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View Full Version : distributori americani: «Italia, impara dai francesi»


Adric
18-10-2005, 02:45
Lunedì 17 Ottobre 2005

“Washington Festival”: applausi per “Private” ma il nostro cinema è out per il mercato Usa

«Italia, impara dai francesi»

I distributori americani: non programmate e siete troppo divisi

dal nostro inviato
GLORIA SATTA

WASHINGTON - Private non andrà all’Oscar, ma il pubblico americano lo ha accolto trionfalmente. La proiezione del film di Saverio Costanzo, titolo forte scelto per chiudere la rassegna “Washington, Italia”, è stata presa d’assalto. Una lunga coda si è formata davanti al Loews Theatre di Georgetown, in tanti da giorni si erano prenotati il posto via e-mail e diversi spettatori sono rimasti fuori dalla sala gremita. Poco prima, applausi calorosi avevano accolto Cecenia, la pellicola di Leonardo Giuliano sul giornalista di Radio Radicale Antonio Russo, ucciso a Tblisi nel 2000 e interpretato da un superbo Gian Marco Tognazzi affiancato da Bruno Armando: e fa riflettere sullo stato del nostro cinema il fatto che il film, girato nel 2002, in Italia non sia stato distribuito, nemmeno nell’anno che ha visto drammaticamente protagonisti due reporter di guerra, Baldoni e Sgrena.
Tutto bene, negli Usa, per il cinema italiano dunque? Al di là del successo di pubblico registrato a Washington e in altre rassegne, il problema di fondo rimane: i nostri film non riescono a penetrare su un mercato ostinatamente impermeabile al cinema straniero. Pochi sono i titoli distribuiti ogni anno nelle sale, anche se poi il pubblico americano, specialmente quando è incoraggiato da recensioni positive, non manca di andarli a vedere. Come risolvere il problema? «Gli italiani dovrebbero seguire l’esempio dei francesi che, anziché disperdere gli sforzi in trattative individuali, si affidano in blocco a una sola distribuzione e piazzano i loro film nelle sale Usa», rispondono John Lawrence Ré e Larry Jackson, titolari della ”Northern Arts Entertainment” che ha messo in circolazione negli Stati Uniti Il cuore altrove e Non ti muovere, e intraprende ora la campagna per far avere la nomination come migliore attrice a Penelope Cruz.
I due distributori raccontano di essersi offerti a più riprese come «ambasciatori» del cinema italiano in America. Ma con scarsi risultati. «Io stesso sono andato tre volte a Roma a mie spese, ho incontrato questo e quello e ho ottenuto solo risposte evasive: vedremo, faremo...», dice Ré. «Il cinema italiano è troppo frazionato, non si identifica in un’organizzazione monolitica come l’Unifrance. E’ inoltre soggetto alla politica che spesso determina avvicendamenti nelle cariche, quindi instabilità... Per far penetrare i vostri film nei gusti degli spettatori americani c’è invece bisogno di un piano quadriennale che preveda la distribuzione di almeno quattro titoli all’anno, uno per stagione. E noi con chi dovremmo elaborare questo programma? Non si è capito. Le rassegne non bastano. Perché il pubblico di qui vada a vedere un film straniero, deve leggere le critiche e pagare il biglietto».
Intanto, nel cinema made in Italy prostrato dai tagli, c’è chi guarda avanti. Anna Falchi, madrina di “Washington, Italia”, proprio alla rassegna di Pascal Vicedomini (che ha proiettato Nessun messaggio in segreteria) annuncia i progetti della sua casa di produzione “A Movies”. Prima di tutto Vita morte e miracoli , l’ultimo film scritto da Sergio Citti: quattro episodi per altrettanti registi, già contattati D’Alatri, Martone e Ozpetek. L’attrice, che pensa poi alle coproduzioni, vola oggi a Los Angeles con il fratello-socio Sauro per cercare George Clooney, desideroso di lavorare con gli italiani. «Sono ottimista e molto motivata anche se il momento è difficile», spiega Anna, molto ammirata al ricevimento del nuovo ambasciatore italiano negli Usa, Castellaneta. «Riceviamo trenta copioni al giorno, siamo una società sana e vogliamo fare grandi cose». Viva l’entusiasmo.
(Il Messaggero)