zerothehero
15-02-2006, 19:49
Non va demolito tutto
Rutelli, la sinistra radicale e i cambi di maggioranza
di
Piero Ostellino
Francesco Rutelli ha detto che «una delle poche cose positive fatte dal governo Berlusconi è stato migliorare i rapporti con Israele». E ha rassicurato i suoi interlocutori israeliani che il centrosinistra, se vincerà le elezioni, «continuerà sulla linea di tale rapporto positivo». Jacopo Venier (responsabile esteri del Pdci) ha replicato: «Al contrario di Rutelli, i Comunisti italiani ritengono che il governo dell'Unione dovrà cambiare nel profondo la politica estera italiana verso Israele, riprendendo l'antica e saggia politica di equivicinanza con entrambi i partner essenziali per la Pace».
Che Rutelli fosse più vicino a Israele e i Comunisti italiani ai palestinesi, lo si sapeva. E, allora, dove sta lo scandalo? Lo scandalo non c'è. Chiedersi, infatti, perché stiano insieme nell'Unione non ha molto senso, in quanto stanno insieme soprattutto per vincere le elezioni. Neppure chiedersi che cosa farà l'Unione una volta al governo sembra, peraltro, avere senso. Se a prevalere sarà la scelta di Rutelli, a vedersela con i propri elettori saranno i Comunisti italiani. Se invece a prevalere sarà la scelta del Pdci, a deludere non solo i propri elettori, ma anche gli israeliani sarà Rutelli. Fatti suoi, ma anche dell'Italia. C'è una terza ipotesi. Quella che Venier ha definito «l'antica e saggia politica di equivicinanza». Nella sua ambiguità, il concetto di «equivicinanza» assomiglia alla formula adottata nel programma dell'Unione sul ritiro dall'Iraq. Che sarà «immediato» - per accontentare Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani - ma anche nel rispetto dei «tempi tecnici», per accontentare gli altri. Qui, a rischiare di non capire sono tutti: gli elettori del Pdci, di Rifondazione e dei Verdi, nonché quelli della Margherita e degli altri partiti dell'Unione e i nostri partner internazionali.
Che la politica di un governo di sinistra differisca, anche profondamente, da quella di un governo di destra - ferma restando la condivisione di alcuni valori universali - è nell'ordine delle cose in tutto il mondo. Ma le dichiarazioni di Rutelli stabiliscono finalmente il principio (ancora sconosciuto nel nostro sistema maggioritario, a sinistra come a destra) secondo il quale il compito di un nuovo governo e di una nuova maggioranza non si riduca alla cieca demolizione di tutto ciò che è stato fatto in precedenza, ma di scegliere cosa va conservato e cosa cambiato, anche radicalmente. Sotto questo profilo, i programmi dei due poli e le contraddittorie dichiarazioni degli esponenti dei partiti che ne fanno parte non sono tanto passibili di giudizio politico quanto comprensibili e valutabili solo in termini storici (e di etica pubblica). C'è una metafora della democrazia che può essere felicemente applicata anche alla politica di casa nostra. A chi chiede loro come facciano ad avere prati più verdi che in ogni altro Paese gli inglesi rispondono: «Prendiamo un terreno, lo spianiamo, lo ariamo, lo seminiamo e poi lo innaffiamo per qualche secolo». Passerà ancora tanta acqua sotto i ponti della politica prima che la nostra sinistra abbia i colori di quelle riformiste e liberali del resto del mondo.
15 febbraio 2006
Fine della politica filoaraba? :fagiano:
Rutelli, la sinistra radicale e i cambi di maggioranza
di
Piero Ostellino
Francesco Rutelli ha detto che «una delle poche cose positive fatte dal governo Berlusconi è stato migliorare i rapporti con Israele». E ha rassicurato i suoi interlocutori israeliani che il centrosinistra, se vincerà le elezioni, «continuerà sulla linea di tale rapporto positivo». Jacopo Venier (responsabile esteri del Pdci) ha replicato: «Al contrario di Rutelli, i Comunisti italiani ritengono che il governo dell'Unione dovrà cambiare nel profondo la politica estera italiana verso Israele, riprendendo l'antica e saggia politica di equivicinanza con entrambi i partner essenziali per la Pace».
Che Rutelli fosse più vicino a Israele e i Comunisti italiani ai palestinesi, lo si sapeva. E, allora, dove sta lo scandalo? Lo scandalo non c'è. Chiedersi, infatti, perché stiano insieme nell'Unione non ha molto senso, in quanto stanno insieme soprattutto per vincere le elezioni. Neppure chiedersi che cosa farà l'Unione una volta al governo sembra, peraltro, avere senso. Se a prevalere sarà la scelta di Rutelli, a vedersela con i propri elettori saranno i Comunisti italiani. Se invece a prevalere sarà la scelta del Pdci, a deludere non solo i propri elettori, ma anche gli israeliani sarà Rutelli. Fatti suoi, ma anche dell'Italia. C'è una terza ipotesi. Quella che Venier ha definito «l'antica e saggia politica di equivicinanza». Nella sua ambiguità, il concetto di «equivicinanza» assomiglia alla formula adottata nel programma dell'Unione sul ritiro dall'Iraq. Che sarà «immediato» - per accontentare Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani - ma anche nel rispetto dei «tempi tecnici», per accontentare gli altri. Qui, a rischiare di non capire sono tutti: gli elettori del Pdci, di Rifondazione e dei Verdi, nonché quelli della Margherita e degli altri partiti dell'Unione e i nostri partner internazionali.
Che la politica di un governo di sinistra differisca, anche profondamente, da quella di un governo di destra - ferma restando la condivisione di alcuni valori universali - è nell'ordine delle cose in tutto il mondo. Ma le dichiarazioni di Rutelli stabiliscono finalmente il principio (ancora sconosciuto nel nostro sistema maggioritario, a sinistra come a destra) secondo il quale il compito di un nuovo governo e di una nuova maggioranza non si riduca alla cieca demolizione di tutto ciò che è stato fatto in precedenza, ma di scegliere cosa va conservato e cosa cambiato, anche radicalmente. Sotto questo profilo, i programmi dei due poli e le contraddittorie dichiarazioni degli esponenti dei partiti che ne fanno parte non sono tanto passibili di giudizio politico quanto comprensibili e valutabili solo in termini storici (e di etica pubblica). C'è una metafora della democrazia che può essere felicemente applicata anche alla politica di casa nostra. A chi chiede loro come facciano ad avere prati più verdi che in ogni altro Paese gli inglesi rispondono: «Prendiamo un terreno, lo spianiamo, lo ariamo, lo seminiamo e poi lo innaffiamo per qualche secolo». Passerà ancora tanta acqua sotto i ponti della politica prima che la nostra sinistra abbia i colori di quelle riformiste e liberali del resto del mondo.
15 febbraio 2006
Fine della politica filoaraba? :fagiano: