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View Full Version : Wuer Kaixi: «Spero di poter tornare in una Cina libera»


Adric
17-10-2005, 01:10
Domenica 16 Ottobre 2005
Il reportage/
Un protagonista della rivolta del 1989 racconta le sue lotte, la fuga e l’esilio, prima in Occidente ed ora a Taiwan

«Spero di poter tornare in una Cina libera»

Wuer Kaixi, eroe di Tienanmen: a Pechino non c’è ancora libertà d’opinione e di stampa

dal nostro inviato
RICCARDO DE PALO

TAIPEI - «Le farfalle danzano dall’alba al tramonto, poi una luna ubriaca si svela tra le nubi notturne». Wuer Kaixi, l’eroe di Tienanmen, l’uomo che incitava col megafono gli studenti alla rivolta, legge la poesia di Huizong, ultimo imperatore della dinastia Song, incisa su una vetrata del ristorante. Cambiano i tempi, ma non la Storia, che si ripete uguale da secoli. «Nel Duecento questo sovrano che amava l’arte perse il controllo della Manciuria e venne catturato dai nemici. Suo figlio non cercò la vendetta, ma fondò un altro impero nel Sud della Cina. Allo stesso modo, pochi decenni fa, Chiang Kai Shek sconfitto da Mao lasciò la madrepatria per stabilirsi a Taiwan. Qui anch’io ho trovato il mio rifugio meridionale». L’esule sa che la sua breve “primavera di Pechino” è stata simile al destino della farfalla, burlata da una luna ubriaca.
Fuggito in maniera rocambolesca dalla Cina, riparato prima in Francia e poi negli Stati Uniti, Wuer Kaixi vive da nove anni a Taipei, dove grazie a Internet continua a tenersi in contatto con l’opposizione. Quello che ha fatto Yahoo , consegnare un dissidente al regime per non perdere quote di mercato in Cina, «è una vergogna», dice. E rappresenta la norma dei rapporti tra l’Occidente e il regime di Pechino. «E’ mai possibile che il presidente di Taiwan, che è stato regolarmente eletto e che guida un Paese democratico, non possa recarsi in Europa, mentre i leader comunisti vanno e vengono come vogliono? Si può anche non essere d’accordo con Chen Shui-bian, criticare il processo democratico tutt’ora in evoluzione, ma rifiutargli il visto è ridicolo». Significa essere ostaggi dei veti di Pechino. «Per fortuna – soggiunge Wuer – siamo riusciti ad aggirare la censura sempre più fitta imposta dalla Cina, comunicando con la controparte in modo segreto».
Wuer Kaixi nasce, significativamente, nel 1968, nello Xinjiang. Una provincia nordoccidentale il cui nome vuol dire “nuova frontiera”. Anche lui, come la maggior parte della popolazione di questa terra montagnosa percorsa dalla via della seta, è un uiguro, l’etnia turcofona da sempre foriera di tensioni con il governo centrale. Nel maggio del 1989, dopo la morte del leader riformista Hu Yaobang, gli studenti di Pechino scendono in piazza e chiedono una nuova rivoluzione. Wuer allora frequenta i corsi di amministrazione dell’educazione, presso l’Università nazionale della capitale. Da subito partecipa alle dimostrazioni dimostrando, con la sua eloquenza irruente, la stoffa del leader. «Feci lo sciopero della fame per costringere il regime ad accettare le nostre richieste – ricorda – ma ebbi problemi al cuore e mi portarono in ospedale». Il ricovero dura poco: Wuer scappa, ancora in pigiama, per partecipare a un incontro con il premier Li Peng. Il colloquio si rivela una farsa e il 4 giugno i carri armati entrano in piazza Tienanmen.
«Per i primi tre giorni – dice Wuer – rimasi a Pechino. Ma le voci che giravano erano terribili: non volevano solo arrestarmi, volevano uccidermi. Così decisi di scappare. Non pensavo ancora di riuscire a lasciare il Paese, di raggiungere l’Occidente. Volevo soltanto evitare di essere catturato dalle forze armate che facevano rispettare la legge marziale».
Wuer inizia un viaggio disperato verso il Sud. E nel suo vagabondare ha una sorpresa: «Tutti sapevano che ero la seconda persona più ricercata del Paese, tutti vedevano la tv e mi riconoscevano, ma nessuno, dico proprio nessuno, ne fece parola con la polizia. Anzi, qualcuno mi stringeva la mano di nascosto». Wuer decide di raggiungere un amico a Zhuhei, vicino alla frontiera con Hong Kong, per tentare il grande salto. Però il regime individua la sua presenza nella cittadina e scatena una gigantesca caccia all’uomo. Anche la Marina viene mobilitata per evitare una sua fuga verso la colonia britannica. Ma Wuer è fortunato: quelli che oggi sono “la Mafia di Hong Kong”, per l’equivalente di centomila euro vengono a prenderlo con un motoscafo veloce. La fuga riesce. E comincia l’esilio: prima Parigi, poi gli Stati Uniti, dove Wuer conosce una taiwanese che diventerà sua moglie, e dove nasce il suo primo figlio.
Nove anni fa, sospinto dalla nostalgia, Wuer si trasferisce a Taiwan. Senza mai cessare di sperare di tornare, un giorno, in una Cina libera dall’oppressione. «Victor Hugo aspettò 17 anni prima di poter tornare dall’esilio – dice – io vorrei non dover aspettare tanto». Ma i motivi di speranza non sono poi molti. «In Cina la situazione è peggiorata. Anche noi chiedevamo il riconoscimento della proprietà privata, che ora è stata concessa. C’è sviluppo economico, certo. Ma non c’è libertà di opinione, di stampa». E le pressioni internazionali sono praticamente cessate, da quando l’Occidente ha cominciato a investire in maniera massiccia in Cina. «Almeno, non dicano che tolgono le sanzioni per farli cambiare. Non lo dicano a me, che sono un sopravvissuto. Ammettano di farlo per i soldi. E punto».
(Il Messaggero)

