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View Full Version : Timor Est: durante l’occupazione indonesiana morte 183 mila persone


Ewigen
21-12-2005, 18:21
21 Dicembre 2005
TIMOR EST – INDONESIA
Timor Est: durante l’occupazione indonesiana morte 183 mila persone

Un documento reso pubblico oggi identifica per nome le vittime e gli autori di violazioni come esecuzioni di massa e torture, avvenute durante i 24 anni di occupazione indonesiana.

Dili (AsiaNews) – Un’inchiesta sugli abusi dei diritti umani a Timor Est afferma che oltre 183 mila persone sono morte durante i 24 anni di occupazione indonesiana. I dati sono contenuti in un documento preparato dalla Commissione per l’accoglienza, la verità e la riconciliazione, organismo indipendente nato nel 2002 con lo scopo di investigare sugli abusi avvenuti durante l’occupazione ad opera di entrambe le parti.

Secondo gli autori oltre il 70 % del totale delle vittime è morto per mano delle forze di sicurezza indonesiana o delle milizie timoresi addestrate da Jakarta.

Xanana Gusmao, presidente di Timor Est, ha ricevuto il fascicolo di oltre 2 mila pagine il 31 ottobre scorso, ma ha suggerito ai parlamentari che lo hanno letto di non rendere pubblici i risultati e le conclusioni presenti in esso. Il rapporto identifica per nome le vittime e gli autori degli abusi ai diritti umani durante l’occupazione e descrive esecuzioni collettive, torture e rimozione forzate delle persone dalle loro case.

L’Indonesia ha invaso Timor Est nel 1975, ma la popolazione ha votato nel 1999 per ottenere l’indipendenza. Il voto, espresso sotto forma di referendum, è stato sostenuto dall’Onu. Il distacco totale da Jakarta è avvenuto nel maggio 2002, dopo 2 anni di permanenza dei caschi blu nel territorio, ma è costato la vita di oltre 1.500 timoresi, uccisi da milizie locali fedeli agli occupanti. Il processo di indipendenza ha creato oltre 250 mila profughi.

Dopo il voto Jakarta e Dili non hanno accolto la raccomandazione della Commissione delle Nazioni Unite per la creazione di un tribunale internazionale, sostenendo che avrebbe rovinato le relazioni tra i due paesi. A marzo 2005 hanno invece varato la Commissione bilaterale di Verità e Amicizia, di cui ad agosto sono stati nominati i 10 membri, 5 per parte. La Commissione è stata istituita con il compito di sentire i testimoni e rivedere la documentazione sulle violenze “in maniera indipendente”.

I vescovi di Timor Est non sostengono l’opera di questa Commissione, che non ha il potere di perseguire per vie legali i colpevoli di crimini di guerra ma può offrire loro l’amnistia. I presuli chiedono invece “il costante intervento delle Nazioni Unite affinché sia fatta giustizia per il popolo di Timor Est” tramite un tribunale internazionale.

Jamal Crawford
21-12-2005, 18:46
Questa discussione non avra' successo in quanto non si puo' spalare letame addosso a bush, silvio, sharon, borghezio, bossi, di canio :eek: :D

zerothehero
21-12-2005, 19:13
Mi verrebbe da dire old..queste cose si sanno già al tempo dell'invasione di Suharto a Timor-est...purtroppo sono poche conosciute.
Fortuna che ora hanno raggiunto l'indipendenza.

Adric
21-12-2005, 19:31
Questa discussione non avra' successo in quanto non si puo' spalare letame addosso a bush, silvio, sharon, borghezio, bossi, di canio :eek: :D Tutti e sei di destra, allora dovresti pure citare pure bin laden, romano, arafat, bertinotti, casarini e lucarelli ;)

Sursit
21-12-2005, 20:25
Tra l'altro mi sembra che Timor Est sia stata fatta sgombrare dagli indonesiani solo per gli interessi australiani nell'area.
Qualcuno me lo conferma? Non circolano molte notizie sulla faccenda.

zerothehero
21-12-2005, 21:08
Tra l'altro mi sembra che Timor Est sia stata fatta sgombrare dagli indonesiani solo per gli interessi australiani nell'area.
Qualcuno me lo conferma? Non circolano molte notizie sulla faccenda.

E' la versione indonesiana, ma c'è del vero.

L'indipendenza fu ottenuta in base al principio dell'autodeterminazione dei popoli (indonesia invase illegittimamente Timor-est nel '73)...poi ovviamente ci saranno stati ANCHE quel tipo di interessi che tu citi altrimenti difficilmente un principio giuridico assume effettività reale.
GLi americani al contrario di quello che fecero in passato operarono in modo da spingere per l'indipendenza, il tutto fu favorito dalla caduta di Suharto e dai "torbidi" e agli scontri con l'opposizione (con numerosi scontri di piazza)...logico che quando il governo di un paese è in crisi i pesci piccoli (nel caso timor-est) trovano il modo per cogliere il momento a loro vantaggio.
Cmq meglio l'abbraccio economico australiano (inevitabile in un paese così piccolo) che il bagno di sangue che ha provocato l'esercito indonesiano dal 75 fino ai giorni dell'indipendenza in cui giravano bande di armati (ovviamente legati all'indonesia) pronti a fare strage.
Diciamo che è uno dei pochi casi che si è risolto in modo positivo dopo tanti bagni di sangue favoriti, spiace dirlo, quantomeno indirettamente dalla realpolitik degli Stati Uniti (che favorirono Suharto in funzione anticomunista).

Ewigen
28-12-2005, 17:50
TIMOR EST 28/12/2005 15.17
"PORTE APERTE" AI RIFUGIATI

“Le porte di Timor Est saranno sempre aperte per voi”: così il presidente Xanana Gusmao si è rivolto ai circa 16.000 rifugiati originari del suo paese che tuttora vivono nelle vicine province indonesiane di Timor ovest e East Nusa Tenggara. Sollecitandoli a rimpatriare, il capo di Stato ha riconosciuto che spetta a ogni singola persona “prendere la decisione migliore”, ma li ha assicurati che “li accetteremo sempre”. Gusmao ha parlato durante una visita a East Nusa Tenggara, pochi giorni prima della fine dell’attività dell’Acnur, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, rimasti ‘in loco’ per circa quattro anni. Si stima che siano state in tutto circa 250.000 le persone fuggite, o costrette a scappare, da Timor Est in seguito alle violenze che precedettero e seguirono il 30 agosto 1999, giorno del referendum dell’indipendenza di Timor Est dall’Indonesia. Negli ultimi anni la maggioranza dei profughi è tornata a casa, ma circa 16.000 restano ancora in territorio indonesiano; molti di loro sono ex membri delle milizie anti-indipendentiste che temono ritorsioni una volta rientrati in patria.

Ewigen
30-12-2005, 16:48
TIMOR EST 30/12/2005 16.11
PRESIDENTE INCONTRA EX-CAPO MILIZIE, PRIMI PASSI VERSO RICONCILIAZIONE

Il presidente di Timor Est Xanana Gusmao e l’ex capo delle milizie anti-indipendentiste Eurico Guterres hanno concordato di collaborare per la riconciliazione nazionale nel primo incontro tra i due, che combatterono su fronti opposti nel 1999, anno del referendum per l’indipendenza di Timor Est dall’Indonesia. Lo ha riferito l’agenzia giapponese Kyodo, spiegando che l’incontro è avvenuto a Kupang, capoluogo della provincia indonesiana di Timor ovest, dove ancora risiedono migliaia di profughi est-timoresi e dove il presidente Gusmao ha inaugurato in questi giorni un consolato. “Nessuno ha vinto, nessuno ha perso, perché entrambi abbiamo perduto i nostri combattenti, perciò la riconciliazione è per noi la migliore soluzione” ha detto il capo di Stato, invitando Guterres a visitare Timor Est e assicurandogli che non sarà arrestato per gli abusi dei diritti umani commessi prima e dopo il referendum del 30 agosto 1999. L’ex guerrigliero ha accettato l’invito, annunciando che ha in programma di recarsi a Timor Est a gennaio con altri 26 ex-miliziani. Dall’11 agosto è attiva la Commissione per la verità e la giustizia, organismo con il mandato di un anno, composto da 5 esponenti est-timoresi e altri 5 indonesiani, incaricati di “stabilire una verità definitiva” sugli eventi che hanno portato la piccola ex-colonia portoghese all’indipendenza e promuovere la riconciliazione tra i due popoli. La Commissione è stato però oggetto di alcune critiche, anche da parte della Chiesa locale, perché si teme che non faccia giustizia degli abusi commessi in quegli anni. Finora due tribunali si sono occupati delle violenze costate la vita a 1.500 est-timoresi, la distruzione del 75% delle infrastrutture e l’esodo forzato di 250.000 persone: la corte ‘ad hoc’ istituita a Giakarta ha però condannato solo due civili est-timoresi e prosciolto militari e politici di nazionalità indonesiana, mentre quella di Dili, costituita dall’Onu, ha condannato 74 responsabili, ma altri 303 presunti criminali restano latitanti, probabilmente in territorio indonesiano.
[LM]

Ewigen
09-01-2006, 22:36
TIMOR EST – Circa 1.500 persone hanno manifestato oggi davanti alla sede dell’amministrazione di Atambua, nella provincia indonesiana di Timor Ovest, per chiedere giustizia dopo l’uccisione di tre ex componenti delle milizie anti-indipendentiste, responsabili di violenze commesse nel 1999, anno dell’indipendenza di Timor Est dall’Indonesia. I tre sono stati uccisi dalla polizia di confine perché avevano attraversato per una cinquantina di metri la frontiera con Timor Est mentre pescavano in un fiume.

Ewigen
21-01-2006, 19:43
TIMOR EST 21/1/2006 12.12
PRESIDENTE GUSMAO, RAPPORTO SU VIOLENZE “DEVE SERVIRE A LENIRE LE FERITE”

“Questo rapporto deve servire a lenire le ferite. Le cifre sulle vittime possono essere discusse, ma ciò che resta è la lezione che dobbiamo apprendere dal passato. Noi non chiediamo una giustizia punitiva ma una giustizia che porti alla riconciliazione” lo ha detto il presidente di Timor Est, Xanana Gusmao, consegnando ieri al Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, un rapporto sulle violenze commesse nel suo paese durante i 24 anni di ‘occupazione’ indonesiana, compilato da un cartello di organizzazioni per i diritti umani locali. Gusmao, che aveva ricevuto il dossier mesi fa ma che ha esitato a presentarlo all’Onu per timore di compromettere i rapporti con l’Indonesia, ha proposto una soluzione sul modello della commissione per la verità e la riconciliazione nata in Sudafrica. Si ritiene infatti molto improbabile che la giustizia di Dili prosegua nell’incriminazione di amministratori o militari indonesiani sospettati di violenze e abusi, poiché il paese, tra i più poveri dell’Asia, ha un disperato bisogno di mantenere buoni rapporti con il potente vicino, soprattutto commerciali. Il rapporto è stato redatto dalla ‘Commissione for Reception, Truth and Reconciliation’: in esso si sostiene che dal 1975 al 1999 sono morte a Timor Est tra le 84.000 e 183.000 persone per fame, malattie e violenze, come conseguenza diretta del potere dei militari in loco. Le autorità indonesiane hanno reagito al rapporto chiedendo di “guardare al futuro” e che le dominazioni occidentali in Africa e Asia “sono state anche peggio”. Nel 1975, nove giorni dopo la partenza del colonizzatore portoghese, le truppe di Giakarta entrarono a Timor Est, che fu annessa l’anno successivo all’Indonesia. Dili è tornata ufficialmente indipendente nel 2002.

Ewigen
01-04-2006, 00:46
TIMOR EST 31/3/2006 13.33
CRESCE TENSIONE DOPO SOMMOSSA DI EX-MILITARI

Decine di stranieri, che vivono e lavorano a Timor Est, stanno lasciando il piccolo paese asiatico per le crescenti tensioni scaturite dalle proteste iniziate quasi due mesi fa nelle file dell’esercito. Come si apprende da fonti militari, la vigilanza delle truppe lungo il confine tra Indonesia e Timor Est è stata intensificata per timore di un possibile esodo dall’ex colonia portoghese, dopo che mercoledì scorso militari disertori hanno assalito l’abitazione del vice capo della polizia, vicino all’ambasciata indonesiana nella capitale Dili, e saccheggiato case in diverse altre città. La crisi è iniziata lo scorso 8 febbraio, quando 593 militari avevano lasciato le caserme ed erano ‘entrati in sciopero’ protestando per le disagiate condizioni di lavoro e la scarsa equità nell’attribuzione delle promozioni. Più di un mese dopo il governo aveva ufficialmente licenziato i dimostranti, imponendo così un drastico taglio alle truppe che, prima dei disordini, ammontavano in tutto a 1.400 unità. Le forze di difesa sono state costituite sei anni fa, quando l’Onu prese il temporaneo controllo della nascente nazione, resasi indipendente da anni di dominio indonesiano con il referendum dell’agosto 1999. Considerato uno dei paesi più poveri dell’Asia, Timor Est ha bisogno, oltre che di aiuti e sviluppo economico, di forze di sicurezza in grado di prevenire e controllare eventuali tensioni sociali.

Ewigen
05-04-2006, 21:47
TIMOR EST 5/4/2006 9.13
INFRASTRUTTURE E LAVORO PER LOTTARE CONTRO LA POVERTA'

Una crescita del 7% entro il 2010 e almeno 10.000 nuovi posti di lavoro: così il governo di Timor Est spera di combattere la povertà e rilanciare l’economia nei prossimi anni. In un discorso ai paesi donatori, il primo ministro Mari Alkatiri ha detto che il prossimo anno il governo intende investire l’equivalente di oltre 67 milioni di euro in progetti di infrastrutture, un aumento del 75% rispetto al precedente anno fiscale. Ricordando che attualmente l’economia nazionale cresce del 2,3% all’anno –un tasso insufficiente per migliorare le condizioni di vita del suo milione di abitanti – Alkatiri ha precisato che gli investimenti riguarderanno soprattutto la capitale Dili, dove più alto è il livello di povertà. Secondo il Programma dell’Onu per lo sviluppo (Undp), nel paese il reddito pro-capite annuo, pari a 307 euro, si sta costantemente riducendo e l’aspettativa di vita è di appena 55 anni, mentre 60 bambini su 1000 muoiono prima di aver compiuto un anno. A parere dell’Undp, Timor Est ha bisogno di un tasso di sviluppo tra il 5 e il 7% annuo per poter affrontare con più serenità il futuro. Nei mesi scorsi è stato firmato un accordo con l’Australia per lo sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas che, nei prossimi anni, potrebbero migliorare la situazione.

Ewigen
20-04-2006, 21:36
20 Aprile 2006
TIMOR EST
Timor Est: documentati torture e maltrattamenti della polizia

Un rapporto di Human Rights Watch documenta gli abusi perpetrati dalla polizia nazionale durante arresti e detenzioni. Direttore dell’organizzazione: i Paesi donatori intervengano, Timor Est rischia di emulare l’Indonesia.

Dili (AsiaNews) – Il governo di Timor Est deve affrontare in modo urgente il problema delle torture e del maltrattamento dei detenuti da parte della polizia, prima che il fenomeno si diffonda. La denuncia è contenuta in un rapporto pubblicato oggi dall’organizzazione per i diritti umani, Human Rights Watch (Hrw). Basato su numerose interviste a testimoni e vittime degli abusi, il rapporto documenta in 50 pagine l’uso eccessivo della forza da parte della polizia nazionale di Timor Est (Pntl) durante arresti e detenzioni. Molti degli intervistati sono stati ricoverati per la gravità delle ferite riportate.

Brad Adams, direttore di Hrw per l’Asia, ha confessato: “Siamo rimasti scioccati dal trovare così tanti casi credibili di torture e maltrattamenti”. Una delle vittime racconta di “aver subito continue torture, di essere stato picchiato e che gli veniva spruzzato addosso dello spray piccante”.

Il capo della Pntl, Paulo Martins, ha subito negato le accuse. “Trattiamo i prigionieri nel rispetto delle procedure” ha detto alla stampa. Egli ha poi invitato Hrw a inviargli prove delle violenze.

Secondo Adams, “le autorità di Timor Est stanno ignorando questi soprusi, mentre dovrebbero prendere urgenti misure per farli cessare”. L’attivista aggiunge che il governo rischia di emulare l’Indonesia, accusata di aver violato i diritti umani durante la sua occupazione del Paese.

