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View Full Version : BERLUSCONI dall'inizio!


KOALA98
02-02-2006, 16:26
Dal padre Luigi, milanese tutto d’un pezzo, di stampo antico, Silvio acquisisce il senso del dovere, l’amore per il lavoro, la capacità di sacrificio, il rispetto per la parola data. Papà Luigi e mamma Rosa gli trasmettono positività e serenità. Ma l’infanzia del futuro Presidente è segnata dalla guerra. Una tragedia immane che Silvio, come i suoi coetanei, non potrà mai dimenticare. E i ricordi di quel periodo lontano nel tempo lo commuovono ancora oggi: “Facciamo un po’ di conti: sono nato nel 1936 e avevo dunque sei anni quando la guerra entrò, disastrosamente, nella nostra vita quotidiana. Poi arrivò il 1943, la grande crisi, la caduta del fascismo, l’8 settembre, i tedeschi, la paura, i bombardamenti. Mio padre era militare al momento della disfatta. I tedeschi avevano iniziato la caccia al soldato italiano e lui si fece convincere da alcuni suoi amici a riparare con loro in Svizzera. Fece la scelta giusta. Salvò la sua vita e salvò il futuro di tutti noi. Per questa lontananza lui soffrì molto, mia madre soffrì molto. Per me fu uno struggimento devastante, il chiodo fisso dei miei pensieri: papà, il mio papà.
Mia madre si era trovata con due figli piccoli e il peso di due anziani: suo padre e la mamma di mio padre, che manteneva con il proprio lavoro di segretaria alla Pirelli a Milano. Tutti i giorni doveva arrivare in ufficio molto presto, cosa che la costringeva ad alzarsi alle cinque per prendere la corriera che la portava a Lomazzo, dove trovava il treno delle Ferrovie Nord per Piazzale Cadorna, a Milano. Da lì a piedi fino alla Pirelli. Alla sera, cammino inverso, nel buio. La sua vita era così: ogni giorno avanti e indietro su quella strada, prima con la mia sorellina nella pancia, e poi di fretta alla sera per tornare ad allattarla. E con un ricordo indimenticabile. Quello di vedersi un mitra piantato sul petto e la quasi certezza di lasciarci la pelle. Accadde quando in treno impedì ad un uffuciale delle SS di portar via una signora ebrea destinata al campo di sterminio. Tutti erano paralizzati dalla paura, ma non mia madre. Afferrò per il bavero l’ufficiale tedesco e si mise a gridare: «Vai via, dì che non l’hai trovata e vattene di qui». Il tedesco incredulo le dette uno spintone facendola cadere e le puntò addosso il fucile: «Zitta tu, o ti ammazzo». Ma lei ebbe il fegato di continuare: «Guardati in giro: se mi spari, tu da questa carrozza non scendi vivo». Allora quello si guardò intorno e vide tutte quelle facce spaventate che erano diventate minacciose, che non si sentivano di lasciare sola una donna con una grande pancia, piccola di corpo ma grande di spirito, che metteva in gioco la sua vita per salvarne un’altra. Il tedesco diventò paonazzo, strinse il dito sul grilletto, ebbe un attimo di esitazione e poi se ne andò. Il treno ripartì, mia madre aveva vinto, ma la tensione, lo spavento la stremarono e l’ultima parte della sua gravidanza ne risentì. Ma seguitò a fare il suo dovere sia in ufficio che in casa. Mia madre non si è mai vantata di quell’episodio. Lo raccontarono i suoi quotidiani compagni di viaggio.
Ero orgoglioso di lei e avevo imparato che se si supera la paura, se si ha coraggio, alla fine si vince”.
Iniziò in quei giorni una lunga e dolorosa attesa che durò sino alla primavera del 1945. Sino al giorno del ritorno.
“ Quando la guerra finì”, ricorda Berlusconi, “e cominciarono a tornare tutti quei padri, zii e fratelli che si erano sottratti ai rastrellamenti tedeschi e alla deportazione in un campo di lavoro o nei lager, per me iniziò invece un altro periodo d’apprensione e di attesa. Andavo ogni giorno ad aspettare il trenino che veniva da Como. Lì arrivavano i rifugiati che tornavano dalla Svizzera. Tornavano in tanti, ma non mio padre. Per un mese ci andai tutti i giorni. Mi arrampicavo su un paracarro che era il mio posto d’osservazione. Poi, dopo tante attese a vuoto, cominciai a stare più lontano. No, non era soltanto pudore, era delusione, era dolore. Volevo poter piangere senza dare a nessuno lo spettacolo delle mie lacrime. Perché il treno se ne andava via e mio padre non c’era. Poi un giorno arrivò. Lo riconobbi da lontano, ebbi un tonfo al cuore, mi scattarono le gambe e con una corsa sfrenata piombai tra le sue braccia. Molti altri bambini non rividero più il loro padre e io fui fortunato. Quel momento mi è rimasto nella memoria come quello più straziante e più felice della mia vita”.
Con la fine della guerra, la serenità torna nella famiglia finalmente riunita. Finite le elementari, Silvio frequenta la scuola media e il ginnasio dai Salesiani di via Copernico. È una scuola impegnativa, dove si studia sodo. Il giovane Berlusconi fa i conti con i ferrei regolamenti salesiani: sveglia alla sette, colazione, messa, lezioni, compiti, studio. Unica distrazione concessa da mamma e papà, un film il sabato pomeriggio. Ma dove trovare i soldi? Silvio è intraprendente. L’ostacolo si può aggirare. Diventa assistente dell’operatore del cinema vicino a casa.
Intraprendente, a volte cocciuto, comunque carismatico: in classe e in oratorio è il capo. E dimostra anche un preciso senso pratico: sbriga i compiti prima degli altri, poi aiuta i compagni più lenti o meno studiosi. In cambio di qualche spicciolo. Ma se il compagno non strappa almeno il sei meno, lui restituisce il compenso. Insomma, una specie di “soddisfatto o rimborsato” ante litteram. Dirà più tardi Silvio Berlusconi, ormai padre di cinque figli: “Non si ottiene nulla senza applicazione e senza sacrifici”.
Dopo la maturità classica il giovane Berlusconi comunica a papà Luigi che gli studi all’Università vuole pagarseli da solo. Come? Con Fedele Confalonieri, destinato a diventare l’amico di una vita, organizza un complesso musicale, “I quattro doctores”.
Si esibiscono nei ritrovi studenteschi, alle feste universitarie e private. “Ma mai nei night-club – ricorda Berlusconi con un sorriso – perché eravamo ragazzi di buona famiglia”.

