente al Senato solo in qualcuna di quelle regioni incerte: basterebbe perdere il solo Piemonte e si fermerebbe a 165, 7 seggi in più della maggioranza.
Fin qui i numeri, a cui si potrebbero fare solo due immediate postille La prima è che ci vorrebbe più Ulivo (e anche più Ds e Margherita) nella campagna elettorale per ché, volere o volare, al Senato è importante che le forze più omogenee siano largamente dominanti nell'Unione. Bisogna accentuare il profilo distintivo dell'Ulivo e di Ds e Margherita come le forze in grado di stabilizzare la vittoria. La seconda è che si sta riaprendo una seria questione di governabilità per cui, ben conoscendo le contraddizioni dell'Unione, almeno l'Ulivo dovrebbe in positivo affermare l'opzione per un sistema maggioritario e in negativo evitare di accodarsi a una campagna sul premier onnipotente che, ammesso che ci potesse essere sotto la legge elettorale precedente, non ci può costitutivamente essere con la nuova, sia a Costituzione invariata sia riformata. Oltre che sbagliata in sé, questa campagna rischia di portare voti nel referendum alla causa della riforma del centrodestra perché, specialmente se la maggioranza si fosse dimostrata ristretta, quella riforma sbagliata rischierebbe di incontrare una richiesta pressante di governabilità.
http://brunik.altervista.org/20060216141202.html
Negli ultimi giorni si è diffusa una «leggenda metropolitana» sull'unico tipo di pareggio che non si può verificare: la vittoria del centro-destra al Senato che bilancerebbe il centrosinistra alla Camera. Vediamo ciò che può verificarsi. Suddividiamo le regioni in quattro fasce. Cominciamo dala prima, quella dove è in testa il centrosinistra. Si tratta del Trentino Alto-Adige dove, alleato alla Svp, otterrà insieme ad essa 5 seggi contro 1. E' poi in testa, ma senza realisticamente andare sopra il 55%, in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Sardegna, Umbria. Potrebbe andare sopra in Emilia e Toscana: poniamo che ciò accada in una sola delle due. Ne risulta un equilibrio complessivo di 79 seggi a 53. Prendiamo ora la seconda fascia, dov'è in testa il centro-destra. Si tratta di Sicilia, Lombardia e Veneto. In nessuna di queste tre sembra in grado di andare al di sopra del 55%. Nel complesso può quindi ottenere con i tre premi regionali 55 seggi contro 42. Prendiamo come terza fascia le regioni in bilico, che sono solo quattro: Piemonte, Friuli, Lazio e Puglia. I seggi «incerti» in palio sono quindi solo gli 11 di quei premi regionali. Gli altri seggi andranno metà per ogni coalizione, quindi 33 ciascuna. Anche se per il momento in tutte e quattro è in testa il centrosinistra, lasciamoli da parte, non assegnandoli a nessuno. Costruiamo poi una quarta fascia con i seggi residui. Si tratta del voto all'estero, dove è ritenuto probabile che vadano 3 seggi ad ogni coalizione. Lo stesso in Molise dove andrà un seggio ciascuno. La Val d'Aosta andrà all'Unione Valdotaine che si ritiene fuori dai poli. Altre liste fuori dai poli non prenderanno seggi perché lo sbarramento dichiarato (8%) e quelli impliciti sono troppo alti. A questo punto possiamo tirare le somme provvisorie. Se sommiamo i seggi «sicuri» del centrosinistra si arriva a 158, cioè già esattamente alla soglia della maggioranza assoluta (79 + 42 + 33 + 4). Quelli «sicuri» del centrodestra sarebbero invece 145 (53 + 55 + 33 + 4). 1 sarebbe dell'Uv. 11 gli incerti non ancora assegnati.
Possiamo quindi prospettare alcuni scenari.
In una prima ipotesi, in cui il distacco restasse quello attuale di 4 o 5 punti in voti a favore del centrosinistra, o si riducesse di poco, i vincitori sarebbero tranquilli alla Camera con 346 seggi e al Senato vedrebbero aggiungere ai 158 «sicuri» gli 11 incerti e il secondo in «esubero» (o in Emilia o in Toscana). Raggiungerebbero così quota 170, 12 seggi sopra la maggioranza, a cui potrebbero aggiungersi voti dei senatori a vita e di diritto, che sono tutti o di centrosinistra o indipendenti. Un vantaggio non enorme, ma il sistema al Senato è più selettivo, sfavorisce le piccole forze non concentrate geograficamente. Sarebbero quindi in grandissima maggioranza seggi di Ds e Margherita. Né la minoranza di Rifondazione né l'Udeur dall'altra sarebbero determinanti. Il «pareggio» quindi non ci sarebbe.
