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View Full Version : Argentina al voto, è sempre peronismo


Adric
24-10-2005, 00:08
Domenica 23 Ottobre 2005

Argentina, è sempre peronismo

Si vota: riflettori puntati su Baires con la “sfida delle mogli”

di ROBERTO ROMAGNOLI

ROMA Oltre sei milioni di poveri e quasi 17 milioni di indigenti su una popolazione di 38 milioni di abitanti. Un’economia in forte crescita da tre anni, ma dopo un decennio in caduta libera, in un paese immenso ma troppo poco popolato per risultare interessante per le imprese straniere. E una “peronismomania” che a ogni tornata elettorale si ripresenta puntuale dando il chiaro segnale che il vero rinnovamento è ancora lontano. Chi non si ricorda, appena tre anni fa, tutta l’Argentina in piazza per gridare «se ne vadano tutti a casa» (i soliti politici)? Come risposta oggi, tra gli aspiranti senatori nelle elezioni di medio termine per il rinnovo parziale di Camera e Senato, ci sarà anche un certo Carlos Menem che non è un omonimo del presidente dei rampanti e disastrosi anni Novanta.
Ma la candidatura dell’ex presidente passa in secondo piano davanti al grande duello per un seggio al Senato nella provincia di Buenos Aires (11 milioni di elettori) tra la moglie del presidente Kirchner, Cristina Fernandez, e Hilda “Chiche” Gonzalez de Duhalde, moglie dell’ex presidente Eduardo Duhalde. Duello tutto peronista tra chi, i Kirchner, vogliono definitivamente mettere le mani sulla provincia di Baires e i Duhalde che finora la provincia l’hanno dominata. I sondaggi non danno scampo alla Duhalde; la signora Kirchner la sovrasta di almeno venti punti percentuali.
E allora dove sta il grande duello? Tutta la battaglia è finalizzata al controllo del Partito giustizialista (peronista) che, storicamente non è mai stato monocorrente. Tutto sembra volutamente organizzato per distrarre l’attenzione nazionale con le sfide interne ai peronisti, quasi si volesse offrire all’elettorato una possibilità di alternativa che alla fine non esiste.
L’Argentina ancora una volta si ritrova invischiata nella ragnatela del passato. La divisione è solo apparente e non impedirà che i peronisti facciano man bassa di seggi, ma - sostengono gli osservatori - rischia di compromettere le risposte concrete di cui il Paese ha bisogno. Scioperi, conflitti sociali, inflazione, incremento delle tariffe sono “bombe” pronte a esplodere. Per tentare di tenere le acque calme in vista delle elezioni di oggi, il presidente Kirchner ha aperto le porte della lista del suo partito “Fronte per la vittoria” a molti dirigenti della Confederazione generale del lavoro (Cgt), la più forte organizzazione sindacale argentina e, guarda caso, spina dorsale del Partito giustizialista. Basterà per controllare la piazza anche dopo il voto?
La ripresa economica, dopo che il Paese era precipitato nel baratro della bancarotta, ancora non basta, dicono le analisi più accreditate. Il debito pubblico è stato affrontato, ma il livello di indebitamento è ancora pesante. La costruzione di una struttura economica robusta sembra ancora lontana e ancora una volta il Paese appare credere nell’ennesima ripresa fittizia, prologo di una nuova caduta. Ma i peronisti sembrano non curarsene. Il populismo sparso a piene mani dai candidati è, secondo i critici, uno schiaffo alle difficoltà degli argentini.
Così come appaiono schiaffi le parole dell’ex presidente Carlos Menem (partito giustizialista) che corre, con buone possibilità di ottenerlo, per un seggio al Senato con l’intenzione di lanciare subito dopo la sua candidatura per le presidenziali del 2007. Ha detto Menem: «Bisogna smetterla con i facinorosi», cioè con i peronisti che stanno governando l’Argentina. E dietro di lui una schiera infinita di “sempre ritornano”. Ancora una volta peronisti, impegnati, tutti contro tutti, a tessere una ragnatela sempre più grande e a condannare l’Argentina sempre e soltanto al destino di una povera mosca.

