sempreio
01-02-2006, 17:01
Tutte le truffe dei volontari in uniforme
di Antonio Rossitto
1/2/2006
in due anni, la procura militare di Padova ha indagato su almeno 280 casi di false malattie.
Dalla depressione alla sciatalgia: 280 militari finiscono sotto accusa per essersi finti malati. In molti casi per ottenere un doppio lavoro.
Del caporalmaggiore Michele R., ventisettenne di Carbonara di Bari, non si avevano più notizie da qualche mese.
Alla Regione militare Nord, un casermone dell'Esercito a Padova, continuavano ad arrivare dal paesino pugliese allarmanti certificati medici, tutti firmati dallo stesso dottore.
Al maresciallo qualcosa non tornò: Michele R. alternava con dubbia sistematicità la «lombosciatalgia» alla «sindrome ansioso-depressiva». La situazione fu segnalata alla Procura militare di Padova.
Partirono gli accertamenti. I carabinieri scoprirono che, durante la malattia, il caporalmaggiore era risorto: la depressione non gli aveva impedito di diventare il vigilante (regolarmente assunto) di una nota compagnia telefonica. Ma pure dalla lombosciatalgia il ragazzo improvvisamente guarì: i carabinieri lo pizzicarono al poligono di tiro, inginocchiato davanti al suo bersaglio con una pregevole flessione del busto. Adesso è sotto processo per simulazione d'infermità e truffa.
La storia di Michele R. inizialmente sembrò alla procura militare di Padova solo un caso di insolenza. Non era così. Nel giro di qualche mese, sul tavolo del sostituto procuratore Sergio Dini, cominciarono ad arrivare nuove segnalazioni: colpiti da lancinanti dolori all'anca e profonde depressioni, decine di militari di truppa assegnati alle caserme del Nord-Est restavano a casa per mesi. Adesso la procura si trova davanti a uno scandalo di grandi proporzioni: certificati medici fasulli, dottori compiacenti, sotterfugi e lavoro nero.
In appena due anni Dini ha indagato su 280 sottufficiali: fatti due calcoli, avrebbero percepito illegalmente circa 3 milioni di euro di stipendi. Quaranta militari sono già stati condannati o hanno patteggiato la pena. Numeri che fanno temere la nascita di un nuovo carrozzone del pubblico impiego. Pure la carriera militare rischia di diventare un intoccabile, sonnecchioso e poco produttivo posto fisso dove più che armare fucili, si armeggia con certificati medici.
Tutte le persone finite sotto inchiesta sono volontari in ferma prolungata, quelli che ormai hanno sostituito i soldati di leva: ragazzi dai 18 ai 30 anni, perlopiù. Hanno il grado di caporale o caporalmaggiore, guadagnano fino a 1.300 euro al mese. L'80 per cento viene dalle regioni del Sud ma è spedito al Nord, lontano da casa, specie nelle basi militari del Nord-Est: paesini del Pordenonese e dell'Udinese, con il coprifuoco alle 8 di sera. Così, ha accertato la procura, molti restano in casa, aspettando il trasferimento in una località più vicina.
Durante la malattia la maggior parte cerca pure un altro impiego. Tutto mantenendo posto e salario garantiti dall'Esercito. Come il caporalmaggiore Roberto R., 28 anni, di Napoli, in servizio al Reggimento lagunari Serenissima di Venezia. Tra una «lombosciatalgia» e i «postumi di una frattura mandibolare» si fa a casa un paio di anni: da novembre 2002 a ottobre 2004. Ma il ragazzo è tutt'altro che un catorcio. Anzi, è talmente in buona salute da fare il doppio lavoro (nero): la mattina carica sacchi di cemento in un cantiere, di pomeriggio fa l'impiegato in una termosanitaria.
Pure Nicola T., diciannovenne campano in servizio al 32° Reggimento trasmissioni di Padova, doveva essere a casa, fiaccato da una «sindrome ansioso-depressiva». I carabinieri scoprono però che è commesso a Napoli, in un negozio di una famosa catena americana di articoli sportivi. Requisito per l'assunzione: «Essere spigliati, brillanti e di bella presenza». Non tutti si danno da fare con il doppio lavoro, visto che durante il periodo di malattia i volontari in ferma prolungata continuano a percepire lo stipendio.
