Adric
13-10-2005, 01:27
Polo Nord, è “guerra fredda”
Sotto la banchina è nascosto un quarto delle riserve di petrolio
Americani, canadesi, russi, danesi e norvegesi tentano di allargare i loro confini. E c’è chi profetizza battaglie diplomatiche e disastri ecologici
Martedì 11 Ottobre 2005
di ANNA GUAITA
I ghiacci si stanno sciogliendo. E le grandi potenze si attrezzano per conquistare il nuovo mare, sentono di avere diritto a esplorare e sfruttare questo ben di Dio, e sono già in gara fra di loro. Perché, se è vero che molti cittadini del mondo guardano allo scioglimento dei ghiacci del Polo Nord come all’orrenda prova che l’effetto serra sta distruggendo il nostro Pianeta, è altrettanto vero che altri hanno oramai accettato l’idea di un Artico mite e lo vedono come una nuova frontiera, generosa e ricca, che va presto “colonizzata”.
Se le previsioni degli scienziati si avvereranno, il ghiaccio del Polo Nord si scioglierà fino a che in una lontana estate il Mar Glaciale Artico diventerà un vero mare, percorribile da navi e popolato di pesci. Questo significherà non solo una rivoluzione nelle comunicazioni e nei trasporti marittimi, ma anche la possibilità di sfruttare i giacimenti che nel Polo Nord sono numerosi e grandi. Qualche esempio di questa rivoluzione: una nave che dovesse andare da Londra a Tokyo, passando per il Canale di Panama, in Centramerica, dovrebbe percorrere circa 24 mila chilometri di mare. Ma se lo scioglimento dei ghiacci aprirà la rotta del mitico “Passaggio a Nord-Ovest”, quella nave dovrà percorrere solo 14 mila chilometri. E ancora: senza le banchine di ghiaccio, si potrà perforare il fondo dell’Artico, dove si nasconde un quarto delle rimanenti riserve di petrolio della Terra. E poi: dallo stretto di Bering, che divide l’Alaska dalla Russia, banchi di salmone, halibut, e merlano sono arrivati fin nel Mar di Cukci, dove i ghiacci stanno ritirandosi, creando nuove colonie, e nuove gigantesche possibilità di pesca.
Il New York Times ha compiuto un’approfondita ricerca su questa nuova Frontiera, e ne ha pubblicato ieri i risultati. Quattro giornalisti hanno lavorato per sei mesi, visitando gli avamposti dei vari Paesi che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, per arrivare alla conclusione che la marcia verso lo sfruttamento del Nord è già cominciata. La notizia è corroborata da decine di particolari, ognuno dei quali preso da solo non fa trend, ma presi tutti insieme dimostrano che investitori, ricercatori e governi hanno capito l’antifona e si stanno organizzando. Dei cinque Paesi che si affacciano sul Mare Artico, la Norvegia, Paese attento alla protezione dell’ambiente, sembra voglia proporsi allo stesso tempo come leader dell’esplorazione di nuovi giacimenti energetici, ma anche come “poliziotto” dei metodi che verranno usati. Il primo esempio di sfruttamento delle nuove frontiere viene proprio da questo Paese, che nella cittadina di Hammerfest, la più a nord di tutta l’Europa, ha aperto un terminale per il gas naturale che viene pompato dalle profondità del Mar di Barents. Hammerfest si sta popolando di nuovi abitanti, molti giovani, alla ricerca di opportunità e lavoro. Ma, pur essendo un impianto di dimensioni eccezionali, è nulla in confronto a quello che la Russia, poco più a est, si appresta a fare per lo sfruttamento del giacimento sottomarino di Shtokman, per il quale sono in gara per l’appalto le società norvegesi Statoil e Norsk Hydro, la francese Total, e le americane Chevron e ConocoPhillips.
Ma se davvero i ghiacci si scioglieranno, se davvero ci sarà un mare lassù, bisognerà anche capire chi ha diritto a cosa. Finché c’era una distesa di ghiaccio, i Paesi non hanno fatto tanto caso ai loro confini. Ora è tutto diverso. La Convenzione Onu sulla legge del Mare permette di “allungare” i confini oltre i tradizionali 370 chilometri dalla costa, se un Paese può dimostrare che sott’acqua la sua piattaforma continentale si estende oltre quella distanza. Dunque, ecco nuovi sonar, nuove tecnologie, nuove esplorazioni, nuove “mappature” dei fondali. E presto, possiamo stare sicuri, anche nuovi litigi internazionali.
