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Aceh: seconda fase del ritiro indonesiano
sabato, 29 ottobre 2005 11:06
Si è conclusa lunedì scorso la seconda fase dell’operazione per il ritiro delle truppe indonesiane dalla provincia di Aceh, punto focale dell’accordo siglato a Helsinki il 16 agosto tra il governo di Jakarta e il Gam, il Movimento per la liberazione di Aceh.
Nell’arco di una settimana 6mila militari, secondo fonti AdnKronos, hanno lasciato la regione. Il ritiro, programmato in quattro fasi, dovrebbe ridurre in modo significativo la presenza di militari nella provincia, in concomitanza con la consegna delle armi da parte delle forze irregolari del Gam. La prima fase si è avuta a settembre, quando circa 1200 soldati sono stati allontanati dalla zona; l’ultima dovrebbe avvenire entro dicembre, riducendo il numero dei soldati da 50mila a poco meno di 15mila.
Parallelamente il Movimento per la liberazione di Aceh si è impegnato a consegnare oltre 800 armi pesanti agli osservatori di pace, presenti sul territorio dagli inizi di settembre. Ma il ritiro delle truppe e il disarmo dei ribelli, certamente importanti, sono solo alcuni dei passi necessari alla normalizzazione della situazione nella regione indonesiana.
Il memorandum d’intesa firmato ad agosto prevede infatti che il Gam rinunci alla lotta armata e all’indipendenza della provincia in cambio della possibilità per i suoi membri di partecipare al processo di ricostruzione politica e istituzionale del Paese: ai ribelli dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla rappresentanza politica e la possibilità di formare un partito. Ancora, essi dovrebbero ricevere un aiuto economico che gli consenta, dopo un conflitto di trentennale durata, di reinserirsi nella società.
Questo è anche un punto di contrasto rigurdo al quale nei c’è stato, nei giorni scorsi, un irrigidimento delle posizioni: alla richiesta del governo di Jakarta di fornire i nomi di 3mila ex combattenti, per poter destinare l’assistenza finanziaria prevista, i rappresentanti del Gam hanno opposto un secco rifiuto, obiettando che l’accordo non prevede una simile formalità. Secondo la Reuters, Sofyan Dawood, portavoce del movimento, avrebbe dichiarato che “prima di consegnare le armi il Gam vuole capire il vero motivo di una simile richiesta”. Questa dichiarazione dimostra come a soli due mesi di distanza dal 31 dicembre, indicato dagli accordi come termine ultimo per il completamento del piano di smilitarizzazione della provincia, permanga tra i due schieramenti una sfiducia di fondo.
Il ritiro dei soldati e la fine della lotta armata non sono dunque sufficienti: occorre che ad essi si accompagni uno sforzo bilaterale verso la diplomazia e il dialogo, per risanare un tessuto polito, sociale e istituzionale che un conflitto durato quasi trent’anni ha profondamente lacerato. (warnews)
Visto che di Aceh non se ne parla mai nè sul forum nè su RAI o Mediaset e che l'argomento è complesso, ritengo opportuno postare una scheda sull'argomento sempre di warnews.
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Aceh è una provincia autonoma dell'Indonesia, situata nell'estremità settentrionale dell'isola di Sumatra.
Questa provincia è teatro, nell'indifferenza generale, di una lunga guerra tra i ribelli del Movimento Aceh Libero (GAM) e l'esercito indonesiano.
Eppure è una guerra che dovrebbe destare maggiore interesse e preoccupazione.
La guerra, infatti, va avanti dal 1976, quasi ininterrottamente, il che la rende uno dei conflitti più lunghi attualmente in corso.
I morti, secondo le fonti più accreditate, sono almeno 12mila, ma altre fonti, soprattutto quelle vicine al GAM, parlano di 50mila, o addirittura 90mila morti.
Tutto ciò può avvenire anche in virtù del totale disinteresse della comunità internazionale alle vicende di Aceh, considerate quasi unanimemente, come affari interni della repubblica di Indonesia.
Basti pensare che l'unica speranza legata ad una soluzione negoziale del conflitto, era arrivata dalle trattative portate avanti per ben 2 anni dal Centro Henry Dunant per il Dialogo Umanitario. Non un governo, ma un'organizzazione non governativa collegata alla Croce Rossa Internazionale.
Le trattative erano culminate, nel dicembre del 2002, con la firma di un accordo di cessate il fuoco tra il governo e i separatisti e l'impegno ad intavolare trattative per raggiungere un trattato di pace vero e proprio.
La tregua però, è collassata dopo circa 5 mesi, il 19 maggio 2003, quando l'esercito indonesiano ha riaperto le ostilità e lanciato una ampia offensiva contro i ribelli del GAM.
L'andamento del conflitto, poi, è un altro elemento preoccupante. Il governo indonesiano, infatti, dopo la ripresa delle ostilità, il 19 maggio 2003 , ha instaurato la legge marziale in tutta la provincia e proibito l'accesso ai giornalisti ed agli operatori umanitari stranieri. Ufficialmente per motivi di sicurezza, in realtà, dicono molti osservatori, per non avere a che fare con testimoni scomodi che possano riferire all'esterno l'operato dei militari.
Un giornalista free-lance americano, però, William Nessen, è riuscito comunque a raggiungere la zona e ad aggregarsi ai ribelli del GAM, per circa un mese, fino a quando non è stato catturato dalle truppe indonesiane ed espulso dal Paese.
Il racconto di Nessen, confermato almeno in parte da altre fonti indipendenti, dà un quadro poco rassicurante della situazione dei diritti umani nella provincia. Il cibo viene razionato, poichè le autorità governative hanno paura che i civili possano dare una parte del proprio riso ai ribelli. Inoltre, per muoversi da un villaggio all'altro, anche per soli 2 o 3 chilomentri, si deve ottenere un permesso dal capo villaggio, che a sua volta deve comunicare all'esercito i nomi di tutti coloro che si spostano da un villaggio ad un altro.
