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View Full Version : Cina: traffico di organi di condannati a morte


Ziosilvio
07-12-2005, 11:53
Dal sito Web del Corriere della Sera (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/12_Dicembre/07/organi.shtml):

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Il regime ammette: serve una legge
Pechino, in vendita organi dei giustiziati
Una rivista cinese: detenuti costretti a dare il consenso. Alcuni tribunali locali sospettati di avere avuto parte in traffici illegali


PECHINO - Lo ha detto il viceministro della Sanità in un convegno a porte chiuse nel luglio scorso. «In Cina per i trapianti vengono utilizzati organi prelevati dai cadaveri dei condannati a morte». L'ammissione è rimasta segreta per quattro mesi, poi un settimanale di Pechino, lo stesso che già ebbe un ruolo di denuncia nel caso della Sars, ha rotto il silenzio. E ha pure informato che il governo sta valutando l'opportunità di istituire una commissione nazionale allo scopo di contrastare l'arbitrio di alcune «corti di giustizia locali» sospettate di avere avuto parte in traffici illegali. Caijing è una testata diretta da una combattiva signora che nel giugno 1989 era in piazza Tienanmen e che negli anni ha conservato l'orgoglio di sapere andare controcorrente. Periodico autorevole specializzato in economia e finanza - le uniche interviste che il governatore della Banca Centrale ha concesso sono apparse proprio su Caijing - ha fatto del giornalismo di indagine e di rigore una bandiera. Così, pur uscendo dal seminato del suo settore, Hu Shuli, la direttrice, ha spesso impegnato la sua giovane redazione su inchieste di attualità sociale. E pur sorbendosi spesso i richiami della censura non è mai arretrata.

Con questa filosofia di lavoro il settimanale ha affrontato uno dei tanti incrollabili - o presunti tali - tabù. Caijing ha saputo del congresso internazionale che si è svolto in estate a Manila e ne ha chiesto conferma a più fonti. L'ultima al viceministro della Sanità, medico chirurgo che ha ribadito e aggiunto di avere sollecitato la regolamentazione da parte dell’Assemblea del Popolo nella prossima primavera. In Cina esiste già un documento che obbliga al consenso del donatore e dei suoi familiari. È stato promulgato nel 1984 ma non ha mai ricevuto la ratifica formale e dunque non è diventato legge.

A contrastarlo sono stati - così afferma Caijing - «molti gruppi di interesse locale e regionale». La stragrande maggioranza degli interventi, ha precisato il viceministro, si svolge con l'assenso delle famiglie. Ciò nonostante, organi di condannati a morte (diecimila le sentenze capitali emesse ogni anno nella Repubblica popolare) sono stati offerti e venduti persino da magistrati. La Cina è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di trapianti. Dal 1993 sono stati eseguiti 60 mila interventi sul rene, 6 mila sul fegato, 250 sul cuore. Uno su due ha avuto esito negativo. Percentuale altissima che secondo Shen Zhongyang, medico del centro trapianti di Tianjin, è dovuta alla inadeguatezza delle strutture e all'assenza di una legislazione trasparente. Circostanza questa che favorisce il traffico clandestino di organi. Sono tutti motivi per i quali il viceministro ha promesso una revisione. Buone intenzioni. Purché lo consentano quelle mafie locali che sono riuscite finora a impedire l’approvazione della legge e alle quali nessuno ha sbarrato la strada.

Fabio Cavalera
07 dicembre 2005

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BountyKiller
07-12-2005, 20:29
mamma mia:eek:, però qualcosa non mi torna, che io sappia le condanne a morte in Cina vengono eseguite con armi da fuoco....non vedo come sia possibile salvare gli organi di una persona che si è appena presa un proiettile in testa......

beppegrillo
07-12-2005, 20:51
mamma mia:eek:, però qualcosa non mi torna, che io sappia le condanne a morte in Cina vengono eseguite con armi da fuoco....non vedo come sia possibile salvare gli organi di una persona che si è appena presa un proiettile in testa......
embè? Si danneggia il cervello mica i restanti organi.