IL TEMPO DELLA NUOVA GENERAZIONE
Milano. Silvio Berlusconi, una mattina, passa davanti alla Stazione Centrale. Lo attende l’imprevisto. Si chiama Carla Dell’Oglio. Sta aspettando l’autobus. Improvvisamente Silvio dimentica tutto. Si presenta, scherza, si offre di accompagnarla a casa. Lei tergiversa e infine accetta. Si sposeranno il 6 marzo 1965. Il 10 marzo 1966 nasce Maria Elvira, detta Marina; due anni dopo, il 28 marzo 1968, arriva Pier Silvio, subito soprannominato Dudi. I due ragazzi crescono felici a Milano, nella casa di via San Giminiano, e poi ad Arcore. Il padre sta diventando rapidamente un personaggio pubblico, un imprenditore di successo. Ma la vita della famiglia non cambia, a Silvio non piace ostentare, vuole che i suoi ragazzi crescano come tutti i loro coetanei e, soprattutto, lontani da ogni clamore.
Racconta Pier Silvio: “Papà anche quando veniva a casa per rilassarsi, era sempre a nostra disposizione e il suo tempo libero lo impegnava a farci divertire: ci raccontava indovinelli, storie, faceva l'imitazione del vecchietto del West ...”.
La vita professionale di Berlusconi si fa sempre più fitta di impegni, giornate e notti dedicate al lavoro. La famiglia è serena, ma qualcosa nel rapporto con Carla cambia agli inizi degli anni Ottanta. L’amore si trasforma in sincera amicizia. Silvio e Carla, di comune accordo, decidono di continuare la loro vita seguendo ognuno le proprie aspirazioni. Ma molte cose continuano a unirli; innanzitutto, Marina e Dudi.
La vita continua. Una sera Berlusconi, al Teatro Manzoni di Milano, vede recitare Veronica Lario. È subito amore. Qualche anno dopo si sposano e nascono Barbara (1984), Eleonora (1986) e Luigi (1988) che porta il nome del nonno.
Il tempo passa... Marina, la figlia primogenita, 34 anni, è ora vicepresidente della Fininvest, mentre Piersilvio, 31 anni, è vicepresidente di Mediaset e numero uno di Rti, la società che controlla le attività televisive.
Marina è una delle donne-manager più ammirate d’Italia. Ama vestirsi in modo classico e discreto. Ha ereditato dal papà la stessa passione per il lavoro. Alla scrivania resta anche dodici ore al giorno.
Pier Silvio, che dopo un terribile incidente stradale alle Bermuda si è ricostruito con lo sport uno straordinario fisico da atleta, è il responsabile di tutte le produzioni e di tutti i palinsesti di Canale 5, Italia 1 e Retequattro.

IL SABATO È PER I BAMBINI
Per i suoi tre ragazzi, mamma Veronica ha scelto la scuola steineriana. Ispirato al pensiero di Rudolf Steiner, filosofo ed educatore austriaco, il metodo è stato concepito per stimolare la creatività e la libera formazione del carattere, anche attraverso la pratica delle arti e della musica. Silvio Berlusconi ha sempre avuto un culto per la famiglia e dedica alla famiglia tutto il tempo che riesce a sottrarre al lavoro.
“ Parliamo della scuola, degli amici, del Milan, di quel che ho fatto io e che hanno fatto loro.
Spesso ci mettiamo al piano e cantiamo insieme. Sono tutti intonati e con un buon talento musicale. Gielo dico sempre: potremmo mettere su un coro o un’orchestra”.
Ma a volte nasce qualche discussione: risolta democraticamente, con il Presidente in perenne minoranza. Il motivo? Sempre il solito, comune peraltro a tante famiglie: “Succede quando c’è da accogliere in casa qualche nuovo inquilino: un cane, un gatto, uno scoiattolo. Io voto contro, regolarmente, ma regolarmente perdo. Salvo essere poi io il primo a viziarlo”.
Dai più piccoli di casa, Luigi ed Eleonora, una volta s’è fatto anche intervistare. Non era però un compito a casa, un’esercitazione imposta dal metodo steineriano o un nuovo gioco.
I giornalisti in erba la combinarono bella: all’insaputa del genitore pubblicarono lo “scoop” sul settimanale Tv Sorrisi e Canzoni.
Papà, da bambino ti piaceva giocare al pallone? chiese Luigino. “Altroché, il problema era di trovare un pallone”, fu la risposta di Silvio.
Ed Eleonora: Adesso papà che hai una squadra tutta tua, ti senti più forte? “No. Non è una questione di forza, è una questione di amore”.

LA BATTAGLIA PIU' DIFFICILE
Tra le sue vittorie, quella del maggio 1997 è stata la più importante e la più sofferta, quella contro il tumore. L’ha raccontata lui stesso, tre anni dopo. Sembrava un incontro come tanti, quel giorno di luglio, tra l’ex presidente del Consiglio e i ragazzi di una comunità per il recupero di alcolisti e di tossicodipendenti, la “Piccola comunità” di don Gigi Vian e di don Antonio Zuliani, sulle colline di Conegliano Veneto. “C’è stato un momento della mia vita in cui ho dovuto sfoderare tutta la mia voglia di resistere, la mia forza d’animo. Sapete, ragazzi, ho avuto un cancro.
Ho vissuto mesi da incubo, ma ho continuato a lavorare senza far trasparire nulla. Poi sono stato operato, ho affrontato le dovute terapie e ce l’ho fatta. E ho ricominciato con ancora più grinta”.
Berlusconi fu operato il 5 maggio: “Per fortuna – ha spiegato in seguito – il tumore era localizzato ed è stato possibile vincerlo.
Sono riuscito a venir fuori dal tunnel e a superare un periodo terribile. Fu dura, eppure mi battei con coraggio per tutta la campagna elettorale. Erano in gioco le elezioni amministrative, ma più ancora il sogno di iniziare a cambiare l’Italia.
L’ultimo giorno fu tremendo. Era la manifestazione di chiusura per l’elezione a Sindaco di Gabriele Albertini. In Piazza Duomo, a Milano, c’erano trecentomila persone. Parlai con la solita forza, con la solita passione, ma avevo la morte nel cuore. La mattina dopo dovevo entrare in sala operatoria, non riuscivo a non pensarci, ero convinto che il male fosse diffuso e incurabile”.
I clinici del San Raffaele di Milano minimizzarono e dissero che si trattava soltanto di un calcolo al rene. Il segreto rimase tale per tre anni; soltanto i familiari, gli amici più stretti, quelli di sempre, sapevano della malattia e della guarigione.
Ma perché Silvio Berlusconi ha voluto violare quel segreto, parlando in quella occasione? L’ha spiegato lui stesso, con semplicità: “Ero davanti a quei ragazzi che lottano per uscire dalla droga e dall’alcol, volevo far capire che anche i momenti più neri si possono superare, e mentre li incoraggiavo, avvertii che loro stavano pensando che per me tutto è facile perché mi chiamo Silvio Berlusconi. Allora mi decisi a raccontare quel che ho raccontato”.
Quella lunga battaglia e la sofferta vittoria sulla malattia hanno lasciato nell’animo di Berlusconi, un segno profondo, indelebile.
“ Da allora ho impresso un indirizzo diverso alla mia vita. Dopo la malattia sono tornato al lavoro con maggiore intensità, ma il cambiamento è stato un altro: oggi attribuisco meno importanza d’un tempo alle apparenze, alle ambizioni, al successo, alle cose di questa terra. Dopo aver creduto di morire ho scoperto nuovi orizzonti e nuove energie. La vita dopo simili prove cambia davvero”.
“È la conferma che di cancro si può guarire”, ha commentato il professor Umberto Veronesi, “e che la forza di volontà, il coraggio possono essere in questo di grande aiuto. E il fatto che questa confessione Silvio Berlusconi l’abbia resa davanti a degli ex tossicodipendenti è stato importante: questi ragazzi spesso non sentono di avere una prospettiva di vita. Invece bisogna porsi delle mete. E così facendo viene la voglia di raggiungerle e di superarle”.