(Il Messaggero)
Sotto la banchina è nascosto un quarto delle riserve di petrolio
Americani, canadesi, russi, danesi e norvegesi tentano di allargare i loro confini. E c’è chi profetizza battaglie diplomatiche e disastri ecologici
Martedì 11 Ottobre 2005
di ANNA GUAITA
I ghiacci si stanno sciogliendo. E le grandi potenze si attrezzano per conquistare il nuovo mare, sentono di avere diritto a esplorare e sfruttare questo ben di Dio, e sono già in gara fra di loro. Perché, se è vero che molti cittadini del mondo guardano allo scioglimento dei ghiacci del Polo Nord come all’orrenda prova che l’effetto serra sta distruggendo il nostro Pianeta, è altrettanto vero che altri hanno oramai accettato l’idea di un Artico mite e lo vedono come una nuova frontiera, generosa e ricca, che va presto “colonizzata”.
Se le previsioni degli scienziati si avvereranno, il ghiaccio del Polo Nord si scioglierà fino a che in una lontana estate il Mar Glaciale Artico diventerà un vero mare, percorribile da navi e popolato di pesci. Questo significherà non solo una rivoluzione nelle comunicazioni e nei trasporti marittimi, ma anche la possibilità di sfruttare i giacimenti che nel Polo Nord sono numerosi e grandi. Qualche esempio di questa rivoluzione: una nave che dovesse andare da Londra a Tokyo, passando per il Canale di Panama, in Centramerica, dovrebbe percorrere circa 24 mila chilometri di mare. Ma se lo scioglimento dei ghiacci aprirà la rotta del mitico “Passaggio a Nord-Ovest”, quella nave dovrà percorrere solo 14 mila chilometri. E ancora: senza le banchine di ghiaccio, si potrà perforare il fondo dell’Artico, dove si nasconde un quarto delle rimanenti riserve di petrolio della Terra. E poi: dallo stretto di Bering, che divide l’Alaska dalla Russia, banchi di salmone, halibut, e merlano sono arrivati fin nel Mar di Cukci, dove i ghiacci stanno ritirandosi, creando nuove colonie, e nuove gigantesche possibilità di pesca.
Il New York Times ha compiuto un’approfondita ricerca su questa nuova Frontiera, e ne ha pubblicato ieri i risultati. Quattro giornalisti hanno lavorato per sei mesi, visitando gli avamposti dei vari Paesi che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, per arrivare alla conclusione che la marcia verso lo sfruttamento del Nord è già cominciata. La notizia è corroborata da decine di particolari, ognuno dei quali preso da solo non fa trend, ma presi tutti insieme dimostrano che investitori, ricercatori e governi hanno capito l’antifona e si stanno organizzando. Dei cinque Paesi che si affacciano sul Mare Artico, la Norvegia, Paese attento alla protezione dell’ambiente, sembra voglia proporsi allo stesso tempo come leader dell’esplorazione di nuovi giacimenti energetici, ma anche come “poliziotto” dei metodi che verranno usati. Il primo esempio di sfruttamento delle nuove frontiere viene proprio da questo Paese, che nella cittadina di Hammerfest, la più a nord di tutta l’Europa, ha aperto un terminale per il gas naturale che viene pompato dalle profondità del Mar di Barents. Hammerfest si sta popolando di nuovi abitanti, molti giovani, alla ricerca di opportunità e lavoro. Ma, pur essendo un impianto di dimensioni eccezionali, è nulla in confronto a quello che la Russia, poco più a est, si appresta a fare per lo sfruttamento del giacimento sottomarino di Shtokman, per il quale sono in gara per l’appalto le società norvegesi Statoil e Norsk Hydro, la francese Total, e le americane Chevron e ConocoPhillips.
Ma se davvero i ghiacci si scioglieranno, se davvero ci sarà un mare lassù, bisognerà anche capire chi ha diritto a cosa. Finché c’era una distesa di ghiaccio, i Paesi non hanno fatto tanto caso ai loro confini. Ora è tutto diverso. La Convenzione Onu sulla legge del Mare permette di “allungare” i confini oltre i tradizionali 370 chilometri dalla costa, se un Paese può dimostrare che sott’acqua la sua piattaforma continentale si estende oltre quella distanza. Dunque, ecco nuovi sonar, nuove tecnologie, nuove esplorazioni, nuove “mappature” dei fondali. E presto, possiamo stare sicuri, anche nuovi litigi internazionali.
(Il Messaggero)