Timore Est, ex colonia portoghese, ha ottenuto l'indipendenza nel 1974, ma è stata invasa dalle truppe indonesiane pochi mesi dopo. I militari di Jakarta hanno utilizzato metodi quali ridurre alla fame i civili e stuprare le donne, causando tra il 1975 e il 1999 la morte di decine di migliaia di persone. Nel 1999 un referendum sostenuto dalle Nazioni Unite ha scelto l’indipendenza, raggiunta in forma ufficiale nel 2002.

A fine 2005 la Commissione est-timorese per la verità e la riconciliazione ha pubblicato il suo rapporto in cui prova le atrocità commesse da Jakarta nel corso dell’occupazione.

Adams si augura che il rapporto di oggi serva come “sveglia” ai Paesi donatori per esprimere il loro disappunto sulla questione. Hrw invita poi con urgenza la comunità internazionale a finanziare e pianificare strategie per l’addestramento e il monitoraggio della polizia a Timor Est.

Ewigen
26-04-2006, 18:06
TIMOR EST 26/4/2006 16.41
ANCORA PROTESTE DI EX-MILITARI, SI CERCA UNA SOLUZIONE

Per il terzo giorno consecutivo circa 600 ex-militari hanno manifestato insieme a circa 2000 cittadini per le vie della capitale Dili, protestando contro il loro licenziamento e presunte discriminazioni tra i ranghi dell’esercito; durante il corteo ci sono stati momenti di tensione per atti vandalici commessi contro negozi e uffici. La situazione è tornata alla normalità nel pomeriggio, mentre in sede governativa sono continuati per tutto il giorno gli intensi negoziati tra i rappresentanti degli ex-soldati e il ministro degli Esteri Josè Ramos Horta. “Chiediamo una soluzione giusta” ha detto il portavoce dei militari licenziati, tenente Gastao Salsina, che nei giorni scorsi non aveva escluso nuove azioni violente. Già il mese scorso, in seguito al licenziamento degli ex-soldati, si erano verificati gravi disordini a Dili e in altre città. La crisi si prolunga dall’8 febbraio, quando 593 militari lasciarono le caserme ed entrarono ‘in sciopero’ protestando per le disagiate condizioni di lavoro e la scarsa equità nell’attribuzione delle promozioni per un presunto trattamento privilegiato degli abitanti dell’est, ‘Lorosae’, ai danni dei ‘Loromonu’, originari dei dieci distretti dell’ovest. Considerandoli ‘disertori’, il governo li aveva poi licenziati. In seguito alle proteste, Horta annunciò la creazione di una commissione d’inchiesta, ma la sua proposta di reinserimento di alcuni soldati venne respinta dagli ex-militari. Secondo osservatori politici locali, nelle ultime ore ci sarebbe stato un significativo avvicinamento tra le parti e una soluzione potrebbe essere annunciata pubblicamente già domani, dopo la consueta riunione settimanale del presidente Alexander ‘Xanana’ Gusmao con il primo ministro Mari Alkatiri.

Ewigen
27-04-2006, 23:18
TIMOR EST 27/4/2006 15.49
RESPINTA PROPOSTA GOVERNO, PROSEGUONO DIMOSTRAZIONI EX-MILITARI

Gli ex-soldati che da lunedì manifestano per le strade di Dili continueranno ad oltranza le agitazioni malgrado la proposta delle autorità per risolvere la crisi. Oggi il presidente Alexander Xanana Gusmao, il primo ministro Mari Alaktri e il capo della diplomazia timorense Josè Ramos Horta hanno annunciato la creazione di una commissione con rappresentanti di tutte le istituzioni per indagare sulle denunce degli ex-militari soldati secondo i quali ci sarebbero discriminazioni e favoritismi all’interno dei ranghi dell’esercito in base alle diverse origini territoriali. “Ci sono accuse che meritano di essere analizzate. La commissione ha l’incarico di verificare fino a punto tali affermazioni corrispondono a fatti concreti, e sulla base di ciò analizzare la situazione e in che contesto si è verificata” ha detto Alaktri; sarà composta da rappresentanti dell’esecutivo, della presidenza, del Parlamento e della Cassazione cui si aggiungono nel ruolo di osservatori la Chiesa cattolica e organizzazioni della società civile. L’offerta ha lasciato insoddisfatti gli ex-soldati, la cui protesta “non vuole ottenere una commissione ma risposte alle proprie esigenze” ha detto il portavoce dei dimostranti, tenente Gastao Salsinha, esprimendo un dissenso che ha sorpreso molti osservatori che si attendevano invece una posizione più conciliante. Tumulti e atti di vandalismo si sono verificati ieri durante il corteo di tremila persone, inclusi i 593 ex militari radiati dall’esercito. A febbraio i soldati avevano lasciato le caserme ed erano entrati ‘in sciopero’ per denunciare presunte ingiustizie nel trattamento economico e nell’assegnazione delle promozioni; al loro licenziamento, circa un mese dopo, seguirono gravi disordini a Dili e in altre città.

~ZeRO sTrEsS~
28-04-2006, 07:04
portare un po di democrazia li no...

cmq ho un amico che ha scritto un bel po su timor est in wikipedia in inglese...

povera gente :(

Ewigen
29-04-2006, 23:09
TIMOR EST 29/4/2006 11.05
DILI: TORNA LA CALMA MA CIVILI SI RIFUGIANO IN STRUTTURE RELIGIOSE

Strade quasi deserte e con una forte presenza di polizia ed esercito oggi nella capitale Dili, il giorno dopo che una manifestazione di ex-soldati e loro sostenitori hanno ingaggiato scontri con le forze dell’ordine costati la vita a due persone e il ferimento di 34, agenti inclusi, oltre a danni contro negozi e auto. Ambasciate ed edifici governativi sono piantonati da agenti e soldati, mentre è stato organizzato una sorta di ‘cordone di sicurezza’ intorno al centro della città per impedire ai dimostranti di avvicinarsi. Sporadici rumori di spari si sono uniti nella notte, andati aumentando all’alba ma la giornata è poi proseguita nella calma, riferisce l’agenzia portoghese ‘Lusa’. Le agitazioni di ieri, già precedute da episodi di violenza e vandalismo nei giorni precedenti e similmente un mese fa, hanno provocato panico tra la popolazione: circa 5.000 civili hanno preferito rifugiarsi nella struttura del Seminario Don Bosco dei missionari salesiani ed altre migliaia hanno lasciato la capitale per raggiungere sulle colline circostanti una struttura della suore carmelitane. Ieri il governo aveva dichiarato “illegali” le manifestazioni degli ex soldati, dicendosi pronto all’uso della forza per ripristinare l’ordine e lo stato di diritto; i manifestanti avevano respinto come insufficiente l’offerta delle autorità di creare una commissione d’inchiesta istituzionale per indagare sulle presunte discriminazioni tra i ranghi dell’esercito ed eventualmente ricorre a riassunzioni caso per caso dei 593 militari, licenziati un mese fa dopo che avevano lasciato le caserme in segno di protesta.

Ewigen
02-05-2006, 22:05
TIMOR EST 2/5/2006 15.21
DECINE DI ARRESTI DOPO DISORDINI, EX-MILITARI MINACCIANO NUOVE TENSIONI

La polizia di Timor Est ha arrestato 101 persone, tra cui 13 ex-soldati, in seguito ai violenti disordini di venerdì scorso durante una manifestazione di ex-militari e dei loro sostenitori, lo riferisce oggi il ministero degli Esteri. Secondo l’ultimo bilancio, quattro persone hanno perso la vita quando la polizia ha usato la forza per disperdere i dimostranti che stavano vandalizzando il centro della capitale Dili; le violenze hanno spinto migliaia di cittadini cercare rifugio in strutture religiose. Il portavoce degli ex-militari, Gastao Salsinha, contattato da una radio australiana, ha detto di essersi ritirato sulle montagne con un centinaio di compagni e di essere pronto a continuare da lì la protesta. Affermando di non avere armi da fuoco, Salsinha ha aggiunto che lui e i suoi uomini non intendono rispondere all’ordine del primo ministro Mari Alkatiri di arrendersi, ma potrebbero consegnarsi se a chiederlo fosse il presidente Xanana Gusmao. A marzo le autorità hanno licenziato 593 soldati - un terzo degli effettivi - che da una mese avevano lasciato le caserme denunciando discriminazioni tra i ranghi dell’esercito sulla base dell’origine geografica. Il governo ha ordinato la creazione di una commissione d’inchiesta istituzionale e ha parlato di eventuali riassunzioni “caso per caso”, ma l’offerta è stata respinta dai dimostranti.

easyand
02-05-2006, 22:09
portare un po di democrazia li no...



informarsi sul fatto che a Timor una missione multinazionale c'era già stata no? Pure noi ci abbiamo partecipato

Ewigen
05-05-2006, 11:48
TIMOR EST 5/5/2006 11.54
CONTINUA LA FUGA DI CIVILI, GOVERNO RICHIAMA FORZE DELL’ORDINE DALLE STRADE

Per rassicurare la popolazione che da giorni continua a fuggire da Dili, capitale di Timor Est, temendo nuove violenze, il presidente Xanana Gusmao e il primo ministro Mari Alkatiri hanno ordinato il ritiro delle truppe e della polizia che presidiavano le vie della città, ribadendo che la situazione è sotto controllo. Tuttavia “almeno 20.000 persone (5000 famiglie) hanno lasciato la capitale” ha dichiarato il ministro degli Affari sociali, Arsenio Paixao Bano, all’agenzia ‘France Press’, precisando che tra i fuggitivi un migliaio di persone si sono recate in barca nella vicina isola di Atauro. A gettare nella paura la popolazione sono stati, una settimana fa, scontri tra ex militari e forze dell’ordine, che hanno causato 5 vittime, 77 feriti e l’incendio di un centinaio di negozi e abitazioni, secondo il bilancio ufficiale. Dopo le violenze, gli ex soldati si sono rifugiati sulle montagne circostanti la capitale rifiutando di consegnarsi alle autorità. Anche oggi gran parte dei negozi, scuole e uffici a Dili sono rimasti chiusi, mentre per le strade hanno circolato pochi mezzi tranne gli autobus del servizio pubblico e i taxi; si vedono, inoltre, ancora auto e camioncini carichi di masserizie di famiglie che preferiscono lasciare la città diretti nelle zone all’interno del paese. La paura si è diffusa anche tra i cittadini di origini indonesiane, un centinaio dei quali ha varcato il confine con Timor Ovest, riferiscono le autorità di frontiera. Il clima di crisi ha inoltre determinato nella capitale un aumento dei prezzi dei beni di consumo e della benzina. Intanto si è insediata oggi ufficialmente la ‘Commissione di saggi’ composta da dieci membri dei tre principali organismi istituzionali e da elementi della Chiesa cattolica e della società civile. La Commissione, presieduta dal ministro Ana Pessoa, ha un mandato di 90 giorni per indagare sulle accuse di discriminazioni tra i ranghi dell’esercito che sono uno dei motivi principali della protesta dei 593 ex militari, licenziati un mese fa e che ora chiedono la reintegrazione nelle forze armate. A spiegare la paura dei cittadini è la storia stessa di Timor Est, per 25 anni occupata militarmente dall’Indonesia, dopo una controversa annessione e tornata indipendente in seguito a un referendum del 1999 segnato da gravissime violenze.

Ewigen
21-05-2006, 22:20
TIMOR EST – Non si è tenuta alcuna celebrazione per ricordare il quarto anniversario dall’indipendenza dall’Indonesia, a causa dell’incertezza seguita agli ultimi episodi di violenza. Fonti nella capitale Dili riferiscono che la maggior parte delle persone si è rifugiata sulle montagne perchè non si sente sicura: centinaia di migliaia di persone hanno abbandonata le proprie case dopo gli scontri dello scorso mese in cui sono morte 5 persone.

Ewigen
24-05-2006, 23:35
24 Maggio 2006
TIMOR EST
Dili: città deserta, la gente “si sente in guerra”

Dopo le massicce proteste all’interno dell’esercito contro la leadership militare, la situazione a Timor Est sembra precipitare con quotidiane sparatorie. Almeno 20 mila persone “terrorizzate” si sono rifugiate nei villaggi, nelle parrocchie e nelle scuole. La Chiesa esorta alla calma. Possibile intervento militare di Australia e Nuova Zelanda.

Dili (AsiaNews) – A Dili le case sono vuote. Tra la gente la sensazione è quella di essere in guerra. A migliaia lasciano le proprie abitazioni in cerca di un rifugio più sicuro, “terrorizzati” dalle violenze che da settimane scuotono il giovane Stato di Timor Est. Così appare oggi Dili come la racconta ad AsiaNews Francis Suni, giovane padre di famiglia, che dalla capitale parla della “tesissima” situazione in cui è precipitato il Paese da fine aprile.

I disordini sono scoppiati dopo la diserzione per protesta di 600 soldati, un terzo delle forze armate, che denunciavano discriminazioni su base etnica: i “disertori” sono originari della parte ovest dell’isola, mentre la leadership militare di quella est. Dopo le proteste, il governo ha licenziato i rivoltosi, che, armati, si sono stanziati sulle colline intorno a Dili.

“Oggi si sentono ancora forti spari - riferisce Francis - da due giorni gli scontri tra ex militari ed esercito regolare avvengono soprattutto nelle periferie della città, ma la gente è terrorizzata e scappa in massa”. Ieri, in due differenti attacchi sferrati dagli ex militari alle truppe regolari sono rimaste uccise almeno due persone. Il 28 aprile, all’inizio delle proteste, i tumulti popolari nella capitale hanno provocato cinque morti e dato il via alla fuga di almeno 20 mila abitanti verso le campagne. Un sacerdote verbita locale, spiega che “la gente torna ai villaggi d’origine oppure chiede ospitalità nelle parrocchie e nelle scuole cattoliche”.

La crisi ha radici profonde

Analisti sul posto intervistati da AsiaNews spiegano che “il problema ha radici più profonde, riconducibili soprattutto allo scontento popolare per la figura del premier Mari Alkatiri, un musulmano in cui il Paese a maggioranza cattolica non si rispecchia, e alla mancata collaborazione all’interno dei partiti al governo”. A questo si aggiungono le tensioni sociali tra i gruppi etnici e le critiche al potere per la povertà in cui continua a versare il Paese.

Secondo alcuni esponenti del Fretilin - il partito di maggioranza, cui appartiene lo stesso primo ministro - Alkatiri dovrebbe dimettersi per la cattiva gestione delle rivolte. “Un ricambio all’interno del governo - avvertono gli analisti - non risolverebbe la crisi; la gente potrebbe continuare ad essere insoddisfatta. E comunque bisogna aspettare solo un anno per le prossime elezioni generali”. “Quello di cui ora il Paese ha bisogno è l’intervento di agenzie di soccorso a favore della popolazione” concludono.

Si profila l’intervento di forze estere

Secondo un giornalista locale “probabilmente, se continua così, il governo chiederà l’intervento di Australia e Nuova Zelanda, che hanno già dato la loro disponibilità; ma sarebbe una mossa sbagliata”. La decisione è difficile perché “al momento si combatto anche civili appartenenti a diversi gruppi etnici e circolano molte armi”. “Un intervento esterno - sottolinea la fonte di AsiaNews - peggiorerebbe la situazione, il nostro esercito ha forze sufficienti per sedare la rivolta e rimane la via del negoziato”.

Per precauzione l’Australia ha posizionato già dalla scorsa settimana navi da guerra con a bordo 1100 soldati nelle sue acque settentrionali pronte a intervenire “qualora lo chiedano Dili e le Nazioni Unite”. Anche la Nuova Zelanda invierà soldati, se richiesto, e intanto sta pianificando l’eventuale evacuazione dei suoi connazionali. Già evacuata, invece, l’ambasciata Usa e il personale australiano “non indispensabile nella zona”. In allerta anche il Portogallo, che dominò Timor Est dal Seicento al 1975 anno dell’invasione indonesiana.

Per ora il presidente Xanana Gusmao non ha preso decisioni, ma ha giurato di catturare i responsabili delle violenze.”.

