elect
01-12-2005, 01:02
Ebbene sì, lo ammetto, sono uno di quegli anarco insurrezionalisti, squatter, teppisti, terroristi ed appartenenti ai centri sociali che dicono che fanno parte del movimento notav...
Scherzi a parte, in giro c'è abbonzanza di disinformazione, vorrei semplicemente far sentire anche la nostra, quello che vi scriverò è un commento breve, si legge in un minuto, vi prego di farlo.....
Per sapere i motivi per cui siamo contrari al TAV, www.legambientevalsusa.it
Scrivo queste poche (spero) righe con l'unica
intenzione di portare a conoscenza una situazione che
la maggior parte dei media cerca di tener nascosta.
Da diversi anni è in corso in ValSusa una manovra di
resistenza organizzata contro la linea ad alta
velocità ferroviaria Torino-Lione (TAV).
Quello che fanno credere i media è che gli
oppositori siano pochi e comunque motivati solamente
dal fatto che "gli passa il treno sotto casa". Nella
manifestazione di giugno c'erano 30000 persone (in
tutta la Val Susa ci sono 50000 abitanti).
Non posso di certo smentire questa motivazione, ma
in realtà i motivi veri (che vengono metodicamente
nascosti dai media) sono ben altri:
1.. La tratta Torino-Lione è completamente inutile:
nella Val Susa esiste già una linea ferroviaria
sottoutilizzata, in grado di reggere il traffico
richiesto (considerando i tassi di crescita) almeno
fino al 2050.
2.. La linea in costruzione è esclusivamente merci,
non si avrebbe alcun vantaggio in termini di tempo per
la percorrenza da Torino a Lione. I treni passeggeri
comunque continuerebbero a transitare nella linea
storica con i tempi di percorrenza attuali.
3.. Nel tratto montano (e quindi da Torino alla
Francia), comunque non sarebbe una tratta ad alta
velocità perchè la conformazione del terreno montano
non la rende possibile.
4.. L'amianto sotto al Musinè c'e' veramente (è già
ampiamente dimostrato), e nei progetti non c'è il
minimo accenno ad un piano di messa in sicurezza
dell'amianto estratto (è previsto semplicemente uno
stoccaggio in valle a cielo libero), che con i
frequenti venti della ValSusa verrebbe distribuito e
respirato in tutta la cintura ovest di Torino ed in
Torino stessa. Le malattie causate dalla respirazione
di anche solo 1 fibra di amianto vengono diagnosticate
15 anni dopo l'inalazione. Dal momento della diagnosi
la mortalità è del 100%, ed il tempo di vita medio è
di 9 mesi.
5.. Il corridoio 5 (tratta Lisbona-Kiev) di cui
questa tratta sarebbe parte fondamentale non esiste:
da Trieste verso est l'opera è bloccata in tutti i
suoi aspetti.
6.. Finanziariamente è un disastro annunciato:
perchè vada in attivo, nella tratta dovrebbe passare
un treno merci ogni 3 minuti, 24 ore al giorno. Per
questo motivo, al momento nessun privato si è
impegnato finanziariamente, banche e fondazioni
comprese. La tratta è costosissima, ed i soldi non ci
sono: è notizia recente che nella finanziaria di
questi giorni sono stati tagliati quasi tutti i fondi
per le grandi opere. Gli unici soldi su cui si regge
l'opera sono i finanziamenti europei.
7.. Se dovessi elencare tutte le implicazioni legali
del ministro Lunardi (mi spiace, ma non riesco proprio
a dare dell'onorevole ad una persona del genere)
questo documento diverrebbe troppo lungo. Dico solo
che l'appalto per la costruzione del tunnel di 52Km
(7,5 miliardi di euro) è stato vinto da una ditta
francese che l'ha subbappaltato alla francese
RockSoil, di proprietà della moglie.
Forse ora è più chiaro e motivato perchè nelle
proteste dei ValSusini sono presenti sempre, in prima
fila, tutti i sindaci e le istituzioni di tutti i
paesi della Valle, indipendentemente dal partito
politico di appartenenza.
Il CIPE, incaricato di distribuire i fondi italiani,
ha già eliminato la tratta Torino-Lione dalle opere da
finanziare dallo stato italiano (nonostante quanto
riferito dai media). L'unico obiettivo di chi il TAV
lo vuole fare è quello di agganciare la pioggia di
finanziamenti europei per le grandi opere; per far
questo, devono entro fine anno poter dire che i lavori
sono iniziati.
Lunedì 1 novembre ho partecipato al blocco dei
lavori a Mompantero: in 500 persone (saremmo stati
molti di più, ma alla maggior parte delle persone è
stato impedito di raggiungere i luoghi della protesta,
militarizzando Susa) abbiamo bloccato senza alcuna
violenza per un giorno intero 1200 demotivati
esponenti delle forze dell'ordine. La notizia che i
siti siano poi stati presi in possesso dalle forze
dell'ordine in nottata (quando non c'era più nessuno
ad opporsi e verificare) sembrerebbe falsa, alcune
persone hanno verificato il giorno successivo che i
siti erano ancora sgombri.
La questione NoTAV non è una questione di sinistra o
destra: l'opposizione è trasversale, ed ogni persona
di buon senso che sia informata sul problema non ha
difficoltà a capire le nostre ragioni. Il problema è
che la voce dei NoTav ciene puntualmente soffocata dai
media, per la grande quantità dei finanziamenti
europei in gioco. Personalmente penso che anche i più
accesi interessati questo lo sappiano benissimo, e
dell'opera non gli importi proprio nulla. L'unica loro
preoccupazione è farsi rigirare nelle loro casse i
soldoni europei.
