Adric
10-10-2005, 00:31
Domenica 9 Ottobre 2005
La nuova frontiera degli interrogatori: una telecamera “spia” l’imputato e il replay viene esaminato dagli esperti.
Se ne parla in un seminario a Roma
«Le bugie? Hanno le gambe incrociate»
Il linguaggio del corpo entra nelle aule di giustizia: il “comportamento analogico” smaschera chi mente
di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - C’è un muscolo piccolissimo, al centro della fronte, che non riesce a dire bugie. Puoi raccontare una menzogna con la maestria del grande attore e tutti ci crederanno. Ma se qualcuno tiene d’occhio quel muscoletto in mezzo alle sopracciglia, capirà che non è vero. E quando avviene in un’aula di giustizia, potrebbero anche aprirsi le porte del carcere.
Ce ne sono tanti, di segnali che indicano lo stato d’animo: dagli angoli delle labbra che si muovono ai movimenti delle braccia, dal vagare dello sguardo nel vuoto alla posizione dei piedi. E adesso una schiera di avvocati e di investigatori ha cominciato a studiarli, aprendo una nuova frontiera per gli interrogatori di testimoni e imputati nelle aule di giustizia.
Che esistesse una sorta di linguaggio universale del corpo, in realtà, era cosa nota da anni. Le librerie sono piene di manuali che insegnano, ad esempio, agli esperti di pubbliche relazioni come essere convincenti e catturare l’attenzione. Oppure spiegano agli aspiranti seduttori come interpretare i segnali che arrivano dall’universo femminile durante il primo approccio. Ma nelle aule di giustizia, la cosa viene presa un po’ più sul serio: esperti psicologi hanno individuato una serie di movimenti impercettibili, soprattutto nei moltissimi muscoli del viso, che quasi mai possono essere controllati in maniera cosciente.
Significa che una bella donna che accavalla le gambe in maniera sensuale è più o meno cosciente di lanciare un segnale di apertura; ma, allo stesso tempo, un testimone che sta giurando il falso difficilmente potrà controllare un impercettibile irrigidimento della mandibola.
Esiste un linguaggio del corpo che, più o meno, può essere dominato e - quindi - anche simulato; e ne esiste un altro, meno visibile, che sfugge alla capacità di controllo dell’uomo. Si tratta di movimenti che quasi sempre vengono attuati dai muscoli facciali, che sono numerosissimi, e dai piedi, che nessuno pensa possano essere notati. Così, lo sguardo portato verso l’alto significa che una persona sta preparando una risposta. Se lo sposta da sinistra verso destra, nel senso della scrittura, significa che sta ricostruendo un fatto vero; se invece gli occhi corrono nel senso inverso, quello è indice di un lavoro di fantasia, di invenzione, di risposta campata in aria. Allo stesso modo, se una persona seduta porta i piedi all’indietro, li incrocia e tiene le gambe chiuse, anche se assicura di essere disponibile, in realtà non intende collaborare. Viceversa, le gambe aperte con i piedi rivolti all’esterno, segnalano disponibilità e sicurezza in se stessi. Ma sono soprattutto i movimenti del viso, dove risiede il più alto numero di muscoli, ad interessare gli esperti. Secondo gli psicologi, la possibilità di controllare quei movimenti è minima: solo una piccola percentuale delle persone sarebbe in grado di tenere a bada le contrazioni facciali. Talvolta sono scatti repentini; tanto veloci che alcuni organi di polizia giudiziaria, per gli interrogatori, si sono organizzati con videocamere nascoste, puntate sul volto del sospettato di turno. Che al termine dell’incontro consentono ad uno psicologo di scrutare al rallentatore tutte le espressioni che hanno accompagnato le conversazioni, per individuare i picchi di tensione e le possibili menzogne.
Da qualche mese, anche gli avvocati penalisti hanno cominciato ad interessarsi a questa tecnica di interrogatorio, da utilizzare nel corso delle indagini difensive. I pionieri sono quelli dell’Associazione Nazionale Forense di Roma, presieduti dall’avvocato Stefano Rubeo. Che per il prossimo 18 ottobre ha organizzato nella capitale un seminario aperto ad avvocati e magistrati per diffondere i principi cardine di questa disciplina: «Credo che queste tecniche investigative debbano entrare a far parte sempre di più della nostra cultura», spiega il legale. Perché anche in questo modo si attua il principio della parità tra accusa e difesa previsto nella Costituzione.
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«Dallo stato d’animo si capisce l’affidabilità delle risposte»
ROMA - Il dottor Franco Amore è uno psicoterapeuta che studia da anni il linguaggio del corpo. Ed è anche uno dei relatori del seminario del prossimo 18 ottobre.
Professore, quali sono i limiti di questa tecnica?
«Abbiamo individuato quali sono gli indicatori non controllabili di uno stato di tensione della persona. Tuttavia, un testimone o un imputato possono essere in difficoltà sia perché stanno mentendo, sia perché semplicemente si trovano in un ambiente poco gradevole, come può essere un’aula giudiziaria o un commissariato. Quindi, io che noto il comportamento sospetto, non posso sapere sempre cosa lo ha scatenato. Posso solo verificare che ha un atteggiamento di questo tipo».