TUTTI PER UNO...
Nel 1991 Silvio Berlusconi ricorda per Capital i suoi anni scolastici

Credo di essere stato fortunato con la mia classe, così viva e unita, e con i miei professori, tutti di buon livello. Almeno tre, anzi, superlativi. Ma non furono anni facili. Si studiava molto. Il pomeriggio, la sera dopo cena, il mattino presto. Una disciplina dura, dal ginnasio sino all’esame di maturità. Cominciò il caro don Olmi a martellarci in testa la grammatica latina e greca. Venivamo interrogati ogni giorno e non c’era scampo: alla fine verbi e declinazioni li sapevamo davvero. Imparammo così a studiare sul serio, a stare sui libri sino a capire a fondo e ricordare bene. Al liceo furono i professori di lettere ad affascinarci. In particolare don Muffatti per il latino e il greco e don Biagini per l’italiano. Ci insegnarono a comunicare. Esigevano chiarezza di contenuti, pulizia di linguaggio, “consecutio” delle argomentazioni ed equilibrio della composizione. Ci è rimasto anche il gusto della parola giusta e l’aspirazione all’etimo, alla radice del significato. Con i compagni c’erano un’intesa profonda e una grande carica umana che ci veniva dalle famiglie di provenienza. Di livello medio basso, direbbero oggi i sociologi. E naturalmente, nel gruppo contarono molto alcune individualità. Dobbiamo a questa esperienza quel senso di rispetto e simpatia che proviamo per gli altri, specialmente per i più umili. Dopo il liceo la “squadra”, professori e compagni, è rimasta davvero molto unita. Con tutti ci vediamo spesso. Non solo alla ricerca del tempo perduto...


NEL NOME DEL PADRE
La grande personalità di Luigi Berlusconi ha inciso profondamente nella vita del fondatore della Fininvest. Per Silvio è stato un genitore, un consigliere, un amico. E fino all’ultimo giorno è stato al suo fianco

Padre severo, ma affettuoso e poi amico e consigliere, Luigi Berlusconi è una presenza centrale nella vita di Silvio. Nato a Saronno nel 1908 e trasferitosi giovanissimo a Milano, Luigi viene assunto come semplice impiegato alla Banca Rasini, ma inizia subito a far carriera. Il titolare, Carlo Rasini, lo ricordava come “un collaboratore fedelissimo, di una dedizione assoluta. Prima di dare agli impiegati una matita nuova si faceva restituire il mozzicone di quella vecchia, spegneva le luci superflue. Altri tempi”. Luigi andrà in pensione come Direttore Generale dell’Istituto di Credito, ma non cesserà di lavorare; iniziò subito a seguire le attività delle società del figlio, quell’Edilnord che firmerà Milano 2 e Milano 3. Sin dagli inizi papà Berlusconi ha creduto fermamente nelle idee del suo ragazzo tanto da affidargli come capitale iniziale della sua prima società l’intera sua liquidazione e aiutandolo poi ad ottenere gli altri finanziamenti necessari, curando i bilanci delle sue prime società e consigliandolo con la sua lunga esperienza. Lo si vedrà nei momenti cruciali, come la creazione di Canale 5, l’ingresso nel campo della pubblicità e del cinema, l’acquisto della Standa, sempre al fianco di Silvio. Un vincolo fortissimo, dunque, rinsaldato anche dallo sport. Papà Luigi, infatti, trasmette al suo primogenito la grande passione per il Milan. Diventato presidente della squadra rossonera, Silvio ricorderà spesso quei pomeriggi domenicali quando il papà lo portava a gioire e a soffrire per il “Diavolo”. La prima “Coppa del Mondo” vinta dal suo Milan stellare non può che dedicarla a papà Luigi.

LO STUDENTE
I ricordi dei suoi insegnanti e dei suoi compagni di classe

A perfezionare il carattere di Silvio ci penseranno i Padri Salesiani del Liceo Sant’Ambrogio di via Copernico a Milano. Una scuola dura, dove il giovane Berlusconi impara a “stare sui libri fino a capire a fondo e ricordare bene”. Padre Erminio Furlotti, quarant’anni e più d’insegnamento al liceo, ricorda così lo studente Berlusconi: “Era geniale, disinvolto, padrone di sé e di facile comunicativa tanto che, in occasione di visite di autorità, gli veniva affidato il discorso ufficiale che sapeva anche improvvisare lì per lì. Aveva capito l’interazione tra attenzione e memoria e la sfruttava al meglio”.
Guido Possa, compagno di scuola racconta: “Gli studi in quegli anni erano severi e i professori rincaravano la dose: andava avanti solo chi si impegnava a fondo. Così faceva Silvio, che eccelleva in italiano, latino e greco, materie che richiedono finezza espressiva orale e scritta. Gli piacevano le poesie e la grande letteratura. Berlusconi riusciva bene anche negli sport ed era il più bravo della classe nella corsa veloce. Nella dinamica relazionale all’interno della classe, Berlusconi occupava tra i compagni una posizione centrale, data la sua prorompente ed estroversa vitalità. Suscitava tuttavia qualche invidia il suo buon gusto nel vestire, la parola facile, l’aureola di successo con le ragazze, la passione per lo spettacolo e il canto e soprattutto la sua capacità di tenere un’intensa vita sociale fuori dalla scuola nelle poche ore lasciate libere dallo studio. Berlusconi ha sempre avuto molto cari i suoi compagni di classe mantenendo con loro stretti rapporti. Non pochi sono stati per lunghi anni suoi collaboratori nella vita imprenditoriale.


UNA MAMMA COME AMICO
Una donna severa, determinata, battagliera e, al tempo stesso, una madre affettuosa, protettiva, tenerissima. Un ritratto di Rosella Berlusconi

La signora Rosa, chiamata Rosella sin dagli anni dell’adolescenza, oggi ha dodici nipoti, ma al primo posto nel suo cuore restano i suoi figli: “I ragazzi li ho fatti io, i sacrifici per loro li ho fatti io. Ma voglio bene anche ai miei nipoti. Sono tutti belli, intelligenti, affettuosissimi”. La nipote del cuore è Marina: “Fra di noi c’è come un fluido”, confessa. La signora Rosella è una donna piccolina, dritta, curata, attenta, ma anche battagliera. Dice sempre ciò che pensa, anche e soprattutto a suo figlio Silvio. Lei era contraria alla sua entrata in politica e continuava a ripetergli “perché?”. Lui le rispondeva, tormentato: “Mamma, lo devo fare, non vedi come siamo combinati? Bisogna pure che qualcuno si faccia avanti. I comunisti sono rimasti gli stessi, disferanno l’Italia, non ci sarà più libertà, non si potrà più lavorare”. Una sera dell’inverno 1993 mamma Rosella guardò diritto negli occhi suo figlio. Poche parole, semplici: “Se senti il dovere di farlo, devi trovare il coraggio di farlo”. Da quel momento è stata al fianco di Silvio anche in politica, sempre pronta a ridargli la carica. “Un giorno del ‘94”, racconta, “ho trovato Silvio stanco, preoccupato, demoralizzato. Gli ho detto: Silvio! Non puoi deludere chi ha fiducia in te. Devi andare avanti, ma prima imponiti una sosta: ritroverai il tuo coraggio, la tua energia, il tuo entusiasmo e la tua fede e ritornerai il combattente di sempre”. All’ingresso della casa di mamma Rosa c’è un bellissimo bassorilievo. Una Madonna col bambino che offre una rosa. È di Pietro Canonica. “Sa la storia di questa Madonna? Quando ho compiuto settant’anni, Silvio, che era a Parigi, mi ha mandato settanta rose alte come sono alta io. Poi, a mezzanotte, sento suonare il campanello. Era lui, si è scusato dell’ora, mi ha riempito di baci e mi ha portato in casa, aiutato dal suo autista, questa Madonna, pesantissima. Mi ha detto che era stata scolpita nel 1936, l’anno in cui è nato lui, e per questo ha voluto donarmela. ‘Perché questa sei tu e questo sono io che ti offro una rosa’”. La signora Rosella è fiera dell’amore che i figli hanno per lei: “Ogni domenica Silvio mi invita ad Arcore. Può avere qualunque personaggio a tavola, ma mi fa sedere sempre alla sua destra. Quando parlo tutti mi stanno ad ascoltare, con attenzione e con rispetto. Io sono orgogliosa di tutto quello che hanno realizzato i miei figli, per questo ringrazio il Signore. Ma sono particolarmente orgogliosa del riguardo e dell’affetto che hanno per me”.