La Chiesa cattolica, che ha giocato un ruolo fondamentale nella lotta per l’indipendenza di Timor Est dall’Indonesia nel 1999, non si era ancora espressa fino a ieri, quando il vescovo di Baucau, mons. Basilio do Nascimento, ha lanciato un appello al Paese, perché cessino le violenze, già a lungo sperimentate in passato. Tra il 1975 e il 1999 l’esercito di Jakarta ha praticato torture e stupri sulla popolazione di Timor, causando la morte di decine di migliaia di civili.
Un sacerdote della diocesi di Dili ritiene che tutto quello che la Chiesa può fare al momento è rimanere vicino agli sfollati. E aggiunge: “Timor Est ha bisogno di tranquillità per crescere gradualmente, i giovani sono molti e hanno voglia di studiare nel loro Paese, sperando ancora di poterlo migliorare”

Ewigen
25-05-2006, 11:35
25 Maggio 2006
TIMOR EST
Scontri a Timor Est: ancora due morti, mentre arrivano le forze australiane

Continuano i disordini a Dili: due vittime, bruciate le case di un sacerdote e di un responsabile della polizia nazionale. Ieri il governo ha chiesto ufficialmente l’aiuto internazionale; rispondono Australia, Portogallo, Malaysia e Nuova Zelanda.

Dili (AsiaNews) – Si avvicinano alla costa di Dili le navi da guerra australiane, mentre il primo contingente di unità speciali già presidia l’aeroporto della capitale. Canberra ha risposto alla richiesta di aiuto internazionale lanciata ieri dalle autorità timoresi impegnate a sedare gli scontri tra ex militari ed esercito in corso da tre giorni nella capitale.

Fonti di AsiaNews dal posto riferiscono che “gli abitanti già vedono in mare le navi da guerra australiane e si dirigono verso il porto”. Intanto anche oggi continuano violenti i disordini. Secondo quanto riferito dal portavoce del presidente Xanana Gusmao, nei combattimenti di oggi intorno alla capitale sono rimasti uccisi un capitano delle forze armate e un poliziotto; circa 20 i feriti, tra cui un cittadino sudcoreano in viaggio d’affari. “Al momento – continua la fonte – scontri armati stanno avvenendo intorno alla zona del quartiere generale della polizia militare; inoltre sono state date alle fiamme le case di un sacerdote, p. Domingos Maubere, e quella del capo per le operazioni della polizia nazionale Ismael Babo”.

Dall’inizio degli scontri, il 28 aprile scorso, la situazione è andata gradualmente deteriorandosi: Dili è ormai nel caos, finora il bilancio delle vittime conta una decina di morti e migliaia di persone in fuga verso le campagne. I disordini sono scoppiati dopo la diserzione per protesta di 600 soldati, un terzo delle forze armate, che denunciavano discriminazioni su base etnica nella carriera.

Ieri il ministro timorese degli Esteri Jose Ramos Horta ha confermato la richiesta di aiuti dall’estero, di cui già si parlava da giorni. In risposta, il premier australiano John Howard ha inviato un primo contingente di 150 soldati delle unità speciali, impegnati nella protezione dell’aeroporto internazionale. Canberra prevede di inviare sull’isola dai mille ai 1.300 uomini.

Horta ha poi annunciato che la richiesta di aiuto è stata mandata anche alla Nuova Zelanda, alla Malaysia ed al Portogallo, di cui Timor est è stata colonia. Lisbona ha garantito il dispiegamento di 120 agenti della polizia militare. Anche le Nazioni Unite stanno valutando la richiesta di aiuto del giovane Stato.

Ewigen
26-05-2006, 18:54
26 Maggio 2006
TIMOR EST
Torna la calma, ma Dili ha ancora paura

Il governo di Timor Est affida alle forze australiane la sicurezza nella capitale. La gente torna a casa, ma solo di giorno; per la paura si continua a dormire in scuole e conventi cattolici. Suora a Dili: “Insieme agli sfollati la sera preghiamo per la pace”.

Dili (AsiaNews) – A Dili sembra tornata la calma oggi, anche se “circolano voci di possibili nuovi attacchi, questa notte, contro le forze governative nelle zone periferiche della capitale”. Fonti di AsiaNews a Timor Est parlano di una situazione “in miglioramento”, dopo l’arrivo ieri delle forze australiane, ma si temono ancora attacchi nella notte fuori città. “Sulla città volano i Black Hawk e non si sentono spari”. Intanto dai villaggi intorno alla capitale tornano gli abitanti scappati in massa la settimana scorsa. Ma la paura li spinge a passare comunque la notte in conventi e scuole cattoliche.

Suor Maria, missionaria salesiana a Dili, conferma ad AsiaNews che “molte famiglie sono tornate a casa, le scuole hanno dovuto riaprire, perché si sta per concludere l’anno, ma la gente continua ad avere paura”. “Molti – aggiunge – scelgono di passare il giorno a casa e la notte in scuole e conventi, ritenuti più sicuri”. Nel loro istituto professionale di Comoro, i salesiani al momento ospitano più di 4 mila sfollati: “La sera ogni famiglia cucina per sé e poi tutti insieme preghiamo, perché torni al pace”.

Ieri il governo ha deciso di affidare alle truppe australiane il compito di mantenere la sicurezza nella capitale. Dopo il primo contingente di 150 uomini arrivati ieri, Canberra conta di dispiegare in tutto 1300 uomini, oltre ad elicotteri e mezzi blindati, entro domani sera. All’intervento miliare estero, chiesto dallo stesso governo di Timor Est due giorni fa, parteciperanno anche Nuova Zelanda, Malaysia e Portogallo.

Il comandante delle forze armate australiane Angus Houston avverte che, anche se la situazione è più calma, le condizioni restano comunque pericolose. Ieri sono continuati gli scontri fra soldati lealisti e ribelli, iniziati dopo la decisione del governo di licenziare dall’esercito un terzo dei militari che si erano assentati dal servizio, lamentando discriminazioni su base etnica. I disordini più gravi si sono registrati intorno al quartier generale della polizia. Nove agenti di polizia ribelli, che avevano deposto le armi ed erano sotto protezione dell’Onu, sono stati uccisi dai militari governativi, e altre 27 persone sono rimaste ferite, alcune gravemente. L’Indonesia ha chiuso le frontiere con Timor Est, mentre le Nazioni Unite manderanno un inviato speciale. Grandi apsettative per l'incontro tra tra le fazioni in lotta, che - presieduto dal capo di Stato timorese Xanana - si terrà il prossimo 28 maggio.

CONFITEOR
27-05-2006, 05:48
Questa discussione non avra' successo in quanto non si puo' spalare letame addosso a bush, silvio, sharon, borghezio, bossi, di canio :eek: :D
Il regime indonesiano che invase Timor, era stato messo al potere dagli usa...

era un regime fascistoide,

e la figura di Suharto rikorda quella del cavaliere...

:fagiano:

Ewigen
27-05-2006, 12:53
27 Maggio 2006
TIMOR EST
Dili, ancora violenze: case date alle fiamme, truppe straniere in assetto da guerra

Dopo la tregua di ieri, oggi nella capitale bande armate attaccano e bruciano le abitazioni. L’Onu evacua il personale “non essenziale”.

Dili (Agenzie) – Sono ripresi gli scontri a Timor Est. A Dili, teatro dei disordini, donne e bambini sono in fuga, dopo che uomini di milizie civili hanno iniziato a dare fuoco alle case. Intanto le truppe straniere, che continuano ad arrivare sull’isola, tentano di calmare le violenze tra soldati lealisti e ribelli in corso ormai da quattro giorni.

Bande armate di machete, coltelli e spade hanno attaccato stamattina il quartiere Villa Verde nella zona meridionale della capitale, danneggiando le abitazioni per poi darle alle fiamme. Testimoni raccontano di sentire ancora colpi d’arma da fuoco intorno. Non si ha notizia di morti o feriti, ma si vedono ambulanze lasciare la zona degli incidenti a sirene dispiegate. A Villa Verde sono arrivati carri armati australiani nel tentativo di riportare l’ordine. Da ieri, per volere del governo di Timor Est, la sicurezza della capitale è in mano all’esercito australiano. Le Nazioni Unite, intanto, hanno annunciato l’evacuazione del loro personale “non essenziale” dal Paese. Numerose sono le persone che cercano di raggiungere l’aeroporto per fuggire o chiedono asilo in ambasciate e chiese.

All’origine delle violenze la spaccatura all’interno dell’esercito che ha messo in discussione la già precaria stabilità del Paese. A marzo 600 soldati, un terzo delle forze militari della piccola nazione, hanno scioperato per chiedere migliori condizioni di lavoro e per protestare contro discriminazioni su base etnica. Dopo circa un mese in cui non si sono presentati in caserma, il governo ha deciso di licenziarli in massa. La situazione è precipitata il 28 aprile, quando i 600 hanno scatenato disordini a Dili in cui 5 persone sono morte e diversi edifici distrutti. Almeno 20 mila persone hanno lasciato la città per rifugiarsi dai parenti in campagna.

Ewigen
29-05-2006, 20:36
TIMOR EST 29/5/2006 10.26
‘PEACEKEEPER’ PATTUGLIANO DILI, PRESIDENTE INVOCA RICONCILIAZIONE

“Abitanti dell’est e dell’ovest, vi prego, riconciliatevi e recuperate la calma; aiutate la gente a conservare il loro sangue freddo” con queste parole il presidente di Timor Est, Xanana Gusmao, si è rivolto oggi a una nutrita folla di cittadini riunitisi davanti al palazzo presidenziale dopo che negli ultimi tre giorni gravi disordini hanno provocato morti e seri danni nella capitale Dili. “Siamo tutti timoresi. Fermiamo queste violenze che ci dividono” ha continuato il capo di Stato, che aveva appena terminato un incontro d’emergenza con l’esecutivo. La situazione in città appare calma, grazie anche all’intervento di un contingente straniero composto da 2500 ‘peace keepers’ inviati da Australia, Malesia, Nuova Zelanda e Portogallo, ma il bilancio dei giorni scorsi registra almeno 23 vittime causate da scontri tra bande di giovani armati e polizia e dalla violenza indiscriminata che ha travolto la capitale della piccola nazione asiatica. Tra le vittime anche sei componenti della famiglia del ministro dell’Interno Rogerio Lobato (due bambini, tre adolescenti e una donna) morti venerdì nell’incendio appiccato alla loro casa da alcuni facinorosi. Negozi razziati, auto e case date alle fiamme sono lo scenario visibile a Dili, mentre le forze nazionali e straniere pattugliano massicciamente le strade quasi vuote di civili. Alla radice di questa crisi, la ‘ribellione’ di 600 soldati, circa la metà dell’esercito timorense, ammutinatisi nei mesi scorsi denunciando presunte discriminazioni ai danni degli effettivi dell’ovest e favoritismi nei confronti dei soldati dell’est, ma anche la disoccupazione e la fragilità economica di uno dei paesi più poveri del continente. La situazione, la prima emergenza che Timor Est si trova ad affrontare dalla sua indipendenza nel 2002, riporta alla mente le gravissime violenze del 1999 in occasione del referendum che sancì l’emancipazione da 25 anni di dominio indonesiano. Secondo stime della Croce Rossa, sono 40.000 i civili che hanno lasciato Dili o si sono rifugiati in luoghi ritenuti più sicuri, in particolare le strutture religiose, per sfuggire alle violenze, memori dei fatti di sei anni fa in cui perirono un migliaio di cittadini.

zerothehero
29-05-2006, 22:01
Il regime indonesiano che invase Timor, era stato messo al potere dagli usa...

era un regime fascistoide,

e la figura di Suharto rikorda quella del cavaliere...

:fagiano:

Diciamo che per far fuori i comunisti indonesiani l'america ha pensato di affidarsi a lui. :stordita:
Cmq adesso che timor est è indipendente dopo il referendum non mi aspettavo questi scontri così violenti tra le varie fazioni timoresi.

Ewigen
30-05-2006, 11:41
TIMOR EST 30/5/2006 10.41
DILI: PRESENZA INTERNAZIONALE NON ARRESTA TENSIONI

Resta instabile la situazione a Timor Est dove anche oggi si sono verificati episodi di scorrerie e vandalismo nella capitale Dili: nei quartieri di Delta e Kampung Baru gruppi di giovani hanno dato alle fiamme case, automobili e scassinato molti negozi per depredarli, ma all’occasione anche la popolazione comune ha approfittato delle razzie. Danni e saccheggi anche nelle sedi del ministero della Giustizia, della procura Generale e del dicastero per la Terra. I facinorosi sono fuggiti all'arrivo dei blindati delle forze internazioni, circa 1300 tra soldati australiani, malesi, neozelandesi e portoghesi giunti a Dili nei giorni scorsi per disarmare le bande e riportare l’ordine. Dopo l’appello alla calma di ieri del presidente Xanana Gusmao, le autorità non hanno diffuso nessuna comunicazione ufficiale mentre da ieri continua la riunione di emergenza nel Consiglio di Stato per trovare una risposta alla crisi. Almeno 40.000 persone, secondo stime della Croce Rossa (60.000, secondo le Nazioni Unite), hanno lasciato le loro case per rifugiarsi da parenti fuori città e in luoghi ritenuti sicuri, soprattutto strutture religiose. C’è preoccupazione per il prossimo esaurimento delle scorte di cibo. Il ministero dell’Agricoltura ha organizzato un punto di distribuzione di sacchi di riso nel quartiere di Fomento, gestito da soldati australiani, davanti al quale ci sono lunghe file. Intanto, riferisce l’agenzia ‘Lusa’, continuano a Ermera, cittadina a una sessantina di chilometri dalla capitale, i contatti tra i responsabili dei ‘peace keeper’ australiani e i rappresentanti dei 600 disertori dell’esercito, la cui protesta ha dato inizio dal marzo scorso alle tensioni sfociate in scontri aperti in tre momenti diversi. Agli ex-soldati, che lamentano discriminazione nei ranghi dell’esercito a favore dei timorensi originari dei distretti dell’est, si sono unite bande di giovani disoccupati che da giovedì hanno messo a ferro e fuoco la capitale provocando l’intervento della polizia; si ritiene che almeno 23 persone abbiamo perso la vita nelle violenze.

Ewigen
30-05-2006, 21:09
TIMOR EST 30/5/2006 16.25
PRESIDENTE DICHIARA EMERGENZA NAZIONALE E PRENDE CONTROLLO FORZE ARMATE

Al termine di due giorni di Consiglio di Stato il presidente Xanana Gusmao ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale annunciando che da oggi assumerà per un periodo iniziale di 30 giorni, eventualmente prorogabile, “la responsabilità esclusiva nel settore della Difesa e della sicurezza nazionale, in qualità di comandante in capo delle forze armate”: la decisione, ha detto Gusmao in una conferenza stampa, è stata presa “in collaborazione stretta e permanente” con il primo ministro Mari Alkatiri e il capo del Parlamento. Il presidente ha inoltre sottolineato che sarà l’unico responsabile del coordinamento della forza di pace dei 2.500 soldati stranieri, prevalentemente australiani, dispiegati nell’ex-colonia portoghese. Si tratta di “misure necessarie per impedire le violenze ed evitare nuove vittime” e “ristabilire l’ordine pubblico” dopo un mese di proteste lanciate da 600 disertori dell’esercito, a cui si sono unite anche bande di giovani disoccupati che continuano a provocare disordini. Le relazioni tra Gusmao e Alkatiri si sono deteriorate negli ultimi giorni: Alkatiri è accusato di non aver gestito correttamente l’emergenza che finora ha causato oltre una ventina di vittime.

