Adric
06-10-2005, 01:03
Mercoledì 5 Ottobre 2005
Il presidente dell’Antitrust chiede reciprocità a livello europeo. E reclama la competenza sulle intese bancarie
«Energia, rischio monopoli nella Ue»
Catricalà: l’Italia è virtuosa, ma all’estero ci sono molti ostacoli alla concorrenza
ROMA L’Antitrust lancia l’allarme-liberalizzazioni. In Europa, afferma il presidente Antonio Catricalà, ci sono «segnali preoccupanti» sull’apertura dei mercati e sul rispetto della concorrenza, specialmente nel settore dell’energia. In Italia, osserva Catricalà nel corso di un intervento alla Luiss, «siamo stati più bravi a liberalizzare il mercato elettrico, andava fatto e siamo i primi della classe. Va bene, ma lo devono fare anche gli altri». E ancora: «Fatte le liberalizzazioni serve un sistema di concorrenza; ma dove sono i concorrenti se ci sono solo monopolisti esteri?».
Troppi nazionalismi affliggono l’Europa, dice Catricalà. Ciò spinge «ad una protezione anche del mercato italiano»? La domanda non è peregrina. Catricalà cita ad esempio l’Opa ostile di Gas Natural su Endesa in Spagna, dalla quale nascerà un colosso in grado di controllare l’80 per cento del mercato energetico iberico, rendendo marginale la penetrazione di eventuali concorrenti stranieri come l’Enel, per esempio. Ma l’Europa è piena di casi come questo. In Francia sono due i campioni nazionali dell’energia: Edf e Gaz de France. Il governo sta tentando la privatizzazione di appena il 15% del capitale di Edf e comunque ha approvato poco tempo fa un decreto che blocca le Opa ostili dall’estero (presumibilmente per i gruppi extra-Ue visto che all’interno della Ue il mercato è unico e non possono esserci barriere all’ingresso). In Germania Eon e Rwe sono due colossi praticamente impossibili da scalfire e in Russia lo Stato ha ripreso in mano il controllo di elettricità e gas in un unico gruppo pubblico.
C’è dunque del vero nelle parole di Catricalà. Va detto però che ora anche il governo italiano sta prendendo delle misure “protezionistiche”. La Finanziaria ha infatti introdotto la «poison pill», che consente aumenti di capitale riservati allo Stato, per bloccare Opa non gradite su Eni ed Enel. Perché proteggersi? Perché il governo sembra intenzionato a vendere altre quote di capitale ed incassare così nuove risorse per tappare le falle del debito pubblico. Solo che, così facendo, rende contendibili i due gruppi che potrebbero finire in mani straniere.
E’ dunque vero che in Europa tira un vento poco favorevole alle liberalizzazioni. E l’Italia, se sarà approvata la norma della Finanziaria, non farà eccezione. Sempre che tutto questo non finisca per sollevare le proteste della Commissione Ue.
Catricalà è tornato ancora sul tema della concorrenza bancaria. «Il problema non è sulle concentrazioni bancarie. Quello che non va è il fatto che la banca d’Italia si occupi delle intese e degli abusi di posizione dominate. E’ troppo, è autoreferenziale». Catricalà ha ricordato che quando nacque l’Antitrust nel 1990 «il sistema bancario era pubblico e non c’era concorrenza», per cui le competenze rimasero alla banca d’ Italia. Oggi però «c’è necessità di concorrenza» e l’arbitro deve essere l’Antitrust.
B.C.
” Noi italiani siamo stati i più bravi a fare le liberalizzazioni dell’energia e va bene, ma dove sono i concorrenti oggi, se all’estero ci sono solo monopolisti?” L’interrogativo posto dal presidente dell’Antitrust, Catricalà è fondato: in Francia l’apertura al capitale privato di Edf ancora non decolla, in Spagna la concentrazione energetica avanza con l’opa di Gas Natural su Endesa. Sin dalla sua prima relazione, Catricalà ha rotto il tabù del mercatismo a senso unico: in Italia abbiamo assunto come ambito di riferimento per impedire le concentrazioni il mercato nazionale. Germania, Francia e Spagna hanno pensato invece a player di stazza continentale. Tornare indietro ora non si può, e dunque il Catricalà-pensiero può avere due esiti. Il primo è di un’Italia meglio capace di puntare i piedi a Bruxelles e con le grandi capitali, rispetto a quanto avvenne su Edison-Edf. Serve, ma non basta. La seconda strada è di un’Antitrust non solo garante della concorrenza, ma anche della transizione produttiva italiana. Perché «la fase di rallentamento della crescita, in un assetto economico come il nostro, caratterizzato da dimensioni medio-piccole, soprattutto nel settore dei servizi, e con specializzazioni industriali ormai esposte alla pressione competitiva delle economie emergenti», vuole che «funzione principe dell’Autorità sia accompagnare questa fase di cambiamento», disse Catricalà a giugno. E’ una svolta, che si rifà all’articolo 25 della legge istitutiva dell’Antitrust, per cui il governo può derogare a divieti e limiti di concorrenza in base a rilevanti interessi nazionali. Di qui l’«atteggiamento cooperativo» e i «tavoli» aperti da Catricalà con Eni, Enel, Telecom, assicurazioni e banche, che ai mercatisti puri non piacciono. La verità, come sempre, sta nell’evitare gli opposti estremismi.