Ma non è questo il peggio. Nessen racconta di come migliaia di abitanti siano stati letteralmente deportati in campi di raccolta. Al fine di svuotare le piccole comunità rurali che possono supportare la guerriglia. Inoltre, dozzine di villaggi sono stati accorpati, con lo scopo di poter controllare in maniera più efficace le attività degli abitanti del luogo.
Tra le cose più desolanti di questa guerra, però, insieme ai lutti, le sofferenze, i rapimenti, gli sfollati e gli abusi contro la popolazione civile, c'è una peculiarità o, per meglio dire, un vero proprio primato, molto poco invidiabile: l'incendio sistematico e indistinto di centinaia di scuole.
In poche settimane, tra maggio e giugno 2003, sono state dati alle fiamme quasi 500 edifici scolastici, sedi di scuole di ogni ordine e grado, sia istituti statali che islamici.
Nessuno riesce a capire l'utilità di un'azione così sconsiderata e la logica che ha portato a considerare degli edifici scolastici come 'obbiettivi militari'. Buio fitto pure sui responsabili. Il governo di Jakarta accusa i ribelli che a loro volta respingono le accuse al mittente. A pagare le conseguenze, alla fine, sono solo i 50mila bambini e ragazzi costretti a seguire le lezioni all'aperto, con tutti i disagi che ciò comporta.
I responsabili, come si è detto, non sono noti, ma si sa per certo che gli ufficiali del TNI, la sigla che indica le forze armate indonesiane, che dirigono le operazioni in Aceh, sono in buona parte gli stessi che operarono anche a Timor Est, rendendosi responsabili della spaventosa orgia di sangue e di violenza che si abbattè sugli abitanti del piccolo territorio nel 1999.
L’unica possibilità di raggiungere una pace duratura, a detta di molti, è l’indizione di un referendum di autodeterminazione da svolgersi sotto il controllo di osservatori internazionali. Strada che oggi come oggi appare più come una speranza che come una possibilità concreta.
(F.C.) giovedì, 22 gennaio 2004 14:42
(www.warnews.it)
INDONESIA – Altri 2000 soldati hanno lasciato la provincia di Aceh, punta settentrionale dell’isola di Sumatra, teatro fino alla scorsa estate di un conflitto secessionista. Si tratta del terzo ritiro programmatico di truppe dei quattro previsti dagli accordi di pace siglati il 15 agosto tra Giakarta e i ribelli del Movimento per Aceh Libera (Gam). Nei giorni scorsi altri 6000 uomini delle forze governative erano stati richiamati e altrettanti a settembre. L’esercito ha reso noto che i rimanenti 24.000 soldati presenti nell’ex provincia ribelle faranno i bagagli dopo che il Gam avrà completato la consegna delle armi; ciò dovrebbe accadere entro la fine dell’anno. (MISNA)
INDONESIA 22/11/2005 11.13
ACEH: AVANTI VERSO PACE, COMPLETATA TERZA FASE CONSEGNA ARMI
È stato completato oggi il terzo round di consegna delle armi degli ex-ribelli di Aceh, quale ulteriore passo verso la totale risoluzione del quasi trentennale conflitto separatista nella provincia occidentale indonesiana. Come ha riferito Juri Laas, portavoce della Missione di monitoraggio sulla pace ad Aceh (Amm) a guida europea, gli ex guerriglieri del Gam (Movimento per Aceh libera) hanno ceduto 57 armi agli osservatori. L’Amm ha aggiunto che circa 3.000 separatisti hanno ricevuto dal governo di Giakarta una forma di assistenza economica ‘ad personam’ (pari a circa 100 dollari) per favorirne l’iniziale reinserimento nella società civile. In base al patto firmato il 15 agosto scorso a Helsinki (Finlandia) tra Gam ed esecutivo indonesiano, il movimento ribelle dovrà consegnare fino a 840 armi entro la fine dell’anno nell’ambito di un piano organizzato in quattro fasi, di cui tre sono già state appunto completate. In cambio l’Indonesia, che prima dell’accordo di pace aveva dispiegato sul territorio circa 30.000 soldati e 15.000 poliziotti, si è impegnata a ridurne il numero rispettivamente a 14.700 e 9.100. Iniziato nel 1976 dal Gam per l’indipendenza del territorio ricco di gas e risorse naturali, il conflitto ad Aceh è costato la vita a circa 14.500 persone.
INDONESIA 19/12/2005 17.16
ACEH, RIBELLI COMPLETANO DISARMO
Si è conclusa con successo la quarta e ultima fase per la consegna delle armi da parte degli ex ribelli del Movimento per Aceh libera (Gam), come previsto dagli accordi di pace siglati la scorsa estate in Finlandia e che hanno messo fine a un trentennale conflitto separatista nella provincia di Aceh in cui sono morte 15.000 persone. La missione multinazionale di monitoraggio del processo di pace (Amm) ha supervisionato la consegna delle armi dichiarando che tutto si è svolto in modo regolare, malgrado alcune recriminazioni dell’esercito. Si attende ora il ritiro da Aceh entro il 31 dicembre dell’ultimo contingente di circa 6000 soldati. Prima degli accordi di pace, ‘favoriti’ anche dal cataclisma dello tsunami che ha ucciso 160.000 persone nella provincia di Aceh e ha convinto le parti della necessità di sedersi al tavolo negoziale, erano presenti nella provincia ribelle circa 40.000 tra soldati, uomini delle forze speciali e poliziotti. Secondo gli accordi di pace del 15 agosto, ad Aceh - provincia abitata da 4 milioni di persone - resteranno operativi 14.700 militari e 9.1000 poliziotti per il servizio di pubblica sicurezza. Secondo osservatori internazionali restano due i punti cruciali per realizzare a pieno la pace: la reintegrazione dei ribelli nella società, stimati in 5000 ex miliziani, e la trasformazione del Gam in partito politico, condizione quest’ultima approvata dal governo mentre restano ancora resistenze nel parlamento.