Adric
17-10-2005, 23:46
Venerdì 14 Ottobre 2005

Taiwan, l’isola delle sfide e delle sorprese

E’ nemica di Pechino, l’Onu non la vuole, ma qui è nato il progressismo d’Oriente

dal nostro inviato
RICCARDO DE PALO

TAIPEI – L’isola che non c’è si trova oltre l’estremo oriente universalmente conosciuto (e riconosciuto diplomaticamente), in una sorta di limbo giuridico, a sud della base americana di Okinawa e a est di due ex colonie, Hong Kong e Macao. L’isola che non c’è si trova in un mare battuto dai tifoni, sorvegliato dai satelliti spia e minacciato dai missili da crociera. I portoghesi la trovarono così bella da chiamarla Ilha Formosa , imperatori cinesi e giapponesi ne invidiarono altrettanto i campi fertili e il tepore subtropicale. Taiwan (perché così si chiama secondo le cartine geografiche l’isola che non c’è) è un pezzo di terraferma ignorato persino da Google , che l’ha definita nelle sue mappe – scatenando le ire dei governanti di Taipei – una “provincia della Cina”.
Cos’è, dunque, l’isola che non c’è?
Oggi l’isola che (almeno ufficialmente) ancora non c’è è abitata da cinesi han che parlano mandarino; è uno stato dotato di un governo e di un’amministrazione autonoma; rivendicata dalla Cina che la ritiene di importanza strategica fondamentale, non siede più all’Onu per mancanza di sponsor (che perderebbero automaticamente ogni appoggio di Pechino), ma conta oltre 22 milioni di residenti e vanta una delle poche democrazie in discreta salute, in quel vasto spicchio di Asia che si getta nel Pacifico. A nove anni dalle prime elezioni presidenziali, può ben definirsi un laboratorio politico di grande interesse: con le recenti riforme sociali ha paradossalmente “scavalcato a sinistra”, se non altro in tema di diritto del lavoro, il regime comunista cinese. Il dialogo con la Cina continentale prosegue a rilento: entrambe le parti conoscono la tortura della goccia. E la confuciana pazienza.
Lunedì, alla festa nazionale, tra danze colorate di adolescenti e cortei di agenti in moto, il presidente democratico-progressista Chen Shui-bian ha ricordato la difficile ripresa del dopoguerra, quasi sessant’anni fa. Allora – ma questo il capo dello stato non l’ha ricordato - le truppe nazionaliste di Chiang Kai-Shek, sconfitte da Mao, si ritirarono nell’isola di Formosa e qui crearono il loro quartier generale: una sorta di Cina “alternativa” a quella di Pechino. «Grazie allo sforzo collettivo della sua gente – ha detto Chen – Taiwan ha creato grandi miracoli economici che hanno avuto il plauso della comunità internazionale». Una delle più trainanti “tigri asiatiche”, l’isola primeggia nei servizi, nella produzione di tecnologia elettronica e ad alta diffusione; finora ha rappresentato il contraltare, per così dire “svizzero” e asettico, della Cina continentale. E ora, pienamente democratizzata, si avvia a proseguire il suo ambizioso programma di riforme.
Sì, perché si parla molto della minaccia cinese per Taiwan. Degli armamenti richiesti agli Usa per difendersi, e i cui stanziamenti non sono stati ancora sbloccati dall’opposizione nazionalista. Ma Taipei, primo Paese dell’area, ha avviato una serie di cambiamenti epocali, che non hanno eguali per velocità e concretezza in nessuna delle tanto temute “tigri” dell’area. Anzitutto, l’assicurazione medica a costo esiguo per tutti, che andrà via via differenziandosi a seconda delle fasce di reddito, con tempi brevi per l’effettivo usufrutto dei servizi; poi la settimana lavorativa di cinque ore settimanali, che ha causato un vero terremoto in aziende abituate allo stakanovismo.
Questo processo di riforme porterà al sopravvento della concorrenza della Cina continentale, dove il lavoro è paradossalmente assai meno tutelato? La Cina, insomma, riuscirà ad annettersi Taiwan a colpi di economia?
Secondo Andrea Linn, capo di un organismo locale che sovrintende alle operazioni finanziarie, la stessa Taipei ha già investito, in maniera massiccia, in Cina: «L’80% delle imprese taiwanesi ha portato parte delle sue attività in continente. E questo – spiega – perché dopo la repressione di Tienanmen, nel 1989, e per tutto il decennio successivo, Taiwan ha approfittato della fuga degli investitori occidentali». Oggi, però, la situazione si è invertita: negli ultimi sei anni, europei e americani sono tornati a bussare alle porte di Pechino. E parallelamente il mondo ha cominciato a ignorare, almeno ufficialmente, Taipei.
La speranza è che Taiwan resti la porta per il continente. E che il riavvicinamento con Pechino avvenga gradualmente e senza ulteriori confronti armati. «D’altronde - dice Linn – le aziende straniere che vogliono testare un prodotto in Cina lo provano prima qui, per vedere se avrà successo». Ma intanto l’isola che non c’è continua ad essere riconosciuta appena da quindici nazioni sovrane (alla festa nazionale c’erano solo due delegazioni al massimo livello, dal Gambia e dall’Honduras), a non avere diritto di parola all’Onu e a non essere ammessa neppure all’Oms, in piena epoca di influenza aviaria. E finché la questione del suo status, o della sua stessa esistenza, non sarà risolta, resterà un’isola che non c’è, un gigante “ufficialmente invisibile”, in balìa dei ricatti di Pechino e degli appetiti degli investitori mondiali.
(Il Messaggero)

