IpseDixit
06-11-2005, 19:42
NEW YORK - Settantacinque elettori, scelti da Channel 4 di Los Angeles in modo da rappresentare un campione politicamente e demograficamente bilanciato, stanno martellando da mezz’ora Arnold Schwarzenegger che per la prima volta ha accettato un confronto in tv sui referendum da lui promossi. Il governatore della California, che soltanto un anno fa era considerato l’uomo politico più popolare d’America, reagisce con pacatezza a domande che spesso diventano invettive. Non si scompone nemmeno quando uno spettatore lo aggredisce: «Non devi più parlare perché hai torto». «Terminator» indossa i panni dell’agnello: «Mi piace il tuo piglio appassionato». Evita la rissa ma esce sconfitto dalla sfida televisiva.
E i sondaggi segnalano puntualmente che le proposition sulle quali Arnold ha deciso di investire il suo «capitale politico» sfidando il Parlamento verranno probabilmente bocciate martedì prossimo dagli elettori. Degli otto referendum, forse passerà solo Proposition 73 , una norma che vieta l’aborto alle minorenni, se i genitori non vengono informati: una proposta appoggiata da Schwarzenegger, ma che non è certo al centro della sua battaglia politica.
Un anno fa George Bush fece carte false per averlo al suo fianco alla vigilia dello scontro elettorale con John Kerry. Il governatore lo appoggiò, ma senza spendersi troppo. In quei giorni, tra i californiani l’ex attore aveva un indice di gradimento del 61% ed era guardato con simpatia perfino dai «liberal», mentre i conservatori del Cato Institute l’avevano incoronato «miglior governatore d’America». Il voto di martedì prossimo dirà fino a che punto «Terminator» (la cui popolarità è in continuo calo da almeno sei mesi) ha sperperato il suo patrimonio di consenso. E sigillerà la rivincita mediatica, prima ancora che politica, dei democratici e dei sindacati che stanno vincendo la partita non puntando sul merito delle questioni sulle quali si vota, ma rovesciando contro Schwarzenegger la sua stessa popolarità cinematografica.
All’inizio gli strateghi elettorali democratici non sapevano come contrastare un personaggio popolarissimo e con un’immagine «bipartisan». Ma quando Schwarzenegger ha deciso che oltre a un attore di film d’azione sarebbe stato anche un politico d’azione, tutto è cambiato. Per contenere l’enorme deficit pubblico senza aumentare le tasse, il governatore ha messo sotto pressione le categorie più popolari del pubblico impiego: insegnanti, infermiere, poliziotti, pompieri. E ha cercato di ridimensionare l’influenza dei sindacati (molto forti in California) vietando loro di usare le risorse raccolte fra i lavoratori per finanziare attività politiche senza l’esplicito consenso degli iscritti. Passando dalla politica recitata come su un palcoscenico al tentativo di cambiare le cose davvero, Schwarzenegger si è trovato ben presto con le spalle al muro. Finiti i ritratti «simpatizzanti» sul New Yorker e su Vanity Fair , è cominciato il bombardamento mediatico dell’opposizione. Sentendosi minacciati nei loro interessi vitali, democratici e sindacati hanno raccolto in poche settimane quasi cento milioni di dollari, una cifra enorme, e li hanno investiti in una martellante campagna di spot televisivi in cui Schwarzenegger, persa l’aureola «bipartisan», diventa un cattivo senza cuore: il «Terminator» che vuole distruggere la scuola, affamare le infermiere, maltrattare i pompieri, che in America sono considerati quasi degli eroi.
