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View Full Version : Tremonti: "L'11 settembre non c'entra nulla con la crisi"


Alessandro Bordin
04-10-2005, 17:17
Il ministro dell'Economia assolve l'euro e l'11 settembre, la colpa è di un Paese che non è entrato nella competizione globale STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
ROMA - «In Europa l'economia cresce di meno ed in Italia continua a crescere meno dell'Europa. Le cause non sono congiunturali, ma strutturali. Sono cause profonde e remote. Negli anni '90 l'Italia è entrata nell'euro ma non è riuscita ad entrare nella competizione globale internazionale». Lo ha detto il ministro del'Economia, Giulio Tremonti, intervenendo in aula al Senato per illustrare la Finanziaria.

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti al Senato (Infophoto)
«Le criticità accumulate e che hanno determinato l'andamento dell'economia italiana vanno cercate dalle parti dell'euro e della Cina»: ha ribadito il ministro dell'Economia. Tremonti ha aggiunto però che «l'euro è stato straordinariamente positivo per la Repubblica italiana perchè ha permesso di consolidare il debito pubblico. E questo è un dato fondamentale. Ma nella transizione tra la vecchia moneta e l'euro ci sono stati fatti che non possiamo considerare irrilevanti». Dal punto di vista della situazione economica inoltre per Tremonti «non c'entra nulla l'11 settembre con l'Italia e l'Europa». Anche l'entrata nell'euro viene considerata da Tremonti un successo «straordinario» del centrosinistra
LA POLITICA DEL GOVERNO - Tremonti ha poi difeso la politica economica del governo: «In un contesto economico non positivo in Italia e in Europa noi siamo riusciti a garantire la tenuta sociale e la tenuta dei conti pubblici e abbiamo fatto anche alcune riforme strutturali, in un contesto avverso». Tra le riforme strutturali approvate dal governo il ministro ha ricordato la riforma delle pensioni "considerata la migliore riforma d’Europa", la riforma del lavoro, delle infrastrutture, dell’istruzione e del diritto fallimentare.
LA RICETTA PER USCIRE DALLA CRISI - «In Europa non è più il tempo di garanzie e promesse, di garantismo e del buonismo. È il tempo dell'impegno e dei doveri. Non ci sono soluzioni buone per il passato, servano soluzioni buone per il futuro» ha poi affermato il ministro dell'Economia che ha spiegato in cinque punti la strategia di intervento che dovrebbe adottare l'Europa «partendo dal basso», cioè dalle esigenze dell'economia: smettere di applicare regole unilaterali (che non si applicano invece sui competitors esterni); emettere titoli di debito pubblico europei per favorire la riconversione; avviare una politica industriale europea; promuovere l'attrazione di capitali esterni; spostare il prelievo fiscale dalle persone alle cose.
04 ottobre 2005

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Accidenti, ma sbaglio o andava decendo il contrario fino a poco tempo fa? :D A parte questo, è su altro che mi interesserebbe discutere.

Riporto l'articolo per analizzare la ricetta: cosa ne pensate? Chiedo lumi inoltre sul punto 2, non ho capito proprio cosa significhi.

Login
04-10-2005, 17:33
Io sono del parere che abbiamo fatto l'inverso della cina.
Ci siamo chiusi nel nostro pseudo mercato con la sua risibile pseudo concorrenza, incuranti, volutamente o no, di come funziona(va)no le vere leggi di mercato in giro per il mondo; ci siamo creati e sostenuti l'assistenzialismo per chi, poverino, nonostante fosse all'interno del nostro pseudo mercato non riusciva (o non voleva) stare al passo con gli altri.
Ora non possiamo più nasconderci, e questo è il risultato.

Onisem
04-10-2005, 18:51
Cos'è, gli ultimi sondaggi dicono che il realismo tira di più delle barzellette e delle scuse? :mbe:

bianconero
04-10-2005, 19:18
come mai in questi 4 anni e mezzo ci hanno sempre propinato la scusa dell' 11 settembre per coprire l'incapacità di governare di questa maggioranza ???

adesso smentiscono tutto?

evidentemente si sono resi conto che la gente non crede piu alle storielle e alle buffonate di berlusconi e company :mc:

reden
04-10-2005, 19:36
Ecco bravi ...adesso lo capiamo ...la cina , 11 settembre e l'euro non centrano niente !!! Siamo noi gli incompetenti !!

