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View Full Version : Brasile, sciopero della fame di vescovo contro deviazione di fiume decisa dal governo


Adric
05-10-2005, 23:29
2-10-2005

BRASILE: IL VESCOVO DI BARRA, FREI LUIS FLÁVIO CAPPIO, DIGIUNA DA SETTE GIORNI PER PROTESTARE CONTRO IL GOVERNO.

UN PROGETTO VUOLE MODIFICARE IL CORSO DEL FIUME SAN FRANCISCO. LA DECISIONE POTREBBE AVERE CONSEGUENZE NEGATIVE PER I PIÙ POVERI

BARRA. = Ha iniziato il settimo giorno di sciopero della fame dom Frei Luis Flávio Cappio, il vescovo francescano di Barra, nello stato di Bahia. Il digiuno del presule è contro il governo di Brasilia che vuole modificare il corso del Rio Sao Francisco per irrigare il nordest arido del Paese. “Il vescovo è tranquillo”, ha detto all’agenzia Misna il sociologo Adriano Martins, volontario della diocesi di Cabrobó, nella quale in questo momento si trova mons. Cappio. Il presule ha celebrato Messa ed ha anche ricevuto una tribù di indios venuta a ringraziarlo per la protesta che sta attuando. La Commissione episcopale brasiliana ha inviato una lettera al presidente Luiz Inácio Lula da Silva perché interrompa il progetto governativo di deviazione del fiume: se l’esecutivo dovesse approvarlo potrebbe essere notevole il danno sociale. Ma all’orizzonte si leggono anche conseguenze politiche per il governo, ha spiegato Martins: “Brasilia rischierebbe, in pratica, di perseverare nelle politiche attuate dalla precedente amministrazione liberista di Enrique Cardoso, che deviava il corso dei fiumi per irrigare le proprietà dei ricchi fazendeiros, favorendo soprattutto coloro che producono colture per l’esportazione”. Nei prossimi giorni, sono attesi a Cabrobó organi ambientalisti, molti vescovi e fedeli cattolici e i rappresentanti di tante città del Brasile. (T.C.)

(Radio Vaticana)


«La mia vita per il fiume»

Brasile, don Cappio sfida Lula per salvare il “Nilo del sertão”