sonnet
18-10-2005, 10:24
Mi chiedo se sia costituzionalmente compatibile da parte nostra non riconoscere una nazione democratica come taiwan.
Adric volev chiederti se sei a conoscenza del motivo ufficiale(se un ve ne') per il quale le maggiori nazioni non riconoscono Taiwan e per quale motivo la stessa Onu.

Bet
18-10-2005, 10:32
Il motivo è: "Ti vorrai mica mettere contro la Cina e perdere il suo mercato?" :p

FAM
18-10-2005, 11:45
Mi chiedo se sia costituzionalmente compatibile da parte nostra non riconoscere una nazione democratica come taiwan.
Adric volev chiederti se sei a conoscenza del motivo ufficiale(se un ve ne') per il quale le maggiori nazioni non riconoscono Taiwan e per quale motivo la stessa Onu.

La Cina ha detto:
- Se riconoscee Taiwan, io non riconosco voi.
- Se riconoscete me e non riconoscete Taiwan, io riconosco voi.

Abbreviato: uno, o l'altro.

Il peso economico della Cina fà il resto.

nomeutente
18-10-2005, 11:55
Adric volev chiederti se sei a conoscenza del motivo ufficiale(se un ve ne') per il quale le maggiori nazioni non riconoscono Taiwan e per quale motivo la stessa Onu.

Anche se non sono Adric...
Un tempo gli USA riconoscevano Taiwan e non la Cina...
Nel diritto internazionale, è tutto limpido e cristallino :mc:

sonnet
18-10-2005, 12:46
Anche se non sono Adric...
Un tempo gli USA riconoscevano Taiwan e non la Cina...
Nel diritto internazionale, è tutto limpido e cristallino :mc:

mi chiedo come si faccia aparlare di diritto internazionale...
o forse devo dare una ripassata al mio vocabolario etimologico e cercare la parole "diritto"
Come si puo' cedere ai ricatti di una sola nazione?
Ma non era Bush che usa sempre dire "noi non cederemo ai ricatti...blablabla"?

Bet
18-10-2005, 12:52
capisco gli Usa siano al centro dei pensieri di molti, ma basta stare più vicino a noi per stupirsi: in Europa l'unico paese che ha rapporti diplomatici ufficiali è il Vaticano ;)

CYRANO
18-10-2005, 13:04
capisco gli Usa siano al centro dei pensieri di molti, ma basta stare più vicino a noi per stupirsi: in Europa l'unico paese che ha rapporti diplomatici ufficiali è il Vaticano ;)

mi sembra coerente con la loro logica.