L’OROSCOPO
Ecco il profilo astrologico di Silvio Berlusconi, nato sotto il segno della Bilancia il 29 settembre 1936. Secondo gli studiosi delle stelle il suo destino era già tutto scritto nel firmamento.

Il carattere
Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936, Bilancia. Come la maggior parte dei nati sotto questo segno è un personaggio comunicativo, capace di forti passioni e amori profondi. Carismatico, grazie alla grande adattabilità e al talento innato, spicca in attività che lo portano di fronte al grande pubblico, ha ottime capacità di giudizio, di analisi e di sintesi, costruisce ogni ragionamento con logica stringente, riesce a conferire chiarezza a ogni argomento.

L’amicizia
Amicizia e ammirazione lo aiutano a sviluppare le tendenze più positive della sua natura, mentre il carattere robusto lo rende capace di assorbire anche le più difficili avversità della vita e trarne profitto per raggiungere le proprie mete. Dalla Bilancia, Silvio Berlusconi trae la sua capacità di sapersi adattare agli avvenimenti e alle situazioni, cogliendo il meglio da ogni circostanza, senza subire influenze negative. Combattente determinato e tenace, ha come segreto un fiuto preciso che gli fa subito comprendere quali sono i personaggi che gli saranno più congeniali e quali, prima o poi, saranno fonte di delusione. La sua indole critica lo porta a valutare con serenità le diverse facce della verità e della personalità umana; esigente e instancabile, ha innanzitutto il culto del lavoro e dell’efficienza.

Le stelle di quest’anno
Quest’anno il transito di Saturno nel segno dei Gemelli richiederà uno sforzo di puntualizzazione e di consolidamento, mentre il transito di Giove nel segno dello Scorpione darà garanzia di risultati all’impegno profuso. Le battaglie del leader di Forza Italia coinvolgeranno interessi economici e politici, per cui si troverà ad affrontare una concorrenza agguerrita, ma c’è da credere che non sarà certamente lui ad arrendersi. Astralità numerose e potenti garantiranno efficienza e vigore, facendo vivere a Berlusconi un periodo movimentato e faticoso, ma al tempo stesso denso di successi e soddisfazioni nella vita privata e in quella pubblica. Dopo un lungo periodo difficile, le stelle sono quest’anno nuovamente con il suo segno.

KOALA98
02-02-2006, 16:28
Nei momenti di quiete cosa fa Silvio Berlusconi? Un sorprendente ritratto privato del Presidente di Forza Italia: la musica, le buone letture, i fiori, la cucina, l’arredamento
Cosa fa Silvio Berlusconi nel poco, pochissimo tempo libero che gli rimane? Ha sempre preferito il riserbo sulla sua vita privata, ma da quando, con la discesa in campo, ha lasciato le vesti dell’imprenditore per diventare un personaggio pubblico, molti filtri sono ovviamente caduti. Vediamolo, allora, nel suo privato.
Innanzitutto adora stare in famiglia con Veronica e i suoi figli, a fare il marito e il papà. Sono questi gli autentici momenti di felicità. Una passione particolare Silvio la nutre per la grande pittura. Un amore nato negli anni giovanili. Per l’esattezza dopo la fine del liceo, quando Berlusconi collaborò per un breve periodo con un amico di suo padre Luigi, che fabbricava cornici d’arte. Un lavoro divertente che permise a Silvio d’accostarsi alla pittura. “Così, piano piano, sono diventato un collezionista di quadri e d’arte”.
Ma la passione, condivisa del resto con la moglie Veronica, è autentica e profonda; lo conferma la sua attenzione per la grande pittura veneta – nelle sue case fanno bella mostra tele del Tintoretto e del Canaletto e una raccolta di oltre cinquanta vedute di Venezia – ma non gli dispiace nemmeno l’arte contemporanea e, soprattutto, le sculture del suo amico Pietro Cascella.
Ci sono poi gli amici di una vita, i “compagni d’avventura” più cari. Celebri sono le vacanze operose a base di letture anti stress.
Ogni estate, Silvio Berlusconi raduna i suoi amici e collaboratori alle isole Bermuda: Silvio chiama questi ritiri“esercizi spirituali”. Sveglia la mattina presto, primo incontro a colazione per commentare le notizie del giorno giunte via fax dall’Italia. Poi lo sport, una, due ore di camminata e di corsa; e poi un pranzo particolare. Come se si fosse in un monastero, Gianni Letta, Marcello Dell’Utri, Fedele Confalonieri e lui stesso si alternano nella lettura dei grandi classici. “Alle Bermuda corriamo, leggiamo, meditiamo e ci alleniamo per tenere in esercizio il fisico e la memoria, ripassando le poesie più celebri e sfidandoci a vicenda su chi le ricorda meglio”.

DAL POLLICE VERDE ALLA CUCINA
Di hobby, Berlusconi non ne riconosce nessuno in particolare: “Gli unici veri hobbies sono lo studio e il lavoro”. E infatti, come smentirlo? Se da studente di ginnasio, nell’ora di italiano, scriveva non uno ma tre temi, e poi passava gli altri due ai compagni meno dotati...
“ Mi picco di essere un esperto di parchi e di giardini, credo di aver messo a dimora più alberi io di qualunque altro paesaggista “laico”, che non faccia cioé il vivaista di mestiere”.
Conosce e riconosce tutte le specie di alberi, di fiori e di cespugli. Ama indicarli con il nome botanico in latino. E come esperto è intervenuto in numerose trasmissioni televisive.
Dopo parchi e giardini, ecco un altro hobby semiufficiale, l’arredamento, come racconta uno che lo conosce bene, Giuliano Ferrara. “È un suo hobby anche arredare le case curando ogni particolare: dai mobili ai quadri, dalle foto in cornice ai fiori, alle luci studiate in un certo modo.
Anche a Palazzo Chigi, quando diventò nel 1994 presidente del Consiglio, aveva ristrutturato e arredato a modo suo e a sue spese tutto l’appartamento di rappresentanza dove si accolgono gli ospiti in visita ufficiale. Credo sia un caso unico nella storia della Repubblica italiana”.