di ROBERTO LIVI

«Signor presidente, la mia vita è nelle sue mani». E la vita di don Luiz Flavio Cappio, 59enne francescano di origine italiana, vescovo di Barra nello Stato di Bahia, è legata «alla vita del Velho Chico», come affettuosamente chiama il fiume San Francesco che nasce nello stato di Minas Gerais e si getta nel Pacifico tremila chilometri a nord, dopo aver attraversato l’arido sertão brasiliano. Se questa settimana l’Ibama, l’Istituto per l’ambiente, darà via libera al faraonico progetto di ”transposição” (deviazione) delle acque del São Francisco per irrigare le coltivazioni intensive nelle terre arse del Nord-est, fratello Luiz si lascerà morire di fame. «Perché il Velho Chico corre il rischio di non sopravvivere al salasso previsto, e di sicuro ne subiranno le conseguenze le popolazioni povere (con un reddito di meno di 50 dollari al mese, ndr) che vivono lungo il fiume».
Il vescovo ha iniziato a digiunare otto giorni fa: da allora beve solo acqua del fiume. E’ in ritiro in una piccola cappella nella città di Cabrobò, nello stato di Pernambuco dove inizieranno i lavori che comporteranno la creazione di 700 chilometri di canali per una spesa valutata 6 miliardi di reais (più di due miliardi di euro). Fratello Luiz è pessimista. Le popolazioni rivierasche, vari centri di ricerche, molte Ong e anche la Conferenza episcopale brasiliana ritengono che la deviazione può portare al collasso il Velho Chico e chiedono che il progetto sia abbandonato o quanto meno congelato in attesa di nuovi studi. Ma il presidente Lula -che è nato nel Pernambuco- appoggia la tesi che le acque del Velho Chico siano l’unica alternativa per irrigare le terre assetate e sottosviluppate del Nord est e per rifornire d’acqua città come Salvador di Bahia (7 milioni di abitanti) e Maceiò (2 milioni). Non si fa illusioni, dicevamo, fratello Luiz, ma è deciso a portare fino alle ultime conseguenze il suo sciopero della fame. E ha già lasciato a un notaio l’indicazione di dove dovrà essere sepolto, nei pressi del fiume amato.
Don Luiz Flavio Cappio ama e conosce il fiume. Teologo, filosofo e economista ha scritto un libro, ”Rio São Francisco-uma caminhada entre vida e morte”, per descrivere come proprio dalla ”salute” del fiume dipenda la vita o la morte della gente che abita il bacino del San Francesco. Figlio di italiani originari di Pray Biellese ed emigrati in Brasile negli anni Trenta del secolo scorso, fu ordinato sacerdote francescano nel 1971 e da allora si è schierato apertamente dalla parte dei poveri, prima nella Pastoral Operaria a San Paolo, poi recandosi nel sertão. Ieri, festa dedicata a San Francesco e compleanno di dom Cappio, i vescovi brasiliani hanno organizzato processioni in sostengo di fratello Luiz in tutte le capitali degli Stati brasiliani e una delegazione di religiosi, politici, attivisti ecologisti e di movimenti come i Sem Terra (Senza terra)e rappresentanti dei popoli locali si sono recati a Cabrobò per dare sostegno al vescovo. Decine di persone vogliono unirsi a lui nello sciopero della fame
«Il presidente Lula è responsabile di quello che può accadere a fratello Luiz. Ora deve sceglere se stare con i poveri o con le grandi imprese di lavori pubblici e di agrobusiness» ha dichiarato il presidente della Commissione pastorale della Terra, Tomas Balduino.
«La transposição è più un’opera di ingegneria politica che di natura idrica», afferma padre Clodoveo Piazza, gesuita, ispiratore e segretario del neonato Assessorato di Bahia per la lotta alla povertà. Il compito del gesuita italiano è quello di formulare politiche di riduzione delle disuguaglianze sociali tramite programmi e azioni del governo dello Stato di Bahia. Inoltre a Salvador di Bahia ha creato l’Oaf, Organizzazione di aiuto fraterno, che accoglie bambini abbandonati, li educa e li avvia al lavoro in officine produttive. Il ”ministro anti-miseria”, come Piazza viene chiamato, appoggia la lotta di fratello Luiz. «Il fiume -ci dice- non ha un volume d’acqua sufficiente per generare energia elettrica (dalle dighe dei due bacini artificiali,ndr), rifornire d’acqua grandi centri urbani come Salvador e anche irrigare il ”semiarido” del Nord. Rischia il collasso». Nell’ultimo tratto, il livello dell’acqua è già «drammaticamente calato».
Indebolito per le accuse di corruzione che hanno investito il suo partito, il Pt, e il suo governo governo ora il presidente Lula rischia di entrare in collisione con la Chiesa cattolica sul futuro del ”Nilo del sertão“.

(Il Messaggero.it)

Ewigen
06-10-2005, 11:40
già immagino le imprecazioni degli UAAR versione carioca :asd:

Cmq non mollare Flavio

Ewigen
27-11-2005, 11:51
BRASILE 27/11/2005 11.22
‘DOM’ CAPPIO: IL GRIDO DEI POVERI PER SALVARE ACQUA E FIUMI

(PIME) Ha ‘festeggiato’ il suo 59° compleanno, circa due mesi fa, in sciopero della fame per la difesa del Rio Saõ Francisco, vasto corso d’acqua lungo 2700 chilometri da cui, in 5 stati del nord-est brasiliano, dipende la sopravvivenza di 15 milioni di persone. Monsignor Flávio Cappio, vescovo francescano di Barra, nello stato di Bahia, ha ‘vinto’ per il momento la sua battaglia a nome delle popolazioni del semi-arido brasiliano e il progetto di deviazione (‘Transposição’) di parte del fiume è stato bloccato. “Abbiamo stretto un patto tra il governo e la società civile e si è deciso che fino a quando non si studieranno tutte le conseguenze dell’impresa e non si troverà un’intesa comune per il benessere della gente del nordest, il progetto resterà fermo” dice alla MISNA monsignor ‘Dom’ Cappio, raggiunto telefonicamente nella sua diocesi. Il vescovo francescano conosce bene il Rio Saõ Francisco: lo percorse interamente a piedi tra il 1993 e il 1994 dalla sorgente alla foce per conoscere le popolazioni rivierasche e verificare lo stato di salute del fiume che ospita centinaia di isole abitate da indios e quilombolas. La costruzione di sette impianti idroelettrici ha comportato finora il disboscamento indiscriminato, l’inquinamento prodotto dalle scorie industriali che “uccidendo il fiume, uccidono il suo popolo”, ha scritto ‘Dom Cappio’. La notizia dello sciopero della fame “fino alla morte” del francescano ha fatto il giro del mondo, raccogliendo la solidarietà di vasti settori della società civile e convincendo il governo a sospendere l’opera. “Il mio gesto era necessario – spiega alla MISNA Dom Cappio – le autorità non hanno voluto ascoltare la voce del popolo e stavano per iniziare l’opera senza tenere conto dei danni che minaccia di provocare: a livello ambientale ma anche e soprattutto sociale perché del progetto non beneficeranno i popoli del semi-arido ma solo le industrie; si usano i poveri per fare l’interesse dei ricchi. Solo un grido di disperazione è riuscito sembra a sensibilizzare la gente e i politici”. Il problema dell’acqua è globale, ricorda il vescovo, “perché l’acqua è vita e prima di servire gli interessi economici deve dissetare gli uomini e gli animali. Senza l’acqua c’è solo la morte”. Secondo la ‘Defensoria da Agua’ - rete che riunisce diversi organismi tra cui la Conferenza episcopale, la Caritas brasiliana, l’Università federale di Rio de Janeiro e numerose ong – in Brasile il 70% dell’acqua è usato per la produzione agricola su vasta scala, il 20% per le attività industriali e appena il 10% è destinato ad altri utilizzi, incluso quello umano. Un caso emblematico è Manaus: nella principale città dell’Amazzonia, alla confluenza con tra il Rio Negro e il Rio delle Amazzoni, il 30% della popolazione urbana (1 milione di persone) non ha accesso all’acqua potabile. “Lo sfruttamento delle ricchezze naturali, non solo in Brasile, va avanti senza sosta anche se sappiamo che le risorse sono destinate a finire. Purtroppo a vincere è sempre l’interesse del lucro abusivo di pochi ai danni di molti. Non c’è volontà di sostenere le necessità dei poveri, è solo il capitale l’imperativo che domina questa logica di distruzione insensata” sottolinea il vescovo alla MISNA. Oggi, lentamente, grazie all’impegno della società civile, “il Paese sta iniziando a prendere coscienza del problema acqua. I cittadini brasiliani cominciano ad assumere un ruolo sempre più responsabile e attivo per la conservazione dell’ambiente a cui è strettamente legato il destino delle comunità indigene e delle popolazioni afro-brasiliane, che restano ancora all’ultimo gradino della scala sociale” aggiunge Dom Cappio. Qualche segnale positivo è già disponibile: “Nella nostra diocesi sta funzionando positivamente il programma ‘Fame e sete zero’ per la conservazione dell’acqua piovana in grandi cisterne capaci di contenere fino a 23.000 litri, quello che una famiglia media consuma normalmente in un anno. Se dalle parole si passa all’azione, si concretizza la speranza di una vita degna per tutti” conclude il vescovo.