Non chiedo a chi legge questo messaggio di crederci
ciecamente, ovviamente può essere inteso come
propaganda di parte, ma di informarsi anche dal altre
fonti indipendenti. Purtroppo il quotidiano La Stampa
ed il telegiornale regionale di Rai 3 sono le fonti di
informazione che si sono rivelati più corrotti e di
parte, non solo nei commenti alle notizie ma anche nel
continuo riportare notizie false.
Qualche anno fa è venuta una troupe di Report
diversi giorni in valle a fare un servizio sul
problema. Risultato: il servizio non è mai andato in
onda ed il giornalista è stato quasi licenziato.
Il mio intento non è solo di convincervi sulle
nostre ragioni, ma prevalentemente di informarvi. Se
credete che le informazioni di questo messaggio siano
false, vi invito a verificarle. Penso che poi la
convinzione venga da sola.
Vi prego di inoltrare questo documento al maggior
numero di persone possibile.
Un normale cittadino che crede ancora nella democrazia....
MOLTI si aggrappano a parole come "progresso, sviluppo, isolamento, strategicità, ecc", dando al TAV un peso, delle speranze ed una realtà sociale che non possiede e che non può portare.
MOLTI ci possono accusare di NIMBY (Not In My Garden, nn nel mio giardino) nel senso :"Si faccia, ma da un altra parte".
A queste cose rispondo con un pensiero di Luca Mercalli, Meteorologo di RAI3 «Che tempo che fa» e presidente SMI
NIMBY, UN TRENO IN OGNI CORTILE
di Luca Mercalli – Meteorologo di RAI3 «Che tempo che fa» e presidente SMI
E’ pericoloso aver ragione dove
le autorità costituite hanno torto.
Voltaire
Sì Tav o No Tav? Il dibattito sulla costruzione della linea ferroviaria veloce Torino-Lyon non ha ancora centrato l’obiettivo. Inutile scannarsi sui sondaggi geognostici, a colpi di azioni militari degne di Falluja, per stabilire se c’è amianto o uranio, fin quando non si è affrontato il tema a monte di tutto: l’opera serve veramente?
E’ così «strategica», «irrinunciabile», «indispensabile» come proclamano molti politici a capo delle truppe d’occupazione o è «inutile e sostituibile da interventi meno costosi e dannosi per l’ambiente» come sostengono gli oppositori?
Finché non si metteranno in discussione gli scenari tecnici ed economici su cui è basato questo progetto, vecchio peraltro di decenni, ottenendo dati valutabili con metodo scientifico, finché non si smaschereranno i conflitti d’interesse che covano tra i progetti, non si giungerà a risposte condivise.
Non avrai altro Dio al di fuori del TAV
L’assunto da verificare è proprio il carattere di irrinunciabilità dell’opera, ormai divenuta un mito, una panacea di tutti i mali. Il Dio-TAV rilancerà le imprese in crisi strutturale, darà lavoro a milioni di disoccupati, eliminerà tutti i camion dalle strade, cementerà i rapporti tra popoli, culture e religioni, e migliorerà addirittura l’ambiente, fatto mai verificatosi nella storia (l’ambiente è dato all’origine dalle forze naturali, lo si può modificare, ma non migliorare).
Insomma, non avrai altro Dio al di fuori del TAV. Tutto il resto non conta.
Crescere, crescere, crescere.
E ciò pur considerando che il tempio sotterraneo del Dio-TAV sarà pronto tra oltre 15 anni, quando il mondo ha molte probabilità di essere molto diverso da quanto dipingono le «magnifiche sorti» inseguite dalla propaganda. Ci sono studi scientifici e scenari economici che mettono in dubbio le basi del fanatismo religioso verso il Dio-TAV, ma stentano – come di fronte a ogni fanatismo – a emergere e a essere razionalmente esaminati ed eventualmente falsificati.
Le strategie sagge
Del resto, già il buon senso suggerisce come prioritarie altre opere, in grado di dare effetti benefici non tra 15 anni, bensì subito: ospedali migliori, manutenzione e ammodernamento della rete ferroviaria esistente, investimenti sulle energie rinnovabili in vista dell’imminente picco di estrazione petrolifera, potenziamento del sistema acquedottistico e irriguo in vista degli effetti del riscaldamento globale, risorse per la ricerca e la scuola… e tanti altri temi che converrebbe almeno prendere in considerazione come assai più «strategici» di un ennesimo buco sotto le montagne.
Se il cortile è ormai pieno…
Ma la reazione alla cieca fede nel Dio-TAV spinge a una riflessione più ampia.
Gli abitanti della Valle di Susa sono stati sbrigativamente manganellati ed etichettati come affetti da «estremo localismo», malati di sindrome NIMBY (not in my backyard, ovvero non nel mio cortile).
Se si gratta sotto la vernice, si scopre però che in tutta Italia vi sono un’infinità di focolai di protesta, ognuno contro il proprio piccolo o grande tempio al Dio-TAV: gallerie, circonvallazioni, tangenziali, peduncoli svincoli e bretelle autostradali, inceneritori gentilmente chiamati termovalorizzatori e centrali elettriche, lottizzazioni residenziali e capannoni industriali, cittadelle commerciali e parchi produttivi, ampliamenti ed espansioni urbanistiche.