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07-12-2005, 21:18
Purtroppo è una cosa risaputa da tempo ormai.

BountyKiller
08-12-2005, 09:28
embè? Si danneggia il cervello mica i restanti organi.

un proiettile in testa quasi sempre causa asistolia (il cuore, "comandato" dal cervello, cessa di battere di conseguenza tutti gli organi vanno in necrosi per mancanza di ossigeno)....

wanblee
08-12-2005, 10:02
Mani curate, cravatta rossa e una certezza: l’economia cinese è basata sullo schiavismo. D’accordo, ne parleremo, ma anzitutto chiedo a Harry Wu se vuole parlarci dei suoi diciannove anni rinchiuso in un laogai. Ci guarda mestamente: «Devi prima capire che cos’è davvero un laogai». E noi credevamo di saperlo: sono dei campi di rieducazione voluti da Mao Zedong che hanno accolto non meno di cinquanta milioni di persone dalla loro costituzione, praticamente l’Italia intera; si è calcolato che non esista un cinese che non conosca almeno una persona che vi è stata soggiogata. E’ una detenzione che non prevede processo, non prevede imputazione, tantomeno esame o riesame giudiziario o possibilità di confrontarsi con un’autorità. La decisione di rinchiuderti è a totale discrezione del Partito. «Ma loro» dice «per definirti usano la parola prodotto, e il primo prodotto sei tu, quello che devi diventare: un nuovo socialista. Il secondo è un prodotto vero e proprio, tipo scarpe, vestiti, spezie, tessuti, qualsiasi cosa. Ogni laogai ha due nomi: quello del centro di detenzione e quello della fabbrica. Tu devi affrontare una quota di lavoro quotidiano, sino a 18 ore, sennò non ti danno da mangiare. Spesso devi lavorare in condizioni pericolose, come nelle miniere, con prodotti chimici tossici». Una pausa, scuote la testa: «Ma neppure questo, in realtà, è il laogai».

E’ come se Harry Wu, cinese fuggito negli Usa, non volesse parlare di sé. Eppure è presidente della Laogai Research Foundation, è una prova vivente, fu arrestato a ventidue anni dopo che all’università, leggendo un giornale assieme ad altri studenti, aveva semplicemente criticato l’appoggio cinese all’invasione sovietica di Budapest. Delazione. Manette. Nessun tribunale, nessuna prova o indizio, nessun’accusa precisa se non quella d’essere un cattolico e un rivoluzionario di destra. «Il primo giorno, a Chejang, mi dissero che per potermi rieducare sarebbe occorso molto tempo. Poi mi spiegarono che non avrei neppure potuto pregare né sostenere di essere una persona: perché mi avrebbero punito o ucciso. Mi obbligarono a confessare delle presunte colpe dopo aver costretto alla confessione anche mio padre, mio fratello, la mia fidanzata. Solo mia madre rifiutò di farlo. Sono stato molto orgoglioso di lei». Un’altra pausa. L’impercettibile imbarazzo di Toni Brandi, il coordinatore della Fondazione che ci sta facendo da interprete: «Non ha confessato perché si è suicidata». E tutto, attorno, comincia a farsi stretto, troppo in distonia col racconto, e troppo rossa quella cravatta rossa, troppo pulita la moquette di quell’hotel nel centro di Milano.

«I primi due o tre anni» racconta Harry Wu «pensi alla tua ragazza, alla tua famiglia, alla libertà, alla dignità: poi non pensi più a niente. Perdi ogni dimensione, entri in un tunnel scuro. Preghi di nascosto. In un laogai non ci sono eroi che possano sopravvivere: a meno di suicidarti o farti torturare a morte. Scariche elettriche. Pestaggi manuali o con i manganelli. L’utilizzo doloroso di manette ai polsi e alle caviglie. La sospensione per le braccia. La privazione del cibo e del sonno. Questo ho visto, e così è stato per preti, vescovi cattolici, monaci tibetani». Ci mostra la foto di un vescovo di 33 anni, e ancora altre foto in sequenza che nessun quotidiano o rotocalco potrà mai riportare: uomini e ragazzi inginocchiati, una ragazzina immobilizzata da due soldati mentre un terzo le punta il fucile alla nuca, una foto successiva in cui è spalmata a terra con il cranio orribilmente esploso.