BUONE LETTURE E TANTA MUSICA
Ama da sempre la musica. Canta, suona il piano, la chitarra e il contrabbasso. Conosce decine e decine di canzoni francesi, i suoi autori preferiti sono a Charles Trenet, Gilbert Becaud, Charles Aznavour. Ha inciso Que reste t’il des nos amours, Dans mon île e altri capolavori francesi in un CD per sua figlia Marina. Un amore che viene da lontano, dagli anni della giovinezza.
Per pagarsi gli studi universitari, con l’amico Fedele Confalonieri, si imbarcò sulle navi della Costa Crociere, come cantante e intrattenitore. Fedele al piano, Silvio alla chitarra o al contrabbasso, i due improvvisavano duetti jazz; poi Silvio cantava. Ancora adesso, quando si ritrovano, Fedele si esibisce nel suo repertoio di musica classica e poi lascia il piano a Silvio. La musica è entrata nel sangue anche dei suoi figli più piccoli: Eleonora studia l’arpa, Barbara il piano, Luigi il flauto e la chitarra. Dalla musica classica ai grandi libri il passo è breve.
Berlusconi è da sempre un lettore appassionato. I suoi interessi spaziano dai saggi storici alla politica, dall’economia alla filosofia. Con una predilezione per i classici della letteratura.
Nelle sue biblioteche – le biblioteche del più importante editore italiano, l’editore della Mondadori, della Einaudi, della Sperling e Kupfer e dell’Electa – accanto a migliaia di volumi trovano un posto particolare i libri di cui ha personalmente curato l’edizione, come l’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam (a cui ha dedicato la prefazione che pubblichiamo qui a fianco), l’Utopia di Tommaso Moro. E ancora: Il Principe di Nicolò Machiavelli con le annotazioni di Napoleone, Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce, De hominis dignitate, di Giovanni Pico della Mirandola, La Nuova Atlantide di Francesco Bacone, La Città del Sole di Tommaso Campanella, Il Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels, Il disprezzo del mondo di Erasmo da Rotterdam, Lo spaccio della bestia trionfante di Giordano Bruno.

A PROPOSITO DE L’ELOGIO DELLA FOLLIA
Vi proponiamo alcuni passi della prefazione di Silvio Berlusconi a “l’Elogio della Follia”, il capolavoro di Erasmo da Rotterdam

A farmi conoscere l’Elogio della follia fu, ai tempi dell’Università, un amico molto caro. Avevamo avuto una discussione piuttosto accesa, in cui a più riprese mi ero sentito dare del visionario, non ricordo più per quale motivo. L’indomani mi vidi recapitare una copia del capolavoro di Erasmo in un’edizione Einaudi, con una singolare dedica: “Vedrai che ti ci ritrovi”.
Cominciai perciò a leggere. Subito mi catturò l’ammirabile dedica a Tommaso Moro, che già conoscevo per l’Utopia: non riuscii a staccarmi dalla lettura se non dopo aver terminato l’ultima riga della splendida, autoironica conclusione.
Al di là dello stile sempre scintillante, sorretto da una straordinaria intelligenza e da una sconfinata, sapida erudizione, al di là del riuscitissimo gioco degli specchi tra apparenza e realtà, ragione e assurdo, saggezza e follia, ad affascinarmi nell’opera di Erasmo fu in particolare la tesi centrale della pazzia come forza vitale creatrice: l’innovatore è tanto più originale quanto più la sua ispirazione scaturisce dalle profondità dell’irrazionale. L’intuizione rivoluzionaria viene sempre percepita al suo manifestarsi come priva di buon senso, addirittura assurda. È solo in un secondo tempo che si afferma, viene riconosciuta, poi accettata e persino propugnata da chi prima l’avversava. La vera genuina saggezza sta quindi non in un atteggiamento razionale, necessariamemnte conforme alle premesse e perciò sterile, ma nella lungimirante, visionaria “pazzia”. Tutti noi abbiamo certo riscontrato più volte la profonda verità di questa tesi. E nella mia vita di imprenditore sono stati proprio i progetti a cui più istintivamente mi sono appassionato contro l’opinione di tanti, anche amici cari, i progetti per i quali ho voluto dar retta al cuore più che alla fredda ragione, quelli che hanno poi avuto i maggiori e più decisivi successi. Ma l’Elogio della follia – uno dei pochi libri che da quella lontana prima volta tengo a portata di mano – offre tante altre chiavi di lettura, come ogni vero capolavoro. In questi ultimi tempi sono portato ad ammirare l’eccezionale ricchezza dell’arte della comunicazione che vi è dispiegata. Come l’uso istintivo, magistrale, della battuta arguta, del motto di spirito, dell’immagine incisiva, del tono apparentemente lieve e scherzoso per affermare verità anche amare e sostenere coraggiose posizioni morali. Un libro dunque che trascende ogni tempo, da rileggersi anche oggi – non solo per divertimento ma anche per apprendimento – dall’uomo di studio e soprattutto dall’uomo di azione.

KOALA98
02-02-2006, 16:29
Tra le vicende imprenditoriali dell’Italia del dopoguerra, ce n’è una davvero straordinaria che parte da Milano. Ecco la sua storia