Sono proteste spontanee, che spesso non hanno molta voce, le loro grida di dolore si spengono a poca distanza dal luogo minacciato in quanto – a differenza della Val di Susa – spesso sono prive del sostegno degli amministratori locali, il più delle volte convinti assertori e beneficiari a vario titolo delle infrastrutture (in)desiderate.
Questa carta d’Italia piena di puntini rossi è il sintomo che la sindrome Nimby ha ragione d’essere non tanto perché non si vuole questa o quella struttura nel proprio cortile, ma perché è l’intero cortile italiano a essere ormai pieno.
La dilagante cementificazione del territorio, accentuatasi negli ultimi 10 anni, è il vero e drammatico problema che non si vuole affrontare. Non c’è più spazio, ci si pesta i piedi, le macchine e il denaro hanno ormai più diritti degli umani e il consumo irreversibile di suolo agrario e di paesaggio appare inarrestabile e lanciato a tassi esponenziali verso la saturazione.
Già, il paesaggio!
Ma importa ancora a qualcuno? O è solo un nostalgico ricordo dei viaggi italiani di letterati di un tempo che fu?
Assistiamo a un paradosso: sempre più ci viene proposto un paesaggio virtuale, pubblicitario, fatto di antichi mulini, valli degli orti, pascoli verdeggianti, grandi spazi dove scorazzare con potenti SUV, panorami alpestri dove ritemprare lo spirito, orizzonti oceanici dove trovare relax, ma sempre meno siamo attenti a difendere il paesaggio vero, quello che viviamo tutti i giorni.
Un processo perverso e ormai incontrollabile, fatto di insensibilità, rassegnazione, inadeguatezza legislativa, opportunità finanziarie e talvolta truffe e abusi, favorisce la betoniera selvaggia. Eppure dei rischi di questa folle corsa alla cancellazione della superficie terrestre, che – giova ricordarlo - non è un bene solo estetico, ma il substrato che ci fornisce di che vivere, si erano già accorti animi del calibro di Buzzati e Calvino (assolutamente attuale La speculazione edilizia, del 1957). Più recenti, le riflessioni del compianto Eugenio Turri (La Megalopoli padana, Marsilio) e le denunce di Francesco Erbani (L’Italia maltrattata, Laterza).
Abbiamo ministeri e assessorati all’Ambiente…
Ma nulla accade. Anzi, ogni giorno su un vergine prato viene piantato un teodolite, poi arrivano le recinzioni rosse, inequivocabile sintomo della metastasi cementizia, poco dopo, ruspe e betoncar compiono lo stupro pedologico e paesaggistico. Un processo ad alta velocità che sta letteralmente annientando forse l’unico bene invidiatoci da tutto il mondo: l’armonia del paesaggio, duemila anni di evoluzione dell’uomo e della sua cultura non contro il territorio, ma con il territorio.
La politica – che dovrebbe difendere i beni comuni - strizza invece l’occhio al clan del tondino e fa finta di non accorgersi del suicidio.
Ma la gente, sempre più costretta a vivere in un’Italia-banlieue, soffre ogni giorno di più, stretta tra pareti di calcestruzzo, e si fa domande, si incontra, si organizza.
Brutto fuori, brutti dentro
Vivere nel brutto fa diventare brutti dentro, e mai prima d’ora nella storia, l’uomo è stato così tanto e brutalmente allontanato dal paesaggio terrestre: boschi, fiumi, foreste «le vere ricchezze dell’uomo», come le definì nel 1936 Jean Giono, un padre della letteratura francese il cui nonno ribelle proveniva da monti non lontani dalla Val di Susa.
… l’incapacità dei poteri pubblici di contenere un’espansione cementizia intenta a divorare la risorsa non rinnovabile del suolo. Una risorsa che le nostre generazioni avrebbero l’obbligo di conservare per quelle future almeno nello stato in cui l’hanno ereditata e che invece stanno dissipando a ritmi travolgenti, convinte di averne la totale disponibilità, annebbiate nella soddisfazione di bisogni presenti
FRANCESCO ERBANI – L’Italia maltrattata. Laterza, 2003
Il 5 dicembre 2005 si celebra la Giornata Mondiale del Suolo
Questi sono i motivi tecnici..
Poche certezze, tanta propaganda! La sicurezza non è un optional
Per prevedere la massima sicurezza nella gestione del tunnel, si pensa al momento di realizzare due canne. In effetti, i progetti parlano di realizzazione delle due canne in tempi diversi, nell’arco di 10/15 anni. Come si può desumere facilmente dallo schema (www.legambientevalsusa.it ==> tecnica) propagandato da Alpetunnel che fedelmente riportiamo, l’evacuazione eventuale delle persone non sarebbe semplice e c’è da credere, visto i progetti presentati, che gli studi risalgano a prima della tragedia del tunnel del Monte Bianco, perché lo schema di evacuazione era molto simile...
Tracciato della galleria e problemi geotecnici
La partenza del tunnel è prevista a Susa (si parla di Venaus) e lo sbocco a St. Jean de Maurienne, dopo 54 km. sotto le montagne. Circa a metà strada (20 km. da Susa) la galleria dovrebbe passare sotto Modane, in corrispondenza della quale è prevista non una stazione passeggeri, ma una stazione di servizio a circa 200-250 m. di profondità.