(Il Messaggero)

Adric
26-10-2005, 15:52
Martedì 25 Ottobre 2005

Il partito del presidente fallisce però l’obiettivo di conquistare la maggioranza al Senato

L’Argentina crede in Kirchner

La moglie trionfa nella provincia di Baires. Duhalde al tappeto

di ROBERTO ROMAGNOLI

ROMA - Il “Fronte per la vittoria” del presidente Kirchner ha fatto il pieno, ma non abbastanza per poter navigare in solitaria alla Camera bassa, nelle elezioni di domenica scorsa in cui gli argentini hanno rinnovato parte dei senatori e dei deputati. Un successo che mette all’angolo i colleghi peronisti del Partito giustizialista di Eduardo Duhalde e che spianano la strada al secondo mandato (si voterà nel 2007) alla Casa Rosada per Nestor Kirchner con al fianco una Cristina primera dama corazzata dallo straordinario successo ottenuto contro la signora Duhalde nella corsa a un seggio al Senato per la provincia di Baires: 46% di suffragi contro il 19,8.
Trionfo del kirchnerismo quindi, con 7 province su 8 al Senato, e caduta del duhaldismo trafitto non solo nel duello femminile Cristina-Chiche ma anche in quello nella provincia di Santa Fe dove il Partito giustizialista non perdeva dal 1983. Qui a spuntarla è stato il capo del “Fronte progressista” (sinistra) Hermes Binner della dall. Ma a parte questo cosa hanno detto le elezioni di metà mandato? Che l’immensa Buenos Aires ha virato a destra consegnando 6 seggi su 13 a “Proposta repubblicana” guidata da Mauricio Macri. Che l’ex presidente Carlos Menem può archiviare la pratica per la ricandidatura alla presidenza. Menem avrà sì un seggio al Senato ma nel suo feudo de La Rioja è stato superato di 13 punti dal governatore kirchneriano, Angel Maza.
«Per l’Argentina comincia una tappa di rinnovo e di ricambio dirigenziale». Queste le prima parole con cui Cristina Kirchner ha commentato il risultato del voto aggiungendo che non mi siederò in Senato «per me stessa ma per rappresentare un progetto che oggi governa la Repubblica argentina e che è basato sul lavoro, la produzione, il consumo e l’esportazione». «Il progetto - ha concluso la neosenatrice baerense - mira a riconvertire quella che fu la grande tragedia nazionale che ha toccato tutti gli argentini. Per questo sappiamo che nella ricostruzione della patria nessun argentino potrà restarne fuori».
Per ora in Argentina restano fuori anche da una partecipazione dignitosa alla vita oltre 6 milioni di persone povere, lontane anni luce dal reddito procapite che nei grafici del Fondo monetario internazionale viene indicato superiore ai diecimila dollari. E altre 17 milioni si alzano tutti i giorni con il timore che anche un piccolo vento di crisi potrebbe sembrare un uragano. Per ora si aggrappano con fiducia ai tre anni di crescita-boom. Ma i numeri che testimoniano questa crescita non dicono delle difficoltà che l’Argentina incontra nell’attrarre investimenti. E la recente crisi con la società franco-belga Suez a cui il governo argentino ha deciso di togliere la direzione dell’azienda idrica “Aguas argentinas” ha accentuato la paura per il timore di un eccesso di ingerenza negli affari da parte del governo. Mentre dentro casa da più parti si fa rilevare che il centralismo avanza a scapito del federalismo. Questo perché Kirchner avrebbe accentrato sempre di più, giorno dopo giorno, la gestione dei fondi federali. Con il risultato di un eccessivo controllo politico sul flusso dei fondi. Domenica le elezioni gli hanno dato ragione: il kirchnerismo sembra cosa fatta, per la ricostruzione si vedrà.
(Il Messaggero)