Ewigen
02-06-2006, 10:34
TIMOR EST 1/6/2006 9.43
PRESIDENDE GUSMAO TRA LA GENTE E INVOCA “UNITÀ NAZIONALE”

Il presidente Xanana Gusmao è sceso oggi per le vie di Dili rivolgendosi ai protagonisti degli scontri, che da giorni hanno portato il caos nella capitale, alle forze di polizia e ai capi locali affinché finiscano le violenze e si collabori per il ripristino della normalità. Eroe della guerra di liberazione dall’occupazione indonesiana e figura molto autorevole e ascoltata tra gli est timorensi, Gusmao ha lanciato un accorato appello all’unità nazionale e chiesto la fine delle divisioni tra cittadini dell’est (Lorosae) e dell’ovest (Loromonu), recentemente enfatizzate da una protesta nata tra i ranghi dell’esercito. Fermatosi a parlare anche in una stazione della polizia, il presidente si è soffermato sulle sofferenze delle decine di migliaia di profughi (70.000, secondo stime dell’Onu) che da settimane affollano accampamenti allestiti con mezzi di fortuna dove si sono rifugiati in cerca di sicurezza. Sembra intanto tornare lentamente sotto controllo la situazione in città, anche se si continuano a registrare scontri tra gruppi di giovani facinorosi, atti di vandalismo, incendi di case e ruberie. Le strade sono pattugliate dagli uomini della forza multinazionale, prevalentemente composta da soldati australiani, giunta nella capitale nei giorni scorsi per scongiurare il ripetersi dello scenario da ‘guerra civile’ vissuto da Timor Est nel 1999 in occasione del referendum sull’indipendenza dall’Indonesia. Una svolta decisiva alla crisi potrebbe giungere oggi dall’esito della riunione di emergenza del Consiglio dei ministri convocata dal capo dell’esecutivo Mari Alkatiri. Il primo ministro, al centro delle critiche per come è stata gestita situazione, ha escluso l’eventualità delle sue dimissioni o di alcun membro dell’esecutivo, ribadendo che per il cambiamento della compagine politica bisognerà attendere le elezioni previste per il prossimo anno. Inoltre, in un’intervista alla radio nazionale australiana, Alkatiri ha precisato che c’è stata una cattiva interpretazione della parole del presidente Gusmao martedì scorso. Il capo dello Stato ha dichiarato lo stato di emergenza e annunciato il passaggio sotto il suo diretto controllo delle forze di sicurezza, suggerendo la destituzione dall’incarico dei ministri della Difesa e dell’Interno. “La difesa e la sicurezza fanno ancora parte del governo, ed io sono il capo del governo” ha ribadito Alkatiri all’emittente australiana. L’attuale crisi è stata originata dalla ribellione di 600 soldati, poi licenziati dall’esercito, secondo i quali tra i militari esisterebbero discriminazioni sulla base dell’origine geografica.

Ewigen
03-06-2006, 11:04
TIMOR EST 3/6/2006 10.27
CRISI A DILI, NOMINATI NUOVI MINISTRI

Il ministro degli Esteri, Josè Ramos-Horta è da oggi capo ad interim del dicastero per la Difesa, mentre Alcino Baris è il nuovo ministro dell’Interno; la nomina dei due nuovi ministri è la prima risposta del governo alla crisi a Timor Est, dove dieci giorni fa sono ripresi scontri e violenze apparentemente motivate da presunte divisioni tra la popolazione. Nella breve cerimonia d’insediamento, subito seguita da una riunione del Consiglio superiore di difesa e sicurezza, il presidente Xanana Gusmao ha rinnovato l’appello all’unità nazione e ha detto che “ora più che mai” si chiede a tutti di difendere la Costituzione. Ramos-Horta e Baris prendono il posto di Roque Rodrigues e Rogerio Lobato, che giovedì, in una riunione di emergenza del Consiglio dei ministri, avevano presentato le loro dimissioni su sollecitazione del capo di Stato. Il loro licenziamento è stato nei giorni scorsi motivo di attrito tra il presidente Gusmao e il primo ministro Mari Alkatiri, quest’ultimo al centro di aspre polemiche sulla gestione della crisi, originata lo scorso febbraio da una protesta tra i ranghi dell’esercito per presunte discriminazioni sulla base dell’origine geografica dei soldati. Almeno 23 persone sono morte nelle violenze e molte decine di case, auto e negozi sono stati incendiati e depredati; assaliti anche uffici della procura e del ministero della giustizia, dove parte degli archivi sono stati bruciati. Nella riunione a Dili, Gusmao esporrà un piano di emergenza per riportare l’ordine nel paese e rispondere alle esigenze di decine di migliaia di cittadini, rifugiatisi in accampamenti provvisori, fuori città o in strutture religiose, in cerca di un luogo sicuro dalle violenze. Intanto oggi il ministro degli Esteri australiano, Alexander Dower, in visita per poche ore a Dili dove è dispiegata una forza multinazionale di 2500 uomini di cui l’Australia è il principale esponente, ha chiesto un maggiore coinvolgimento dell’Onu a Timor Est. Dower, che ha incontrato il presidente Gusmao, il primo ministro Alkatiri e il suo omologo Ramos-Horta, ha detto che per riportare la normalità del paese sarà necessaria la presenza di una forza internazionale “per un po’ di tempo”, aggiungendo che dovrebbe essere composta in maggioranza da agenti di polizia e non da soldati.

Ewigen
05-06-2006, 18:15
TIMOR EST 5/6/2006 12.37
PROSEGUONO SCONTRI NELLA CAPITALE

Bande giovanili dell’est e dell’ovest del paese si sono scontrate anche oggi nella capitale Dili, dove hanno incendiato diversi edifici; le truppe australiane hanno intanto usato gas lacrimogeni per disperdere due gruppi rivali che si stavano affrontando sul Ponte Comoro che porta all’aeroporto, mentre solo 50 parlamentari su 88 si sono presentati alla sessione di stamani convocata per trovare una soluzione alla crisi politico-militare innescata due mesi fa dall’allontanamento di 600 militari dall’esercito. Gli altri non vi hanno partecipato temendo per la loro incolumità. Le violenze proseguono nonostante il dispiegamento di 2250 soldati, per lo più australiani e neozelandesi: il “numero di saccheggi, incendi e di scontri tra gang” è stabile e c’è bisogno di più poliziotti ha detto Mick Slater, il comandante della forza internazionale dislocata nel paese. Nessun dettaglio è stato diffuso riguardo al “buon esito” dei colloqui di stamani tra Jose Ramos Horta, ministro degli Esteri e della Difesa, e Alfredo Reinado, capo dei soldati dissidenti che hanno iniziato gli scontri il 28 aprile, dopo essere stati espulsi dall’esercito dal primo ministro Mari Altakiri perché avevano protestato contro presunte discriminazioni perpetrate da ufficiali dell’ovest contro soldati dell’est. Intanto continuano a essere precarie le condizioni delle circa 100.000 persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e a rifugiarsi in campi profughi, 66.000 entro la capitale e 30.000 fuori Dili. “I campi sono troppo affollati. La gente vive guancia a guancia. Queste condizioni esacerbano le tensioni” ha detto Ariane Rummery, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Uhncr), che teme che le violenze nelle strade possano presentarsi anche nei campi. Solo oggi sono arrivati i primi aiuti aerei – tende, taniche di benzina, etc – mentre il Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam/Wfp) ha iniziato a distribuire riso, zucchero e altri beni di prima necessità.

Ewigen
06-06-2006, 17:47
TIMOR EST 6/6/2006 10.49
ULTIMATUM DEL PARLAMENTO A SOLDATI DISSIDENTI

“Coloro che hanno abbandonato le loro caserme, devono consegnare tutte le armi entro 48 ore”: è l’ultimatum rivolto al termine della sessione d’emergenza del Parlamento – attraverso un portavoce - ai 600 soldati ribelli, circa la metà dell’esercito governativo. I dissidenti, guidati dal maggiore Alfredo Reinado e originari dell’est del paese, a marzo avevano disertato le caserme per protestare contro presunti favoritismi e discriminazioni, provocando la reazione del primo ministro Mari Alkatiri che li ha congedati, e lo scorso mese sono stati protagonisti di una vera e propria rivolta, con alcune decine di vittime. Intanto soldati australiani, a capo della forza multinazionale di 2500 uomini inviata nei giorni scorsi, hanno sequestrato armi e coltelli e arrestato 12 persone. Tra queste, alcuni leader delle gang di giovani armati che anche oggi hanno continuato il saccheggio di negozi e depositi di semenze appiccando incendi a diversi edifici del distretto commerciale Comoro, tra la capitale Dili e l’aeroporto. Gli australiani hanno anche bloccato una strada principale nei pressi dell’aeroporto, quando si è diffusa la voce che circa 2000 manifestanti stavano convergendo verso il centro per protestare dinanzi al Parlamento e chiedere le dimissioni del primo ministro Mari Alkatiri, inviso alla popolazione e anche a parte del governo. Alkatiri intanto oggi ha negato di aver accusato il vicino indonesiano – da cui il Timor Est si è affrancato nel 1999 dopo 24 anni di brutale occupazione – di fomentare le violenze tra gruppi dell’est e dell’ovest che sinora sono costate la vita ad almeno 20 persone. Ieri il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono aveva detto che le insinuazioni rischiavano di compromettere le relazioni diplomatiche tra i due paesi vicini.

Ewigen
06-06-2006, 20:53
6 Giugno 2006
TIMOR EST
Dili: più di mille sfilano contro il premier

I manifestanti, arrivati a bordo di autobus e motociclette, chiedono le dimissioni di Alkatiri e minacciano di boicottare ogni iniziativa del Parlamento, finché non verranno ascoltati.

Dili (AsiaNews) – Sono più di 1000 i manifestanti arrivati oggi a Dili per chiedere le dimissioni del premier, che continua a non voler cedere. Secondo fonti locali provengono tutti dalla parte ovest dell’isola, la stessa di cui sono originari i 600 soldati che ad aprile il contestato primo ministro Mari Alkatiri aveva deciso di licenziare, dando il via ai disordini ancora in corso.

I dimostranti sono arrivati su motociclette, autobus e camion; alla periferia della capitale sono stati fermati dalle truppe malaysiane, che partecipano alla forza internazionale intervenuta per riportare la sicurezza sull’isola. Dopo un’ora di trattative il corteo ha ottenuto il permesso di sfilare attraverso la città, scortato dai militari stranieri.

Il lungo corteo gridava slogan come “Abbasso Alkatiri”, sventolando striscioni contro il primo ministro. Dopo aver raggiunto gli uffici governativi, il leader della manifestazione, Augusto Araujo Taro, ha incontrato il presidente timorese Xanana Gusmao per sottoporgli le richieste dei dimostranti. Questi hanno minacciato di boicottare ogni iniziativa del Parlamento finché Alkatiri non lascerà l’incarico.

Nonostante le forti pressioni dalla popolazione, da membri del suo governo e anche dall’influente Chiesa locale il premier, ritenuto responsabile della crisi, continua a non arrendersi. Egli definisce i disordini in corso un complotto organizzato dai suoi oppositori per far cadere il governo. La settimana scorsa una dichiarazione del premier indicava nell’Indonesia uno degli attori della cospirazione a suo danno; dopo le critiche arrivate da Jakarta, Alkatiri ha subito smentito. Il capo di Stato indonesiano ha ribadito che la crisi a Timor Est è una questione interna al Paese.

A causa delle violenze nell’ex colonia portoghese, nell'ultimo mese, almeno 30 persone sono morte e circa 100 mila residenti sono fuggiti dalle loro case. Secondo funzionari dell’Onu, gli sfollati sono raccolti in circa 50 campi profughi improvvisati, quasi tutti a Dili e nelle vicinanze.

Questa settimana, l’inviato speciale Onu a Timor Est, Ian Martin, riferirà al Consiglio di Sicurezza sulla situazione nel giovane Stato. In seguito le Nazioni Unite decideranno che tipo di intervento intraprendere.

Ewigen
08-06-2006, 20:15
TIMOR EST 8/6/2006 10.34
VIOLENZE ANCHE FUORI DILI, PRIMO MINISTRO IRREMOVIBILE

Scontri tra le forze regolari e i soldati disertori si sono verificati fuori dalla capitale – i primi da quando lo scorso mese sono iniziati i disordini che hanno causato la morte di almeno una ventina di persone e costretto alla fuga oltre 20.000 – mentre a Dili bande giovanili continuano a scontrarsi a intermittenza, a saccheggiare e dare alle fiamme case e negozi. Ribelli oggi hanno incendiato un ufficio del governo distrettuale della città di Gleno, mentre a Ermera, a sud-ovest della capitale Dili, si sono verificate sparatorie e sono stati attaccati e dati alle fiamme la sede del partito al governo, il ‘Fretelin’ che guidò la lotta per l’indipendenza dall’Indonesia, e l’abitazione del suo coordinatore locale. Lo ha detto il presidente del Parlamento Fransisco Guterres, precisando che gli attacchi sarebbero stati opera di soldati disertori guidati da due ufficiali congedati, Agusto ‘Tara’ Ararujo e Alfredo Reinado. Nonostante quest’episodio e le richieste di un migliaio di manifestanti scesi in piazza martedì, il segretario generale del partito e discusso primo ministro Mari Alkatiri ha ribadito che non intende dimettersi. Altakiri è considerato da più parti il responsabile della crisi: i circa 600 membri dell’esercito – quasi la metà del totale – originari dell’ovest del paese erano stati congedati da lui lo scorso mese dopo che si erano assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito ed ex-guerriglieri delle province orientali durante la lotta per affrancarsi dalla vicina Indonesia durata 25 anni. Intanto la ‘Caritas Australia’ ha sollecitato l’apertura di un’inchiesta ufficiale sul numero delle vittime dei disordini, sostenendo che potrebbero essere molto più che 21 come indicato dalle autorità. Si profila inoltre la possibilità di un intervento dell’Onu, anche dopo recenti tensioni diplomatiche tra Australia e Portogallo per il comando del contingente multinazionale giunto nel paese due settimane fa di circa 2.500 uomini tra portoghesi, australiani, neozelandesi e malesi. “Auspichiamo un impegno delle forze Onu che dovrebbe durare per almeno due anni, mentre l’esercito regolare australiano e le altre truppe internazionali potrebbero restare per circa un anno” ha spiegato José Ramos-Horta, ministro degli Esteri e della Difesa, che nei giorni scorsi ha incontrato i capi delle fazioni dei ribelli

Ewigen
08-06-2006, 20:25
8 Giugno 2006
TIMOR EST
Timor Est: inchiesta internazionale, indipendente sulle ultime violenze

A chiedere indagini complete sui disordini, che continuano a Dili e dintorni, sia la Caritas che le Nazioni Unite. Il governo dà il via libera. Il contestato premier continua a non volersi dimettere: “Lo faccio per il bene del Paese”.

Dili (AsiaNews) - Le vittime delle ultime settimane di disordini a Timor Est potrebbero essere più di quelle denunciate dai bilanci ufficiali. Il timore è stato sollevato dalla Caritas Australia, che ha chiesto l’apertura di un’inchiesta governativa sul numero dei morti provocati dagli scontri tra militari ribelli e lealisti e dalle violenze nella capitale Dili ad opera di bande armate di giovani dell'est e dell'ovest del Paese. Della stessa opinione anche le Nazioni Unite: ieri la rappresentanza dell’Onu a Timor Est ha detto che il govenro locale ha dato l’assenso a un’inchiesta internazionale sulle violenze.

Sul fronte politico vanno intanto avanti i contatti tra governo e ribelli nella capitale. Il ministro di Esteri e Difesa, Ramos Horta, ha incontrato oggi Alfredo Reinado, capo dei militari in lotta contro il potere centrale, dettosi disponibile a trovare una soluzione alla crisi. Ma, nonostante le critiche e le manifestazioni popolari che chiedono le sue dimissioni, il contestato premier Mari Alkatiri ribadisce oggi di non volersi dimettere “per il bene del Paese”. Il primo ministro musulmano, membro del partito di maggioranza Fretilin, è considerato da più parti il vero responsabile della crisi: ad aprile ha ordinato la radiazione di circa 600 soldati, quasi la metà dell'esercito del piccolo Stato, in seguito alle loro proteste per discriminazioni su base etnica. L’episodio ha dato il via alle successive violenze.

Secondo fonti di AsiaNews, che oggi hanno incontrato Alkatiri, egli ha ammesso: “Sarebbe più semplice dimettermi, date le pressioni che ricevo, ma non mi preoccupo tanto per me quanto per il mio Paese”. Il sospetto del primo ministro è che, una volta lasciato il suo incarico, i vertici di Stato (vedi presidnete Xanana Gusmao e ministro difesa e Esteri Ramos Horta) tentino di allontanare il Fretilin dal prossimo governo, previsto per il 2007. “Le mie dimissioni - ha spiegato - non sono la soluzione giusta per sbloccare la situazione”.