Io sono preoccupato ragazzi veramente in un'altro post dicevano che le scuole dei cinesi e degli indiani sono gia migliori delle nostre !!!

QUindi non ci battono solo in quantita' adesso anche in qualita !!!

Spero che la prossima riforma moratti possa metterci una pezza !!

Login
04-10-2005, 19:45
Io sono preoccupato ragazzi veramente in un'altro post dicevano che le scuole dei cinesi e degli indiani sono gia migliori delle nostre !!!

E secondo te ci vuole tanto? Oramai le nostre scuole sono meri parcheggi per i figli.

LittleLux
04-10-2005, 20:30
Bè, però sta gente dovrebbe mettersi d'accordo con se stessa.

Banus
04-10-2005, 20:51
Cos'è, gli ultimi sondaggi dicono che il realismo tira di più delle barzellette e delle scuse? :mbe:
Davvero :asd:
Quando ho letto l'articolo facevo fatica a credere che fossero sue parole :D
Anche riconoscere i meriti della fazione avversa... era da molto tempo che non si vedeva :p

flisi71
05-10-2005, 08:24
Penso che sia uno choc per chi credeva alle solite sparate dei soliti noti.

Ciao

Federico

flisi71
05-10-2005, 08:34
Riporto un commento di Sergio Romano sul CdS:

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2005/10_Ottobre/05/romano.shtml

Analisi incomplete
di Sergio Romano


Qualche giorno fa ho scritto che Giulio Tremonti non ama i mea culpa. Non è sempre vero.
Ieri, al Senato, il ministro dell’Economia ha implicitamente riconosciuto che le sue diagnosi degli anni scorsi erano sbagliate.
Gli attentati dell’ 11 settembre non hanno sconvolto il quadro dell’economia internazionale e i mali italiani non possono essere attribuiti all’ondata di terrorismo che si è abbattuta sul mondo negli ultimi quattro anni.

Lo sapevamo.
Anche noi avevamo letto i dati dell’economia mondiale e sapevamo che altri Paesi, maggiormente esposti alla minaccia (gli Usa e la Gran Bretagna, per esempio), avevano superato rapidamente lo choc delle Torri gemelle.

Ma l’ammissione è importante. Tremonti, oggi, ha una nuova spiegazione.

E’ convinto che le cause della «criticità» della nostra economia (un eufemismo per malessere e stagnazione) sarebbero l’euro e la Cina.

L’euro ha favorito il consolidamento del debito pubblico, ma l’industria italiana non ha saputo adattarsi rapidamente alle nuove regole del gioco monetario e i bassi tassi d’interesse hanno drasticamente ridotto il potere d’acquisto di quella parte della società italiana che viveva di Bot e Cct.

E la Cina infine, sono parole del ministro, «ha sottratto all’Italia, a livello Unione Europea, circa 13 miliardi di quote di mercato nei soli 21 prodotti esaminati dalla Fondazione Edison».

Gli argomenti appartengono al miglior Tremonti e l’analisi è molto più convincente di quella con cui il ministro dell’Economia spiegava negli scorsi anni le difficoltà italiane.

Ma è pur sempre una spiegazione parziale.

Il quadro sarà completo e convincente soltanto quando Tremonti avrà detto perché altri Paesi, costretti ad affrontare le stesse sfide, abbiano registrato risultati positivi.

Non penso soltanto ai casi migliori (Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna) e spero che il ministro, per giustificare i cattivi risultati italiani, non invochi il caso della Germania.

La Repubblica federale non è ancora uscita dalla sua stagnazione, ma ha enormemente aumentato negli scorsi anni le sue esportazioni, anche verso la Cina, e ha messo in cantiere, con alcune buone riforme, la trasformazione dello Stato assistenziale.

Se Schröder non ha vinto le elezioni la colpa non è di una politica pavida e tentennante. La «colpa» è del coraggio con cui ha sfidato la propria sinistra e ha pensato al futuro del Paese piuttosto che alla sua popolarità.