In una seconda ipotesi, logicamente opposta, e quanto mai improbabile, visto che in Italia la mobilità elettorale tra le coalizioni non è molto elevata e non è neanche facile con questo sistema elettorale rimotivare in massa gli astenuti, il centro-destra che recuperasse in modo spettacolare e prevalesse di poco in voti assoluti, prenderebbe il premio alla Camera arrivando lui a 346, ma al Senato ai 145 «sicuri», vincendo tutte e 4 le regioni marginali, aggiungerebbe gli 11 incerti, arrivando solo a 156, comunque sotto il centrosinistra, senza neanche il bisogno di contare i senatori a vita e di diritto.
Ma qual è la ragione di fondo per cui il centrosinistra è regolarmente più tranquillo al Senato, dove potrebbe vincere in seggi anche perdendo in voti? Si tratta di un vantaggio costante: nel 1994 Berlusconi ebbe bisogno di qualche transfuga al Senato, mentre l'aveva molto larga alla Camera; nel 1996 l'Ulivo era autosufficiente senza Rifondazione al Senato (e infatti cadde alla Camera); nel 2001 è andato comunque meglio al Senato, anche se Rifondazione si è presentata da sola in tutti i collegi, a differenza della Camera. La risposta sta nell'art. 57 terzo comma della Costituzione che prevede per le regioni piccole, escluse Val d'Aosta e Molise, uno «zoccolo minimo» di 7 seggi. In questo ben 3 regioni si trovano ad avere più seggi rispetto a quanto gliene spetterebbero in rapporto alla popolazione, il criterio adottato alla Camera. Si tratta del Trentino che ne ha 7 invece di 5, dell'Umbria che ne ha 7 invece di 4 e della Basilicata che ne ha 7 invece di 3. Queste 3 regioni, che votano in massa per il centrosinistra, hanno così 21 seggi invece di 12; sono sovrarappresentate significativamente e la loro omogeneità politica cumula questi vantaggi. Il sistema è stato sì costruito per impedire che il centrosinistra dato per vincente abbia una maggioranza «tranquilla», ma, nel far questo, gli strateghi del centrodestra non hanno calcolato che in caso di recupero forte nelle regioni marginali ciò non basterebbe a far vincere il centrodestra al Senato, anche se ci riuscisse alla Camera. Hanno inventato un sistema dove il centrodestra non può mai vincere in seggi al Senato.
Vi è poi anche un terzo scenario, di un recupero significativo della Cdl, con l'Unione comunque vittoriosa alla Camera e i conseguenti 346 seggi, ma vincente al Senato solo in qualcuna di quelle regioni incerte: basterebbe perdere il solo Piemonte e si fermerebbe a 165, 7 seggi in più della maggioranza.
Fin qui i numeri, a cui si potrebbero fare solo due immediate postille La prima è che ci vorrebbe più Ulivo (e anche più Ds e Margherita) nella campagna elettorale per ché, volere o volare, al Senato è importante che le forze più omogenee siano largamente dominanti nell'Unione. Bisogna accentuare il profilo distintivo dell'Ulivo e di Ds e Margherita come le forze in grado di stabilizzare la vittoria. La seconda è che si sta riaprendo una seria questione di governabilità per cui, ben conoscendo le contraddizioni dell'Unione, almeno l'Ulivo dovrebbe in positivo affermare l'opzione per un sistema maggioritario e in negativo evitare di accodarsi a una campagna sul premier onnipotente che, ammesso che ci potesse essere sotto la legge elettorale precedente, non ci può costitutivamente essere con la nuova, sia a Costituzione invariata sia riformata. Oltre che sbagliata in sé, questa campagna rischia di portare voti nel referendum alla causa della riforma del centrodestra perché, specialmente se la maggioranza si fosse dimostrata ristretta, quella riforma sbagliata rischierebbe di incontrare una richiesta pressante di governabilità.
http://brunik.altervista.org/20060216141202.html