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View Full Version : Unione europea, troppe incertezze sull’allargamento


Adric
28-10-2005, 07:43
IL VICEPRESIDENTE DELLA BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO, FABRIZIO SACCOMANNI: “CI FERMIAMO ALLA TURCHIA”

Unione europea, troppe incertezze sull’allargamento
18/10/2005

L’Europa deve dare un segnale preciso sui limiti del suo allargamento. E quel segnale dovrebbe essere: “per ora ci fermiamo alla Turchia”. Le ragioni di un tale passo, secondo Fabrizio Saccomanni, vicepresidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers), sono diverse e tutte importanti. Dare una risposta al crescente disorientamento dell’opinione pubblica continentale e ai malumori emersi con chiarezza con la bocciatura da parte di Francia e Olanda nei referendum sulla Costituzione europea. Ma anche, spiega in un’intervista ad Apcom, ripristinare quel parallelismo tra allargamento e rafforzamento delle istituzioni che caratterizza la storia dell’Unione sin dalle sue origini. E dare finalmente al Vecchio Continente una politica estera che restituisca certezze anche a Paesi confinanti con l’Ue che, anche se non entreranno nel “club”, potrebbero avvantaggiarsi di una “politica di vicinato” per la quale anche la Bers può costituire uno strumento economico importante, e in alcuni casi, già operativo. Saccomanni, che per molti anni ha lavorato alla Banca d’Italia come responsabile dei rapporti internazionali, non nasconde la sua preoccupazione per un processo di allargamento che, così come è configurato oggi, si presta a troppi equivoci e incertezze. E si mostra critico verso atteggiamenti, come quello del Regno Unito, di apertura verso allargamenti “a oltranza” dell’Unione che potrebbero celare la volontà di annacquare, definitivamente, il progetto di un’Europa forte e coesa a favore di una Bruxelles stile-Nazioni Unite. Ma segnala allo stesso tempo i vantaggi che un ingresso della Turchia darebbe nella chiave di un rafforzamento, non solo economico, dell'Unione. Ma perché la Bers è preoccupata per l’allargamento a oltranza dell’Europa? “In Europa - dice Saccomanni -l’allargamento c’è stato fin dall’inizio, con l’inclusione prima dell’Inghilterra e poi della Spagna. A quei tempi, tuttavia, c’era un parallelismo tra allargamento e approfondimento che funzionava con la creazione di strutture adeguate. A un certo punto il parallelismo si è rotto e si è andati avanti solo con l’allargamento. Si è creata nell’opinione pubblica la percezione che l’Europa sia una creazione senza un fine. Quando la gente si pone il problema su quali sono i confini dell’Europa tutti trovano molte giustificazioni per sostenere che è difficile dirlo: non sono geografici, non sono religiosi, non sono culturali. Poi - sottolinea il vicepresidente della Bers - leggiamo i giornali internazionali come il Financial Times che dice che bisogna assolutamente portare dentro l’Ucraina, la Bielorussia. Adesso facciamo entrare la Turchia e subito sorge il problema su quali sono i Paesi di confine. C’è la Georgia ma c’è anche l’Armenia. E ci sono anche l’Iraq e l’Iran”. E allora, ci si chiede, quale potrebbe essere un criterio condivisibile per fissare i “paletti” del territorio dell’Unione? “Non c’è un criterio - afferma Saccomanni -. Va fatta una scelta. E bisogna avere il coraggio di dire che gli impegni che l’Europa ha già assunto sono più che sufficienti. Nessuno pretende di dire mai per l’eternità. Ma per il periodo in cui l’Europa deve smettere di allargarsi e ripensare al rafforzamento istituzionale - se non con la Costituzione in qualche altro modo - non si può essere in ritardo. Secondo me dovrebbe dire che ci fermiamo alla Turchia. Teniamo dentro i Balcani, certamente la Romania e la Bulgaria. Sulla Turchia ci sarà comunque una serie di referendum. Ma non bisogna dare illusioni a Paesi del Mediterraneo, del Medio Oriente e all’Afghanistan che basta accettare un certo tipo di regole democratiche e cose di questo genere per essere necessariamente ammessi, perché questo appesantisce enormemente il lavoro dell’Unione Europea”. Un’indeterminatezza dunque che indebolisce dunque l’Europa. “Secondo me Bruxelles deve smettere di avere una politica concettuale e si deve dare una politica estera. Tutti i Paesi hanno una politica nei confronti dei loro vicini. Non si capisce perché l’Europa debba essere l’unica che ha o