Non basta quindi parlare di euro e di Cina. Occorre parlare di riforme fatte a metà come quella sulle pensioni e sul mercato del lavoro, di leggi (quella sul risparmio, ad esempio) rimaste in Parlamento per un paio d’anni, di provvedimenti ad personam che hanno monopolizzato il calendario delle Camere, di corporazioni professionali privilegiate e costose che il governo non ha osato toccare, di una eccessiva timidezza di fronte ai nuovi monopoli che stavano imprigionando il mercato italiano.

Non pretendiamo dal ministro dell’Economia un atto di contrizione.
Ci limitiamo a ricordare che alle analisi incomplete corrispondono generalmente terapie insufficienti.

05 ottobre 2005
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LittleLux
05-10-2005, 08:34
Penso che sia uno choc per chi credeva alle solite sparate dei soliti noti.

Ciao

Federico

Tu credi? Io no. Molti diranno che Tremonti ha sempre sostenuto questo e loro con lui. Semplice.:D

zuper
05-10-2005, 08:37
ma come.....adesso solo perchè dice una cosa che vi fa comodo allora la die giusta??

pierpo
05-10-2005, 08:40
Il sistema industria italiano, e' divetato orami proaticamente inesistente, in 10 anni e' crollato portandosi dietro una fetta non trascurabile di richezza.

Il sistema industria IMHO, e' crollato per due motivi.
1) incapacita' dei figli di gestire le aziente fondate dai padri.
Colpa della cultura industriale italiano assolutamento NON meritocratica.

2) sistema industria che produceva e vendeva all'estero, aiutata da una Lira di basso valore. Questo metodo e' usato ora dai cinesi.

flisi71
05-10-2005, 08:47
ma come.....adesso solo perchè dice una cosa che vi fa comodo allora la dice giusta??

Come ribadito anche nel commento di Sergio Romano il ministro ha semplicemente detto quello che gli indicatori economici dicevano da anni.
Non è una cosa che fa comodo a qualcuno (anzi, visto che siamo tutti sulla stessa nave Italia, non fa comodoa nessuno), è solo la realtà dei fatti.

Nessun economista ha mai sostenuto gli slogan "colpa dell'€ di Prodi", solo Emilio Fede lo ripeteva ognigiorno.
Adesso docrà fare una ennesima capriola, ma con la faccia che si ritrova non credo che incontrerà alcun problema.


Ciao

Federico

Blue Spirit
05-10-2005, 09:18
E secondo te ci vuole tanto? Oramai le nostre scuole sono meri parcheggi per i figli.


Esatto. E adesso vogliono fare la stessa cosa con l'Università, e distruggere quel poco che restava della nostra ricerca, tagliando la testa ai ricercatori italiani...

Fil9998
05-10-2005, 09:21
diciamocelo. !!!!



La colpa di come vanno le cose è del cittadino medio che lavora e produce e che riceve lo stipendio al netto delle tasse e del cittadino medio che non trova lavoro per produrre, ma comunque le tasse le paga !!! Il cittadino medio non ha organizzato bene il lavoro e l'economia !!! Il cittadino medio non sa fare sacrifici e stringere la cinghia !!!



Politici, economisti, sindacalisti ed industriali non c'entrano nulla. Sono tutti innocenti !!!

Fil9998
05-10-2005, 09:28
La domanda sorge spontanea.... ma fra diventare poveri poveri veramente con l'incubo dei mercati globali e arrangiarci sopravvivendo (malissimo) in regime autarchico (non sto parlando di regimi nè di dx nè di sx, ma solo di un modo di gestire economia e produzione) ...

farebbe tanta differenza ??? perchè mi pare che si siano le premesse per cui il benessere che ricaveremo dalla globalizzazione è esattamente quello avremmo avuto impostando sull'autosufficienza il mondo produttivo.



mhà .... :confused: :mbe: :confused: :confused: :confused:

dataman
05-10-2005, 10:30
Non faccio commenti sulle uscite di Tremonti, perchè infrangerei 358 regole del forum contemporaneamente, ma la tentazione è vivissima ..... :rolleyes:

parax
05-10-2005, 11:08
Bè, però sta gente dovrebbe mettersi d'accordo con se stessa.