Una storia da sogno americano, quella di Silvio Berlusconi. Una favola moderna che, come tutte le storie, rivela l’impegno, le incertezze, gli sforzi, il rischio, l’avvedutezza e la lungimiranza imprenditoriale di un uomo che, dal nulla, ha dato vita ad uno dei più importanti gruppi imprenditoriali d’Europa.
Le sue origini medio borghesi ne sono la prova. Non una famiglia di grandi possibilità e tantomeno un impero da conservare. All’inizio c’è solo un padre che investe tutta la sua liquidazione –– il frutto di un’intera vita di lavoro –– nella prima società del figlio dicendogli semplicemente “fanne buon uso. Però ricorda che questi risparmi non sono solo tuoi, sono anche dei tuoi fratelli. Quando sarà il momento giusto, ne dividerai il frutto con loro”. E Silvio ha mantenuto il suo impegno. Tutti i successi di Berlusconi sono la realizzazione di sfide che ai più sembravano impossibili.
“ Sono un sognatore pragmatico – dice Berlusconi – altri fanno sogni che restano sogni, io cerco di trasformare i sogni in realtà”. Questa è la chiave fondamentale del successo di Berlusconi imprenditore, del fondatore di aziende, del creativo che ha saputo coltivare grandi progetti, accendere grandi speranze, lanciare grandi sfide, realizzare quelle che sembravano solo utopie. “Ma nulla mi è stato facile – ammette Berlusconi – per arrivare, da figlio di un impiegato di banca, ho dovuto lavorare, lavorare e ancora lavorare. Mia madre mi ripete sempre: ‘È una condanna pesante la tua: non c’è niente di facile per te, devi conquistarti tutto con enorme fatica, con tanti sacrifici’. E io rispondo. È vero mamma, è così: sempre sangue, sudore e lacrime. Ma questa è l’unica ricetta che conosco. In tutte le attività in cui mi sono impegnato – continua Berlusconi – ho dimostrato che si può arrivare a risultati che possono apparire irraggiungibili. Occorre sapersi dare degli obiettivi ambiziosi, quasi delle missioni impossibili. E ci vuole del coraggio. Certo il traguardo non deve essere proibitivo. Bisogna essere obiettivi nella valutazione dei propri mezzi. Ci deve essere una grande umiltà nel lavoro quotidiano, costante, mirato. Ed è importante l’amicizia, l’unione del gruppo. Occorre infine una assoluta lealtà nei comportamenti di tutti verso tutti in ogni situazione”.
Con queste regole Silvio Berlusconi ha costruito un impero. Come recitano diligentemente le schede degli archivi giornalistici. Nel 1960 inizia l’attività nel settore dell’edilizia.
Costruisce molte residenze a Milano e poi interi centri residenziali e commerciali diventando il primo operatore italiano del settore.
Dopo il Centro Edilnord realizza Milano 2, Milano 3 e il Girasole. Nel 1978 inaugura Telemilano, la televisione via cavo di Milano 2, che presto comincia a trasmettere su tutta la Lombardia. Nel 1980 fonda Canale 5, la prima rete televisiva privata nazionale, cui si aggiungono Italia 1 nel 1982 e Rete 4 nel 1984. Il successo conseguito in Italia gli consente di sviluppare varie iniziative, inserite, come tutte le altre società, nell’ambito della holding capogruppo Fininvest, fondata nel 1978.
Diffonde così la televisione commerciale in Europa: in Francia La Cinq (1986), in Germania Telefünf (1987), in Spagna Telecinco (1989). Nel 1989 entra nella Mondadori e diviene il principale editore italiano nel settore dei libri e dei periodici. Con la Medusa e con Cinema 5 diventa anche il primo produttore e distributore cinematografico italiano.
Il Gruppo Fininvest, con le società Mediolanum e Programma Italia, sviluppa anche una forte presenza nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari. In breve, diventa il secondo gruppo privato italiano.
“ Quando un imprenditore – spiega Berlusconi – entra in un settore nuovo, tutti i protagonisti di quel settore e i soliti soloni lo guardano con diffidenza e molti ne sorridono.
Quando entrai nell’edilizia e intorno alle case costruivo, asili, scuole, chiese, impianti sportivi, centri di ricreazione e mi preoccupavo della qualità della vita degli abitanti e dell’ambiente che li circonda, mettendo a dimora alberi a centinaia, i vecchi costruttori fecero questa previsione: ‘quello lì non può durare, poverino fallirà! Perché non capisce che così non si guadagna, che non si devono viziare così gli acquirenti‘. Quando entrai nella televisione tutti si misero a dire: ‘Ma come può uno che viene dall’edilizia darsi alla grande informazione pensando di reggere alla concorrenza della Mondadori, della Rizzoli, della Rusconi?’. E tutti si fecero delle gran risate.
Quando sono entrato nel calcio mi successe la stessa cosa. ‘Il calcio è un mondo difficile – dissero – sono in tanti a partire, ma vince una squadra sola. Uno che non ha esperienza, per vincere deve aspettare almeno dieci anni’. In tutti e tre i casi non è andata come i vecchi del mestiere avevano pronosticato. Al contrario, entrando in settori legati a vecchie consuetudini, chi sa innovare, chi sa domandarsi perché si deve fare sempre nello stesso modo, può inventare nuove soluzioni e conseguire grandi risultati”. Silvio Berlusconi è sempre lo stesso: la sua capacità di accendere speranze e di saperle trasformare in fatti concreti, il suo talento nel creare e motivare squadre vincenti, il suo entusiasmo contagioso, la sua attitudine a non adeguarsi ma a resistere e a ribellarsi, sono rimaste anche oggi le stesse di allora.

LA VERA STORIA DELLE HOLDING
“ La costituzione delle holding proprietarie del Gruppo Fininvest che sono italiane, anzi italianissime, e che pagano all’Erario italiano fior di imposte, avvenne nel 1978, e non equivale affatto alla nascita del mio gruppo – dice Berlusconi –. Avevo vent’anni di attività imprenditoriale alle spalle che mi era valsa anche la nomina a Cavaliere del Lavoro come principale costruttore di centri commerciali e residenziali d’Italia. Il mio “cursus honorum” imprenditoriale vantava già la realizzazione di molte residenze in Milano città, del Centro Edilnord, di Milano 2 e stavo costruendo Milano 3. La decisione di costituire le holding fu consigliata a mio padre dai nostri consulenti di fiducia, il dottor Edoardo Piccitto e il dottor Armando Minna, titolari di uno dei più importanti studi professionali milanesi. La nostra attività imprenditoriale cresceva e si differenziava in vari settori. Occorreva quindi pensare al futuro e prevedere una sistemazione delle questioni ereditarie per i figli, per i nipoti e per i diversi membri della famiglia. I versamenti per la costituzione del capitale furono effettuati per mezzo di assegni circolari e di conto corrente. Una società di revisione ha ricostruito tutte le operazioni. È quasi un miracolo perché, come si sa, e come previsto dalla legge, dopo dieci anni le banche usano mandare al macero le loro documentazioni cartacee. Ma quei soldi non servirono a far nascere le televisioni. La televisione non assorbì liquidità, anzi la generò. Quando la Rai aveva il monopolio televisivo, la Sipra – è noto – concedeva gli accessi premiando i clienti più generosi nel finanziare con la pubblicità i giornali di partito che erano tutti in perdita. La nascita di un’alternativa liberalizzò il mercato. Il fatturato di Publitalia passò dai 12 miliardi del primo anno ai 76 del secondo, agli oltre 200 del terzo.

nothinghr
02-02-2006, 16:29
Fai festa

KOALA98
02-02-2006, 16:29
Per Berlusconi l’urbanistica è una passione. Ma costruire case e palazzi non gli bastava. Voleva creare città più vivibili con piste ciclabili, percorsi pedonali e strade per automobili. E lo ha fatto