Lo scavo di un tunnel come questo pone dei problemi in relazione non solo alla sua lunghezza ma soprattutto al materiale roccioso sovrastante la galleria e ai materiali trovabili lungo il percorso. La geologia della zona che sarebbe attraversata dal tunnel è estremamente complessa sia per il tipo di formazione delle montagne (ancora in fase di innalzamento) sia per i limiti dei diversi materiali; in più ci sono sicuramente delle faglie che possono dare problemi durante lo scavo. E' possibile risalire al tipo di formazioni che si incontrerebbero nello scavo con dei sondaggi e con indagini in sito (ad es. al Gottardo è prevista una galleria di 5,5 km. per esplorazione del materiale roccioso). Il problema è che il tunnel unisce delle formazioni rocciose con resistenze classificabili come medie o medio-scarse a dei carichi che agiscono su queste formazioni molto elevati (2500 m. nel punto di massima copertura); di conseguenza il problema della stabilità della galleria si gioca sul fatto che la roccia sarà soggetta a sforzi molto elevati (un'esperienza del genere si ha nel tunnel del Monte Bianco, con coperture di 2500 m., ma con materiale granitico, quindi molto più resistente); possiamo perciò dire che ci si troverebbe in condizioni di scavo difficili. Ma questi problemi non sono insormontabili, nel senso che è sicuramente possibile scavare questo tunnel. Il problema è di stabilire il costo e confrontarlo con i benefici.
Tempi di realizzazione
La profondità e le caratteristiche della roccia condizionano il metodo di scavo e la scelta del metodo (tra esplosivo e fresa) condiziona la durata del lavoro. La fresa sarebbe preferibile, perchè permetterebbe di portare a termine in cinque anni uno scavo pensato con 4 imbocchi (a Susa, da Modane nelle due direzioni e a St. Jean de Maurienne); ma a quelle profondità e con quei materiali la fresa non è sempre utilizzabile, perchè rischia di bloccarsi in presenza di materiali sfuggenti, per cui è più pensabile un sistema misto fresa-esplosivo. In questo caso i tempi di realizzazione si orienterebbero sui 10 anni (lo scavo del tunnel sotto la Manica è durato 8 anni; per quello del Gottardo, con una lunghezza prevista di 50 km., si parla di 9 anni); ma tutto è comunque in relazione a ciò che si troverebbe.
Qualche problema specifico
Un problema è legato alla temperatura: alle profondità previste per il tunnel la temperatura (secondo alcuni studi fatti dall'Università di Grenoble) sfiorerebbe i 50 gradi e per almeno 15 km sarebbe superiore ai 35; ne deriverebbe la necessità di un sistema di raffreddamento all'interno del treno, con costi elevati (per il sistema di raffreddamento sotto la Manica il costo è stato di 500 miliardi).
Un altro problema, legato alla profondità e alla lunghezza del tunnel, è quello della sicurezza: se un treno si ferma a metà di una galleria del genere, cosa succede? Raggiungere le canne di collegamento non sarebbe comunque semplice. Si tratta di un problema rilevante che richiede una tecnologia molto avanzata relativamente, ad esempio, alla pressione interna ai treni e alla protezione dagli incendi, cose che presuppongono un innalzamento di standard nelle nostre ferrovie.
Velocità dei treni in galleria
A causa della situazione di instabilità che è probabilmente critica in molti punti, le sezioni delle gallerie non potrebbero essere molto elevate (si parla di 7-8 m. di diametro); questo, insieme al problema del calore, fa sì che le velocità del treno debbano essere limitate (sicuramente non 300 km/h...). Un calcolo a tavolino della possibile velocità è difficile da fare in mancanza di dati; ma si può vedere cosa succede nei casi già esistenti: ad es. il treno sotto la Manica impiega da un imbocco all'altro 30' (circa 100 Km/h di media). Questo significa che il tragitto da Venaus a St. Jean de Maurienne si potrebbe compiere in 30'. Sulla base dell'orario dei treni attuali, da Bussoleno a St. Jean si impiegano, calcolando le varie fermate, 1h e 30'. Se decurtiamo le fermate, si può stimare 1h e 10'; quindi il guadagno in termini di tempo sarebbe di 40'.
Dagli ultimi documenti della C.I.G. (Commissione Intergovernativa), risulta che per il traforo Venaus - St. Jean de Maurienne, la velocità massima sarà di 70 Km/h, mentre gli stessi studi propendono per la realizzazione di una galleria per volta, per ragioni legate agli alti costi di gestione.
Alcuni problemi per la Valle di Susa
Un primo elemento problematico riguarda lo "smarino" estratto dallo scavo, che da qualche parte dovrà pur essere messo. Si può fare un calcolo di massima pensando che venga suddiviso equamente tra italiani e francesi: si tratta di 5 milioni di metri cubi di materiale con un 50% di aumento una volta estratto, per cui si può stimare intorno ai 7,5 milioni di metri cubi (come dire una torre con una base di m. 100 x 100 e un'altezza di 750) da dividere in due parti tra Italia e Francia ma da sistemare da qualche parte...
Poi c'è il problema della preparazione del calcestruzzo per il rivestimento: ne occorreranno centinaia di migliaia di mc., e bisognerà pur prendere da qualche parte la ghiaia, perchè lo smarino non ha le caratteristiche idonee ad essere usato a questo scopo.
Il problema del cantiere della costruzione del tunnel e del piazzale di sbocco sarà tanto più pesante quanto più si punterà a realizzare una "autostrada ferroviaria" (caricare sui treni i TIR), cosa che richiederebbe ad es. di trasformare un'area vastissima in un piazzale di enormi dimensioni.