Come si dice a Roma, dovrebbero far pace col cervello.

dupa
05-10-2005, 12:57
il problema dell'italia sono banche, assicurazioni, assistenzialismo

Sursit
05-10-2005, 14:46
il problema dell'italia sono banche, assicurazioni, assistenzialismo
Sì, vero. Ma non solo.
La colpa è anche di chi crea un'attività, cresce fino ad un certo punto, ha 10 dipendenti, e poi gli unici investimenti che fa sono quelli del Cayenne. E poi lascia la ditta al figlio che ha cazzeggiato per trent'anni.........
E la colpa è anche di quei imprenditori che hanno fatto elettrodomestici economici, senza valore aggiunto, che hanno venduto solo per la svalutazione della lira e non per la qualità e che adesso hanno portato la produzione in Cina per continuare a fare quello che hanno fatto, anche in barba al fisco.
Insomma, siamo semre i più furbi al mondo :rolleyes:

flisi71
06-10-2005, 07:53
La penso anche io così.
All'origine dei problemi ci va messa la mentalità italica, la ricerca della "furbizia" a costo di privilegiare l'oggi senza alcun piano per il domani.

Ciao

Federico

Adric
09-10-2005, 03:43
Il «codice Tremonti»: contro la Cina? Più Europa

(Corriere della sera)

Esce il saggio-thriller del ministro: «Non solo l’89, il ’94 del Wto ha cambiato tutto» «Dall’unificazione tedesca alla caduta del muro di Pechino: i nuovi vincoli dell’Italia»

Bloccato a Milano da un fastidioso problema al menisco, Giulio Tremonti ha tempo di godersi il primo giorno del suo saggio in libreria. Qualche amico ironizza sul guaio al ginocchio, alludendo a misteriosi influssi provenienti da Palazzo Koch, ma ad altri misteri si è applicato Tremonti, nei mesi in cui scriveva questo suo ultimo libro. Già il titolo, per dire, ricorda più un più thriller americano che non un saggio di economia: «Rischi fatali». Dite voi se non vi sembra Grisham. In realtà, il saggio è costruito come un giallo misterico, e un poco ricorda certi passaggi del Dan Brown del «Codice da Vinci» o di «Angeli e demoni». Comunque: chi leggerà «Rischi fatali» cercando nel Tremonti-pensiero tracce della Finanziaria appena elaborata vi troverà solo alcuni punti fermi: «Il cinque per mille, per esempio, o l’attenzione ai distretti, ai brevetti. Ma non c’è un legame specifico», spiega Tremonti.

Si parla molto di Europa in questo saggio Mondadori, ma il primo capitolo introduce subito l’elemento «misterico», ruotando attorno a due date: 1989-1994. L’una è una «data calda», l’altra «fredda», e però sono giocate tutt’e due in una sorta di «codice Tremonti». Questi i collegamenti: 1989-1994; 1994-2001; 2001-2006. Appassionato frequentatore di thriller dove storia e attualità si mescolano, Tremonti racconta, così come gli è stata narrato, quel che c’è dietro il big bang del 1989, l’unificazione tedesca. «La storia è venuta fuori una sera, dopocena, mentre con altri colleghi europei chiacchieravamo davanti al caminetto. Uno di noi prese a raccontare». E’ la storia che si trova nel capitolo «Il treno di Praga». «L’unificazione tedesca era stata preparata per decenni, impostata tra l’altro anche nelle riunioni di Aspen Berlin, ma la lunga incubazione subisce un’imprevedibile accelerazione nell’estate del 1989. Per la prima volta migliaia di tedeschi dell’Est vanno in vacanza a Praga e in Ungheria. E là chiedono asilo nelle ambasciate della Repubblica Federale». Da lì, si mette in moto il big bang. In quella serata davanti al caminetto, il misterioso ministro europeo racconta della decisione di Genscher, allora ministro degli Esteri di Kohl, di accelerare tutto, del treno che, per l’appunto da Praga, porterà i rifugiati dell’Est a Bonn, della riunione segreta in cui anche l’Spd, allora all’opposizione in Germania, fu messa al corrente di quanto sarebbe accaduto, delle telefonate da Washington e da Mosca, due nulla osta. Due sole capitali, due soli leader, reagirono negativamente: Mitterrand a Parigi e la Thatcher a Londra. In quei giorni «si compì lo scambio tra riunificazione tedesca e fine del marco. Fu la nascita dell’euro».