O.G.
(Il Messaggero.it)
Il presidente dell’Antitrust chiede reciprocità a livello europeo. E reclama la competenza sulle intese bancarie
«Energia, rischio monopoli nella Ue»
Catricalà: l’Italia è virtuosa, ma all’estero ci sono molti ostacoli alla concorrenza
ROMA L’Antitrust lancia l’allarme-liberalizzazioni. In Europa, afferma il presidente Antonio Catricalà, ci sono «segnali preoccupanti» sull’apertura dei mercati e sul rispetto della concorrenza, specialmente nel settore dell’energia. In Italia, osserva Catricalà nel corso di un intervento alla Luiss, «siamo stati più bravi a liberalizzare il mercato elettrico, andava fatto e siamo i primi della classe. Va bene, ma lo devono fare anche gli altri». E ancora: «Fatte le liberalizzazioni serve un sistema di concorrenza; ma dove sono i concorrenti se ci sono solo monopolisti esteri?».
Troppi nazionalismi affliggono l’Europa, dice Catricalà. Ciò spinge «ad una protezione anche del mercato italiano»? La domanda non è peregrina. Catricalà cita ad esempio l’Opa ostile di Gas Natural su Endesa in Spagna, dalla quale nascerà un colosso in grado di controllare l’80 per cento del mercato energetico iberico, rendendo marginale la penetrazione di eventuali concorrenti stranieri come l’Enel, per esempio. Ma l’Europa è piena di casi come questo. In Francia sono due i campioni nazionali dell’energia: Edf e Gaz de France. Il governo sta tentando la privatizzazione di appena il 15% del capitale di Edf e comunque ha approvato poco tempo fa un decreto che blocca le Opa ostili dall’estero (presumibilmente per i gruppi extra-Ue visto che all’interno della Ue il mercato è unico e non possono esserci barriere all’ingresso). In Germania Eon e Rwe sono due colossi praticamente impossibili da scalfire e in Russia lo Stato ha ripreso in mano il controllo di elettricità e gas in un unico gruppo pubblico.
C’è dunque del vero nelle parole di Catricalà. Va detto però che ora anche il governo italiano sta prendendo delle misure “protezionistiche”. La Finanziaria ha infatti introdotto la «poison pill», che consente aumenti di capitale riservati allo Stato, per bloccare Opa non gradite su Eni ed Enel. Perché proteggersi? Perché il governo sembra intenzionato a vendere altre quote di capitale ed incassare così nuove risorse per tappare le falle del debito pubblico. Solo che, così facendo, rende contendibili i due gruppi che potrebbero finire in mani straniere.
E’ dunque vero che in Europa tira un vento poco favorevole alle liberalizzazioni. E l’Italia, se sarà approvata la norma della Finanziaria, non farà eccezione. Sempre che tutto questo non finisca per sollevare le proteste della Commissione Ue.
Catricalà è tornato ancora sul tema della concorrenza bancaria. «Il problema non è sulle concentrazioni bancarie. Quello che non va è il fatto che la banca d’Italia si occupi delle intese e degli abusi di posizione dominate. E’ troppo, è autoreferenziale». Catricalà ha ricordato che quando nacque l’Antitrust nel 1990 «il sistema bancario era pubblico e non c’era concorrenza», per cui le competenze rimasero alla banca d’ Italia. Oggi però «c’è necessità di concorrenza» e l’arbitro deve essere l’Antitrust.
B.C.
” Noi italiani siamo stati i più bravi a fare le liberalizzazioni dell’energia e va bene, ma dove sono i concorrenti oggi, se all’estero ci sono solo monopolisti?” L’interrogativo posto dal presidente dell’Antitrust, Catricalà è fondato: in Francia l’apertura al capitale privato di Edf ancora non decolla, in Spagna la concentrazione energetica avanza con l’opa di Gas Natural su Endesa. Sin dalla sua prima relazione, Catricalà ha rotto il tabù del mercatismo a senso unico: in Italia abbiamo assunto come ambito di riferimento per impedire le concentrazioni il mercato nazionale. Germania, Francia e Spagna hanno pensato invece a player di stazza continentale. Tornare indietro ora non si può, e dunque il Catricalà-pensiero può avere due esiti. Il primo è di un’Italia meglio capace di puntare i piedi a Bruxelles e con le grandi capitali, rispetto a quanto avvenne su Edison-Edf. Serve, ma non basta. La seconda strada è di un’Antitrust non solo garante della concorrenza, ma anche della transizione produttiva italiana. Perché «la fase di rallentamento della crescita, in un assetto economico come il nostro, caratterizzato da dimensioni medio-piccole, soprattutto nel settore dei servizi, e con specializzazioni industriali ormai esposte alla pressione competitiva delle economie emergenti», vuole che «funzione principe dell’Autorità sia accompagnare questa fase di cambiamento», disse Catricalà a giugno. E’ una svolta, che si rifà all’articolo 25 della legge istitutiva dell’Antitrust, per cui il governo può derogare a divieti e limiti di concorrenza in base a rilevanti interessi nazionali. Di qui l’«atteggiamento cooperativo» e i «tavoli» aperti da Catricalà con Eni, Enel, Telecom, assicurazioni e banche, che ai mercatisti puri non piacciono. La verità, come sempre, sta nell’evitare gli opposti estremismi.
O.G.
(Il Messaggero.it)