Ciaozzz

Bet
18-10-2005, 13:09
non ho capito

CYRANO
18-10-2005, 13:17
non ho capito

che il vaticano appoggi quelle situazioni che vanno contro gli interessi dei paesi comunisti mi sembra palese , ed essendo taiwan una di queste situazioni , mi sembra coerente con la loro logica.
non dico che sia giusta o sbagliata , solo che è prevedibile.



Ciaozzz

SaMu
18-10-2005, 13:26
che il vaticano appoggi quelle situazioni che vanno contro gli interessi dei paesi comunisti mi sembra palese , ed essendo taiwan una di queste situazioni , mi sembra coerente con la loro logica.
non dico che sia giusta o sbagliata , solo che è prevedibile.

Ciaozzz

La guerra fredda è finita, non penso che il Vaticano ragioni ancora in termini di paesi comunisti.

nomeutente
18-10-2005, 13:28
paesi comunisti
Non riusciamo a trovare una definizione più appropriata?
Cos'ha di comunista la Cina, a parte il nome?

Fradetti
18-10-2005, 13:30
Non riusciamo a trovare una definizione più appropriata?
Cos'ha di comunista la Cina, a parte il nome?

la cina dei paesi comunisti ha ciò che al vaticano + interessa: l'illegalità (o quasi) per ogni forma di culto religioso ;)

che poi la cina economicamente non sia + comunista da un pezzo al vaticano un gliene frega niente

Bet
18-10-2005, 13:39
che il vaticano appoggi quelle situazioni che vanno contro gli interessi dei paesi comunisti mi sembra palese , ed essendo taiwan una di queste situazioni , mi sembra coerente con la loro logica.
non dico che sia giusta o sbagliata , solo che è prevedibile.



Ciaozzz

OT
come ti è stato già fatto notare da altri, di comunista c'è rimasto poco o niente e quindi non credo proprio si ragioni in questi termini... perdipiù se così fosse non vedo che significato avrebbero i tentativi di riallaciare rapporti con Cuba

e se vogliamo andare a logica, l'unico interesse della chiesa sarebbe quello di non mettersi contro la Cina (ed i rapporti tra Cina e Vaticano oggi non sono ottimi) per ottenere maggiore libertà di culto

ps: non ha neppure significato cio' che scrive Fradetti visto che è riconosciuta una chiesa nazionale oltre ad altre forme di culto... certo che i preconcetti sono duri a morire

era tutto un ot perchè in realtà la discussione verte non sul vaticano o gli usa o sul comunismo, ma sulla speranza di una Cina più libera, secondo l'articolo postato da Adric... ma qui mi sa che sul forum abbiamo quattro argomenti... il vaticano, il comunismo, il turbocapitalismo e i gay (e infatti anche l'altra discussione di là sul permesso o meno di esercitare la prostituzione sta scivolando sui gay) :rolleyes:

CYRANO
18-10-2005, 14:08
La guerra fredda è finita, non penso che il Vaticano ragioni ancora in termini di paesi comunisti.
ma " miseria morte e terrore" dove son finiti ? :D



Ciaozzz

CYRANO
18-10-2005, 14:10
OT
come ti è stato già fatto notare da altri, di comunista c'è rimasto poco o niente e quindi non credo proprio si ragioni in questi termini... perdipiù se così fosse non vedo che significato avrebbero i tentativi di riallaciare rapporti con Cuba

e se vogliamo andare a logica, l'unico interesse della chiesa sarebbe quello di non mettersi contro la Cina (ed i rapporti tra Cina e Vaticano oggi non sono ottimi) per ottenere maggiore libertà di culto

ps: non ha neppure significato cio' che scrive Fradetti visto che è riconosciuta una chiesa nazionale oltre ad altre forme di culto... certo che i preconcetti sono duri a morire

era tutto un ot perchè in realtà la discussione verte non sul vaticano o gli usa o sul comunismo, ma sulla speranza di una Cina più libera, secondo l'articolo postato da Adric... ma qui mi sa che sul forum abbiamo quattro argomenti... il vaticano, il comunismo, il turbocapitalismo e i gay (e infatti anche l'altra discussione di là sul permesso o meno di esercitare la prostituzione sta scivolando sui gay) :rolleyes:

con tutto il rispetto bet , io non ci credo.

comunque si va ot.



Ciaozzz

Bet
18-10-2005, 14:12
con tutto il rispetto bet , io non ci credo.

comunque si va ot.



Ciaozzz

qualche complotto nascosto deve pure esserci :D

ciaozzz :D

Fil9998
18-10-2005, 21:33
se per libera intende "secondo la carta dei diritti dell'uomo"...

aspetta e spera...
dicendolo alla buddista :


alla prossima reincarnazione , forse... :D :muro: :D :muro:



già arranchiamo qua in occidente ....