Nel suo libro, Tremonti cita Jacques Delors: «A volte la grande storia può essere servita da fatti misteriosi» ed è la formula misterica del «tre volte cinque» a fare da guida al saggio per ricostruire come dalla data «calda» dell’89 si arriva a quella «fredda» del 1994: «A Marrakesh, quell’anno, si definisce il vero assetto del mondo, nasce il Wto, si liberano le forze chiuse nei forzieri militari». Si libera Internet, «finché, alla fine del 2001, le forze liberate si scatenano su due onde di ritorno. Alla pressione della globalizzazione il mondo arabo risponde negativamente, con una reazione identitaria che rifiuta la struttura "blasfema" del modello neo-coloniale. In Asia, invece, la reazione è positiva: dopo il muro di Berlino, cade il muro di Pechino».
Tornano i confronti delle date, per l’autore di «Rischi fatali» l’11 settembre 2001 è ovviamente, e ancora, la data della svolta, ma invita a tenere presente anche un altro 11 2001, l’11-12-2001, per l’esattezza: «Quel giorno, la Cina entra nel Wto».

Una delle più frequenti obiezioni mosse a Tremonti è l’aver insistito sul timbro dell’ottimismo anche dopo l’11 settembre 2001. Non sarebbe stato più semplice dire la verità circa lo stato dell’economia? «Quel che successe dopo il 2001 è stato chiaro ex post. In un saggio del ’95, "Il fantasma della povertà", io avevo fatto un’ipotesi predittiva sugli effetti della globalizzazione sull’Europa, ma certo non sapevo come e quando si sarebbero verificati. A rileggere i comunicati degli Ecofin o delle riunioni del Fmi o dei G7 post 2001, si vedrà ricorrere sempre i termini "congiuntura", o criticità congiunturale. Non era faciloneria. Da un lato, si volevano determinare comportamenti positivi, dall’altro davvero era difficile capire la portata dei fenomeni. Gradualmente emergeva l’asimmetria: Usa e Asia andavano bene, l’Europa no».

Anche in Europa, però, ci sono Paesi che, nonostante tutto, oggi stanno meglio dell’Italia.
«Allude alla Germania? Il declino italiano diventa chiaro negli anni 90. Il nostro Paese è riuscito a entrare nell’euro, ma non è riuscito a restare nella competizione. Abbiamo subìto quattro choc: dalla svalutazione continua alla supervalutazione della moneta. Non è una difesa, è una constatazione. Dagli alti rendimenti sui Bot a quasi zero. Poi ci sono stati il cambio lira-euro e la concorrenza asiatica asimmetrica.
La Germania ha retto meglio? Io ho grande rispetto per intellettuali come Sergio Romano o Renato Brunetta, ma la mia esperienza è diversa. Vedo che noi di riforme di competenza dello Stato in quattro anni ne abbiamo fatte molte, dal lavoro alle pensioni: la nostra riforma delle pensioni è tra le migliori d’Europa. Riforme di questo tipo la Germania non le ha ancora fatte. Non a caso il programma di Schröder si chiamava "Agenda 2010".

La vera riforma tedesca è stata quella dell’industria, che ha però trasferito i costi sul bilancio pubblico. Hanno delocalizzato produzione e tassazione ma hanno localizzato il Welfare. Hanno creato 5 milioni di posti di lavoro fuori e cinque milioni di disoccupati in Germania. E’ questa una delle differenze tra made in Germany e made by Germany. Dopo un secolo e mezzo di industria la Germania può diventare una società postindustriale e postmoderna? Terra di designer e informatici, di finanzieri e pubblicitari? E’ possibile far passare circa diciotto milioni di tedeschi orientali, più o meno un quarto della popolazione, quasi di colpo dal comunismo al postindustriale? Anche per questo il caso Germania mi sembra un caso particolare».

Maria Latella

Scoperchiatore
09-10-2005, 08:52
ma come.....adesso solo perchè dice una cosa che vi fa comodo allora la die giusta??

Beh, sa com'è, si ragiona con la propria testa e non con la faccia di chi ha parlato. Se uno, chiunque, dice qualcosa di giusto, lo si riconosce...