Scherzi a parte, in giro c'è abbonzanza di disinformazione, vorrei semplicemente far sentire anche la nostra, quello che vi scriverò è un commento breve, si legge in un minuto, vi prego di farlo.....
Per sapere i motivi per cui siamo contrari al TAV, www.legambientevalsusa.it
Scrivo queste poche (spero) righe con l'unica
intenzione di portare a conoscenza una situazione che
la maggior parte dei media cerca di tener nascosta.
Da diversi anni è in corso in ValSusa una manovra di
resistenza organizzata contro la linea ad alta
velocità ferroviaria Torino-Lione (TAV).
Quello che fanno credere i media è che gli
oppositori siano pochi e comunque motivati solamente
dal fatto che "gli passa il treno sotto casa". Nella
manifestazione di giugno c'erano 30000 persone (in
tutta la Val Susa ci sono 50000 abitanti).
Non posso di certo smentire questa motivazione, ma
in realtà i motivi veri (che vengono metodicamente
nascosti dai media) sono ben altri:
1.. La tratta Torino-Lione è completamente inutile:
nella Val Susa esiste già una linea ferroviaria
sottoutilizzata, in grado di reggere il traffico
richiesto (considerando i tassi di crescita) almeno
fino al 2050.
2.. La linea in costruzione è esclusivamente merci,
non si avrebbe alcun vantaggio in termini di tempo per
la percorrenza da Torino a Lione. I treni passeggeri
comunque continuerebbero a transitare nella linea
storica con i tempi di percorrenza attuali.
3.. Nel tratto montano (e quindi da Torino alla
Francia), comunque non sarebbe una tratta ad alta
velocità perchè la conformazione del terreno montano
non la rende possibile.
4.. L'amianto sotto al Musinè c'e' veramente (è già
ampiamente dimostrato), e nei progetti non c'è il
minimo accenno ad un piano di messa in sicurezza
dell'amianto estratto (è previsto semplicemente uno
stoccaggio in valle a cielo libero), che con i
frequenti venti della ValSusa verrebbe distribuito e
respirato in tutta la cintura ovest di Torino ed in
Torino stessa. Le malattie causate dalla respirazione
di anche solo 1 fibra di amianto vengono diagnosticate
15 anni dopo l'inalazione. Dal momento della diagnosi
la mortalità è del 100%, ed il tempo di vita medio è
di 9 mesi.
5.. Il corridoio 5 (tratta Lisbona-Kiev) di cui
questa tratta sarebbe parte fondamentale non esiste:
da Trieste verso est l'opera è bloccata in tutti i
suoi aspetti.
6.. Finanziariamente è un disastro annunciato:
perchè vada in attivo, nella tratta dovrebbe passare
un treno merci ogni 3 minuti, 24 ore al giorno. Per
questo motivo, al momento nessun privato si è
impegnato finanziariamente, banche e fondazioni
comprese. La tratta è costosissima, ed i soldi non ci
sono: è notizia recente che nella finanziaria di
questi giorni sono stati tagliati quasi tutti i fondi
per le grandi opere. Gli unici soldi su cui si regge
l'opera sono i finanziamenti europei.
7.. Se dovessi elencare tutte le implicazioni legali
del ministro Lunardi (mi spiace, ma non riesco proprio
a dare dell'onorevole ad una persona del genere)
questo documento diverrebbe troppo lungo. Dico solo
che l'appalto per la costruzione del tunnel di 52Km
(7,5 miliardi di euro) è stato vinto da una ditta
francese che l'ha subbappaltato alla francese
RockSoil, di proprietà della moglie.
Forse ora è più chiaro e motivato perchè nelle
proteste dei ValSusini sono presenti sempre, in prima
fila, tutti i sindaci e le istituzioni di tutti i
paesi della Valle, indipendentemente dal partito
politico di appartenenza.
Il CIPE, incaricato di distribuire i fondi italiani,
ha già eliminato la tratta Torino-Lione dalle opere da
finanziare dallo stato italiano (nonostante quanto
riferito dai media). L'unico obiettivo di chi il TAV
lo vuole fare è quello di agganciare la pioggia di
finanziamenti europei per le grandi opere; per far
questo, devono entro fine anno poter dire che i lavori
sono iniziati.
Lunedì 1 novembre ho partecipato al blocco dei
lavori a Mompantero: in 500 persone (saremmo stati
molti di più, ma alla maggior parte delle persone è
stato impedito di raggiungere i luoghi della protesta,
militarizzando Susa) abbiamo bloccato senza alcuna
violenza per un giorno intero 1200 demotivati
esponenti delle forze dell'ordine. La notizia che i
siti siano poi stati presi in possesso dalle forze
dell'ordine in nottata (quando non c'era più nessuno
ad opporsi e verificare) sembrerebbe falsa, alcune
persone hanno verificato il giorno successivo che i
siti erano ancora sgombri.
La questione NoTAV non è una questione di sinistra o
destra: l'opposizione è trasversale, ed ogni persona
di buon senso che sia informata sul problema non ha
difficoltà a capire le nostre ragioni. Il problema è
che la voce dei NoTav ciene puntualmente soffocata dai
media, per la grande quantità dei finanziamenti
europei in gioco. Personalmente penso che anche i più
accesi interessati questo lo sappiano benissimo, e
dell'opera non gli importi proprio nulla. L'unica loro
preoccupazione è farsi rigirare nelle loro casse i
soldoni europei.