Analisti locali ritengono che sia in atto un effettivo scontro tra il presidente e il governo, entrambi espressione del Fretilin, il partito della guerriglia contro l’occupazione indonesiana, fondato da Xanana, Horta e Alkatiri. Il capo di Stato ha abbandonato l’impronta marxista del Fretilin, e la scelta non è piaciuta alla vecchia guardia del partito. Per quanto riguarda Alkatiri, nonostante sia stato rieletto al vertice del partito con larga maggioranza, c’è chi preme per sostituirlo. Analisti aggiungono che Alkatiri non piace nemmeno all’estero, dove si teme la possibilità che voglia favorire Pechino nell’assicurasi le riserve di gas, di cui l'isola è ricca.

Secondo le autorità, dalla fine di aprile ad oggi sono morte tra le 20 e le 30 persone: la maggior parte soldati e polizia. Gli altri sono civili, vittime delle scorribande nella capitale e dintorni, che l’ingente numero di forze straniere - 2500 militari tra portoghesi, australiani, neozelandesi e malaysiani - intervenute sull’isola non riesce a sedare. Canberra e Dili hanno chiesto al Consiglio di sicurezza Onu l’invio di caschi blu per ristabilire la calma nell'ex colonia portoghese.

Ewigen
09-06-2006, 18:18
TIMOR EST 9/6/2006 14.27
CRISI A DILI: CARITAS CHIEDE INDAGINI SU VIOLENZE

La Caritas ha richiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale per determinare il numero effettivo di vittime e i responsabili delle sommosse iniziate lo scorso aprile a Timor Est dopo le manifestazioni dei militari contro discriminazioni nei ranghi dell’esercito. I morti potrebbero essere di più dei 20 ufficialmente riconosciuti, sottolinea l’agenzia d’aiuti umanitari citando alcuni resoconti che includerebbero tra le vittime non solo poliziotti e soldati coinvolti negli scontri ma anche civili bersaglio di atti di vandalismo e violenze commessi da bande criminali. “I timori per la mancanza di sicurezza a Dili e nel paese sono basati sulla carenza di fiducia dei cittadini nella giustizia” ha detto Jack de Groot, responsabile della Caritas Australiana ribadendo la necessità di approfondite indagini sugli eventi in corso. Secondo l’agenzia ci vorrà almeno un altro mese prima che i circa 70.000 sfollati ospitati in diversi campi attorno alla capitale possano tornare alle loro case; le condizioni negli accampamenti rischiano peraltro di peggiorare con lo scoppio di malattie legate alla scarsa assistenza sanitaria. Caritas stima che almeno 500 abitazioni siano state distrutte solo negli ultimi dieci giorni, nonostante la presenza di una forza internazionale di 2.500 militari, 1.300 dei quali australiani.

Ewigen
12-06-2006, 11:37
12 Giugno 2006
TIMOR EST - ONU
Onu: appello per Timor Est, servono subito 18 milioni di dollari

Non migliora la situazione a Dili, in preda ai disordini; timore per epidemie nei sovraffollati centri d’accoglienza per i rifugiati. I militari ribelli chiedono la sospensione della Costituzione e pieni poteri al presidente Gusmao.

Dili (Agenzie) – Le Nazioni Unite lanceranno oggi un “appello urgente” per raccogliere aiuti per Timor Est, mentre cresce il numero degli abitanti che lascia la capitale Dili, da settimane in preda ai disordini. Fien Riske-Nielson, il coordinatore Onu per gli affari umanitari a Timor Est, riferisce che l’appello sarà lanciato nella giornata di oggi e chiede fondi per 18 milioni di dollari destinati a coprire i prossimi tre mesi di interventi sull’isola.

Secondo le ultime stime Onu, sono 100 mila le persone che hanno abbandonato la loro abitazione in seguito alle violenze dell’ultimo mese. “Nelle zone fuori Dili – avverte, però, Riske-Nielson - il numero potrebbe essere in crescita”. La situazione umanitaria, aggiunge, è “precaria”, perché le condizioni igieniche nei sovraffollati centri d’accoglienza fanno temere epidemie.

La prossima settimana, secondo quanto riferito dal ministro timorese degli Esteri Jose Ramos-Horta, le Nazioni Unite daranno il via ad un’inchiesta sui violenti scontri, in cui hanno perso la vita civili, soldati e poliziotti. Il bilancio ufficiale parla di 21 morti, ma circolano voci e denunce che la cifra sia molto maggiore.

La crisi nell’ex colonia portoghese è scoppiata in aprile dopo la decisione del premier Mari Alkatiri di radiare dall’esercito 600 soldati, il 40% delle forze armate, che “scioperavano” lamentando discriminazioni su base etnica. I soldati ribelli si sono scontrati con quelli lealisti e si sono poi asserragliati sulle colline. Le bande rivali hanno quindi preso possesso delle strade nell’assenza di forze di sicurezza.

Il fronte politico che chiede le dimissioni del primo ministro, ritenuto responsabile dei disordini, ha annunciato un incontro per questa settimana, in cui discutere una formula per modificare la Costituzione e dare maggiori poteri al presidente. Una sospensione totale della Costituzione e i pieni poteri al capo di Stato, invece, è quello che chiedono i leader dei militari ribelli, che nei prossimi gironi incontreranno lo stesso Gusmao a Dili.

Ewigen
13-06-2006, 22:33
In attesa del summit con il presidente Gusmao, i ribelli chiedono le dimissioni del primo ministro Mari Alkatiri

Timor, sos sfollati
L’Onu: «Servono diciotto milioni»

Appello delle Nazioni Unite: bastano due dollari al giorno
per garantire la sopravvivenza agli oltre 100mila profughi causati dalle violenze

Di Paolo M. Alfieri

Due dollari al giorno per ognuno dei centomila sfollati di Timor Est. Il minimo indispensabile per far fronte alle necessità dei prossimi tre mesi. Li chiedono le Nazioni Unite e le autorità locali, congiunte in un appello che sa di ultima chiamata davanti all'incombere di una possibile catastrofe. Sono decine gli accampamenti di fortuna che punteggiano la capitale Dili. Assediati dalle violenze degli ultimi mesi, spinti dalla paura di trasformarsi in vittime inermi dei disordini in corso, vi si sono rifugiati uomini e donne, bambini e anziani, civili trovatisi loro malgrado a fronteggiare la crisi scoppiata nel Paese ad aprile. Fien Riske-Nielson, coordinatore per gli Affari umanitari dell'Onu a Timor Est, ha definito ieri «altamente precaria» la situazione dei rifugiati, per i quali la comunità internazionale è chiamata a stanziare almeno 18 milioni di dollari da utilizzare nelle prossime dodici settimane. A Palazzo di Vetro ci si augura una risposta immediata e concreta all'appello, anche perché il numero dei profughi è visibilmente in crescita. Il rischio più imminente è che si diffondano implacabili epidemie a causa del sovraffollamento nei ricoveri improvvisati. «Necessitiamo di maggiore assistenza per poter mettere sotto controllo la situazione e far sì che i profughi facciano ritorno alle loro case», ha sottolineato il ministro degli Esteri, Jose Ramos-Horta. Che non ha nascosto, peraltro, i contrasti politici in corso a Dili: «Ci vorranno ancora alcuni giorni, forse settimane, prima che sia assolutamente chiaro quale direzione sta prendendo il Paese». I circa seicento ex soldati che scatenarono le violenze, in seguito al loro licenziamento stabilito dal premier Mari Alkatiri, sono ancora asserragliati sulle colline intorno alla capitale. Gli scontri di cui si sono resi protagonisti contro l'esercito regolare, unita alla seguente guerriglia urbana scatenata da diverse bande armate, hanno causato nelle ultime settimane ventuno vittime «ufficiali», ma in molt i si dicono certi che il bilancio reale dei disordini sia nettamente più tragico. I ribelli continuano a chiedere la sospensione della Costituzione e l'assegnazione di pieni poteri al presidente Xanana Gusmao, un modo per mettere in un angolo, costringedolo di fatto alle dimissioni, il primo ministro, incolpato di responsabilità nelle violenze. C'è chi sostiene, inoltre, che Mari Alkatiri abbia ordinato, approfittando dei disordini, l'assassinio di alcuni suoi avversari politici. Accuse che il premier nega con forza, dicendosi disposto a collaborare con autorità internazionali ad un'inchiesta su quanto accaduto. Due meeting in agenda nei prossimi giorni saranno importanti per capire l'evoluzione della crisi. Al primo parteciperanno i leader dei militari ribelli e il presidente Xanana Gusmao, mentre il secondo, previsto per sabato, vedrà di fronte lo stesso presidente di Timor Est e il suo omologo indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono. In attesa di progressi concreti, sullo sfondo si staglia con sempre maggiore imponenza il dramma degli sfollati, per i quali la comunità internazionale è da ieri chiamata ufficialmente a fornire un decisivo contributo. [Avvenire]

Ewigen
14-06-2006, 11:43
TIMOR EST 14/6/2006 7.37
ONU VUOLE COMMISSIONE INCHIESTA INDIPENDENTE SU VIOLENZE


Accogliendo la richiesta del ministro degli Esteri e della Difesa e Premio Nobel per la pace, Jose Ramos-Horta, il segretario generale dell’Onu Kofi Annan ha incaricato l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani, Louise Arbour, d’istituire una commissione d’inchiesta indipendente sui disordini iniziati lo scorso mese che hanno causato la morte di almeno una ventina di persone e hanno costretto alla fuga circa 100.000 civili. Intanto il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha esteso il mandato dell’inviato speciale Ian Martin, che si era conquistato il rispetto della popolazione locale già nel 1999 sovrintendendo il referendum che, solo dopo sanguinose violenze, nel 2002 portò all’indipendenza dall’Indonesia. Intanto l’ambasciatore dell’Australia all’Onu, Robert Hill, ha chiesto un’estensione di 28 giorni del mandato scaduto a maggio del Bunutil, l’ufficio delle Nazioni Unite in Timor Est. Nel paese, invece, in giornata si è tenuto un incontro degli esponenti dell’opposizione che chiedono al presidente Xanana Gusmao di sciogliere il Parlamento e destituire il primo ministro Mari Altakiri, accusato tra l’altro di aver assoldato 30 uomini per rinfocolare gli scontri iniziati proprio dopo la sua decisione di congedare 600 soldati. Si attende perciò il discorso previsto oggi davanti al Parlamento – il primo dall’inizio delle violenze – del presidente e storico capo della resistenza Gusmao, che finora ha lasciato cadere nel vuoto gli appelli di opposizione e parte della popolazione. A dare inizio agli scontri un mese fa sono stati circa 600 soldati originari dell’ovest espulsi per insubordinazione da Altakiri dopo essersi assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito, ex-guerriglieri delle province orientali che a loro volta dichiarano di aver sostenuto il maggior peso della lotta per affrancarsi dal vicino indonesiano durata 25 anni.

Ewigen
14-06-2006, 18:15
TIMOR EST 14/6/2006 12.21
PRESIDENTE CHIEDE “ESAME DI COSCIENZA”, ONU VALUTA NUOVA MISSIONE

“Non abbiamo altra scelta se non valutare con attenzione le scelte politiche che metteremo in atto, intenzionalmente o non intenzionalmente, e che potrebbero ancora una volta causare la sofferenza del popolo per la nostra incapacità o non volontà di decifrare o comprendere la realtà di Timor Est” con queste severe e attente parole il presidente Xanana Gusmao si è rivolto al Parlamento per la prima volta dal 30 maggio, dopo che si intensificarono i disordini e le violenze che hanno aperto una difficile crisi nella giovane nazione asiatica. “Non accuso nessuno” ha continuato Gusmao, nel messaggio riportato quasi integralmente dall’agenzia portoghese Lusa. “Mi rivolgo a tutti gli organi istituzionali per un rigoroso esame di coscienza, perché ne dovremo rispondere al nostro popolo”. Secondo il presidente Timor Est sta rivivendo “sebbene in scala minore” le violenze del 1999, in occasione del referendum sull’indipendenza dall’Indonesia, che resero necessario l’intervento di forze di sicurezza internazionali “e ciò dovrebbe allarmare tutti noi che siamo stati eletti dal popolo per assicurare stabilità sicurezza e migliori condizioni di vita”. “Dobbiamo considerare la possibilità che questo intervento possa durare più a lungo di quanto abbiamo presunto” ha detto il presidente riferendosi ai 2500 soldati e poliziotti inviati da Australia, Nuova Zelanda, Malesia e Portogallo e pensando al problema di disarmare i civili. Iniziata come una protesta tra i ranghi dell’esercito nel febbraio scorso, la situazione è andata degenerando in scontri tra ex soldati e forze regolari e tra bande rivali, composte da giovani e disoccupati, che per settimane hanno sconvolto le vie della capitale con violenze costate la vita ad almeno 20 persone, oltre che numerosi incendi e saccheggi ai danni di negozi, abitazioni private e uffici pubblici. I disordini hanno spinto 100.000 persone a rifugiarsi in campi profughi improvvisati, spesso presso strutture dalla chiesa cattolica, dove la situazione si fa ogni giorno più difficile per l’affollamento, mancanza di cibo e precarie condizioni igieniche. La crisi ha provocato, inoltre, una frattura all’interno del governo, tra il presidente e il primo ministro Mari Alkatiri, quest’ultimo al centro di critiche per non aver saputo gestire l’emergenza. “Ma ora è il momento della ricostruzione e non quello di attribuire responsabilità” ha detto oggi il presidente Gusmao agli 88 deputati del parlamento di Dili, ponendo come priorità la fine delle violenze e il ripristino delle normali attività dello Stato e della società. Ieri, parlando al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il Segretario generale Kofi Annan si è detto “profondamente preoccupato” per la situazione a Timor Est e ha suggerito l’invio di nuovi ‘caschi blu’ un anno dopo la fine della missione di ‘peacekeeping’ (Unotil) e l’inizio della smobilitazione. “È evidente che l’Onu deve tornare con una forza maggiore di quella attualmente presente” ha detto, proponendo l’invio di una missione di esperti sul campo per valutare le necessità del caso. Annan ha inoltre ammesso che la decisione di richiamare le forze dell’Untaet è stata forse presa troppo presto. “I tristi eventi delle ultime settimane - ha detto - sono il riflesso dei punti deboli non solo della leadership di Timor Est ma anche della comunità internazionale nel non aver adeguatamente sostenuto il processo di costruzione di quella nazione”.

Ewigen
15-06-2006, 17:50
TIMOR EST 15/6/2006 3.07
PROPOSTA NUOVA MISSIONE DI 'PEACEKEEPING' SOTTO EGIDA ONU

La richiesta di inviare una forza di polizia multinazionale è stata presentata al Consiglio di Sicurezza dal rappresentante all'Onu di Timor Est; lo ha detto il ministro degli Esteri di Dili, Jose Ramos Horta, in un'intervista alla radio nazionale australiana. Il contingente, ha precisato Horta, dovrebbe essere composto da 900 poliziotti provenienti soprattutto da paesi asiatici 'amici' come Figi, Singapore, Thailandia, Filippine e Corea del Sud. Da tre settimane sono presenti a Dili circa 2500 tra soldati e poliziotti inviati soprattutto da Australia (1300 uomini) ma anche da Nuova Zelanda, Malesia e Portogallo per aiutare le forze locali a riportare l'ordine dopo che la protesta di 600 ex-soldati è degenerata gettando il paese nel caos. Secondo Horta, la nuova missione dell'Onu dovrebbe sostituire le truppe straniere attualmente sul campo e restare fino alla elezioni generali previste per il prossimo anno. Un'uguale richiesta per un intervento di 'peacekeeping' sotto l'egida dell'Onu, è stata avanzata anche dalla Malesia, che ha inviato a Dili 333 uomini, dicendosi pronta a rafforzare il suo contingente. Martedì il Segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si è rivolto al Consiglio di Sicurezza caldeggiando l'invio di 'caschi blu' a Timor Est, dove fino allo scorso anno era operativa la missione Unotil.