Berlusconi il Costruttore. Probabilmente se non ci fosse stata la consacrazione dell’editoria televisiva a determinare il soprannome di “Sua Emittenza”, quello di “Sua Residenza” sarebbe stato l’appellativo più calzante per colui che, negli anni ‘60 e ‘70, ha giocato un ruolo di primo piano nel panorama dell’urbanistica e dell’edilizia italiana. Silvio Berlusconi l’edilizia, come “passione del costruire”, l’ha sempre avuta nel sangue.
Durante gli studi all’università entra come Direttore Commerciale di una impresa di costruzioni. È bravo e dopo sei mesi viene promosso Direttore Generale. Si laurea e propone a Pietro Canali, il titolare dell’impresa, di costituire insieme a lui una nuova impresa per realizzare abitazioni di qualità. La proposta è ardita: dividere il capitale a metà. Pietro Canali rimane esterrefatto, ma poi apprezza e accetta. Nasce così la “Cantieri Riuniti Milanesi S.p.A.”.
Papà Berlusconi versa l’intera sua liquidazione per la metà del capitale sociale, Silvio ci aggiunge i suoi risparmi e diventa imprenditore. Ci scherza su: “Milanesi sono io, Cantieri Riuniti è Canali” ma sa di essersi assunto una grande responsabilità verso suo padre e verso tutta la famiglia.
Lavora sodo: acquista terreni in Milano, progetta le case, le realizza, le vende e si prepara – siamo nel 1960 – ad un progetto di grande respiro.
Una avvincente, difficile avventura, la costruzione di un intero “paese” per 4.000 abitanti dotato di tutti i servizi alle porte di Milano. È un impegno enorme per un imprenditore alle prime armi e cade proprio nel mezzo di una terribile crisi del mercato edilizio. Berlusconi deve tirar fuori tutta la sua creatività e la sua tenacia. Lavora giorno e notte, sabato e domenica. Inventa nuove formule di pubblicità e di promozione diretta, di commercializzazione (i finanziamenti per la costruzione devono venire dalle vendite), partecipa alla progettazione con una squadra di giovani architetti, capitanata da Giancarlo Ragazzi ed Enrico Hoffer, con i quali il sodalizio continua ancora oggi. La realizzazione lo impegna per quasi dieci anni. Ma da questa esperienza nasce il progetto di Milano 2: un nuovo modo di concepire la città, il sogno di Berlusconi urbanista.
Una tenuta di oltre 700.000 metri quadrati adiacente a Milano viene destinata dal Comune di Segrate, in accordo con il proprietario, il famoso trasvolatore atlantico Conte Bonzi, a un progetto di urbanizzazione per 10.000 abitanti. Berlusconi vince la gara per l’acquisto delle volumetrie e trasforma il vecchio progetto in un disegno urbanistico assolutamente innovativo, una città diversa e nuova, che chiama Milano 2, con tre sistemi stradali, con percorsi pedonali e piste ciclabili che non incrociano mai le strade per le automobili. Un modello urbanistico avveniristico ma caratterizzato da elementi evocativi della tradizione come i ponti ciclabili e pedonali che scavalcano le strade veicolari (e alludono a una sorta di Venezia lombarda), la lunga teoria dei portici che fungono da spina dorsale di tutta la città, e poi i colori caldi della tradizione lombarda, il parco che circonda le case creato dal nulla attraverso la messa a dimora di centinaia di alberi di alto fusto, la cura meticolosa sin nei dettagli dell’arredo urbano, gli asili, le scuole, la chiesa, i campi gioco, gli impianti sportivi, un centro commerciale, un centro direzionale, i parcheggi sotterranei e tanto verde, tanti fiori, tanti alberi sapientemente allocati sotto la guida personale di Berlusconi. È una impresa immane, una grande fatica ma è anche un grande successo, nonostante le crisi ricorrenti del mercato immobiliare. L’operazione ripaga generosamente anche le famiglie che vengono ad abitare nel nuovo quartiere sia in termini di qualità della vita, sia in termini di valorizzazione del proprio investimento.
Milano 2 diventa un punto di riferimento: le visite di operatori e architetti, soprattutto stranieri, si susseguono, la sua formula urbanistica viene analizzata da molte università estere. Quelle italiane sono troppo occupate a studiare i quartieri di modello sovietico e le “macrostrutture”.
Tutti cercano di carpire i segreti di un successo fatto di mille ingredienti sapientemente composti. È la consacrazione di Berlusconi quale imprenditore illuminato degli anni ’70 nel campo urbanistico – immobiliare.
Sarà verso la fine del decennio che partirà la nuova sfida di Milano 3. Sempre nell’hinterland del capoluogo lombardo, questa volta a Sud, nel Comune di Basiglio. Il nuovo complesso per 14.000 abitanti su un’area di oltre un milione e mezzo di metri quadrati mette a frutto le esperienze che Berlusconi aveva acquisito con Milano 2.
Aumentano gli spazi verdi, si perfezionano le tecniche costruttive, si lavora sui materiali, in alcuni casi addirittura rivoluzionari, le esigenze dei bambini e dei ragazzi vengono messe al primo posto.
La costruzione di Milano 3, inizia nel 1978 e richiede oltre dieci anni di impegno. L’attività edilizia passa in seguito da Silvio al fratello Paolo e con lui continua con altre importanti realizzazioni fra cui Milano 3 City, Milano Visconti, Tolcinasco e altri ancora.

KOALA98
02-02-2006, 16:30
Silvio Berlusconi capisce per primo che la nascita delle televisioni commerciali inaugura una nuova era nella comunicazione. Punta sui giovani e si impegna in una battaglia di libertà contro il monopolio RAI
La lunga sfida televisiva di Silvio Berlusconi contro il monopolio RAI è la storia di un grande successo imprenditoriale e anche la storia di una battaglia di libertà.
La libertà di fare, finalmente, una televisione dove l’unico metro di giudizio valido fosse il gradimento del pubblico e non le pressioni e le costrizioni provenienti dai Palazzi del potere. Logico che un simile intendimento trovasse tanti oppositori in un Paese dove il monopolio della Rai era considerato un dogma inattaccabile e la Rai stessa fungeva da braccio per la comunicazione e per la propaganda dei partiti, che consideravano la televisione pubblica “cosa loro” dove collocare parenti ed amici.
Una prima spallata al monopolio venne dalla sentenza del 28 luglio 1976 con la quale la Corte Costituzionale sanciva la legittimità di trasmissioni da parte di emittenti private operanti a livello locale. A seguito di questa nuova situazione, Silvio Berlusconi dà vita nel 1978 a Telemilano, tv via cavo di Milano 2 che, due anni dopo, si trasforma in Canale 5, un network costituito da una serie di emittenti locali. Berlusconi comincia ad occuparsi personalmente della sua nuova creatura, e mette a segno il suo primo “colpo”: la trasmissione, in diretta in Lombardia e in differita nel resto d’Italia, delle partite del “Mundialito”. La costruzione di una concreta alternativa al monopolio Rai, però, non poteva prescindere da una condizione essenziale: la possibilità di trasmettere in contemporanea sull’intero territorio nazionale. È lo stesso Berlusconi a sottolinearlo in un’intervista del 22 aprile ’81: “Non si può fare vera televisione se non si è collegati in diretta con tutto il Paese e con il mondo”. E allora Berlusconi ha un’idea geniale. Registra su un “master”, in anticipo di un giorno, tutti i programmi, compresi gli spot pubblicitari, e invia il master con tutto il palinsesto di un’intera giornata alle televisioni locali che li trasmettono il giorno dopo in contemporanea. Per fare un esempio, “Buona Domenica”, la trasmissione dei pomeriggi domenicali viene registrata il sabato. Nello studio un grande cartello ricorda a tutti “oggi è domenica” e quando il programma va in onda la domenica alla stessa ora su tutte le televisioni locali, si ha l’impressione che sia in diretta. È una diretta virtuale che può far concorrenza ai programmi della Rai e consente altresì agli inserzionisti pubblicitari di controllare per la prima volta l’“audience” nazionale dei loro spot sulle televisioni commerciali e quindi di giudicare la convenienza del loro investimento sul nuovo mezzo. Davvero geniale. Ma la Rai insorge e fa causa a Berlusconi accusandolo di aver costruito “contra legem” una rete nazionale “in diretta”. Berlusconi invoca il principio liberale secondo cui un cittadino può fare tutto ciò che non è espressamente proibito dalla legge. La Rai, e con la Rai la maggioranza dei partiti, afferma il contrario e cioé che un cittadino può fare solo ciò che la legge espressamente consente. La lotta contro il monopolio Rai diventa una battaglia di libertà, una battaglia contro lo statalismo e la coercizione ingiusta che lo Stato pretende di esercitare sui suoi cittadini. La battaglia si trasforma in una guerra a tutto campo, intervengono i pretori e oscurano le televisioni, i fedelissimi di Canale 5 scendono in piazza, il Governo e il Parlamento sono costretti ad intervenire per riaccenderle. Intanto l’arrivo sulla scena di Berlusconi, la nascita della prima catena televisiva commerciale nazionale e di Publitalia (la concessionaria di pubblicità), alla fine del 1980, aveva provocato una vera rivoluzione. Finalmente le aziende avevano a disposizione un nuovo mezzo, finalmente era possibile evitare umiliazioni e soprusi, finalmente era consentito non solo di espandere la produzione, ma anche di creare prodotti nuovi con la certezza di avere a disposizione il mezzo giusto per lanciarli sul mercato, per farli conoscere, per verificare in poco tempo il gradimento dei consumatori. “Qualcuno – ricordava Berlusconi ai suoi inserzionisti – vorrebbe far tornare la televisione italiana indietro di molti anni. Vi ricordate a cosa eravate costretti per ottenere uno spazio dalla Rai, per passare con la vostra pubblicità su ‘Carosello’? Vi ricordate i tempi, per fortuna lontani, in cui il famoso colonnello Fiore (il presidente della concessionaria della pubblicità Rai n.d.r.) vi metteva in fila davanti al suo ufficio, senza darvi nemmeno la certezza di ricevervi? E solo chi aveva certe entrature politiche ed era disposto a generosi investimenti sui giornali dei partiti riusciva ad ottenere gli spazi pubblicitari?”.
La resistenza dei difensori del vecchio ordine televisivo è accanita. Sono anni di ostacoli e di agguati giocati a cavallo tra i banchi del Parlamento e l’aula dell’Alta Corte, tesi a imbavagliare la tv berlusconiana. “Ci pesava molto – ammette Berlusconi – la minaccia della Corte Costituzionale. È stato un periodo durissimo, la nostra sopravvivenza era continuamente minacciata. La Rai, la sua potentissima lobby, tutti gli editori della carta stampata, invidiosi dei nostri fatturati pubblicitari, volevano buttarci fuori dal mercato, annientarci, cancellarci. Ma siamo riusciti a sopravvivere. Abbiamo resistito, abbiamo lavorato sodo, abbiamo ottenuto risultati fantastici”. Gli italiani in effetti sono con Berlusconi e decretano, di fatto, prima ancora che intervenga il legislatore, la fine del monopolio pubblico. Nel 1991 Canale 5, Italia 1 e Retequattro ottengono finalmente l’autorizzazione alla trasmissione in diretta. L’anno dopo vengono rilasciate le concessioni per le tre reti nazionali ma Rai e sinistra non demordono ancora e presentano dei referendum sul sistema delle TV che hanno lo scopo di colpire il Berlusconi editore televisivo e il Berlusconi avversario politico. Ma vengono sonoramente sconfitti dal voto degli italiani, che evidentemente vogliono essere liberi di scegliersi la televisione e i programmi che preferiscono. Magari anche il Presidente del Consiglio e il Governo da cui vogliono essere governati.