Aceh, ad un anno dallo tsunami ancora traffico di bambini
Ong denuncia che i piccoli sopravvissuti al maremoto continuano ad essere venduti in Malaysia per svolgere lavori fuori legge; scoperti anche casi di adozioni illegali a Medan e Jakarta.
Banda Aceh (AsiaNews/Jp) – Ad un anno dallo tsunami ad Aceh, la zona più colpita in Indonesia, continuano traffico di minori e adozioni illegali. A denunciarlo dopo un’indagine condotta sul territorio, è il Center for Child Protection and Study (Pkpa). Achmad Sofian, direttore esecutivo della Ong, ha dichiarato che numerosi bambini dello tsunami sono in mano a bande criminali in Malaysia e che molti altri originari di Nias sono adottati illegalmente a Medan, Jakarta e Bandung.
Sofian spiega che il Pkpa ha scoperto 2 casi di bambini di Aceh venduti in Malaysia. Il primo riguarda una bambina, identificata solo come I.R., tenuta segregata a Binjai, Nord Sumatra, 2 mesi fa. La piccola è riuscita a scappare quando i trafficanti sono usciti di casa per procurarle un passaporto falso. I.R. è ora tornata dalla sua famiglia a Lhokseumawe.
Il secondo caso riguarda una 16enne identificata come S. e residente a Aceh Besar. Sembra che la giovane conoscesse i suoi rapitori, i quali le avevano promesso un lavoro come domestica; solo più tardi ha capito che il gruppo voleva venderla ad un’altra banda in Malaysia. La ragazza è riuscita anche lei a fuggire, mentre i criminali la stavano trasferendo ad Aceh su un autobus. Ora è stata adottata da un funzionario governativo di Langsa, East Aceh.
Tramite indagini sul posto, il Pkpa ha scoperto che molti bambini di Aceh sopravvissuti allo tsunami lavorano illegalmente nei ristoranti in Malaysia. Sofian spiega che la legge malaysiana fissa a 21 anni l’età minima per svolgere questo tipo di lavoro. “In seguito a indagini ulteriori – continua – abbiamo visto che i passaporti dei ragazzi erano stati falsificati per permettere loro di entrare i Malaysia e lavorare”. La Ong sta investigando anche sul possibile impiego delle giovani nella prostituzione.
La Pkpa ha scoperto anche casi di adozioni illegali. Secondo i dati raccolti dai suoi operatori, da marzo a novembre 2005 72 bambini di Nias tra i 4 e i 12 anni sono stati adottati in modo illegale. Sofian racconta la modalità con cui agiscono i truffatori. Alcuni uomini si spacciano membri di un orfanotrofio, che offre ai genitori l’"opportunità" di far adottare i loro figli a ricche famiglie di Medan, che faranno studiare i bambini in scuole di prestigio. Ma presto ci si accorge che figli e finti rappresentanti dell’orfanotrofio sono scomparsi nel nulla. “Abbiamo le prove – dice Sofian – che i bambini vengono adottati a Medan, Jakarta e Bandung”. Il portavoce della polizia di North Sumatra ha assicurato indagini sul caso.
Il problema del traffico di minori - spesso orfani - sopravvissuti allo tsuami era emerso già nei giorni subito successivi al maremoto del 26 dicembre 2004. Nella sola provincia di Aceh i morti sono stati circa 130 mila. Quattro mesi dopo un altro forte sisma ha colpito le isole di Nias facendo numerose vittime.
INDONESIA 24/12/2005 2.41
TORNANO I MILITARI AD ACEH?
L’esercito indonesiano è pronto a inviare 15 battaglioni di 700-1000 soldati ciascuno nella provincia di Aceh, appena uscita da un trentennale conflitto separatista, per aiutare la ricostruzione post-tsunami; lo ha annunciato il capo di stato maggiore Endriartono Sutarto precisando che la richiesta è venuta dal capo dell’Agenzia per la ricostruzione e riabilitazione (Bbr) Kuntorro Mangkusubroto. La notizia ha sollevato una certa perplessità poiché proprio in questi giorni è iniziata l’ultima fase della smobilitazione delle truppe stanziate ad Aceh, come previsto dagli accordi di pace siglati in Finlandia lo scorso agosto. Finora 20.000 uomini hanno lasciato la provincia e altri 4000 partiranno entro la fine dell’anno; dovrebbero rimanere in servizio 14.700 tra soldati e poliziotti per garantire le normali operazioni di pubblica sicurezza. Ma la ‘Bbr’ avrebbe chiesto l’intervento dei militari per completare le operazioni di ricostruzione in quelle zone di più difficile accesso nella provincia di Aceh e nell’isola Nias devastate dall’onda anomala di un anno fa e da successivi terremoti. “Il piano di inviare nuove truppe va contro gli accordi di pace” ha detto al quotidiano ‘Jakarta Post’ il portavoce degli ex ribelli Bakhtiar Abdullah aggiungendo che nella provincia ci sono molti ex guerriglieri pronti ad aiutare la Bbr nelle azioni di recupero e ricostruzione. Bakhtiar ha aggiunto che presenterà un ricorso alla commissione internazionale di monitoraggio sul processo di pace. L’invio dei militari non ha avuto ancora il via libera ufficiale
27 dicembre 2005 14.02
PROCESSI DI PACE
INDONESIA: RIBELLI BANDA ACEH DEPONGONO LE ARMI
Gli ex ribelli indonesiani della provincia di Aceh hanno annunciato oggi la dissoluzione della loro componente armata, compiendo un altro passo avanti sulla strada della pace, mentre il governo indonesiano ha annunciato il ritiro dalla zone di altri contingenti militari. Il portavoce del Free Aceh Movement (GAM) ha detto oggi che la smilitarizzazione dei separatisti è avvenuta per adempiere agli impegni presi nell'accordo siglato ad agosto con il governo indonesiano, dopo che la regione aveva subito durissime perdite durante lo tsunami dell'anno scorso.(Avvenire)