Per esempio, il caporalmaggiore Federico D.F., 25 anni, in servizio al 132° carri di Cordenons, in provincia di Udine, si godeva la vita. Colpito dall'ottobre 2003 al luglio dell'anno successivo da una «grave forma di lombosciatalgia», viene scoperto una mattina dai carabinieri di Pescara impegnato in un'estenuante partita di beach volley. Di pomeriggio si rosola al sole. La sera frequenta locali notturni. Alla fine patteggia a 6 mesi per «simulazione, diserzione e truffa».
Il pubblico ministero Dini ha accertato pure che, normalmente, i militari riprendono il loro posto anche dopo una o più condanne. Come Giacomo A., 22 anni, di Napoli. Ha patteggiato la prima volta la condanna a 6 mesi, poi è ritornato in caserma a Casarsa, provincia di Udine, nel 2004. Due mesi fa lo hanno arrestato nuovamente per un'altra malattia immaginaria.
Recidivo come Ivano S., ventiquattrenne di un paesino vicino a Lecce: condannato due volte nel giro di 4 anni e ancora in servizio a Pordenone. Oppure come il caporalmaggiore Pietro C.: 32 anni, di Mercato San Severino, provincia di Salerno, in servizio a Palmanova, vicino a Udine. In 5 anni e 4 mesi, si è visto in caserma per meno di due anni: flagellato da 13 malattie diverse, è riuscito a farsi firmare anche 20 ricette di seguito dallo stesso medico. Si è congedato di sua spontanea volontà: ma solo dopo due condanne e quattro mesi di sospensione.
L'ultimo processo alla brigata dei falsi malati è di una settimana fa: Daniele B., calabrese di Paola, ha patteggiato 8 mesi. È un alpino: caporalmaggiore dell'8° Reggimento di Venzone, nell'Udinese. Dopo due anni di malattia, i superiori segnalano il caso alla procura. I carabinieri indagano: Daniele B. sta magnificamente. Nonostante lombosciatalgie, cervicali, influenze varie e sindromi depressive, ha sposato una collega di reparto: il caporalmaggiore Sonia G., anche lei in malattia. Li scoprono a tubare come due piccioncini: gite fuori porta, solarium, shopping in città mano nella mano. Sembravano in luna di miele. Peccato che a pagare fosse lo Stato.
di Antonio Rossitto
1/2/2006
in due anni, la procura militare di Padova ha indagato su almeno 280 casi di false malattie.
Dalla depressione alla sciatalgia: 280 militari finiscono sotto accusa per essersi finti malati. In molti casi per ottenere un doppio lavoro.
Del caporalmaggiore Michele R., ventisettenne di Carbonara di Bari, non si avevano più notizie da qualche mese.
Alla Regione militare Nord, un casermone dell'Esercito a Padova, continuavano ad arrivare dal paesino pugliese allarmanti certificati medici, tutti firmati dallo stesso dottore.
Al maresciallo qualcosa non tornò: Michele R. alternava con dubbia sistematicità la «lombosciatalgia» alla «sindrome ansioso-depressiva». La situazione fu segnalata alla Procura militare di Padova.
Partirono gli accertamenti. I carabinieri scoprirono che, durante la malattia, il caporalmaggiore era risorto: la depressione non gli aveva impedito di diventare il vigilante (regolarmente assunto) di una nota compagnia telefonica. Ma pure dalla lombosciatalgia il ragazzo improvvisamente guarì: i carabinieri lo pizzicarono al poligono di tiro, inginocchiato davanti al suo bersaglio con una pregevole flessione del busto. Adesso è sotto processo per simulazione d'infermità e truffa.
La storia di Michele R. inizialmente sembrò alla procura militare di Padova solo un caso di insolenza. Non era così. Nel giro di qualche mese, sul tavolo del sostituto procuratore Sergio Dini, cominciarono ad arrivare nuove segnalazioni: colpiti da lancinanti dolori all'anca e profonde depressioni, decine di militari di truppa assegnati alle caserme del Nord-Est restavano a casa per mesi. Adesso la procura si trova davanti a uno scandalo di grandi proporzioni: certificati medici fasulli, dottori compiacenti, sotterfugi e lavoro nero.