Dov’è, quindi, l’utilità di questa tecnica?
«Noi l’analisi della congruenza di questi indicatori con il comportamento visibile, che ci può far capire lo stato d’animo della persona. E quindi valutare il suo livello di affidabilità. Significa che una persona può dire dire, a parole, di essere dispostissimo a collaborare, e allo stesso tempo adottare un atteggiamento di chiusura, dal punto di vista posturale, che indica una volontà contraria. E questa osservazione ci può indurre a determinate considerazioni. Inoltre, questa indagine è utilissima per individuare, ad esempio, una risposta dubbia in mezzo ad altre sincere; perché in questo caso l’improvvisa contrazione del viso può essere messa in relazione solo alla domanda specifica e non all’ambiente circostante. E poi, non dimentichiamo che questa indagine consente di aumentare la credibilità di chi si professa innocente e ha un comportamento analogico assolutamente rassicurante».
M.Mart.
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«Solo il 15% delle persone è in grado di controllare i gesti»
ROMA - Andrea Pedicone è stato uno dei primi investigatori privati ad avvalersi di psicologi esperti di ”comportamento analogico” nelle indagini difensive svolte per conto di imputati di gravi reati.
Dottor Pedicone, in che modo viene utilizzata l’analisi del ”linguaggio del corpo” da un investigatore privato?
«Questa tecnica è importante per conoscere la persona, testimone o imputato che sia, prima che deponga in tribunale. La legge consente agli avvocati e agli investigatori privati di svolgere questa sorta di colloquio investigativo nell’ambito delle indagini difensive, prima del processo. E arrivare in tribunale sapendo quali sono gli argomenti che hanno già provocato un atteggiamento di chiusura in una determinata persona, è utilissimo per organizzare la cosiddetta cross examination di quella stessa persona, l’interrogatorio incrociato davanti al tribunale, nel momento in cui si formano le prove del giudizio».
Che livello di affidabilità attribuisce ad una tecnica del genere per individuare quelli che sono chiamati ”indicatori della menzogna?
«Non si tratta di stime formulate da noi. Gli psicologi hanno valutato, ad esempio, che solo il 15 per cento delle persone è in grado di controllare i muscoli del viso. Significa che fatte le dovute proporzioni, ho l’85 percento di possibilità di capire se un testimone sta dicendo la verità, solo guardando attentamente se ad una determinata domanda contrae o meno un certo muscolo facciale».
M.Mart.
(Il Messaggero)
La nuova frontiera degli interrogatori: una telecamera “spia” l’imputato e il replay viene esaminato dagli esperti.
Se ne parla in un seminario a Roma
«Le bugie? Hanno le gambe incrociate»
Il linguaggio del corpo entra nelle aule di giustizia: il “comportamento analogico” smaschera chi mente
di MASSIMO MARTINELLI
ROMA - C’è un muscolo piccolissimo, al centro della fronte, che non riesce a dire bugie. Puoi raccontare una menzogna con la maestria del grande attore e tutti ci crederanno. Ma se qualcuno tiene d’occhio quel muscoletto in mezzo alle sopracciglia, capirà che non è vero. E quando avviene in un’aula di giustizia, potrebbero anche aprirsi le porte del carcere.
Ce ne sono tanti, di segnali che indicano lo stato d’animo: dagli angoli delle labbra che si muovono ai movimenti delle braccia, dal vagare dello sguardo nel vuoto alla posizione dei piedi. E adesso una schiera di avvocati e di investigatori ha cominciato a studiarli, aprendo una nuova frontiera per gli interrogatori di testimoni e imputati nelle aule di giustizia.
Che esistesse una sorta di linguaggio universale del corpo, in realtà, era cosa nota da anni. Le librerie sono piene di manuali che insegnano, ad esempio, agli esperti di pubbliche relazioni come essere convincenti e catturare l’attenzione. Oppure spiegano agli aspiranti seduttori come interpretare i segnali che arrivano dall’universo femminile durante il primo approccio. Ma nelle aule di giustizia, la cosa viene presa un po’ più sul serio: esperti psicologi hanno individuato una serie di movimenti impercettibili, soprattutto nei moltissimi muscoli del viso, che quasi mai possono essere controllati in maniera cosciente.
Significa che una bella donna che accavalla le gambe in maniera sensuale è più o meno cosciente di lanciare un segnale di apertura; ma, allo stesso tempo, un testimone che sta giurando il falso difficilmente potrà controllare un impercettibile irrigidimento della mandibola.