SVOLTA NEL SUDEST
Le trattative per un’intesa erano iniziate dopo la tragedia del maremoto, quando la regione era stata aperta ai soccorsi e le parti avevano deciso di collaborare per aiutare le popolazioni colpite
Nuova alba in Indonesia
Giacarta
Passo decisivo per la fine di uno scontro che in 30 anni ha causato 15mila morti. Il governo ritirerà 24mila militari, in cambio concederà più autonomia alla regione contesaCome previsto dall’accordo col governo siglato il 15 agosto, gli indipendentisti smantellano le milizie: «Ora entriamo nella società civile»
Di Francesca Bertoldi
Insieme alla grande solidarietà dimostrata da tutto il mondo e alla collaborazione nei soccorsi tra le varie comunità etniche e religiose, è una delle pochissime cose positive arrivate con l’onda: dopo lo tsunami, che nella provincia dell’Aceh, in Indonesia, fece circa 170mila vittime, i ribelli indipendentisti del Gam (Free Aceh Movement: Movimento dell’Aceh libero) e il governo di Giacarta avevano avviato delle trattative per arrivare a un accordo di pace; l’intesa era stata firmata in agosto, e adesso è diventata operativa. Ieri, i ribelli hanno formalmente annunciato lo scioglimento del loro esercito. «In nome dei combattenti del Gam ho l’onore di annunciare che le forze armate nazionali di Aceh sono state smobilitate e sciolte», ha dichiarato il portavoce degli ex ribelli, Sofyan Daud, nel corso di una conferenza stampa. «L’esercito nazionale di Aceh – ha aggiunto – fa adesso parte della società civile e lavorerà per rendere un successo l’accordo di pace di cui rispetteremo ogni disposizione». Un passo decisivo, quindi, verso la fine di un conflitto che in trent’anni ha causato 15mila morti. Un conflitto che è iniziato nel 1976, quando si formò il movimento di lotta per l’indipendenza della regione dell’Aceh, ricca di giacimenti petroliferi e dunque ghiotto boccone per le compagnie occidentali che, secondo le associazioni per i diritti umani, finanzierebbero l’esercito di Giacarta in cambio dello sfruttamento delle risorse. A rendere possibile l’avvio delle trattative era stato proprio lo tsunami del 26 dicembre: la tragedia aveva richiesto l’apertura agli aiuti umanitari stranieri di una regione chiusa dalla legge marziale imposta da Giacarta nel 2003 (insieme a una massiccia campagna militare di repressione). Il maremoto aveva così riportato sotto gli occhi del mondo un conflitto da troppo tempo dimenticato. Già nelle settimane immediatamente successive alla tragedia, il Gam, indebolito dalla perdita di molti uomini, aveva annunciato una tregua unilaterale p er permettere l’intervento dei soccorsi. Hasballah Saad, ex ministro per i Diritti umani ad Aceh, aveva spiegato all’agenzia AsiaNews che «dopo aver visto i morti causati dallo tsunami, la leadership dei ribelli ha deciso che le sue richieste di indipendenza avrebbero causato solo più sofferenza». Le truppe governative avevano però continuato i loro attacchi contro i guerriglieri, uccidendone circa 200 tra gennaio e febbraio, nonostante l’intera regione fosse di fatto in ginocchio. Poi i colloqui, promossi dalla Finlandia, che ha svolto un ruolo fondamentale di mediazione in tutta la vicenda, hanno preso una piega positiva. In luglio era nata una bozza di intesa: il Gam rinunciava alle richieste di piena indipendenza e prometteva il disarmo, mentre il governo annunciava il ritiro delle sue truppe dalla provincia. Il 15 agosto, a Helsinki, la firma dell’accordo di pace. Ieri, l’annuncio sullo scioglimento della milizia è arrivato dopo un incontro tra i rappresentanti del Gam e Yudhoyono a Banda Aceh, dove il presidente ha partecipato alle cerimonie in commemorazione delle vittime dello tsunami. I ribelli avevano già deposto le loro ultime 840 armi il 19 dicembre sotto il controllo degli osservatori internazionali della missione di pace diretta dall’Unione europea. Ora, l’esercito è definitivamente smantellato. Per la regione si prevede una più ampia autonomia (non, però, l’indipendenza) e dopo il ritiro degli ultimi uomini dell’esercito e della polizia indonesiana, previsto per il 29 dicembre, la presenza delle forze governative nella provincia sarà ridotta a circa 14.700 soldati e 9.100 poliziotti. Prima dell’accordo, i militari erano 35mila e 15mila gli uomini della polizia.(Avvenire)
29 Dicembre 2005
INDONESIA
Jakarta completa il ritiro dell’esercito da Aceh
Oggi partono gli ultimi soldati e sabato i poliziotti, che superano il contingente previsto dall'accordo. Partecipazione politica dei ribelli e impiego degli ex combattenti del Gam, le nuove sfide del processo di pace.
Banda Aceh (AsiaNews/Agenzie) – L'esercito indonesiano ha completato oggi l’ultima fase del ritiro delle sue truppe dalla provincia di Aceh, una delle principali condizioni dell'accordo di pace siglato coi ribelli separatisti.
Il tenente colonnello Eri Soetiko, un portavoce dell’esercito, ha annunciato che entro stasera 3.353 soldati partiranno dal porto di Lhokseumawe. In questo modo da 35 mila uomini la presenza delle forze governative ad Aceh sarà ridotta a 14.700. Il 31 dicembre verrà ritirato anche l'ultimo contingente di polizia, che rimarrà nella zona con 9.100 poliziotti.
Il ritiro di oggi segue di due giorni lo scioglimento dell'ala militare del Movimento per Aceh Libera (Gam).
