rastaban
04-02-2006, 02:10
3 febbraio 2006
Moody's: per gli osservatori più riforme con Prodi
di Chiara Bussi
«In Italia le riforme necessarie saranno più probabili con un governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi grazie all'esperienza da lui maturata a Palazzo Chigi in vista dell'ingresso del paese nella Zona Euro e in seguito alla Commissione Europea».
Parola di Moody's, l'autorevole agenzia di rating internazionale nel rapporto sulla situazione italiana presentato oggi a Milano. «Non siamo politologi - si affretta subito a precisare Sara Bertin-Levecq, vicepresidente per i rating sovrani e responsabile del rating italiano - riferiamo l'opinione degli osservatori, della stampa, ma anche della comunità internazionale». Nessun commento sull'operato del governo in carica: «Non siamo esperti di politica, guardiamo solo ai fatti», ribadisce l'analista che pone piuttosto l'accento sulla necessità di mettere fine al «lungo status quo» che ha caratterizzato la politica italiana negli ultimi decenni per l'eccessiva frammentazione politica. «Citatemi un esecutivo che non sia stato guidato da una coalizione - sottolinea Bertin - c'è stato un susseguirsi di governi in Italia, ma la maggioranza è sempre stata guidata da una coalizione, non da un partito e tutto questo ha complicato l'attuazione di riforme».
Ed è infatti proprio questa, secondo Moody's, la sfida che attende il governo che uscirà vincitore alle prossime elezioni. «Ovviamente - puntualizza l'analista - la portata delle riforme dipenderà dall'ampiezza del successo elettorale». E in questo contesto non aiuta nemmeno la nuova legge, che «rende ancora più difficile ottenere una maggioranza».
La risposta del centro-destra non è tardata ad arrivare: «Il centro-sinistra varerà controriforme, non riforme», afferma il sottosegretario al Lavoro, Maurizio Sacconi «Davvero curiosa la tesi della signora Sara Bertin che a nome di Moody's e facendo rinvio a non meglio precisati osservatori internazionali presume nel centro-sinistra una coesione sufficiente a realizzare grandi
riforme liberali. Strano davvero perchè per ora sappiamo solo che il centro-sinistra modificherà in peggio la riforma delle pensioni e cancellerà (o quasi) la riforma del lavoro. Per non dire dell'avversione totale alla riforma della scuola e dell' indisponibilità all' ulteriore percorso di
liberalizzazioni nei mercati dell' energia o dei trasporti». Mentre il responsabile economico della Margherita, Enrico Letta, sottolinea che il segnale che viene da Moody's «dimostra che quando dall'estero si guarda ai fatti concreti i risultati sono naturalmente a favore del centrosinistra». I dati di Moody's, aggiunge Letta, «sono anche la dimostrazione che il polverone mediatico di questi giorni, oltre a non spostare i sondaggi sull'orientamento di voto degli italiani, non incide sul giudizio degli analisti internazionali». Mentre il responsabile per il programma della segreteria nazionale Ds, Pierluigi Bersani, sottolinea che «non è certo sorprendente la preferenza degli osservatori internazionali per il centrosinistra, così come Moody's riferisce. Hanno semplicemente visto all'opera sia Prodi sia Berlusconi e si sono fatti un'opinione».
«Quella di Moody's è la migliore smentita alla propaganda di Berlusconi», ha invece commentato il segretario dei Ds, Piero Fassino. «Noi - ha detto - quando abbiamo governato abbiamo
risanato l'economia e questo le agenzie di rating internazionale lo sanno. Non abbiamo lasciato un disastro come sostiene Berlusconi».
Ma il rating non è sotto pressione. «Non abbiamo la sfera di cristallo - scherza Bertin - ma è chiaro che come ogni agenzia di rating ci cimentiamo nelle previsioni». Ne emerge il quadro di un Paese in affanno, con una crescita più bassa rispetto agli altri partner europei, che quest'anno «dovrebbe situarsi intorno all'1%» (il rapporto stima un Pil all'1,5%, ma l'analista è più cauta)
e con un export che soffre (nell'ultimo decennio - spiega - l'Italia ha perso il 40% della propria quota di esportazioni). Sul fronte dei conti pubblici, per il 2006 l'agenzia stima un miglioramento del deficit-Pil al 4% rispetto al 4,3% previsto per il 2005 e un livello di debito sostanzialmente stabile al 108,3% rispetto al Pil. Mentre non si attende alcuna riduzione sul fronte della spesa pubblica nel medio termine, soprattutto a causa del conto da pagare per l'invecchiamento della popolazione. E la situazione - avverte Moody's - potrebbe peggiorare ancora se il decentramento fiscale non verrà attuato in modo corretto.
La buona notizia è invece che tutto questo non giustifica un cambiamento del rating Aa2 che, assicura a più riprese Bertin, «non è sotto pressione», così come «non c'è un drastico aumento delle probabilità di un default».
Moody's riconosce infine i progressi dell'Italia sul fronte dell'occupazione, con un tasso dei senza lavoro sceso sotto la media della Zona Euro dal 1997 al 2004. Un miglioramento avvenuto «anche grazie alla legge Biagi». Ma tutto questo non basta - spiega l'agenzia puntando il dito contro i tassi di partecipazione femminile al lavoro, che sono «ancora troppo bassi». Ci sono dunque ancora «margini per un'ulteriore liberalizzazione anche se sarà difficile che questo avvenga prima delle elezioni di primavera».