LA SCATOLA MAGICA DEL CAVALIERE
Il motivo dei successi di ascolto delle televisioni Mediaset? Anche aver puntato sul rapporto diretto con il pubblico attraverso i volti più noti e simpatici. In oltre vent’anni di vita, le reti del “Biscione” hanno portato nelle case degli italiani migliaia di ore di programmi, con un’offerta ricca e articolata che spazia dalla fiction all’informazione, dall’intrattenimento allo sport.
Dagli schermi di Canale 5, Italia 1 e Retequattro hanno parlato e sorriso agli italiani personaggi vecchi e nuovi che sono diventati “veri e propri amici di famiglia”. Tentare di stilare un elenco completo di questi personaggi sarebbe impresa impossibile. Ma anche volendone ricordare solo alcuni, non si può che cominciare da Mike Bongiorno, autentica icona della tv nazionale. “Supermike” fu infatti tra i primi, sul finire degli anni ’70 (quando Canale 5 si chiamava ancora Telemilano), a credere al sogno berlusconiano tra l’incredulità dei più.
Durante il decennio successivo, ecco trovare spazio tanti altri beniamini del pubblico, da Gerry Scotti (1983) a Marco Columbro (1984), da Iva Zanicchi con il suo “Ok, il prezzo è giusto” fino alla coppia Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, a Massimo Boldi, Ezio Greggio, Lorella Cuccarini.
Per non parlare di Maurizio Costanzo, conduttore del più longevo e seguito talk-show della tv italiana. E poi per l’informazione Emilio Fede, Enrico Mentana e Paolo Liguori. Al primo, che con il suo Tg4 ha creato un telegiornale personalizzato e diverso, è legata la storica “diretta” in occasione dello scoppio della Guerra del Golfo (16 gennaio ’91), che segnò di fatto la fine del monopolio Rai sull’informazione televisiva. Mentana, al timone del Tg5 fin dalla prima edizione nel 1992, ha dato vita a una testata in grado di contendere con successo al Tg1 il suo storico primato in termini di ascolti e di autorevolezza.
Gli anni ’90 portano nelle case degli italiani i volti di Paolo Bonolis, Maria De Filippi, Enrico Papi, Luca Laurenti, Claudio Lippi, Davide Mengacci, Simona Ventura, Paola Barale, la scanzonata brigata della Gialappa’s Band e il nuovo sorridente “guru” della divulgazione scientifica sul piccolo schermo, Alessando Cecchi Paone. E non c’è sufficiente spazio per parlare di Antonio Ricci e di Striscia la notizia, il più travolgente successo nella storia della televisione italiana.

Gemma
02-02-2006, 16:31
non credo che in questo forum ci sia bisogno di riportare paro paro il libretto di propaganda del silvio :rolleyes:

io leggo più volentieri la storia vera, raccontata da Travaglio.

qualcuno perfavore vuol fare qulacosa?
:help:

nothinghr
02-02-2006, 16:32
ma 98 è la tua data di nascita? :fagiano:

LightIntoDarkness
02-02-2006, 16:33
A parte che non so se è permessa dal regolamento quella cosa che hai appena fatto (e di cui non capisco ne l'utilità ne l'obiettività), ma non bastava mettere un link?
http://www.forzaitalia.org/premier/storia.asp

KOALA98
02-02-2006, 16:34
Immagino Gemma tu preferisca farti raccontare le favole dall'Unità;
ad ognuno il suo libro preferito!
Il mezzo migliore dei totalitaristi è guià stato usato nei miei confronti, il sig.Lucio Virzì mi ha infamato per mail ed ha fatto cancellare i miei post;
Siete grandi, la censura è ciò che vi rimane! :D

Gemma
02-02-2006, 16:34
ma 98 è la tua data di nascita? :fagiano:
può essere, visto che crede ancora alle favole.... :asd:

KOALA98
02-02-2006, 16:36
Se ti leggi il regolamento non è permessa in alcun modo nemmeno la propaganda politica cosa che appare in circa 15 discussioni su questo forum, a sinistra! immagino già che verrà però censurata solo la mia!

Amu_rg550
02-02-2006, 16:38
Se ti leggi il regolamento non è permessa in alcun modo nemmeno la propaganda politica cosa che appare in circa 15 discussioni su questo forum, a sinistra! immagino già che verrà però censurata solo la mia!ripeto anche qui:
1) nessuna censura, se alzi gli occhi vedi una discussione dell'amministrazione riguardo un crash del database.
2) riportare in maniera precisa dalla prima all'ultima parola il sito di un partito è propaganda politica, rileggi il regolamento.
3) per chiarimenti su come postare o sul regolamento o critiche sul mio operato o quant'altro mandami un pvt.