L'accordo, raggiunto grazie alla mediazione finlandese, mette fine a un lungo conflitto per l’autonomia di questa provincia del nord Sumatra. In 30 anni di lotta sono rimaste uccise circa 15 mila persone, in gran parte civili. Il patto è stato firmato lo scorso 15 agosto, dopo che colloqui tra le due parti erano stati accelerati dallo tsunami. Aceh è la zona più colpita: il disastro del 26 dicembre 2004 vi ha provocato 170 mila tra morti e scomparsi.
Il comandante militare di Aceh, Supiadin A.S, ha reso noto che il governo ha ritirato in tutto dalla provincia 24.125 soldati. Da parte sua, il Gam ha consegnato 840 armi.
Nelle ultime settimane, comunque, motivo di tensione nella zona è stato rappresentato dall’annuncio di Jakarta di voler inviare ad Aceh circa mille ingegneri militari per aiutare la ricostruzione nelle aeree più remote. I ribelli leggono l’iniziativa come un pretesto del governo per un maggiore controllo e una minaccia all’accordo di pace. Il portavoce del Gam, Bachtiar Abdullah, ha però espresso fiducia negli osservatori internazionali: se non lo impediranno, “ci fideremo di loro”.
Analisti evidenziano che ora la vera sfida è trovare un lavoro agli ex combattenti del Gam e soddisfare la richiesta di partecipazione politica dei ribelli al governo di Aceh. Il passo successivo previsto dall'accordo di pace è, infatti, la partecipazione del Gam alle elezioni provinciali dell'aprile prossimo. Questo sarà possibile solo se Jakarta troverà le forme legislative per accettare che un partito - che non esisterà su scala nazionale, come richiesto dalla Costituzione - concorra alle elezioni locali.
INDONESIA – La missione di monitoraggio sul processo di pace ad Aceh guidata dall’Unione europea (Ue) ha deciso di estendere di altri sei mesi il proprio mandato nella provincia indonesiana: lo ha detto il vice presidente indonesiano Jusuf Kalla, ricordando che la missione, forte di 200 uomini, era sul posto dall’agosto scorso allo scopo di verificare l’applicazione dell’accordo di pace siglato quello stesso mese a Helsinki (Finlandia) tra Giakarta e ribelli separatisti del Gam (Movimento per Aceh libera).
INDONESIA 8/1/2006 9.51
ACEH, IL PROCESSO DI PACE QUASI “PERFETTO”
Potrebbe essere definito il ‘processo di pace perfetto’ se solo tra gli elementi determinanti del suo successo non ci fosse stata anche la tragedia dello tsunami del 2004. La pace ad Aceh, la travagliata provincia settentrionale sull’isola di Sumatra, è una realtà concreta dopo trent’anni di guerriglia e di durissima repressione militare, e questa volta – a differenza del passato - non ci saranno passi indietro. Ne sono convinti in tanti, tra cui due osservatori in prima linea del processo di pace, l’ex dissidente indonesiano Liem Soei Liong, noto attivista per i diritti umani e tra i principali esponenti della rete internazionale ‘Tapol’ (prigioniero politico in indonesiano), e l’achenese Muslahuddin Daud, coordinatore del ‘programma di sviluppo post conflitto ad Aceh’ della Banca mondiale. “Il cataclisma del 26 dicembre 2004 ha fatto scoprire alla comunità internazionale questo angolo dimenticato di mondo e la sua situazione interna” dice alla MISNA Daud contattato a Banda Aceh, capoluogo della provincia e una delle località più severamente colpite dal maremoto. “Le migliaia di operatori umanitari stranieri e indonesiani che sono accorsi qui per soccorrere la popolazione si sono trasformati, in sostanza, nella più vasta missione di pace al mondo”. É stata quindi l’attenzione internazionale rivolta ad Aceh insieme ai drammatici effetti del cataclisma ( 160.000 tra morti e i tre quarti del territorio costiero distrutto, anche fino a 5 chilometri verso l’interno) ad aver convinto le parti che era ora di pensare a un’alternativa alla guerra. “È indiscutibile che lo tsunami ha reso la pace più urgente ed ha convogliato su Aceh l’attenzione della comunità internazionale e molti milioni di dollari in aiuti - afferma Liem Soei Liong, raggiunto telefonicamente dalla MISNA a Giakarta - ma vanno segnalati anche altri cambiamenti per cui questo processo di pace è potenzialmente più solido di altri. Innanzitutto il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, ex-generale dell’esercito, e il suo vice Yussuf Kalla, ex-uomo d’affari, hanno compreso che il conflitto non aveva una soluzione militare e che le massicce operazioni sul campo avevano costi troppo alti. Da parte loro, i leader del Gam (i ribelli del Movimento per Aceh libera, ndr) hanno compreso che il futuro per Aceh non è nell’indipendenza politica ma nell’integrazione in un nuovo panorama regionale asiatico in pieno sviluppo economico”. Rinunciando definitivamente alle rivendicazioni secessioniste, infatti, i ribelli hanno avuto in cambio dal parlamento locale di Aceh significative autonomie decisionali sulla gestione dei locali giacimenti di gas naturale e petrolio che sono notoriamente tra i più importanti dell’Indonesia. Inoltre il Gam ha ottenuto negli accordi di pace siglati ad agosto in Finlandia quello che gli era stato sempre negato in passato cioè la concessione a diventare il primo partito politico indonesiano a connotazione regionale. “Credo che in pochi si siano ancora veramente resi conto di quali importanti conseguenze ciò avrà sulla politica interna indonesiana” afferma Liem. La Costituzione, infatti, prevede l’esistenza solo di partiti politici nazionali temendo che forze politiche locali rafforzino le tendenze secessioniste presenti in più parti del vasto arcipelago indonesiano. “Sono ottimista; credo che l’esempio di Aceh abbia rotto un tabù e possa alla fine dimostrarsi utile per risolvere altre tensioni, come in Papua o nelle Molucche” continua l’interlocutore da Giakarta. Questi elementi, dunque, sembrano puntellare il processo di pace ad Aceh, che ha anche la