l’inglobamento oppure l’ostilità: è una estremizzazione francamente improduttiva. Nessuno - puntualizza Saccomanni - pretende di tornare indietro. Ma, prendiamo il libro dello scrittore Mark Leonard (intitolato “Perché l’Europa guiderà il XXI secolo”, ndr). Lui parla di un’Europa a 50 e dice che sarebbe una meraviglia. Ma come tutti gli inglesi che si dicono europeisti, ignora completamente il problema istituzionale. Fanno solo il grande affresco geopolitico: l’Europa che porta avanti il suo grande disegno d'integrazione. Fanno benissimo. Solo che questo messaggio d’integrazione pacifica, fatto attraverso lo strumento della democrazia, è un messaggio che non si sostiene da solo, ha bisogno d'istituzioni. Anche Blair sostiene che ‘l’Europa non deve essere un mercato comune ma un’unione politica’. Ma lui cosa fa per raggiungere tale obiettivo? Assolutamente nulla. È dunque legittimo il sospetto che l’idea sia quella di allargare sempre di più e di far diventare l’Europa una specie di Nazioni Unite all’acqua di rose. Molti parlano della necessità di comunicare meglio, parlare meglio ai cittadini su che cosa si fa. Secondo me tra le cose da spiegare meglio ai cittadini c’è proprio una risposta su dove va l’Europa. Si possono spiegare certamente i Balcani, la Romania, la Bulgaria. Si può spiegare al limite anche la Turchia, anche se obiettivamente è un caso più difficile ma che darebbe, secondo me, dei vantaggi enormi dal punto di vista della sicurezza con un segnale di apertura generale. Ma quello che non può esserci sono domande come: allora perché la Turchia sì e non il Marocco, la Tunisia o l’Egitto?”. Ma integrazione avvenuta con Balcani e Turchia si può prevedere quale sarà l'evoluzione economica di questa zona? “Dal punto di vista economico non ci sono controindicazioni. E secondo me il problema dell’immigrazione è stato sopravvalutato. A parte il fatto che gli immigrati si muovono comunque, e quelli di cui abbiamo ‘paura’ non vengono da Paesi candidati all’Unione Europea. Sono quelli che arrivano a Lampedusa da altri Paesi. Certamente ci sarà un ampliamento del mercato, una ricchezza maggiore dal punto di vista degli scambi commerciali e c’è l’associazione ad aree che hanno un potenziale di crescita maggiore del nostro. Vedo tuttavia - insiste Saccomanni - problemi su di un altro versante. Mi sembra che oggi in Europa ci sia la tesi di dire: oggi c’è un momento di crisi che coincide con una recessione economica e allora aspettiamo che la situazione economica migliori e per il momento di Costituzione non ne parliamo, parliamo un po’ più di crescita, di occupazione, semmai al massimo un po’ più di Lisbona. E naturalmente la gente nota che tutto sommato la decisione di dare l’ok alla Turchia e alla Croazia è andata avanti lo stesso. Non è che ci sono state manifestazioni di piazza. È quella che io chiamo la ‘strategia della tartaruga’: in un momento di shock ci tiriamo le zampe e la testa dentro e se c’è un po’ di crescita economica i problemi si attenuano. Ho paura che un ragionamento di questo tipo possa non bastare e che ci voglia, soprattutto nei confronti dell’opinione pubblica, un segnale di avere recepito certi malumori senza compromettere il processo. Ma riprendendo quella che secondo me è la necessaria interazione tra allargamento e rafforzamento istituzionale, se non con la Costituzione in altri modi. Ci sono per esempio tante idee di togliere dalla Costituzione tutte le parti non costituzionali ma di gestione più efficiente degli organismi comunitari”. E in questo senso l’attività della Bers ha dei margini di autonomia sulle aree di prossimo sviluppo dell’Unione? “La nostra area di operazione - afferma Saccomanni - sono le economie di transizione dei Paesi ex comunisti, e questa per ora non cambia. Certamente la Bers può aiutare i Paesi vicini l’Europa a rafforzarsi. Non a caso siamo in Paesi come l’Ucraina, la Georgia, la Moldova. La Bers svolge una funzione che sarebbe complementare a una politica di vicinato che va resa più attraente e più ricca di cose. Noto che fintanto che alcuni Paesi hanno l’opzione della piena adesione non sono chiaramente interessati alla politica del vicinato. Mi rendo conto che sono cose abbastanza difficili sul piano politico. Temo tuttavia che ci sia un problema di non comprensione da parte delle popolazioni di una politica che va inevitabilmente verso un continuo allargamento”.
(L'Avanti)