Poi un filmato. E’ un dvd curato dall’associazione, e dovrebbero vietarlo ai minori e agli occidentali in affari con la Cina: esecuzioni seriali, di massa, i condannati inginocchiati, prima la fucilata e poi lo stivale premuto forte sullo stomaco per controllare che morte sia stata, un ufficiale di partito che per sincerarsene usa una sbarra d’acciaio, e anche di questo qualcosa sapevamo, ma come dire: il video, un video. Sapevamo pure delle fucilazioni e delle camere mobili di esecuzione: furgoni modificati che raggiungono direttamente il luogo dell’esecuzione con il condannato legato con cinghie a un lettino di metallo, il tutto controllato da un monitor posto accanto al posto di guida. Poi via, si riparte verso altre esecuzioni da effettuarsi pochi minuti dopo l’emissione della condanna a morte.

Noi sapevamo che la maggior parte delle condanne è pronunciata in stadi e piazze davanti a folle gigantesche, e che le cose, in Cina, sono tornate a peggiorate dal 2003, laddove ogni anno vengono giustiziati più individui che in tutti i paesi del mondo messi insieme. «Nel 1984, dopo un articolo di Newsweek, smisero di portare i morti in giro per le strade come pubblico esempio» ci dice, «ma dal 1989 hanno ricominciato, e i familiari devono pagare le spese per le pallottole e per la cremazione». E la faccenda degli organi? «Le autorità prelevano gli organi dei condannati a morte in quanto appartengono ufficialmente allo Stato. I trapianti sono effettuati sotto supervisione governativa: il costo è inferiore del 30 per cento rispetto alla media, e ne beneficiano cinesi privilegiati e cittadini occidentali e israeliani». E la faccenda dei cosmetici fatti con la pelle dei morti? «Dai giustiziati prendono il collagene e altre sostanze che servono per la produzione di prodotti di bellezza, tutti destinati al mercato europeo». Nel settembre scorso, della pelle di condannati o di feti, parlò anche un’inchiesta del Guardian: citò la testimonianza, in particolare, di un ex medico militare cinese che sosteneva d’aver aiutato un chirurgo a espiantare gli organi di oltre cento giustiziati, cornee comprese: senza ovviamente aver prima chiesto il consenso a chicchessia. Il chirurgo parcheggiava il suo furgoncino vicino al luogo delle esecuzioni e, stando alla testimonianza, nel 1995 tolsero la pelle anche a un uomo poi rivelatosi vivo.
«Devi prima capire» ripete «che cos’è un laogai». Forse sì, forse dobbiamo capire: dobbiamo poterci raccontare, un giorno, tra vent’anni, che sapevamo. «I laogai sono parte integrante dell’economia cinese. Le autorità li considerano delle fonti inesauribili di mano d’opera gratuita: milioni di persone, rinchiuse, che costituiscono la popolazione di lavoratori forzati più vasta del mondo. E’ un modo supplementare, ma basilare, che ha fatto volare l’economia: un’economia di schiavitù». Il numero dei laogai è imprecisato: è segreto di Stato. Secondo l’Associazione, dovrebbero essere circa un migliaio. I prigionieri, se la rieducazione fosse giudicata non completata, posson essere trattenuti anche dopo la fine della pena: «Io avrei dovuto rimanerci per trentaquattro anni, se non fossi fuggito. Perché avevo delle opinioni. Perché ero cattolico. Perché ero un uomo. Il 20 novembre compio vent’anni da uomo libero». Ieri. «E continuerò a lavorare perché la parola laogai entri in tutti i dizionari, in tutte le lingue. Appena giunto negli Usa non ne volli parlare per cinque anni, non ci riuscivo, poi cominciai a vedere che in America la gente parlava dell’Olocausto, parlava dei gulag, e però a proposito della Cina parlava solo della Muraglia e del cibo e naturalmente dell’economia. Ma i laogai, in Cina, esistono da cinquantacinque anni».