caratteristica di essere portato avanti senza la presenza di ‘caschi blu’ a monitorare le operazioni di disarmo e ritiro delle forze governative o di rispetto del cessate-il-fuoco. Nei giorni scorsi l’esercito indonesiano ha completato la smobilitazione, mentre il Gam dopo aver consegnato le armi, come pattuito, ha ufficialmente dissolto il suo braccio armato. Ora, in quella che si definisce ‘la seconda fase’, è stata creata la ‘Commissione di transizione per Aceh’ guidata dall’ex capo della ribellione Musakir Manaf con il compito di reintegrare gli ex-ribelli e prigionieri politici, stimati in 5.000, negli accordi di Helsinki. “Il numero reale degli ex-combattenti o attivisti da reintegrare è certamente il doppio di quello ufficialmente stabilito – afferma Muslahuddin Daud – e di questo il governo è consapevole. Si sta pensando a realizzare dei programmi più ampi destinati a tutti quelli coinvolti nel conflitto. Per il reinserimento sociale, che comprende la concessione di terre, case e strumenti di lavoro, il governo ha già speso 200 milioni di rupie (17 milioni di euro) e altri 600 milioni per il 2006, ma certo questo non esaurisce le esigenze della ricostruzione post conflitto. Ci sono infatti interi distretti montani, dove si è concentrata la guerriglia, che sebbene siano scampati allo tsunami sono ugualmente devastati”. Intanto il parlamento di Aceh sta mettendo a punto la proposta di legge con cui sarà trasformato il Gam in partito politico e si aprirà il processo per indire le elezioni locali in agenda per il 26 aprile prossimo. Secondo i termini dell’accordo, la nuova legge deve essere approvata entro il 15 marzo dal parlamento di Giakarta, che ha facoltà di apporre emendamenti. L’unico rischio è che il partito di opposizione dell’ex-presidente Megawati Sukarnoputri faccia ostruzionismo, ma sia il partito di governo Golkar sia quello del presidente Yudhoyono sembrano decisi a rispettare gli accordi. “Hanno gli occhi dell’Unione Europea e dei donor internazionali puntati addosso” – sottolinea Daud. E conclude: “Superata questa incertezza, anche il resto del processo di pacificazione procederà spedito. Dopo tutto ci sono quasi 150 organizzazioni umanitarie sul campo e non ci sono ‘osservatori di pace’ migliori”. (intervista di Barbara Fabiani)
INDONESIA- Le elezioni nella provincia di Aceh si potrebbero svolgere a maggio o giugno prossimi: lo ha detto il vicepresidente Jussuf Kalla indicando per la prima volta una possibile scadenza per il cruciale appuntamento. Kalla ha aggiunto che prima si attende la decisione del Parlamento su una legge che trasformerà l’ex movimento guerrigliero ‘Gam’ in partito. La conversione in partito del ‘Gam’ era prevista dall’accordo di pace.
INDONESIA 31/3/2006 21.12
ACEH: SCADE TERMINE PER LEGGE SU AUTONOMIA, MA LA PACE VA AVANTI
L’attesa legge sulla semi-autonomia della provincia di Aceh, necessaria per completare il processo di pace, non è ancora passata al vaglio del parlamento che avrebbe dovuto approvarla entro oggi come termine ultimo degli accordi, tra Jakarta e gli ex ribelli secessionisti, firmati lo scorso agosto dopo trent’anni di conflitto. In apertura di giornata il presidente del parlamento di Jakarta, Hidayat Nur Wahid, ha rinnovato il suo appello ai deputati indonesiani per promulgare “senza ulteriore ritardo la legge sul governo di Aceh che tanta ha importanza per la pace e la prosperità degli acehnesi”. Malgrado il palese ritardo delle istituzioni indonesiane, gli ex ribelli hanno detto di non ritenerlo una violazione degli accordi di pace e hanno dimostrato un atteggiamento propositivo: “Ci sono ancora molte questioni che devono essere discusse e non è ragionevole che si riesca a finire tutto entro oggi”, ha detto all’agenzia ‘Afp’ il portavoce del Movimento per Aceh Libera (Gam). La stampa locale, che segue attentamente l’iter parlamentare, ha più volte segnalato le forti resistenze di una parte dei deputati alla normativa che, oltre a concedere una maggiore autonomia alla provincia – incluso un maggior controllo sulle locali risorse energetiche - dovrebbe riconoscere il diritto del Gam (da pochi giorni trasformatasi ufficialmente in formazione politica con il nome di ‘Partito del popolo achenese’) a partecipare ad elezioni locali. Il nucleo dell’accordo di pace prevede la rinuncia dei ribelli alle rivendicazioni secessioniste in cambio di elezioni locali e della possibilità di parteciparvi malgrado la costituzione indonesiana di fatto non autorizzi l’esistenza di partiti regionali. “Abbiamo detto e ripetuto che non c’era modo di completare la discussione sul disegno di legge entro il 31 marzo”, ha detto alla stampa il presidente della commissione parlamentare incaricata, Ferry Mursyidan Baldan. “Questo però non comprometterà il processo di pace. La legge resta una priorità e stiamo facendo del nostro meglio” ha aggiunto.
INDONESIA – Il Movimento per Aceh libera (Gam), che dal 1976 si batte per l'indipendenza della provincia settentrionale indonesiana, ha dichiarato formalmente di avere fondato un nuovo partito politico e scelto due candidati indipendenti per le elezioni dirette del governatore e del vice-governatore nella provincia di Aceh.
INDONESIA – Attivisti dei diritti umani e militanti del Movimento indipendentista per Aceh Libera (Gam) hanno protestato contro la proposta di legge sul regime di autonomia della provincia settentrionale che domani verrà presentata alla Camera dei deputati.
majin mixxi
10-07-2006, 22:47
INDONESIA – Il Movimento per Aceh libera (Gam), che dal 1976 si batte per l'indipendenza della provincia settentrionale indonesiana, ha dichiarato formalmente di avere fondato un nuovo partito politico e scelto due candidati indipendenti per le elezioni dirette del governatore e del vice-governatore nella provincia di Aceh.
ah bene...