Non chiedo a chi legge questo messaggio di crederci
ciecamente, ovviamente può essere inteso come
propaganda di parte, ma di informarsi anche dal altre
fonti indipendenti. Purtroppo il quotidiano La Stampa
ed il telegiornale regionale di Rai 3 sono le fonti di
informazione che si sono rivelati più corrotti e di
parte, non solo nei commenti alle notizie ma anche nel
continuo riportare notizie false.
Qualche anno fa è venuta una troupe di Report
diversi giorni in valle a fare un servizio sul
problema. Risultato: il servizio non è mai andato in
onda ed il giornalista è stato quasi licenziato.
Il mio intento non è solo di convincervi sulle
nostre ragioni, ma prevalentemente di informarvi. Se
credete che le informazioni di questo messaggio siano
false, vi invito a verificarle. Penso che poi la
convinzione venga da sola.
Vi prego di inoltrare questo documento al maggior
numero di persone possibile.
Un normale cittadino che crede ancora nella democrazia....
MOLTI si aggrappano a parole come "progresso, sviluppo, isolamento, strategicità, ecc", dando al TAV un peso, delle speranze ed una realtà sociale che non possiede e che non può portare.
MOLTI ci possono accusare di NIMBY (Not In My Garden, nn nel mio giardino) nel senso :"Si faccia, ma da un altra parte".
A queste cose rispondo con un pensiero di Luca Mercalli, Meteorologo di RAI3 «Che tempo che fa» e presidente SMI
NIMBY, UN TRENO IN OGNI CORTILE
di Luca Mercalli – Meteorologo di RAI3 «Che tempo che fa» e presidente SMI
E’ pericoloso aver ragione dove
le autorità costituite hanno torto.
Voltaire
Sì Tav o No Tav? Il dibattito sulla costruzione della linea ferroviaria veloce Torino-Lyon non ha ancora centrato l’obiettivo. Inutile scannarsi sui sondaggi geognostici, a colpi di azioni militari degne di Falluja, per stabilire se c’è amianto o uranio, fin quando non si è affrontato il tema a monte di tutto: l’opera serve veramente?
E’ così «strategica», «irrinunciabile», «indispensabile» come proclamano molti politici a capo delle truppe d’occupazione o è «inutile e sostituibile da interventi meno costosi e dannosi per l’ambiente» come sostengono gli oppositori?
Finché non si metteranno in discussione gli scenari tecnici ed economici su cui è basato questo progetto, vecchio peraltro di decenni, ottenendo dati valutabili con metodo scientifico, finché non si smaschereranno i conflitti d’interesse che covano tra i progetti, non si giungerà a risposte condivise.
Non avrai altro Dio al di fuori del TAV
L’assunto da verificare è proprio il carattere di irrinunciabilità dell’opera, ormai divenuta un mito, una panacea di tutti i mali. Il Dio-TAV rilancerà le imprese in crisi strutturale, darà lavoro a milioni di disoccupati, eliminerà tutti i camion dalle strade, cementerà i rapporti tra popoli, culture e religioni, e migliorerà addirittura l’ambiente, fatto mai verificatosi nella storia (l’ambiente è dato all’origine dalle forze naturali, lo si può modificare, ma non migliorare).
Insomma, non avrai altro Dio al di fuori del TAV. Tutto il resto non conta.
Crescere, crescere, crescere.
E ciò pur considerando che il tempio sotterraneo del Dio-TAV sarà pronto tra oltre 15 anni, quando il mondo ha molte probabilità di essere molto diverso da quanto dipingono le «magnifiche sorti» inseguite dalla propaganda. Ci sono studi scientifici e scenari economici che mettono in dubbio le basi del fanatismo religioso verso il Dio-TAV, ma stentano – come di fronte a ogni fanatismo – a emergere e a essere razionalmente esaminati ed eventualmente falsificati.
Le strategie sagge
Del resto, già il buon senso suggerisce come prioritarie altre opere, in grado di dare effetti benefici non tra 15 anni, bensì subito: ospedali migliori, manutenzione e ammodernamento della rete ferroviaria esistente, investimenti sulle energie rinnovabili in vista dell’imminente picco di estrazione petrolifera, potenziamento del sistema acquedottistico e irriguo in vista degli effetti del riscaldamento globale, risorse per la ricerca e la scuola… e tanti altri temi che converrebbe almeno prendere in considerazione come assai più «strategici» di un ennesimo buco sotto le montagne.
Se il cortile è ormai pieno…
Ma la reazione alla cieca fede nel Dio-TAV spinge a una riflessione più ampia.
Gli abitanti della Valle di Susa sono stati sbrigativamente manganellati ed etichettati come affetti da «estremo localismo», malati di sindrome NIMBY (not in my backyard, ovvero non nel mio cortile).
Se si gratta sotto la vernice, si scopre però che in tutta Italia vi sono un’infinità di focolai di protesta, ognuno contro il proprio piccolo o grande tempio al Dio-TAV: gallerie, circonvallazioni, tangenziali, peduncoli svincoli e bretelle autostradali, inceneritori gentilmente chiamati termovalorizzatori e centrali elettriche, lottizzazioni residenziali e capannoni industriali, cittadelle commerciali e parchi produttivi, ampliamenti ed espansioni urbanistiche.