Ewigen
16-06-2006, 11:39
TIMOR EST 16/6/2006 11.17
RIVOLTOSI CONSEGNANO LE PRIME ARMI

È iniziato il processo di disarmo degli ex soldati, la cui diserzione, nel marzo scorso, ha innescato la crisi a Timor Est poi sfociata in violenze e razzie. A Maubisse, cittadina a 60 chilometri da Dili, dove si sono rifugiati una parte degli ex militari, il capo dei rivoltosi, il maggiore Alfredo Reinado, è stato il primo a consegnare la sua arma ai militari australiani, seguito da una ventina di suoi sottoposti. Ieri Reinado aveva risposto positivamente all’appello per il disarmo del presidente Xanana Gusmao, verso il quale l’ex militare ha confermato la sua lealtà anche a nome dei suoi uomini. La consegna delle armi dovrebbe continuare per i prossimi giorni e coinvolgere anche gli altri comandanti della rivolta, nascostisi con i restanti ex soldati nella cittadina di Gleno, sempre nei pressi della capitale. I militari australiani hanno assicurato la loro protezioni agli ex soldati fintato che resteranno a Maubisse e Gleno da dove potranno negoziare con il presidente e il governo la soluzione della crisi. I disordini scoppiati a Dili circa un mese fa hanno causato almeno una ventina di vittime, secondo un bilancio non confermato, ingenti danni a proprietà private e pubbliche e spinto oltre 100.000 civili a cercare rifugi in campi profughi improvvisati presso strutture ; al momento sono stati inviati 2200 tra militari e poliziotti da Australia, Nuova Zelanda, Malesia e Portogallo ma è stata proposta anche una nuova missione di ‘peacekeeping’ dell’Onu. Tutto è nato dalla protesta di 595 soldati dell’esercito, circa la metà degli effettivi, che a febbraio hanno lasciato le loro caserme affermando di subire discriminazioni e limitazioni sulla carriera a causa delle loro origine geografica, ciò la parte occidentale di Timor Est. Sembrerebbe infatti che le promozioni favoriscano sistematicamente i militari originari della parte orientale che avrebbero avuto un ruolo maggiore durante la lotta di liberazione dall’Indonesia. I soldati ‘in sciopero’ furono licenziati d’ufficio il mese dopo, con l’effetto di innescare la loro reazione violenta. Anche cortei e manifestazioni inscenati successivamente nella capitale sono degenerati in scontri con le forze dell’ordine regolari e infine hanno coinvolto anche gang di giovani dell’una e l’altra origine geografica, in una sorta di guerriglia di strada spesso sfociata in saccheggi e razzie. Ma secondo alcuni la rivolta potrebbe essere stata manipolata politicamente. A questo proposito l’Alto commissariato Onu per i diritti umani è stato incaricato di aprire un’inchiesta su invito del ministro degli Esteri Jose Ramos Horta; si vuole infatti chiarire il ruolo nella vicenda del primo ministro Mari Alkatiri, fortemente inviso agli ex soldati che lo accusano di aver dato incarico a soldati a lui fedeli di approfittare dei disordini per eliminare avversari politici.

Ewigen
20-06-2006, 22:32
TIMOR EST 20/6/2006 14.38
PROTESTE CONTRO PRIMO MINISTRO ACCUSATO DI AVER ASSOLDATO RIBELLI

Alcune centinaia di persone hanno manifestato per ore questa mattina di fronte all’ufficio del primo ministro timorese Mari Altakiri chiedendone le dimissioni, mentre il contingente multinazionale di circa 2.500 uomini tra australiani, portoghesi, neozelandesi e malesi ha rafforzato le misure di sicurezza in tutta la capitale. Gli organizzatori della manifestazione attendono che un altro migliaio di persone si unisca alla protesta e minacciano di proseguirla “finché occorrerà”. Altakiri, apostrofato nei cartelloni dei manifestanti come “assassino” e “terrorista”, è considerato il responsabile della crisi iniziata a fine aprile quando ha congedato circa 600 membri dell’esercito – quasi la metà del totale – originari dell’ovest del paese che si erano assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito. Il premier è poi accusato di avere assoldato uno squadrone incaricato di uccidere i suoi oppositori politici nella confusione seguita agli scontri tra forze regolari e soldati disertori – che hanno causato la morte di almeno 21 persone e costretto alla fuga circa 150.000 – e tra le bande giovanili che hanno saccheggiato e incendiato parecchi edifici della capitale. Accusa che Altakiri ha fermamente negato, ma che recenti sviluppi sembrano cominciare a confermare. Ieri, infatti, Vincente ‘Railos’ da Conceao e i suoi 30 ribelli hanno detto che non consegneranno le armi – come venerdì hanno fatto il capo dei rivoltosi, il maggiore Alfredo Reinado, e i suoi sottoposti – finché non verrà loro garantita protezione in quanto ‘testimoni’. Da Conceao ha detto di essere stato assoldato dal primo ministro per uccidere i suoi nemici politici all’interno del partito Fretilin. Oggi, inoltre, è stato emesso un mandato d’arresto nei confronti dell’ex-ministro degli Interni Rogerio Lobato, dimessosi lo scorso 1 giugno: secondo l’atto formale d’accusa, Lobato avrebbe fornito armi a Da Conceao in almeno tre occasioni lo scorso maggio. Intanto – seppure dopo l’arrivo del contingente internazionale sia tornata un po’ di stabilità nel paese – resta l’emergenza per le decine di migliaia di sfollati nel paese. Anche oggi, in occasione della ‘Giornata mondiale del rifugiato’, l’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati Antonio Guterres ha ricordato la difficile situazione in Timor Est dove, secondo le più recenti stime ufficiali, oltre 78.000 persone hanno abbandonato la capitale, mentre altre 69.000 in fuga da saccheggi, case date alle fiamme e violenze hanno cercato riparo in accampamenti d’emergenza all'interno della stessa Dili.

Ewigen
21-06-2006, 11:41
21 Giugno 2006
TIMOR EST
Timor Est: il presidente chiede le dimissioni del premier

In una lettera ufficiale, Xanana Gusmao invita Alkatiri a dimettersi. Ex ministro degli Interni agli arresti domiciliari: avrebbe fornito armi alle milizie civili per eliminare gli avversari politici del primo ministro.

Dili (Agenzie) – Il presidente di Timor Est, Xanana Gusmao, ha chiesto ufficialmente le dimissioni del contestato premier Mari Alkatiri, ritenuto responsabile dei gravi disordini degli ultimi due mesi nella capitale. Intanto da oggi l’ex ministro degli Interni è agli arresti domiciliari dopo un mandato di cattura emesso ieri dal pubblico ministero generale. L’accusa è di aver distribuito armi alle milizie civili, quando Dili e i suoi dintorni sono precipitati nel caos, il mese scorso, per gli scontri a fuoco fra soldati ribelli e lealisti, seguiti da battaglie fra bande etniche rivali. Lo scopo era eliminare fisicamente gli avversari politici di Alkatiri.

Gusmao ha espresso le sue richieste in una lettera indirizzata allo stesso primo ministro. La questione è al momento al vaglio di una seduta speciale del Consiglio di Stato. La missiva sarebbe stata consegnata personalmente ieri notte all’ufficio del premier, che finora non ha ceduto alle forti pressioni di società civile, militari e mondo politico, che chiedono il suo allontanamento dal governo.

Alla lettera il presidente ha allegato la registrazione del programma Four Corners di questa settimana dell’emittente Australian Broadcasting Corporation, nel quale si accusa Alkatiri di essere quanto meno a conoscenza delle operazioni dell’allora ministro degli Interni, Rogerio Lobato. Lobato, che si era già dimesso a fine maggio, avrebbe fornito armi ad un uomo dal nome in codice Railos, il quale è convinto che l’ex ministro agiva dietro ordine del premier. Questi, dal canto suo, nega ogni coinvolgimento.

Il pm Longuinhos Montero, con la collaborazione di una squadra di esperti legali dell’Onu, indaga su diversi incidenti violenti avvenuti a maggio e collegati al governo Alkatiri. La crisi è scoppiata dopo la decisione del premier di radiare dall’esercito 600 soldati - il 40% delle forze armate - che scioperavano lamentando discriminazioni su base etnica. Da fine aprile ad oggi gli scontri hanno provocato oltre 20 morti e più di 100 mila sfollati.

Ewigen
21-06-2006, 18:06
TIMOR EST 21/6/2006 16.03
PRESIDENTE PRETENDE DIMISSIONI DEL PRIMO MINISTRO DOPO GRAVI ACCUSE

Il Presidente Xanana Gusmao ha chiesto le dimissioni del primo ministro Mari Alkatiri, dopo l’emergere di nuove prove del suo presunto coinvolgimento nelle violenze che per mesi hanno messo a dura prova la sicurezza e la governabilità del paese. In un lettera inviata ieri al capo dell’esecutivo, e di cui l’agenzia portoghese Lusa pubblica oggi ampi stralci, il presidente Gusmao si è rivolto ad Alkatiri facendo riferimento a una trasmissione d’inchiesta della televisione australiana. “Avendo visto il programma ‘Four corners’- dice la missiva - che mi ha scioccato profondamente, non mi resta che darle l’opportunità di scegliere se dare lei stesso le sue dimissioni o se, convocato il Consiglio di Stato, essere licenziato dall’incarico, poiché ha smesso di meritare la mia fiducia, in quanto Presidente della Repubblica”. Alla richiesta del capo dello Stato si è unita anche quella della maggioranza dei deputati del partito di governo, Fretilin, che vogliono le dimissioni di Alkatiri sia dalla presidenza del partito che dalla guida del governo. Oggi, attraverso il suo portavoce, il primo ministro Alkatiri ha fatto sapere che domani incontrerà gli altri membri dell’esecutivo per decidere se dimettersi. Nella trasmissione televisiva australiana sono stati presentati documenti riservati che dimostrerebbero la creazione da parte dell’ex ministro dell’Interno Rogerio Lobato, su incarico di Alkatiri, di un gruppo armato con istruzioni di eliminare, approfittando dei disordini, nemici politici del primo ministro. Tale gruppo di una trentina di uomini guidati da Vincente ‘Railos’ da Conceao, ex-combattente della lotta di liberazione, avrebbe ricevuto almeno in tre occasioni armi da fuoco e coltelli provenienti da una delle unità di elite della polizia. Queste rivelazioni hanno già portato all’arresto di Lobato, attualmente sotto custodia domiciliare. Ieri il comandante da Concedo, che ha ammesso quanto ascrittogli, ha detto che il suo gruppo non consegnerà le armi - come venerdì hanno invece fatto il capo dei rivoltosi, il maggiore Alfredo Reinado, e i suoi sottoposti – finché non verrà loro garantita protezione in quanto ‘testimoni’. I disordini a Timor Est hanno avuto origine dalle proteste di 600 ex soldati dell’esercito che denunciavano discriminazioni tra i ranghi delle forze armate sulla base dell’origine geografica; la situazione è poi degenerata con il coinvolgimento di bande di giovani rivali che si sono dati a saccheggi e razzie. Più di 20 le vittime, secondo un bilancio non confermato, e 130-150.000 i profughi causati dalle violenze. Attualmente la sicurezza è garantita da circa 2500 uomini di una forza multinazionale composta da soldati e poliziotti australiani, neozelandesi, malesi e portoghesi.

Ewigen
22-06-2006, 22:10
22 Giugno 2006
TIMOR EST
Timor Est: presidente minaccia dimissioni, il Paese trema

In un discorso alla nazione Xanana Gusmao, “vergognato” per i fatti accaduti nel Paese, attacca il contestato premier: “Ora si assuma la responsabilità della crisi che stiamo attraversando”. E tra la popolazione si teme il peggio.

Dili (AsiaNews) – A Timor Est tutti sperano che le minacciate dimissioni del presidente non avvengano. Fonti locali di AsiaNews riferiscono che l’eventuale rinuncia di Xanana Gusmao all’incarico di capo di Stato farebbe ripiombare il giovane Paese in una spirale di violenze, delle proporzioni di quelle subite nel processo di indipendenza dall’Indonesia.

Ad annunciare le sue dimissioni per domani è stato lo stesso Gusmao, che in un discorso in diretta Tv ha attaccato duramente il primo ministro, ritenuto responsabile della crisi in cui da due mesi versa il giovane Stato. “Domani - ha dichiarato Gusmao, ex leader della resistenza all’occupazione indonesiana – invierò una lettera al Parlamento per informarlo che mi dimetto da presidente della Repubblica, perché mi vergogno di tutte le brutte cose che sono accadute”.

Il discorso del presidente segue di poche ore la decisione del Fretilin, ex movimento indipendentista ora partito di maggioranza, di sostenere il contestato primo ministro Mari Alkatiri, che lo stesso Gusmao ieri aveva sollecitato a dimettersi. Secondo analisti locali “la mossa di Gusmao va letta come un ultimatum al Fretilin, a cui appartengono entrambi i leader politici, di decidere se far precipitare il Paese nel caos o cercare di salvarlo”.

La crisi è scoppiata dopo la decisione del premier di radiare dall’esercito 600 soldati - il 40% delle forze armate - che scioperavano lamentando discriminazioni su base etnica.

In una lettera indirizzata al primo ministro, il capo di Stato ha reso noto di “aver perso la fiducia nella sua leadership”, dopo le prove emerse del suo legame con bande armate civili presumibilmente ingaggiate per eliminare i suoi avversari politici. Alkatiri nega ogni coinvolgimento nella vicenda, per la quale è ora agli arresti domiciliari l’ex ministro degli Interni, Rogerio Lobato.

La critica ad Alkatiri è durissima: Xanana chiede al primo ministro “di assumersi la responsabilità della crisi che stiamo attraversando, in termini di sopravvivenza stessa dello Stato di diritto e della legalità democratica”.

Difficile dire come evolverà la situazione, con Alkatiri che da settimane non cede alle numerosi pressioni che lo vogliono fuori dal governo e ormai appoggiato solo dal suo partito e Gusmao che oltre alla popolazione ha di recente guadagnato l’appoggio dell’esercito.

Ewigen
23-06-2006, 18:10
TIMOR EST 23/6/2006 16.32
DIMISSIONI, PRESIDENTE GUSMAO SEMBRA RIPENSARCI

“Come vostro presidente e vostro fratello, onorerò la Costituzione… adempierò i miei impegni sulla base delle vostre richieste”: lo ha detto il presidente Xanana Gusmao, rivolgendosi alle migliaia di manifestanti che protestavano dinanzi al palazzo di governo nella capitale Dili contro la sua decisione di abbandonare l’incarico se entro stamani non fossero arrivate le dimissioni del primo ministro Mari Altakiri, considerato responsabile della crisi in corso da mesi. Il popolare presidente ed ex-eroe della decennale lotta per l’indipendenza dalla Indonesia ha quindi fatto capire di essere pronto a tornare sulle dichiarazioni di ieri in cui si diceva pronto a lasciare l’incarico oggi stesso. Gusmao era sembrato irremovibile anche dopo la telefonata del segretario generale dell’Onu Kofi Annan e l’invito a non dimettersi espresso del suo rappresentante speciale in Timor Est, Sukehiro Hasegawa. Qualche avvisaglia di era già trapelata al termine dell’incontro avvenuto stamani tra Gusmao e il vescovo Alberto Ricardo da Silva, il quale aveva detto che il presidente aveva “acconsentito a ripensarci”. “Non siamo riusciti a garantire la vostra stabilità, ma con la vostra abilità abbiamo vinto questa guerra” ha detto Gusmao alla folla che lo incalzava chiedendogli se Altakiri avesse infine deciso di dimettersi. Il presidente si è rifiutato di rispondere, ma l’agenzia di stampa portoghese 'Lusa' ha appreso da varie fonti del partito al governo Fretelin che sabato, in una riunione, si valuterà se sciogliere l’intero governo e sostituire Altakiri con un altro dirigente di partito. La popolarità già scarsa di Altakiri, che tuttavia gode del sostegno del partito di maggioranza, è diminuita notevolmente dopo che a fine aprile ha congedato circa 600 dei 1.400 soldati dell’esercito originari dell’ovest che si erano assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito provenienti dall’est. Erano seguiti scontri, saccheggi e incendi dolosi, sedati solo grazie all’intervento di un contingente multinazionale. Negli ultimi giorni la crisi politica è peggiorata dopo che la tv australiana ha diffuso un documentario su un presunto coinvolgimento di Altakiri nelle violenze e dopo che l’ex-ministro degli Interni Rogerio Lobato è stato sottoposto agli arresti domiciliari perché accusato di avere foraggiato con armi una trentina di uomini per eliminare gli avversari politici del primo ministro.