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1766548101&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero
Moody's: per gli osservatori più riforme con Prodi
di Chiara Bussi
«In Italia le riforme necessarie saranno più probabili con un governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi grazie all'esperienza da lui maturata a Palazzo Chigi in vista dell'ingresso del paese nella Zona Euro e in seguito alla Commissione Europea».
Parola di Moody's, l'autorevole agenzia di rating internazionale nel rapporto sulla situazione italiana presentato oggi a Milano. «Non siamo politologi - si affretta subito a precisare Sara Bertin-Levecq, vicepresidente per i rating sovrani e responsabile del rating italiano - riferiamo l'opinione degli osservatori, della stampa, ma anche della comunità internazionale». Nessun commento sull'operato del governo in carica: «Non siamo esperti di politica, guardiamo solo ai fatti», ribadisce l'analista che pone piuttosto l'accento sulla necessità di mettere fine al «lungo status quo» che ha caratterizzato la politica italiana negli ultimi decenni per l'eccessiva frammentazione politica. «Citatemi un esecutivo che non sia stato guidato da una coalizione - sottolinea Bertin - c'è stato un susseguirsi di governi in Italia, ma la maggioranza è sempre stata guidata da una coalizione, non da un partito e tutto questo ha complicato l'attuazione di riforme».
Ed è infatti proprio questa, secondo Moody's, la sfida che attende il governo che uscirà vincitore alle prossime elezioni. «Ovviamente - puntualizza l'analista - la portata delle riforme dipenderà dall'ampiezza del successo elettorale». E in questo contesto non aiuta nemmeno la nuova legge, che «rende ancora più difficile ottenere una maggioranza».
La risposta del centro-destra non è tardata ad arrivare: «Il centro-sinistra varerà controriforme, non riforme», afferma il sottosegretario al Lavoro, Maurizio Sacconi «Davvero curiosa la tesi della signora Sara Bertin che a nome di Moody's e facendo rinvio a non meglio precisati osservatori internazionali presume nel centro-sinistra una coesione sufficiente a realizzare grandi
riforme liberali. Strano davvero perchè per ora sappiamo solo che il centro-sinistra modificherà in peggio la riforma delle pensioni e cancellerà (o quasi) la riforma del lavoro. Per non dire dell'avversione totale alla riforma della scuola e dell' indisponibilità all' ulteriore percorso di
liberalizzazioni nei mercati dell' energia o dei trasporti». Mentre il responsabile economico della Margherita, Enrico Letta, sottolinea che il segnale che viene da Moody's «dimostra che quando dall'estero si guarda ai fatti concreti i risultati sono naturalmente a favore del centrosinistra». I dati di Moody's, aggiunge Letta, «sono anche la dimostrazione che il polverone mediatico di questi giorni, oltre a non spostare i sondaggi sull'orientamento di voto degli italiani, non incide sul giudizio degli analisti internazionali». Mentre il responsabile per il programma della segreteria nazionale Ds, Pierluigi Bersani, sottolinea che «non è certo sorprendente la preferenza degli osservatori internazionali per il centrosinistra, così come Moody's riferisce. Hanno semplicemente visto all'opera sia Prodi sia Berlusconi e si sono fatti un'opinione».
«Quella di Moody's è la migliore smentita alla propaganda di Berlusconi», ha invece commentato il segretario dei Ds, Piero Fassino. «Noi - ha detto - quando abbiamo governato abbiamo
risanato l'economia e questo le agenzie di rating internazionale lo sanno. Non abbiamo lasciato un disastro come sostiene Berlusconi».
Ma il rating non è sotto pressione. «Non abbiamo la sfera di cristallo - scherza Bertin - ma è chiaro che come ogni agenzia di rating ci cimentiamo nelle previsioni». Ne emerge il quadro di un Paese in affanno, con una crescita più bassa rispetto agli altri partner europei, che quest'anno «dovrebbe situarsi intorno all'1%» (il rapporto stima un Pil all'1,5%, ma l'analista è più cauta)
e con un export che soffre (nell'ultimo decennio - spiega - l'Italia ha perso il 40% della propria quota di esportazioni). Sul fronte dei conti pubblici, per il 2006 l'agenzia stima un miglioramento del deficit-Pil al 4% rispetto al 4,3% previsto per il 2005 e un livello di debito sostanzialmente stabile al 108,3% rispetto al Pil. Mentre non si attende alcuna riduzione sul fronte della spesa pubblica nel medio termine, soprattutto a causa del conto da pagare per l'invecchiamento della popolazione. E la situazione - avverte Moody's - potrebbe peggiorare ancora se il decentramento fiscale non verrà attuato in modo corretto.
La buona notizia è invece che tutto questo non giustifica un cambiamento del rating Aa2 che, assicura a più riprese Bertin, «non è sotto pressione», così come «non c'è un drastico aumento delle probabilità di un default».
Moody's riconosce infine i progressi dell'Italia sul fronte dell'occupazione, con un tasso dei senza lavoro sceso sotto la media della Zona Euro dal 1997 al 2004. Un miglioramento avvenuto «anche grazie alla legge Biagi». Ma tutto questo non basta - spiega l'agenzia puntando il dito contro i tassi di partecipazione femminile al lavoro, che sono «ancora troppo bassi». Ci sono dunque ancora «margini per un'ulteriore liberalizzazione anche se sarà difficile che questo avvenga prima delle elezioni di primavera».
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1766548101&chId=30&artType=Articolo&DocRulesView=Libero