Sono proteste spontanee, che spesso non hanno molta voce, le loro grida di dolore si spengono a poca distanza dal luogo minacciato in quanto – a differenza della Val di Susa – spesso sono prive del sostegno degli amministratori locali, il più delle volte convinti assertori e beneficiari a vario titolo delle infrastrutture (in)desiderate.
Questa carta d’Italia piena di puntini rossi è il sintomo che la sindrome Nimby ha ragione d’essere non tanto perché non si vuole questa o quella struttura nel proprio cortile, ma perché è l’intero cortile italiano a essere ormai pieno.
La dilagante cementificazione del territorio, accentuatasi negli ultimi 10 anni, è il vero e drammatico problema che non si vuole affrontare. Non c’è più spazio, ci si pesta i piedi, le macchine e il denaro hanno ormai più diritti degli umani e il consumo irreversibile di suolo agrario e di paesaggio appare inarrestabile e lanciato a tassi esponenziali verso la saturazione.
Già, il paesaggio!
Ma importa ancora a qualcuno? O è solo un nostalgico ricordo dei viaggi italiani di letterati di un tempo che fu?
Assistiamo a un paradosso: sempre più ci viene proposto un paesaggio virtuale, pubblicitario, fatto di antichi mulini, valli degli orti, pascoli verdeggianti, grandi spazi dove scorazzare con potenti SUV, panorami alpestri dove ritemprare lo spirito, orizzonti oceanici dove trovare relax, ma sempre meno siamo attenti a difendere il paesaggio vero, quello che viviamo tutti i giorni.
Un processo perverso e ormai incontrollabile, fatto di insensibilità, rassegnazione, inadeguatezza legislativa, opportunità finanziarie e talvolta truffe e abusi, favorisce la betoniera selvaggia. Eppure dei rischi di questa folle corsa alla cancellazione della superficie terrestre, che – giova ricordarlo - non è un bene solo estetico, ma il substrato che ci fornisce di che vivere, si erano già accorti animi del calibro di Buzzati e Calvino (assolutamente attuale La speculazione edilizia, del 1957). Più recenti, le riflessioni del compianto Eugenio Turri (La Megalopoli padana, Marsilio) e le denunce di Francesco Erbani (L’Italia maltrattata, Laterza).
Abbiamo ministeri e assessorati all’Ambiente…
Ma nulla accade. Anzi, ogni giorno su un vergine prato viene piantato un teodolite, poi arrivano le recinzioni rosse, inequivocabile sintomo della metastasi cementizia, poco dopo, ruspe e betoncar compiono lo stupro pedologico e paesaggistico. Un processo ad alta velocità che sta letteralmente annientando forse l’unico bene invidiatoci da tutto il mondo: l’armonia del paesaggio, duemila anni di evoluzione dell’uomo e della sua cultura non contro il territorio, ma con il territorio.
La politica – che dovrebbe difendere i beni comuni - strizza invece l’occhio al clan del tondino e fa finta di non accorgersi del suicidio.
Ma la gente, sempre più costretta a vivere in un’Italia-banlieue, soffre ogni giorno di più, stretta tra pareti di calcestruzzo, e si fa domande, si incontra, si organizza.
Brutto fuori, brutti dentro
Vivere nel brutto fa diventare brutti dentro, e mai prima d’ora nella storia, l’uomo è stato così tanto e brutalmente allontanato dal paesaggio terrestre: boschi, fiumi, foreste «le vere ricchezze dell’uomo», come le definì nel 1936 Jean Giono, un padre della letteratura francese il cui nonno ribelle proveniva da monti non lontani dalla Val di Susa.
… l’incapacità dei poteri pubblici di contenere un’espansione cementizia intenta a divorare la risorsa non rinnovabile del suolo. Una risorsa che le nostre generazioni avrebbero l’obbligo di conservare per quelle future almeno nello stato in cui l’hanno ereditata e che invece stanno dissipando a ritmi travolgenti, convinte di averne la totale disponibilità, annebbiate nella soddisfazione di bisogni presenti
FRANCESCO ERBANI – L’Italia maltrattata. Laterza, 2003
Il 5 dicembre 2005 si celebra la Giornata Mondiale del Suolo
Questi sono i motivi tecnici..
Poche certezze, tanta propaganda! La sicurezza non è un optional
Per prevedere la massima sicurezza nella gestione del tunnel, si pensa al momento di realizzare due canne. In effetti, i progetti parlano di realizzazione delle due canne in tempi diversi, nell’arco di 10/15 anni. Come si può desumere facilmente dallo schema (www.legambientevalsusa.it ==> tecnica) propagandato da Alpetunnel che fedelmente riportiamo, l’evacuazione eventuale delle persone non sarebbe semplice e c’è da credere, visto i progetti presentati, che gli studi risalgano a prima della tragedia del tunnel del Monte Bianco, perché lo schema di evacuazione era molto simile...
Tracciato della galleria e problemi geotecnici
La partenza del tunnel è prevista a Susa (si parla di Venaus) e lo sbocco a St. Jean de Maurienne, dopo 54 km. sotto le montagne. Circa a metà strada (20 km. da Susa) la galleria dovrebbe passare sotto Modane, in corrispondenza della quale è prevista non una stazione passeggeri, ma una stazione di servizio a circa 200-250 m. di profondità.