INDONESIA 12/7/2006 6.45
ACEH, APPROVATA LEGGE SULL’AUTONOMIA
Il Parlamento ha approvato la legge che concede un regime di semi-autonomia e un maggiore controllo delle proprie risorse petrolifere e naturali alla provincia settentrionale di Aceh, sull’isola di Sumatra, in vista delle elezioni provinciali attese per settembre. Il governo locale usufruirà del 70% dei proventi dello sfruttamento delle sue risorse naturali, mentre gli abitanti della provincia potranno formare propri partiti – diritto negato nel resto dell’Indonesia per scoraggiare velleità separatiste. Secondo attivisti dei diritti umani ed ex-militanti del Movimento indipendentista per Aceh Libera (Gam), la legge tuttavia concede una forma di autogoverno più blanda rispetto a quella che era stata promessa nell’accordo di pace siglato lo scorso agosto. “Vi sono molte questioni che hanno bisogno di essere risolte. Potrebbero creare problemi in futuro” ha detto Irwandi Yusuf, un portavoce dell’ex-Gam che ieri ha minacciato di presentare ricorso alla Missione di monitoraggio dell’Aceh (Anm) sul rispetto dell’intesa guidata dall’Unione europea.
Oltre alla spartizione delle risorse – ha spiegato Yusef – tra gli articoli da rivedere vi sarebbero quelli che lasciano un’autorità piuttosto ampia al governo centrale e quelli molto vaghi sul ruolo dell’esercito. L’Anm – si legge in un comunicato diffuso subito dopo il voto – sta studiando il contenuto della legge e si consulterà con le parti. Il mandato dei circa 100 osservatori che al momento lavorano nell’isola di Sumatra scadrà a settembre. Gli sforzi di porre fine ai 29 anni di conflitto civile che hanno causato la morte di circa 15.000 persone, perlopiù civili, si sono accelerati dopo lo tsunami del dicembre 2004, che ha ucciso 168.000 abitanti della provincia e distrutto le abitazioni di oltre mezzo milione di residenti. All’accordo si è giunti nell’agosto 2005: i ribelli hanno deposto tutte le loro 840 armi, mentre il governo ha ritirato circa la metà dei suoi 50.000 soldati dispiegati nella provincia.
13 Luglio 2006
INDONESIA
La legge sull’autonomia di Aceh piace agli osservatori di pace, non agli ex-ribelli
La normativa, che segue l’accordo di pace di Helsinki, è passata al parlamento indonesiano, ma non trova il consenso di popolazione ed ex ribelli: “Non chiaro il ruolo dell’esercito, troppo potere al governo centrale”.
Jakarta (Agenzie) – La legge sulla autonomia della provincia indonesiana di Aceh, passata al Parlamento indonesiano, ma contestata da gran parte della popolazione, ha trovato l’appoggio degli osservatori di pace stranieri, il cui capo la ritiene in linea con gli accordi del 2005.
Il 10 luglio, dopo mesi di intenso dibattito, Jakarta ha approvato la legge che concede l’autonomia ad Aceh. Il provvedimento rientra nella pace siglata il 15 agosto dell’anno scorso ad Helsinki tra governo centrale ed ex ribelli separatisti del Gam (Gerakan Aceh Merdeka, Movimento per Aceh libera) e che ha messo fine a 30 anni di conflitto.
La legge, però, disattende le aspettative della popolazione e di alcuni rappresentanti del Gam, che la ritengono “troppo a favore” del governo centrale, poco chiara sul ruolo dell’esercito e irrispettosa degli accordi di Helsinki. Membri del gruppo avevano in questi giorni annunciato l’intenzione di presentare ricorso alla Missione di monitoraggio di pace (Amn). Ma oggi il capo della Amn, Pieter Feith, ha espresso il suo appoggio alla legge, spiegando che questa “non deve necessariamente riflettere ogni parola del trattato di pace” e che in essa sono contenuti la maggior parte dei principi su cui ci si è accordati ad Helsinki.
Le disposizioni passate questa settimana prevedono che: il governo centrale fissi modalità e tempi per l'entrata in vigore dell’accordo; il 70% delle entrate dallo sfruttamento delle risorse naturali vada agli acehnesi, mentre la gestione dei giacimenti di petrolio e gas naturale sarà 'congiunta' e non totalmente nelle mani del governo provinciale, come chiesto dalle autorità locali; sarà potenziata l’applicazione delle sharia con la formazione di tribunali islamici.
Gli acehnesi chiedevano anche la costituzione di una commissione per giudicare i responsabili delle operazioni militari che hanno provocato migliaia di morti nel conflitto. La nuova norma, invece, stabilisce la formazione di un tribunale che ha facoltà di trattare solo i casi avvenuti dopo l’entrata in vigore della legge.
7 Agosto 2006
INDONESIA
Ex ribelli di Aceh “disoccupati” si danno al traffico illegale di legname
Gli ex separatisti si guadagnano da vivere disboscando quella che è ritenuta la terza foresta tropicale più grande del mondo. La domanda di legname aumenta grazie ai progetti di ricostruzione post tsunami.
Lam Kabeue (Jp) - La pace nella provincia indonesiana di Aceh ha fatto deporre le armi ai ribelli, ma ha dato il via al disboscamento della terza foresta tropicale più grande del mondo. Con la fine delle ostilità tra i separatisti del Gam (Movimento per Aceh libera) e il governo, le foreste vergini sono divenute accessibili a tutti e vengono sfruttate per il traffico illegale di legname. Del materiale, inoltre, c’è una richiesta insaziabile date le ingenti opere di ricostruzione previste nella zona, dopo lo tsunami del 2004, che qui ha distrutto circa 130 mila abitazioni.