Ben più, quindi, dei ventisette anni che ci separano dalla nascita della cosiddetta politica del figlio unico instaurata nel 1979 da Deng Xiaoping, prassi che ha spinto milioni di contadini a sbarazzarsi della progenie femminile: almeno 550mila bambine l’anno secondo l’organizzazione Human Rights Watch. Più dei due anni che ci separano dal giro di vite giudiziario introdotto nel 2003 nel timore che l’arricchimento potesse portare troppa libertà: laddove le madri e i familiari delle vittime di Tienanmen sono ancor oggi perseguitate, e i sindacati proibiti, i minori deceduti sul lavoro impressionanti per numero, per non dire dei cosiddetti morti accidentali: prigionieri che precipitano dai piani alti degli edifici detentivi e che solo il racconto di pochi scampati ha potuto testimoniare. A Reporter senza frontiere e ad Amnesty International è invece toccato il compito di raccontare della rinnovata abitudine di rinchiudere i dissidenti negli ospedali psichiatrici, spesso imbottiti di psicofarmaci senza che le ragioni degli internamenti fossero state neppure ufficialmente stabilite: accade nel Paese che per un anno e mezzo riuscì e celare l’epidemia Sars, giacchè i dirigenti cinesi temevano che potesse scoraggiare gli investimenti occidentali. Cose delicate. La Cina cresce sino al 10 per cento annuo e si metterà in vetrina ai giochi olimpici del 2008: e ci sono da quattro a sei milioni di persone, rinchiusi nei laogai cinesi, che stanno lavorando per noi.
Harry Wu domenica mattina è ripartito per Washington. Doveva incontrare Bush e festeggiare i suoi vent’anni da uomo libero. O forse bastava da uomo.

http://www.macchianera.net/2005/11/21/tra_ventanni.html

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Da parte mia trovo scandaloso che i nostri governi e imprenditori continuino a fare affari con governi di questo genere...

I loro prodotti costano un decimo dei nostri, e ci credo bene, li fanno con gli schiavi, che lavorano gratis 18 ore al giorno per una ciotola di riso, con altri schiavi che servono per estrarre le materie prime dale miniere e altri ancora nelle fabbriche a produrre i macchinari copiati da quelli occidentali!! e ci mandano in malora la nostra economia. Però noi continuiamo a delocaizzare, portare la produzione in cina e lasciare a casa la nostra gente, che senza lavoro farà fatica a "far girare l'economia".

Io penso che sia necessario quanto più possibile boicottare i prodotti cinesi (quanto più possibile perchè ormai è tutto cinese). Non voglio dilungarmi sulla potenza di questa forma di lotta, ma ora come ora la vedo una delle poche cose che si possa fare direttamente.

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08-12-2005, 10:37
un proiettile in testa quasi sempre causa asistolia (il cuore, "comandato" dal cervello, cessa di battere di conseguenza tutti gli organi vanno in necrosi per mancanza di ossigeno)....

Spesso e volentieri gli asportano i reni poche ore prima dell'esecuzione.
Se non vado errato, quando gli servono gli organi sono li con l'apparecchiatura per la respirazione artificiale, gli sparano in testa e poi li attaccano subito alla macchina.
Magari se serchi trovi qualche link in rete.

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08-12-2005, 10:40
Segnalo anche http://www.laogai.org (in inglese)

BountyKiller
08-12-2005, 10:44
Spesso e volentieri gli asportano i reni poche ore prima dell'esecuzione.
Se non vado errato, quando gli servono gli organi sono li con l'apparecchiatura per la respirazione artificiale, gli sparano in testa e poi li attaccano subito alla macchina.
Magari se serchi trovi qualche link in rete.



Odddio mio :( :(