Una mossa vincente, come riconoscono anche gli esperti di comunicazione del partito repubblicano: la popolarità di Schwarzenegger è crollata (l’indice di gradimento è sceso al 33-35%) e ora gli elettori potrebbero bocciare i referendum per colpire lui, senza troppo badare al merito delle questioni. Non dovrebbe, ad esempio, passare il blocco dei finanziamenti dei sindacati alla politica, ma nemmeno la scelta di affidare a un gruppo di ex magistrati «super partes», anziché ai politici locali, il ridisegno dei confini dei collegi elettorali che oggi sono costruiti in modo da garantire «rendite di posizione» ad alcuni parlamentari di «lungo corso», soprattutto repubblicani: una misura apprezzata dagli esperti di tutti e due i partiti. Anche sul contenimento della spesa pubblica, Schwarzenegger ha forse esagerato, chiedendo che, in caso di sfondamento del deficit, il governatore possa tagliare le erogazioni, se non lo farà il Parlamento. Ma esagerano anche gli spot democratici che lo dipingono come un dittatore da operetta, visto che altri governatori americani hanno simili poteri e che anche in California, fino agli anni ’70, era in vigore il sistema che Schwarzenegger cerca di ripristinare.
Ora, se lo Stato che ha generato le più grandi rivolte antitasse si esprimerà contro l’introduzione di un tetto alla spesa pubblica, le ripercussioni potrebbero essere nazionali. I cittadini Usa sono sempre per un «governo minimo» con poche tasse, ma cresce la loro irritazione per il peggioramento dei servizi pubblici. Martedì scorso la stessa molla è scattata in Colorado: lo Stato, repubblicano a larga maggioranza, ha votato una norma, proposta da un governatore repubblicano, che sospende per cinque anni il meccanismo che blocca gli aumenti di spesa e restituisce ai cittadini le risorse incassate in eccesso dal Fisco. Schwarzenegger è convinto di poter risalire la china prima dell’autunno 2006, quando la California dovrà decidere se confermarlo governatore. Agli amici dice di sentirsi come i personaggi dei suoi film: finiscono alle corde, rischiano di essere spazzati via, ma alla fine vincono. Potrebbe avere ragione, visto che i possibili avversari democratici, dall’attore Warren Beatty al tesoriere dello Stato Phil Angelides, vivono di luce riflessa: esistono solo in quanto si contrappongono a lui, che rimane, nel bene o nel male, il catalizzatore di tutta l’attenzione. Se indovinerà le prossime mosse, Arnold potrebbe risalire la china con la stessa rapidità con cui è caduto nel precipizio.
Massimo Gaggi
06 novembre 2005
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/11_Novembre/06/boomerang.shtml
E i sondaggi segnalano puntualmente che le proposition sulle quali Arnold ha deciso di investire il suo «capitale politico» sfidando il Parlamento verranno probabilmente bocciate martedì prossimo dagli elettori. Degli otto referendum, forse passerà solo Proposition 73 , una norma che vieta l’aborto alle minorenni, se i genitori non vengono informati: una proposta appoggiata da Schwarzenegger, ma che non è certo al centro della sua battaglia politica.
Un anno fa George Bush fece carte false per averlo al suo fianco alla vigilia dello scontro elettorale con John Kerry. Il governatore lo appoggiò, ma senza spendersi troppo. In quei giorni, tra i californiani l’ex attore aveva un indice di gradimento del 61% ed era guardato con simpatia perfino dai «liberal», mentre i conservatori del Cato Institute l’avevano incoronato «miglior governatore d’America». Il voto di martedì prossimo dirà fino a che punto «Terminator» (la cui popolarità è in continuo calo da almeno sei mesi) ha sperperato il suo patrimonio di consenso. E sigillerà la rivincita mediatica, prima ancora che politica, dei democratici e dei sindacati che stanno vincendo la partita non puntando sul merito delle questioni sulle quali si vota, ma rovesciando contro Schwarzenegger la sua stessa popolarità cinematografica.