Ewigen
26-06-2006, 11:24
TIMOR EST 26/6/2006 9.13
PRIMO MINISTRO CONTESTATO, “PRONTO A DIMETTERMI”

“Sono pronto a rassegnare le dimissioni dal mio incarico di primo ministro per evitare quelle del presidente della Repubblica”: così in una conferenza stampa tenuta oggi, il contestato primo ministro di Timor Est (ritenuto coinvolto nell’ultima ondata di violenze), Mari Alkatiri, ha annunciato la volontà di ritirarsi dalla scena politica, come chiesto a gran voce in queste ultime settimane dall’opinione pubblica e dai massimi vertici dello Stato, incluso il presidente Xanana Gusmao. Leggendo un comunicato scritto ed evitando di rispondere alle domande dei giornalisti, Alkatiri ha aggiunto “ho profondamente riflettuto sulla attuale situazione che si registra nel paese … mi assumo la mia parte di responsabilità e sono determinato a non contribuire ad ulteriori aggravamenti della crisi”. Non ci sono informazioni per il momento su chi sarà chiamato a sostituire il premier uscente, ma la notizia delle dimissioni di Alkatiri ha rapidamente fatto il giro dell’isola ed è stata accolta con soddisfazione da parte della popolazione che ha improvvisato caroselli e manifestazioni di gioia. La scorsa settimana, il presidente Gusmao aveva annunciato a sorpresa le sue dimissioni dopo che il partito di governo aveva confermato il suo sostegno ad Altakiri, il quale si era rifiutato di lasciare l’incarico malgrado le richieste dello stesso capo di Stato. Secondo le accuse, provate recentemente da un’inchiesta della televisione australiana, Alkatiri, col supporto dell’ex ministro dell’Interno Rogerio Lobato, avrebbe costituito un gruppo armato per eliminare, approfittando dei disordini delle scorse settimane, i nemici politici del primo ministro. Almeno 21 persone hanno perso la vita negli scontri poi divampati tra forze regolari e soldati disertori che hanno tra l’altro innescato tafferugli tra bande giovanili di diversa origine geografica che hanno saccheggiato e incendiato parecchi edifici della capitale, costringendo alla fuga circa 150.000 persone.

Ewigen
26-06-2006, 11:25
26 Giugno 2006
TIMOR EST
Timor Est: si dimette il primo ministro Alkatiri

La decisione, annunciata in conferenza stampa, è ritenuta cruciale per uscire dalla grave crisi politica, in cui il Paese versa da due mesi. “Lacrime di gioia” tra la popolazione, che ricomincia a sperare.

Dili (AsiaNews) – Il primo ministro di Timor Est, Mari Alkatiri, si è dimesso. A dare l’annuncio lo stesso premier, che ha spiegato di volere in questo modo mettere fine alla crisi politica e istituzionale apertasi due mesi fa nel giovane Paese. Alla notizia, attesa da settimane, la popolazione ha reagito con “lacrime di gioia”.

“Con rincrescimento per la situazione che prevale nel Paese, considerando che gli interessi più alti sono quelli della nostra nazione, dichiaro di essere pronto a dimettermi dalla mia posizione di premier”, ha annunciato Alkatiri in conferenza stampa.

Una suora salesiana a Comoro, periferia di Dili, racconta ad AsiaNews che “si vede molta gente piangere”, tra i rifugiati accorsi nella loro casa in cerca di riparo dagli scontri scoppiati il mese scorso nella capitale tra bande armate rivali. “La gioia è immensa – aggiunge – ora nutriamo tutti grandi speranze che la situazione si normalizzi”. Dall’inizio dei disordini a Dili le strutture dei salesiani ospitano più di 40 mila sfollati tra case e scuole, senza contare le chiese. In tutto si parla di 100 mila persone in fuga dalla capitale verso villaggi e luoghi più sicuri.

La crisi ha avuto inizio in aprile, dopo la decisione di Alkatiri di radiare dall’esercito 600 soldati, il 40% delle forze armate, che “scioperavano” lamentando discriminazioni su base etnica. I soldati ribelli si sono scontrati con i lealisti e si sono poi rifugiati sulle colline. Le bande rivali hanno quindi preso possesso delle strade nell’assenza di forze di sicurezza. La situazione è precipitata dopo le accuse mosse questo mese al premier di aver reclutato squadroni della morte per eliminare i suoi oppositori e aver ordinato all’allora ministro degli Interni, Rogerio Lobato, di distribuire armi a miliziani civili. Al momento Lobato è incriminato e agli arresti domiciliari.

Nonostante le numerose pressioni a lasciare l’incarico espresse anche da popolazione, esercito e dall’influente Chiesa cattolica, Alkatiri è sempre rimasto impassibile. Ieri il Fretilin - partito di maggioranza, a cui appartiene lo stesso premier - gli aveva confermato il suo sostegno, scontrandosi così con le posizioni del presidente, Xanana Gusmao, che chiedeva di indicare un nuovo leader. Il Comitato centrale del Fretilin ha spiegato che rimuovere il premier sarebbe stato un gesto anti-costituzionale e contro i principi della democrazia.

In segno di protesta, subito dopo due ministri si sono dimessi: il popolare ministro degli Esteri e della Difesa, Josè Ramos Horta e quello delle Comunicazioni, Ovidio Amaral. Lo scorso 22 giugno lo stesso capo di Stato aveva minacciato di dimettersi se Alkatiri non si fosse allontanato.

Ewigen
27-06-2006, 20:04
TIMOR EST 27/6/2006 15.51
IN PIAZZA SOSTENITORI EX-PRIMO MINISTRO, POSSIBILE VOTO ANTICIPATO

Si sono incontrate a circa 15 chilometri dalla capitale e hanno inscenato una marcia su Dili alcune migliaia di sostenitori del discusso ex-primo ministro Mari Alkatiri, dimessosi ieri al termine di una tesa giornata politica e di piazza. Scandendo slogan a favore dell’ex-capo del governo, prima di partire per la loro protesta i dimostranti hanno ascoltato le parole di Altakiri, secondo cui nella vicenda delle sue dimissioni sarebbe stata violata la Costituzione; dopo pochi minuti il megafono con cui Alkatiri parlava si è però rotto. Nel frattempo, nella capitale,il presidente Xanana Gusmao si è riunito con i ministri e con i capi politici del partito di maggioranza, il Fretilin (di cui l’ex-primo ministro è espressione), senza trovare almeno per ora un nome da proporre per sostituire Alkatiri. Gusmao, in particolare, vorrebbe a capo del governo un uomo della società civile, sul cui nominativo sia possibile trovare un’ampia convergenza del parlamento. Il Fretilin - forte dei 55 seggi in un parlamento in cui siedono complessivamente 88 deputati - vuole invece nominare un uomo di partito. Se non sarà possibile trovare un accordo soddisfacente sul nuovo capo del governo, ha fatto sapere Gusmao attraverso un portavoce, “in accordo con la Costituzione, il presidente della repubblica considererebbe la dissoluzione del parlamento e la convocazione di elezioni generali” con un anno di anticipo (la scadenza naturale dell’Assemblea legislativa è il 2007). Ieri, prima delle dimissioni del primo ministro, aveva deciso di lasciare il governo il premio Nobel per la pace ed ex primo ministro Jose Ramos Horta, scegliendo tra l’altro un mezzo inusuale ma estremamente veloce: un sms mandato con il suo telefonino.
La situazione rimane dunque ancora molto tesa, come ha detto anche Ian Martin, l’inviato del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, giunto a Timor Est per incontrare tutti i dirigenti politici e contribuire a una soluzione negoziale della crisi. Secondo le accuse, recentemente formulate da un’inchiesta della televisione australiana, Alkatiri, col supporto dell’ex-ministro dell’Interno Rogerio Lobato, avrebbe costituito un gruppo armato per eliminare i nemici politici approfittando dei disordini delle scorse settimane, in cui hanno perso la vita almeno 21 persone, tra forze regolari e soldati disertori che hanno tra l’altro innescato tafferugli tra bande giovanili di diversa origine geografica. Nella capitale si sono verificati saccheggi e incendi, con circa 150.000 persone costrette alla fuga.

Ewigen
28-06-2006, 21:54
TIMOR EST 28/6/2006 14.39
DILI, RIPRENDONO VIOLENZE E INCENDI NELLA CAPITALE

Bande di giovani originari dell’est e dell’ovest del paese si sono affrontati oggi a colpi di pietre nella capitale Dili, dove hanno dato alle fiamme negozi e abitazioni e assaltato un campo rifugiati, mentre nelle stesse ore – dopo le manifestazioni di ieri - si sono ritirati dalla città sia gli oppositori che i sostenitori dell’ex-primo ministro Mari Altakiri, dimessosi lunedì. È stato necessario l’intervento dei soldati del contingente internazionale guidato dagli australiani, forte di 2.500 uomini, per separare i giovani – alcuni dei quali sono stati arrestati, mentre pompieri hanno domato le fiamme nei pressi dell’aeroporto. I sostenitori dell’ex-premier invece si sono dispersi, ne sono rimasti solo circa 1.500 a Metinaro, circa 40 chilometri a est dalla capitale; gli oppositori si sono diretti verso ovest dopo aver portato l’impopolare ex-capo di governo – accusato tra l’altro di avere armato una trentina di uomini per approfittare delle tensioni e uccidere i suoi rivali politici – a dimettersi. Intanto proseguono i negoziati tra il partito al potere Fretilin, che vorrebbe come nuovo primo ministro un suo esponente, e il presidente Xanana Gusmao che respinge questa opzione minacciando di sciogliere il Parlamento rispetto alla scadenza naturale del 2007.
Altakiri si è dimesso dopo settimane di manifestazioni di piazza seguite alla crisi iniziata a fine aprile, quando decise il congedo di circa 600 soldati – quasi la metà del totale – originari dell’ovest del paese che si erano assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito provenienti dall’est. Almeno 21 persone hanno perso la vita negli scontri poi divampati tra forze regolari e soldati disertori che hanno tra l’altro innescato tafferugli tra bande giovanili di diversa origine geografica, saccheggi e incendi dolosi, sedati solo grazie all’intervento del contingente multinazionale.

Ewigen
30-06-2006, 18:17
TIMOR EST – L’ex-primo ministro Mari Altakiri si è rifiutato di rispondere al procuratore generale riguardo alle accuse che lunedì lo hanno portato a dimettersi, riparandosi dietro l’immunità da procedimenti penali di cui ancora beneficia come deputato; intanto il presidente Xanana Gusmao ieri, in un messaggio trasmesso dalle tv, ha invitato la popolazione alla calma. Altakiri è accusato di avere reclutato e armato miliziani privati perché eliminassero i suoi oppositori politici, approfittando delle tensioni in corso da fine aprile.

Ewigen
04-07-2006, 18:40
TIMOR EST 4/7/2006 14.43
ACCUSE CONTRO EX-PRIMO MINISTRO, SI CONSEGNA TESTIMONE CHIAVE

“Sono pronto a testimoniare che Altakiri mi diede un ordine tramite il ministro degli Interni. È chiaro che l’ordine era di uccidere”: lo ha affermato Vicente ‘Railos’ da Conceicao, uno dei capi dei rivoltosi che lo scorso mese aveva detto di essere stato assoldato dall’ex-primo ministro Mari Altakiri per uccidere i suoi oppositori politici nella confusione seguita agli scontri tra forze regolari e soldati disertori. Dopo aver concordato stamani con il presidente Xanana Gusmao che soldati australiani garantiscano protezione a lui e ai suoi uomini, domani Da Conceicao e i suoi seguaci consegneranno le armi. Altakiri ha sempre negato il suo coinvolgimento ma è stato costretto a dimettersi il 26 giugno dopo che l’ex-ministro degli Interni Rogerio Lobato è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di aver fatto da intermediario tra lui e Da Conceicao. Dubbi sulle responsabilità di Altakiri sono stati espressi oggi da Josè Ramos-Horta – Nobel per la Pace, ex-ministro degli Esteri e della Difesa e ora coordinatore ad interim del governo dimissionario – secondo cui non vi è uno “straccio di prova”. Intanto sono ancora in corso le trattative tra il partito maggioritario Fretelin e il presidente sul nome del nuovo primo ministro. Tra i tre candidati del Fretelin, figura anche Ramos-Horta – pur essendo un politico indipendente – accanto alla sua ex-moglie e ministro per lo Stato Ana Pessoa e al ministro all’Agricoltura Estanislao Da Silva. L’instabilità politica nel paese è iniziata dopo che, a fine aprile, Altakiri ha congedato circa 600 soldati originari dell’ovest del paese che si erano assentati dal servizio denunciando discriminazioni: almeno 30 persone hanno perso la vita negli scontri poi divampati tra forze regolari e soldati disertori che hanno tra l’altro innescato disordini tra bande giovanili di diversa origine geografica, costringendo oltre 150.000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni.

Ewigen
05-07-2006, 18:04
TIMOR EST 5/7/2006 13.17
ALTRI DISERTORI CONSEGNANO LE ARMI

“Vogliamo dimostrare al mondo e alla gente del Timor Est che non intendiamo più combattere e che sosteniamo la pace” lo ha detto il maggiore Agusto ‘Tara’ Arujo, consegnando le armi ai soldati australiani del contingente internazionale di peacekeeping nella città di Gleno, a sud di Dili, dove si era rifugiato insieme al maggiore Marcos Tilman e a una fazione dei circa 600 soldati originari dell’ovest del paese che a fine aprile si erano ribellati dopo essere stati congedati per insubordinazione dall’ex-primo ministro Mari Altakiri. “Chiediamo inoltre al presidente Xanana Gusmao – ha aggiunto Tara – di garantire la sicurezza di quanti, dopo aver deposto le armi illegali, sono ora disarmati, altrimenti perderà la fiducia della gente”. Si consegnerà invece il prossimo lunedì – e non oggi come aveva invece annunciato in precedenza – Vicente ‘Railos’ da Conceicao, un veterano della guerra per l’indipendenza dall’Indonesia che lo scorso mese aveva detto di essere stato assoldato dall’ex-primo ministro. “Le armi che consegnerò sono prova di un crimine, sono le armi che ho ricevuto per uccidere gli avversari politici di Mari Altakiri” ha ribadito all’agenzia di stampa portoghese ‘Lusa’, aggiungendo che perciò le deporrà direttamente nelle mani del procuratore generale Longuinhos Monteiro, lo stesso ad aver sottoposto l’ex-ministro degli Interni Rogerio Lobato agli arresti domiciliari con l’accusa di aver armato ‘Railos’. Intanto, per difendersi da questa accusa, Lobato ha invocato la Legge sulla sicurezza interna del paese che prevede la distribuzione di armi a civili perché appoggino l’Unità di riserva della polizia in situazioni d’emergenza.

Ewigen
08-07-2006, 21:52
8 Luglio 2006
TIMOR EST
Ramos-Horta è il nuovo premier di Timor Est

Lo ha nominato oggi il presidente Gusmao, dopo settimane di incertezza politica; il mese scorso le dimissioni dell’ex primo ministro Alkatiri. Il nuovo governo guiderà il Paese fino alle prossime elezioni del 2007.

Dili (Agenzie) - Jose Ramos-Horta è il nuovo primo ministro ad interim di Timor Est. Il presidente Xanana Gusmao ha dato l’annuncio ufficiale della nomina oggi, in conferenza stampa. Ramos-Horta, premio Nobel per la Pace nel 1996, ha ricoperto finora la carica di ministro degli Esteri, Interni e Difesa. I due vice premier saranno Estanislau da Silva, attuale ministro dell’Agricoltura, e Rui Araujo, ministro della Sanità. Il nuovo governo guiderà il Paese fino alle prossime elezioni generali previste ad inizio 2007.

La decisione mette fine ad un lungo periodo di instabilità politica nel giovane Paese culminata il mese scorso con le dimissioni dell’ex premier Mari Alkatiri, in seguito a settimane di violenze tra fazioni rivali e forze di sicurezza. Alkatiri, del partito di maggioranza Fretilin, è accusato di aver finanziato gruppi armati per eliminare i suoi avversari politici. L’ex premier nega ogni responsabilità; il prossimo 20 luglio dovrà presentarsi in tribunale per deporre come presunto sospetto.

Nell'incontro di oggi con la stampa, Gusmao ha poi assicurato l’impegno del nuovo governo per mettere fine all’attuale crisi e permettere il rientro a casa delle migliaia di persone scappate da Dili a causa degli scontri.

