Zorcan
04-11-2005, 18:25
Peppino diceva: niente silenzio
di Giovanni Impastato
Lo striscione originale è ancora conservato, intatto, come 27 anni fa. C'è scritto: «La mafia uccide, il silenzio pure». Lo mostravano, tenendolo bene in vista per le strade di Cinisi, i compagni di Peppino, che lo accompagnarono al suo funerale, quel giorno di maggio del 1978. Peccato, ragazzi di tutta la Calabria, che non farò in tempo a prestarvelo per la vostra marcia della speranza di domani, a Locri, io sono in Toscana con la Carovana Antimafia, ma vi invito a scriverne uno con quelle stesse parole, sintesi della battaglia che mio fratello ha condotto fino alla morte.
Il vostro impegno contro la ‘ndrangheta è il segno più concreto della speranza di un futuro diverso. Il nostro impegno, alla fine, ha pagato: sappiamo chi è il responsabile del delitto di Peppino, conosciamo i depistaggi, anche istituzionali, che accompagnarono le indagini. I processi e le conclusioni della commissione antimafia alla fine hanno illuminato le zone d'ombra. Possa servirvi da esempio per mantenere sempre quest'impegno forte e costante nella lotta contro ogni forma di mafia.
Mantenete, come diceva tempo fa il Presidente della Repubblica, la schiena dritta e non fatevi aggredire dalla rassegnazione.
I ragazzi oggi possono fare tanto. Ognuno di voi, anche a livello individuale, può dare il contributo di impegno antimafia, partendo dall'esempio di Peppino Impastato. Bisogna rompere con la cultura dell'illegalità, con la cultura mafiosa e questo deve avvenire principalmente dentro ad ognuno di noi. Non possiamo delegare tutto alle forze di polizia, la mafia non è solo un problema repressivo di ordine pubblico, ma è anche e soprattutto un problema culturale.
E per farlo, bisogna restare qui, in Calabria come in Sicilia. Come ho fatto io dopo che hanno ucciso mio fratello, dopo che mi è crollata una montagna addosso. Bisogna restare perché la lotta deve partire proprio dal luogo dove una persona vive, dove ha vissuto, dove ha avuto origine. Lo so, non è facile, spesso si è condizionati dal bisogno, dal fatto che non c'è lavoro, che mancano tutte una serie di cose. Bisogna fare uno sforzo enorme per rimanere, ma è uno sforzo che alla fine paga. E per alleviare la fatica, e rendere più efficace la lotta, non vi dimenticate mai l'ironia. Peppino lottava contro la mafia e si divertiva nello stesso tempo. Dalle frequenze di «Onda Pazza» ridicolizzava i mafiosi di fronte all'intero paese.
Mi viene in mente uno slogan antico, ma sempre attuale: «Una risata li seppellirà». La lotta alla mafia è una cosa seria, ma l'ironia di Peppino creava per lui un piedistallo che annullava timori reverenziali svelando che il re mafioso era nudo. Non possiamo solo piangere i nostri morti, l'ironia è un'arma micidiale, così come lo è stata nei confronti dei mafiosi di Cinisi.
(una bella lettera (http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=45532) del fratello di Giuseppe Impastato)
di Giovanni Impastato
Lo striscione originale è ancora conservato, intatto, come 27 anni fa. C'è scritto: «La mafia uccide, il silenzio pure». Lo mostravano, tenendolo bene in vista per le strade di Cinisi, i compagni di Peppino, che lo accompagnarono al suo funerale, quel giorno di maggio del 1978. Peccato, ragazzi di tutta la Calabria, che non farò in tempo a prestarvelo per la vostra marcia della speranza di domani, a Locri, io sono in Toscana con la Carovana Antimafia, ma vi invito a scriverne uno con quelle stesse parole, sintesi della battaglia che mio fratello ha condotto fino alla morte.
Il vostro impegno contro la ‘ndrangheta è il segno più concreto della speranza di un futuro diverso. Il nostro impegno, alla fine, ha pagato: sappiamo chi è il responsabile del delitto di Peppino, conosciamo i depistaggi, anche istituzionali, che accompagnarono le indagini. I processi e le conclusioni della commissione antimafia alla fine hanno illuminato le zone d'ombra. Possa servirvi da esempio per mantenere sempre quest'impegno forte e costante nella lotta contro ogni forma di mafia.
Mantenete, come diceva tempo fa il Presidente della Repubblica, la schiena dritta e non fatevi aggredire dalla rassegnazione.
I ragazzi oggi possono fare tanto. Ognuno di voi, anche a livello individuale, può dare il contributo di impegno antimafia, partendo dall'esempio di Peppino Impastato. Bisogna rompere con la cultura dell'illegalità, con la cultura mafiosa e questo deve avvenire principalmente dentro ad ognuno di noi. Non possiamo delegare tutto alle forze di polizia, la mafia non è solo un problema repressivo di ordine pubblico, ma è anche e soprattutto un problema culturale.
E per farlo, bisogna restare qui, in Calabria come in Sicilia. Come ho fatto io dopo che hanno ucciso mio fratello, dopo che mi è crollata una montagna addosso. Bisogna restare perché la lotta deve partire proprio dal luogo dove una persona vive, dove ha vissuto, dove ha avuto origine. Lo so, non è facile, spesso si è condizionati dal bisogno, dal fatto che non c'è lavoro, che mancano tutte una serie di cose. Bisogna fare uno sforzo enorme per rimanere, ma è uno sforzo che alla fine paga. E per alleviare la fatica, e rendere più efficace la lotta, non vi dimenticate mai l'ironia. Peppino lottava contro la mafia e si divertiva nello stesso tempo. Dalle frequenze di «Onda Pazza» ridicolizzava i mafiosi di fronte all'intero paese.
Mi viene in mente uno slogan antico, ma sempre attuale: «Una risata li seppellirà». La lotta alla mafia è una cosa seria, ma l'ironia di Peppino creava per lui un piedistallo che annullava timori reverenziali svelando che il re mafioso era nudo. Non possiamo solo piangere i nostri morti, l'ironia è un'arma micidiale, così come lo è stata nei confronti dei mafiosi di Cinisi.
(una bella lettera (http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=EDITO&TOPIC_TIPO=E&TOPIC_ID=45532) del fratello di Giuseppe Impastato)