Esiste un linguaggio del corpo che, più o meno, può essere dominato e - quindi - anche simulato; e ne esiste un altro, meno visibile, che sfugge alla capacità di controllo dell’uomo. Si tratta di movimenti che quasi sempre vengono attuati dai muscoli facciali, che sono numerosissimi, e dai piedi, che nessuno pensa possano essere notati. Così, lo sguardo portato verso l’alto significa che una persona sta preparando una risposta. Se lo sposta da sinistra verso destra, nel senso della scrittura, significa che sta ricostruendo un fatto vero; se invece gli occhi corrono nel senso inverso, quello è indice di un lavoro di fantasia, di invenzione, di risposta campata in aria. Allo stesso modo, se una persona seduta porta i piedi all’indietro, li incrocia e tiene le gambe chiuse, anche se assicura di essere disponibile, in realtà non intende collaborare. Viceversa, le gambe aperte con i piedi rivolti all’esterno, segnalano disponibilità e sicurezza in se stessi. Ma sono soprattutto i movimenti del viso, dove risiede il più alto numero di muscoli, ad interessare gli esperti. Secondo gli psicologi, la possibilità di controllare quei movimenti è minima: solo una piccola percentuale delle persone sarebbe in grado di tenere a bada le contrazioni facciali. Talvolta sono scatti repentini; tanto veloci che alcuni organi di polizia giudiziaria, per gli interrogatori, si sono organizzati con videocamere nascoste, puntate sul volto del sospettato di turno. Che al termine dell’incontro consentono ad uno psicologo di scrutare al rallentatore tutte le espressioni che hanno accompagnato le conversazioni, per individuare i picchi di tensione e le possibili menzogne.
Da qualche mese, anche gli avvocati penalisti hanno cominciato ad interessarsi a questa tecnica di interrogatorio, da utilizzare nel corso delle indagini difensive. I pionieri sono quelli dell’Associazione Nazionale Forense di Roma, presieduti dall’avvocato Stefano Rubeo. Che per il prossimo 18 ottobre ha organizzato nella capitale un seminario aperto ad avvocati e magistrati per diffondere i principi cardine di questa disciplina: «Credo che queste tecniche investigative debbano entrare a far parte sempre di più della nostra cultura», spiega il legale. Perché anche in questo modo si attua il principio della parità tra accusa e difesa previsto nella Costituzione.
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«Dallo stato d’animo si capisce l’affidabilità delle risposte»
ROMA - Il dottor Franco Amore è uno psicoterapeuta che studia da anni il linguaggio del corpo. Ed è anche uno dei relatori del seminario del prossimo 18 ottobre.
Professore, quali sono i limiti di questa tecnica?
«Abbiamo individuato quali sono gli indicatori non controllabili di uno stato di tensione della persona. Tuttavia, un testimone o un imputato possono essere in difficoltà sia perché stanno mentendo, sia perché semplicemente si trovano in un ambiente poco gradevole, come può essere un’aula giudiziaria o un commissariato. Quindi, io che noto il comportamento sospetto, non posso sapere sempre cosa lo ha scatenato. Posso solo verificare che ha un atteggiamento di questo tipo».
Dov’è, quindi, l’utilità di questa tecnica?
«Noi l’analisi della congruenza di questi indicatori con il comportamento visibile, che ci può far capire lo stato d’animo della persona. E quindi valutare il suo livello di affidabilità. Significa che una persona può dire dire, a parole, di essere dispostissimo a collaborare, e allo stesso tempo adottare un atteggiamento di chiusura, dal punto di vista posturale, che indica una volontà contraria. E questa osservazione ci può indurre a determinate considerazioni. Inoltre, questa indagine è utilissima per individuare, ad esempio, una risposta dubbia in mezzo ad altre sincere; perché in questo caso l’improvvisa contrazione del viso può essere messa in relazione solo alla domanda specifica e non all’ambiente circostante. E poi, non dimentichiamo che questa indagine consente di aumentare la credibilità di chi si professa innocente e ha un comportamento analogico assolutamente rassicurante».
M.Mart.
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«Solo il 15% delle persone è in grado di controllare i gesti»
ROMA - Andrea Pedicone è stato uno dei primi investigatori privati ad avvalersi di psicologi esperti di ”comportamento analogico” nelle indagini difensive svolte per conto di imputati di gravi reati.
Dottor Pedicone, in che modo viene utilizzata l’analisi del ”linguaggio del corpo” da un investigatore privato?
«Questa tecnica è importante per conoscere la persona, testimone o imputato che sia, prima che deponga in tribunale. La legge consente agli avvocati e agli investigatori privati di svolgere questa sorta di colloquio investigativo nell’ambito delle indagini difensive, prima del processo. E arrivare in tribunale sapendo quali sono gli argomenti che hanno già provocato un atteggiamento di chiusura in una determinata persona, è utilissimo per organizzare la cosiddetta cross examination di quella stessa persona, l’interrogatorio incrociato davanti al tribunale, nel momento in cui si formano le prove del giudizio».
Che livello di affidabilità attribuisce ad una tecnica del genere per individuare quelli che sono chiamati ”indicatori della menzogna?
«Non si tratta di stime formulate da noi. Gli psicologi hanno valutato, ad esempio, che solo il 15 per cento delle persone è in grado di controllare i muscoli del viso. Significa che fatte le dovute proporzioni, ho l’85 percento di possibilità di capire se un testimone sta dicendo la verità, solo guardando attentamente se ad una determinata domanda contrae o meno un certo muscolo facciale».
M.Mart.
(Il Messaggero)