I disordini a Timor Est sono scoppiati ad aprile, dopo la decisione del premier Alkatiri di radiare dall’esercito 600 soldati, il 40% delle forze armate, che “scioperavano” lamentando discriminazioni su base etnica. I soldati ribelli si sono scontrati con quelli lealisti per poi asserragliarsi sulle colline intorno a Dili. Le bande rivali hanno quindi preso possesso delle strade della capitale nell'assenza di forze di sicurezza. Per sedare le violenze in cui sono morte almeno 30 persone, il governo ha chiesto l’aiuto delle forze internazionali e dell’Onu.

Ewigen
10-07-2006, 11:30
TIMOR EST 10/7/2006 9.17
SI INSEDIA NUOVO PRIMO MINISTRO RAMOS-HORTA

“Il nostro obiettivo immediato sarà consolidare la sicurezza a Dili e in tutta Timor Est”: lo ha detto il premio Nobel per la pace, José Ramos-Horta, prestando oggi giuramento come nuovo primo ministro, in sostituzione del discusso Mari Alkatiri. Alla presenza del presidente Xanana Gusmao, dei vice-premier Estanilau da Silva y Rui Araujo, di rappresentanti della Chiesa e delegazioni diplomatiche straniere, Ramos-Horta si è impegnato a porre fine a mesi di incertezza politica e violenza. Il nuovo capo del governo, che resterà in carica fino alle elezioni previste nel maggio 2007, non ha fatto accenno alle responsabilità del suo predecessore, costretto a dimettersi il 26 giugno dopo essere finito sotto accusa per coinvolgimento nei disordini. La crisi era scoppiata a fine aprile, quando Altakiri aveva congedato circa 600 soldati originari dell’ovest del paese che si erano assentati dal servizio, denunciando discriminazioni; gli scontri scoppiati in seguito tra forze regolari e soldati disertori, che hanno tra l’altro innescato disordini tra bande giovanili di diversa origine geografica, hanno provocato finora 30 morti e almeno 150.000 sfollati su una popolazione di un milione di abitanti.

Ewigen
11-07-2006, 19:36
TIMOR EST – Vicente ‘Railos’ da Conceicao, uno dei capi dei rivoltosi che lo scorso mese ha accusato l’ex-premier Mari Altakiri di averlo assoldato per uccidere i suoi oppositori politici ha consegnato le armi al neo-primo ministro José Ramos-Horta. Altakiri ha sempre negato il suo coinvolgimento ma, dopo numerose proteste, il 26 giugno è stato costretto a dimettersi.

Ewigen
13-07-2006, 21:19
TIMOR EST 13/7/2006 16.35
APPELLO DEL PRIMO MINISTRO RAMOS-HORTA ALLA RICONCILIAZIONE

“Dobbiamo inaugurare una nuova era e ricostruire questa nazione dalle sue ceneri” ha detto oggi il nuovo primo ministro José Ramos-Horta, premio Nobel per la pace, al quartier generale della polizia dove lo scorso maggio ex-militari congedati per diserzione uccisero 11 agenti disarmati costringendo il governo a richiedere l’intervento di un contingente internazionale. “Divisi siamo deboli. Ogni poliziotto deve esserne consapevole. Dobbiamo porre da parte le discriminazioni e le divisioni regionali” ha detto inoltre Ramos-Horta, ricordando che a scatenare gli scontri tra forze regolari e soldati disertori – che provocarono la morte di oltre 30 persone e ne costrinsero oltre 150.000 ad abbandonare le proprie abitazioni – furono proprio discriminazioni su base geografica. A fine aprile l’ex-premier Mari Altakiri congedò per insubordinazione, infatti, circa 600 soldati – quasi la metà dell’esercito – originari dell’ovest, che si erano assentati dal servizio denunciando di essere stati discriminati dai comandanti dell’esercito, sostenitori dello storico capo della resistenza e ora presidente Xanana Gusmao ed ex-guerriglieri delle province orientali, che dichiaravano di aver sostenuto il maggior peso della lotta per affrancarsi dal vicino indonesiano durata 25 anni. Alla cerimonia in nome della riconciliazione nazionale presieduta da Ramos-Horta, non hanno tuttavia partecipato 200 agenti originari dell’est che, da maggio, si sono rifugiati in un’accademia militare, temendo ritorsioni al loro rientro. “La riconciliazione – ha detto il vice-comandante generale della polizia Lino Saldanha – è cosa buona, ma può diventare un disastro se cercata per motivi politici”. Chiedendo inoltre che i fomentatori delle violenze vengano incriminati per omicidio e possesso illegale di armi, Saldanha ha poi aggiunto: “vogliamo risolvere le nostre differenze non in maniera politica, ma in maniera giudiziaria”.

Ewigen
14-07-2006, 17:46
14 Luglio 2006
TIMOR EST
Timor Est, si insedia il nuovo governo

Primo obiettivo: permettere il rientro a casa della popolazione fuggita durante l’ultimo mese di violenze. Secondo l’Onu i profughi interni sono ancora 150 mila.

Dili (Agenzie) – Si è insediato oggi il nuovo governo di Timor Est, passo cruciale nel processo per riportare stabilità nel piccolo Paese scosso da mesi di violenze interne. I neo ministri hanno giurato oggi in Parlamento: con le mani sulla Costituzione, hanno promesso di servire la nazione. Il nuovo governo guiderà il Paese fino alle prossime elezioni generali previste ad inizio 2007.

Alla cerimonia era presente il neo primo ministro, Jose Ramos Horta, ed i suoi due vice. Il nuovo governo è stato formato dopo le dimissioni – il 26 giugno - dell’ex premier Mari Alkatiri, contestato dal popolo, da parte dell’esercito e della classe politica. Alkatiri, musulmano in un Paese a stragrande maggioranza cattolica, è stato costretto ad abbandonare l’incarico, dopo settimane di violenze, causate dal licenziamento di circa 600 soldati, che lamentavano discriminazioni etniche.

Ramos Horta, premio Nobel per la Pace nel 1996, ha reso noto che il primo obiettivo del suo governo sarà consolidare la sicurezza e mettere in atto le condizioni necessarie per permettere il ritorno a casa della popolazione fuggita durante gli scontri del mese scorso. Secondo le Nazioni Unite, ci sono ancora più di 150mila profughi interni, che vivono in campi organizzati dall’Onu stessa e in chiese e scuole cattoliche.

Il Gabinetto si riunirà oggi in serata per discutere il bilancio annuale. Il nuovo governo vede Jose Guterres, già ambasciatore di Timor Est negli Stati Uniti e all’Onu, ministro degli Esteri. A Inacio Moreira è affidato il ministero delle Comunicazioni e dei trasporti, Rosalia Corte-Real è ministro della Cultura e dell’istruzione, mentre il dicastero per l’Energia è guidato da Jose Teixeira. Ramos Horta manterrà anche l’incarico di ministro della Difesa.

Ewigen
19-07-2006, 19:10
TIMOR EST 19/7/2006 14.24
SITUAZIONE SICURA A DILI, AUSTRALIA PROGRAMMA RITIRO TRUPPE

Un primo contingente di 250 soldati australiani ha lasciato oggi Timor Est, dando il via al ridimensionamento della presenza di truppe straniere intervenute nel maggio scorso a sedare disordini scoppiati a Dili. Il miglioramento della situazione di sicurezza costatata in queste settimane ha convinto i responsabili militari a ridurre il personale, ma nella capitale restano ancora quasi 3000 uomini della missione di stabilizzazione internazionale composta da australiani, malesi, neozelandesi e portoghesi. I comandanti della missione, guidata da Canberra, hanno detto che dalla prossima settima le operazioni di sicurezza diurne saranno svolte da 500 poliziotti, mentre i militari continueranno a svolgere solo il pattugliamento di notte, segnale anche questo di un sostanziale miglioramento della situazione. Il primo ministro australiano John Howard, in vista ieri a Dili, ha confermato un progressivo ritiro delle truppe, senza specificarne il numero. Si ritiene che il contingente multinazionale potrebbe restare comunque fino alle elezioni previste per il prossimo anno.
La crisi timorense, nata da una spaccatura all’interno dell’esercito e che ha poi visto il coinvolgimento di bande di giovani teppisti, è stata la più grave per il paese dall’indipendenza dall’Indonesia conquistata nel 1999 (e ufficialmente dichiarata nel 2002) in un referendum segnato da gravissime violenze. I nuovi disordini hanno provocato la morte di almeno 21 persone (30 secondo altre fonti) e spinto alla fuga 150.000 cittadini; il principale risvolto politico della crisi sono state le dimissioni, dopo forti pressioni, del primo ministro Mari Alkatiri - da Jose Ramos-Horta, premio Nobel per la Pace e già ministro degli Esteri - sul quale pesa anche il sospetto di aver armato milizie illegali per avere ragione dei suoi oppositori. Nella fase più acuta della crisi, il Segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan ha fortemente appoggiato l’invio di un contingente di ‘peacekeeper’, riconoscendo che il ritiro lo scorso anno della missione Onu a Timor, presente dal 1999, forse è stato prematuro. Ma per il ritorno dei ‘caschi blu’, ha detto Annan, bisognerà attendere almeno sei mesi.

Ewigen
20-07-2006, 17:13
TIMOR EST 20/7/2006 10.27
OBBLIGO DI DIMORA PER EX-PRIMO MINISTRO

Dopo un interrogatorio di circa due ore, il procuratore generale Longuinhos Monteiro ha disposto l’obbligo di dimora nei confronti dell’ex-primo ministro Mari Alkatiri, sospettato di aver assoldato e armato uno squadrone perché uccidesse i suoi avversari politici. “Al momento Mari Alkatiri è un uomo libero – ha spiegato Monteiro – ma non può allontanarsi dalla città per oltre 15 giorni. Se vuole farlo, deve chiedere l’autorizzazione”.
Nonostante le ingenti misure di sicurezza – sei automezzi a presidiare l’ufficio del procuratore e circa 20 soldati australiani a scortare l’ex-premier – circa 50 manifestanti, tra cui esponenti del partito all’opposizione, hanno manifestato all’esterno della Procura gridando slogan contro “Alkatiri traditore”, “dittatore” e “predatore”.
L’ex-capo del governo è accusato di aver assoldato Vicente ‘Railos’ da Conceicao, veterano della guerra per l’indipendenza dall’Indonesia, e i suoi seguaci per uccidere gli oppositori politici nella confusione seguita agli scontri tra forze regolari e soldati disertori iniziati a fine aprile sedatisi solo dopo l’intervento di un contingente internazionale.
Ha sempre negato il suo coinvolgimento, ma è stato costretto a dimettersi il 26 giugno scorso dopo che l’ex-ministro degli Interni Rogerio Lobato è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di aver fatto da intermediario tra lui e Da Conceicao. In precedenza Altakiri si era rifiutato di rispondere alle domande del procuratore generale invocando l’immunità parlamentare, finché Monteiro non lo ha incluso tra gli indagati e gli ha ordinato di sottoporsi all’interrogatorio.

Ewigen
26-07-2006, 11:40
TIMOR EST 26/7/2006 9.15
ARRESTATO UNO DEI PROTAGONISTI DELLA CRISI A DILI

Il maggiore Alfredo Reinado, uno dei protagonisti dell’ammutinamento sfociato nel maggio scorso in una crisi di sicurezza a Dili, è stato arrestato dagli uomini del contingente internazionale per essere stato trovato in possesso di armi dopo lo scadere dell’ultimatum per il disarmo; con lui sono stati arrestati altri 20 uomini con la stessa accusa. Le forze di sicurezza australiane hanno infatti nove armi da fuoco, migliaia munizioni, granate e materiale militare in tre abitazioni, una delle quali a pochi metri dal quartiere generale delle forze australiane. All’inizio di maggio il maggiore Alfredo Reinado abbandonò il suo incarico per unirsi al gruppo di soldati originari dell’ovest del paese che protestavano per discriminazioni tra i ranghi dell’esercito. Ci furono violenze e scontri con le forze dell’ordine, seguiti dal coinvolgimento nei disordini di bande giovanili che commisero gravi vandalismi e razzie per giorni, spinegndo il governo di Dili a chiedere l’intervento di un contingente composto da truppe australiane, malese, neozelandesi e portoghesi guidato da Canberra. Almeno 21 persone persero la vita nelle violenze che provocarono anche 130.000 sfollati e ingenti danni. Il maggiore Reinado e i suoi uomini furono però anche i primi a consegnare le armi rispondendo a un appello del presidente Xanana Gusmao, dando il via al ripristino della sicurezza nella capitale. Il termine ultimo per tutte le parti coinvolte nelle violenze - ammutinati, civili e le stesse forse armate timorensi - per consegnare le armi illegalmente detenute è scaduto lunedì scorso.

Ewigen
27-07-2006, 20:58
TIMOR EST 27/7/2006 9.39
DILI CHIEDE ALLE NAZIONI UNITE INVIO DI FORZA DI POLIZIA INTERNAZIONALE

L’invio a Timor Est di un contingente di polizia delle Nazioni Unite per una missione a lungo termine è stato chiesto dal primo ministro di Dili, Jose Ramos-Horta, per contribuire alla normalizzazione del paese dopo le gravi violenze del maggio scorso a cui hanno preso parte sia le locali forze di sicurezza sia i civili. “Abbiamo richiesto (al Consiglio di Sicurezza) più di 800 forze di polizia, inclusi esperti civili in vari settori” ha detto Ramos-Horta in una conferenza stampa a latere della riunione annuale dei ministri dell’Associazione dei paesi del sudest asiatico (Asean) in corso a Kuala Lumpur, in Malesia. La missione potrebbe durare anche cinque anni, ha lasciato intendere il capo di stato timorense. “Abbiamo discusso con il Consiglio che sebbene la situazione a Timor Est sia ormai stabilizzata, nel medio-lungo termine abbiamo bisogno di due elementi di sicurezza” ha detto riferendosi alla forza di polizia e in seguito a una “missione di peacekeeping credibile”. Sul primo elemento i Quindici non hanno abiezioni mentre “non c’è accora accordo” sulla missione Onu, ha spiegato Ramos-Horta. Alla forza di sicurezza internazionale si chiede anche di addestrare il locale corpo di polizia che, ha ammesso lo stesso capo di governo della nazione ufficialmente indipendente dal 2002, è crescita rapidamente senza un adeguata formazione, con la conseguenza che non ha saputo fronteggiare la crisi di due mesi fa. Scontri tra ex soldati licenziati dall’esercito e forze regolari, a cui si sono aggiunte per giorni violenze indiscriminate e razzie anche da parte di bande di giovani, hanno provocato almeno 21 morti a Dili e gravi danni a proprietà e infrastrutture, spingendo alla fuga dalle loro case 130.000 cittadini. Attualmente nella capitale timorese e nelle aree circostanti è dispiegata un contingente di sicurezza di circa 3000 uomini, composto in prevalenza da truppe australiane ma anche neozelandesi, malesi e portoghesi inviate a maggio per riportare l’ordine. Ieri il ministro degli Esteri di Canberra Alexander Downer ha detto che il suo governo conta di “ridurre significatamene” la presenza dei 1300 soldati e poliziotti australiani entro l’anno, ma che si attende anche di vedere cosa decideranno di fare le Nazioni Unite.

Ewigen
01-08-2006, 19:55
TIMOR EST - Il primo ministro Jose Ramos-Horta, in un discorso alla radio locale, ha promesso l’impegno del governo per ristabilire la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni dopo la crisi del maggio scorso. Ramos-Horta ha detto che il governo sta mettendo mano a una riforma dell’esercito e progetta un nuovo addestramento delle truppe di polizia con l’aiuto di forze internazionali. I disordini di due mesi fa scoppiarono in seguito a una rivolta tra i ranghi dell’esercito e la polizia si dimostrò impreparata ad affrontare la crisi.

Ewigen
19-08-2006, 09:23
Timor Est: mancato accordo Onu
Prorogato di una settimana mandato attuale missione

(ANSA) - NEW YORK, 19 AGO - Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha prorogato di una settimana il mandato della Missione delle Nazioni Unite a Timor Est. Non e' stato infatti raggiunto un accordo sul suo eventuale rafforzamento e sull'ampliamento del suo ruolo. Con una risoluzione adottata all'unanimita', il Consiglio ha prolungato fino al 25 agosto il mandato della Missione, che altrimenti sarebbe scaduto a mezzanotte, avvertendo che la situazione nel Paese resta precaria.