“Tutti si stanno buttando nel business del taglio di legname”, racconta Taydin, 25 anni ed ex ribelle. Dopo la ratifica della pace un anno fa, i ribelli si sono trovati “disoccupati” e in disperato bisogno di denaro. Si sono così riuniti in gruppi di lavoro e iniziato ad abbattere la secolare vegetazione. Il giovane ammette di non avere il permesso per il taglio degli alberi, ma corrompendo la polizia riesce a trasportarlo fino alla capitale della provincia, Banda Aceh. “La gente non ha lavoro - spiega - e vendere legname è un buon modo per guadagnare”.
Le riserve forestali dell’Indonesia sono le più grandi dopo l’Amazzonia e quelle del bacino del Congo. Negli ultimi 50 anni, però, i contrabbandieri di legname ne hanno distrutto circa il 40%. Secondo il WWF, se il tasso di deforestazione rimane lo stesso, gli alberi delle pianure di Sumatra e della vicina isola di Kalimantan scompariranno entro il 2010. Ieri il ministro indonesiano delle Foreste, M.S. Kaban, ha reso noto che la deforestazione nel Paese è così grave che ci vorranno almeno 120 anni per recuperarne i 60 milioni di ettari persi finora.
Ad Aceh il disboscamento a fini commerciali è illegale dal 2001; molti si sono diretti in altre zone del Paese in cerca di legname da costruzione, ma il WWF fa notare che circa il 70% del legno indonesiano è protetto. Per non ricorrere ai contrabbandieri di legname molte agenzie impegnate negli aiuti post-tsunami hanno dovuto rivedere i progetti delle abitazioni, utilizzando meno legno oppure ritardare l’edificazione per cercare materiale legale.
Former rebel says Aceh peace is here to stay
BANDA ACEH, (Today Reuters Sun Aug 13, 2006 8:58am ET) - Peace in Indonesia's once-volatile Aceh province has united its war-weary people and is here to stay, a former rebel who will run in the region's landmark polls said on Sunday.
The separatist Free Aceh Movement (GAM) and Indonesia's government signed a peace deal almost a year ago on August 15, 2005 after months of negotiations spurred by the December 2004 tsunami that left around 170,000 Acehnese dead or missing.
The truce, signed in Helsinki under Finnish mediation, was aimed at ending a conflict that killed around 15,000 people, mostly civilians, from 1976 to late 2004.
"I am confident that this is it. The Aceh people want peace and now we have it. Only with peace we can achieve everything else that we want," Hasbi Abdullah, who spent 14 years in jail for activities linked to GAM, told Reuters in an interview.
"Aceh people see this peace as the last way out. We have no other option. If anyone enters Aceh to mess things up, he will become our common enemy."
Aceh will hold its first direct gubernatorial vote in December and college lecturer Abdullah will run for deputy governor as an independent candidate backed by the United Development Party (PPP), a leading Islamic party that is strong in Aceh.
In line with the Helsinki talks, Indonesia has passed a new bill that allows the establishment of local political parties in Aceh, contradicting national electoral laws that require parties to have branches in more than half of Indonesia's 33 provinces.
But local parties can start functioning only next year after practical guidelines have been laid out.
In the absence of local parties, the new bill allows GAM to field its representatives in the coming Aceh polls as independent candidates.
"Some in GAM want to go all out at once and seek the governorship. But I say if we do that and we fail, it will be embarrassing and our hard work will fall to pieces," said Abdullah.
Asked whether any GAM-made local party may include the idea of separating Aceh from Indonesia in its manifesto, Abdullah said: "No."
"The idea has a few supporters, but it is not popular any more. We have to be realistic and deal with what we have now."
JAKARTA (Reuters Aug 14, 2006) - Indonesia needs to ensure that a hard-won peace in Aceh province becomes permanent, President Susilo Bambang Yudhoyono said on Monday, ahead of the anniversary of a deal to end three decades of conflict.
The separatist Free Aceh Movement (GAM) and the Indonesian government signed a pact in Helsinki on August 15, 2005, aimed at ending a war in which 15,000 people died and giving Acehnese greater power over their own affairs.
"We must consolidate this peace and bring it to a point of no return," Yudhoyono told a conference on Aceh in the capital.
"To be successful, that permanent peace will have to be built on human security, political reconciliation, economic reconstruction and social unity," he added.
Last month, Indonesia's parliament passed a landmark law that paved the way for direct elections of executives in the province on Sumatra island's northern tip.
GAM officials have welcomed the new law but said that some of its provisions must be amended because they were not in line with the peace agreement.
A message from U.N. Secretary General Kofi Annan relayed to the conference by an official called for successful elections.
"It would be tragic if after coming so far, any party in Aceh resorted to violence," the message said.
An Indonesian minister previously said the first direct elections could take place by December 10.
In the coastal village of Lam Badeuk in Aceh a group of locals at a coffee shop spoke of the changes peace has brought.
"Shootings from both sides often occurred here especially from up there," said Zailani, a carpenter, pointing to the hills where GAM guerrillas often hid to ambush Indonesian soldiers.
"We have not heard any gunshots for a quite a long time," he added.
TSUNAMI SPURRED ACCORD
Last year's Helsinki-signed truce followed months of talks between the two sides, spurred by the December 26, 2004 Indian Ocean tsunami that left around 170,000 people killed or missing in Aceh.
INDONESIA
[MISNA] In diecimila hanno protestato ieri davanti alla moschea di Banda Aceh in occasione del primo anniversario dell’accordo di pace che ha interrotto quasi tre decenni di guerriglia separatista. I dimostranti, in parte lì radunati dall’ex gruppo ribelle del ‘Gam’, si sono detti delusi da una recente legge del parlamento di Giakarta che verrebbe meno a parte degli accordi di pace. Gli ex ribelli hanno escluso un immediato ritorno alle armi, ma chiedono emendamenti alla legge.
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