In appena due anni Dini ha indagato su 280 sottufficiali: fatti due calcoli, avrebbero percepito illegalmente circa 3 milioni di euro di stipendi. Quaranta militari sono già stati condannati o hanno patteggiato la pena. Numeri che fanno temere la nascita di un nuovo carrozzone del pubblico impiego. Pure la carriera militare rischia di diventare un intoccabile, sonnecchioso e poco produttivo posto fisso dove più che armare fucili, si armeggia con certificati medici.
Tutte le persone finite sotto inchiesta sono volontari in ferma prolungata, quelli che ormai hanno sostituito i soldati di leva: ragazzi dai 18 ai 30 anni, perlopiù. Hanno il grado di caporale o caporalmaggiore, guadagnano fino a 1.300 euro al mese. L'80 per cento viene dalle regioni del Sud ma è spedito al Nord, lontano da casa, specie nelle basi militari del Nord-Est: paesini del Pordenonese e dell'Udinese, con il coprifuoco alle 8 di sera. Così, ha accertato la procura, molti restano in casa, aspettando il trasferimento in una località più vicina.
Durante la malattia la maggior parte cerca pure un altro impiego. Tutto mantenendo posto e salario garantiti dall'Esercito. Come il caporalmaggiore Roberto R., 28 anni, di Napoli, in servizio al Reggimento lagunari Serenissima di Venezia. Tra una «lombosciatalgia» e i «postumi di una frattura mandibolare» si fa a casa un paio di anni: da novembre 2002 a ottobre 2004. Ma il ragazzo è tutt'altro che un catorcio. Anzi, è talmente in buona salute da fare il doppio lavoro (nero): la mattina carica sacchi di cemento in un cantiere, di pomeriggio fa l'impiegato in una termosanitaria.
Pure Nicola T., diciannovenne campano in servizio al 32° Reggimento trasmissioni di Padova, doveva essere a casa, fiaccato da una «sindrome ansioso-depressiva». I carabinieri scoprono però che è commesso a Napoli, in un negozio di una famosa catena americana di articoli sportivi. Requisito per l'assunzione: «Essere spigliati, brillanti e di bella presenza». Non tutti si danno da fare con il doppio lavoro, visto che durante il periodo di malattia i volontari in ferma prolungata continuano a percepire lo stipendio.
Per esempio, il caporalmaggiore Federico D.F., 25 anni, in servizio al 132° carri di Cordenons, in provincia di Udine, si godeva la vita. Colpito dall'ottobre 2003 al luglio dell'anno successivo da una «grave forma di lombosciatalgia», viene scoperto una mattina dai carabinieri di Pescara impegnato in un'estenuante partita di beach volley. Di pomeriggio si rosola al sole. La sera frequenta locali notturni. Alla fine patteggia a 6 mesi per «simulazione, diserzione e truffa».
Il pubblico ministero Dini ha accertato pure che, normalmente, i militari riprendono il loro posto anche dopo una o più condanne. Come Giacomo A., 22 anni, di Napoli. Ha patteggiato la prima volta la condanna a 6 mesi, poi è ritornato in caserma a Casarsa, provincia di Udine, nel 2004. Due mesi fa lo hanno arrestato nuovamente per un'altra malattia immaginaria.
Recidivo come Ivano S., ventiquattrenne di un paesino vicino a Lecce: condannato due volte nel giro di 4 anni e ancora in servizio a Pordenone. Oppure come il caporalmaggiore Pietro C.: 32 anni, di Mercato San Severino, provincia di Salerno, in servizio a Palmanova, vicino a Udine. In 5 anni e 4 mesi, si è visto in caserma per meno di due anni: flagellato da 13 malattie diverse, è riuscito a farsi firmare anche 20 ricette di seguito dallo stesso medico. Si è congedato di sua spontanea volontà: ma solo dopo due condanne e quattro mesi di sospensione.
L'ultimo processo alla brigata dei falsi malati è di una settimana fa: Daniele B., calabrese di Paola, ha patteggiato 8 mesi. È un alpino: caporalmaggiore dell'8° Reggimento di Venzone, nell'Udinese. Dopo due anni di malattia, i superiori segnalano il caso alla procura. I carabinieri indagano: Daniele B. sta magnificamente. Nonostante lombosciatalgie, cervicali, influenze varie e sindromi depressive, ha sposato una collega di reparto: il caporalmaggiore Sonia G., anche lei in malattia. Li scoprono a tubare come due piccioncini: gite fuori porta, solarium, shopping in città mano nella mano. Sembravano in luna di miele. Peccato che a pagare fosse lo Stato.