All’inizio gli strateghi elettorali democratici non sapevano come contrastare un personaggio popolarissimo e con un’immagine «bipartisan». Ma quando Schwarzenegger ha deciso che oltre a un attore di film d’azione sarebbe stato anche un politico d’azione, tutto è cambiato. Per contenere l’enorme deficit pubblico senza aumentare le tasse, il governatore ha messo sotto pressione le categorie più popolari del pubblico impiego: insegnanti, infermiere, poliziotti, pompieri. E ha cercato di ridimensionare l’influenza dei sindacati (molto forti in California) vietando loro di usare le risorse raccolte fra i lavoratori per finanziare attività politiche senza l’esplicito consenso degli iscritti. Passando dalla politica recitata come su un palcoscenico al tentativo di cambiare le cose davvero, Schwarzenegger si è trovato ben presto con le spalle al muro. Finiti i ritratti «simpatizzanti» sul New Yorker e su Vanity Fair , è cominciato il bombardamento mediatico dell’opposizione. Sentendosi minacciati nei loro interessi vitali, democratici e sindacati hanno raccolto in poche settimane quasi cento milioni di dollari, una cifra enorme, e li hanno investiti in una martellante campagna di spot televisivi in cui Schwarzenegger, persa l’aureola «bipartisan», diventa un cattivo senza cuore: il «Terminator» che vuole distruggere la scuola, affamare le infermiere, maltrattare i pompieri, che in America sono considerati quasi degli eroi.
Una mossa vincente, come riconoscono anche gli esperti di comunicazione del partito repubblicano: la popolarità di Schwarzenegger è crollata (l’indice di gradimento è sceso al 33-35%) e ora gli elettori potrebbero bocciare i referendum per colpire lui, senza troppo badare al merito delle questioni. Non dovrebbe, ad esempio, passare il blocco dei finanziamenti dei sindacati alla politica, ma nemmeno la scelta di affidare a un gruppo di ex magistrati «super partes», anziché ai politici locali, il ridisegno dei confini dei collegi elettorali che oggi sono costruiti in modo da garantire «rendite di posizione» ad alcuni parlamentari di «lungo corso», soprattutto repubblicani: una misura apprezzata dagli esperti di tutti e due i partiti. Anche sul contenimento della spesa pubblica, Schwarzenegger ha forse esagerato, chiedendo che, in caso di sfondamento del deficit, il governatore possa tagliare le erogazioni, se non lo farà il Parlamento. Ma esagerano anche gli spot democratici che lo dipingono come un dittatore da operetta, visto che altri governatori americani hanno simili poteri e che anche in California, fino agli anni ’70, era in vigore il sistema che Schwarzenegger cerca di ripristinare.
Ora, se lo Stato che ha generato le più grandi rivolte antitasse si esprimerà contro l’introduzione di un tetto alla spesa pubblica, le ripercussioni potrebbero essere nazionali. I cittadini Usa sono sempre per un «governo minimo» con poche tasse, ma cresce la loro irritazione per il peggioramento dei servizi pubblici. Martedì scorso la stessa molla è scattata in Colorado: lo Stato, repubblicano a larga maggioranza, ha votato una norma, proposta da un governatore repubblicano, che sospende per cinque anni il meccanismo che blocca gli aumenti di spesa e restituisce ai cittadini le risorse incassate in eccesso dal Fisco. Schwarzenegger è convinto di poter risalire la china prima dell’autunno 2006, quando la California dovrà decidere se confermarlo governatore. Agli amici dice di sentirsi come i personaggi dei suoi film: finiscono alle corde, rischiano di essere spazzati via, ma alla fine vincono. Potrebbe avere ragione, visto che i possibili avversari democratici, dall’attore Warren Beatty al tesoriere dello Stato Phil Angelides, vivono di luce riflessa: esistono solo in quanto si contrappongono a lui, che rimane, nel bene o nel male, il catalizzatore di tutta l’attenzione. Se indovinerà le prossime mosse, Arnold potrebbe risalire la china con la stessa rapidità con cui è caduto nel precipizio.
Massimo Gaggi
06 novembre 2005
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/11_Novembre/06/boomerang.shtml