Lo scavo di un tunnel come questo pone dei problemi in relazione non solo alla sua lunghezza ma soprattutto al materiale roccioso sovrastante la galleria e ai materiali trovabili lungo il percorso. La geologia della zona che sarebbe attraversata dal tunnel è estremamente complessa sia per il tipo di formazione delle montagne (ancora in fase di innalzamento) sia per i limiti dei diversi materiali; in più ci sono sicuramente delle faglie che possono dare problemi durante lo scavo. E' possibile risalire al tipo di formazioni che si incontrerebbero nello scavo con dei sondaggi e con indagini in sito (ad es. al Gottardo è prevista una galleria di 5,5 km. per esplorazione del materiale roccioso). Il problema è che il tunnel unisce delle formazioni rocciose con resistenze classificabili come medie o medio-scarse a dei carichi che agiscono su queste formazioni molto elevati (2500 m. nel punto di massima copertura); di conseguenza il problema della stabilità della galleria si gioca sul fatto che la roccia sarà soggetta a sforzi molto elevati (un'esperienza del genere si ha nel tunnel del Monte Bianco, con coperture di 2500 m., ma con materiale granitico, quindi molto più resistente); possiamo perciò dire che ci si troverebbe in condizioni di scavo difficili. Ma questi problemi non sono insormontabili, nel senso che è sicuramente possibile scavare questo tunnel. Il problema è di stabilire il costo e confrontarlo con i benefici.
Tempi di realizzazione
La profondità e le caratteristiche della roccia condizionano il metodo di scavo e la scelta del metodo (tra esplosivo e fresa) condiziona la durata del lavoro. La fresa sarebbe preferibile, perchè permetterebbe di portare a termine in cinque anni uno scavo pensato con 4 imbocchi (a Susa, da Modane nelle due direzioni e a St. Jean de Maurienne); ma a quelle profondità e con quei materiali la fresa non è sempre utilizzabile, perchè rischia di bloccarsi in presenza di materiali sfuggenti, per cui è più pensabile un sistema misto fresa-esplosivo. In questo caso i tempi di realizzazione si orienterebbero sui 10 anni (lo scavo del tunnel sotto la Manica è durato 8 anni; per quello del Gottardo, con una lunghezza prevista di 50 km., si parla di 9 anni); ma tutto è comunque in relazione a ciò che si troverebbe.
Qualche problema specifico
Un problema è legato alla temperatura: alle profondità previste per il tunnel la temperatura (secondo alcuni studi fatti dall'Università di Grenoble) sfiorerebbe i 50 gradi e per almeno 15 km sarebbe superiore ai 35; ne deriverebbe la necessità di un sistema di raffreddamento all'interno del treno, con costi elevati (per il sistema di raffreddamento sotto la Manica il costo è stato di 500 miliardi).
Un altro problema, legato alla profondità e alla lunghezza del tunnel, è quello della sicurezza: se un treno si ferma a metà di una galleria del genere, cosa succede? Raggiungere le canne di collegamento non sarebbe comunque semplice. Si tratta di un problema rilevante che richiede una tecnologia molto avanzata relativamente, ad esempio, alla pressione interna ai treni e alla protezione dagli incendi, cose che presuppongono un innalzamento di standard nelle nostre ferrovie.
Velocità dei treni in galleria
A causa della situazione di instabilità che è probabilmente critica in molti punti, le sezioni delle gallerie non potrebbero essere molto elevate (si parla di 7-8 m. di diametro); questo, insieme al problema del calore, fa sì che le velocità del treno debbano essere limitate (sicuramente non 300 km/h...). Un calcolo a tavolino della possibile velocità è difficile da fare in mancanza di dati; ma si può vedere cosa succede nei casi già esistenti: ad es. il treno sotto la Manica impiega da un imbocco all'altro 30' (circa 100 Km/h di media). Questo significa che il tragitto da Venaus a St. Jean de Maurienne si potrebbe compiere in 30'. Sulla base dell'orario dei treni attuali, da Bussoleno a St. Jean si impiegano, calcolando le varie fermate, 1h e 30'. Se decurtiamo le fermate, si può stimare 1h e 10'; quindi il guadagno in termini di tempo sarebbe di 40'.
Dagli ultimi documenti della C.I.G. (Commissione Intergovernativa), risulta che per il traforo Venaus - St. Jean de Maurienne, la velocità massima sarà di 70 Km/h, mentre gli stessi studi propendono per la realizzazione di una galleria per volta, per ragioni legate agli alti costi di gestione.
Alcuni problemi per la Valle di Susa
Un primo elemento problematico riguarda lo "smarino" estratto dallo scavo, che da qualche parte dovrà pur essere messo. Si può fare un calcolo di massima pensando che venga suddiviso equamente tra italiani e francesi: si tratta di 5 milioni di metri cubi di materiale con un 50% di aumento una volta estratto, per cui si può stimare intorno ai 7,5 milioni di metri cubi (come dire una torre con una base di m. 100 x 100 e un'altezza di 750) da dividere in due parti tra Italia e Francia ma da sistemare da qualche parte...
Poi c'è il problema della preparazione del calcestruzzo per il rivestimento: ne occorreranno centinaia di migliaia di mc., e bisognerà pur prendere da qualche parte la ghiaia, perchè lo smarino non ha le caratteristiche idonee ad essere usato a questo scopo.
Il problema del cantiere della costruzione del tunnel e del piazzale di sbocco sarà tanto più pesante quanto più si punterà a realizzare una "autostrada ferroviaria" (caricare sui treni i TIR), cosa che richiederebbe ad es. di trasformare un'area vastissima in un piazzale di enormi dimensioni.