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View Full Version : lavoro, 6 posti su 10 trovati da parenti e amici


Adric
03-10-2005, 15:40
Trovare lavoro? E’ un affare di famiglia

Sei giovani su 10 aiutati da genitori e amici. Ferrarotti: mercato poco trasparente

di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - A cercare il lavoro ci pensano mamma e papà. O al più i loro amici. In Italia la famiglia, sognando il lavoro che non c’è, è il principale soggetto che si attiva per garantire sbocchi professionali che sembrano sempre più rari. Genitori e parenti vanno a caccia di occupazione attraverso una rete di contatti informali. Occupazione sempre più difficile e precaria, ma pur sempre occupazione. Per l’incontro tra domanda e offerta in altri Paesi si sono consolidati canali più trasparenti. Da noi, invece, per ottenere un posto di lavoro ci si affida a una sorta di tam-tam. I Centri pubblici per l’impiego in Italia funzionano prevalentemente per i lavori di manovalanza, mentre i canali di approdo alle posizioni di medio e alto livello, in almeno 6 casi su 10, sono costituiti dai “privati”. Come reagiscono le aziende? Per loro vale ancora il «principio della presunta affidabilità» di chi viene segnalato. Un sistema medievale, questo, che spinge giovani preparati e intraprendenti a cercare fortuna all’estero. Eh sì, perché il fenomeno, pur presente in altri Paesi, solo da noi raggiunge punte così elevate.
Rileva il Censis che la «rete familiare, fatta di genitori, fratelli, sorelle e altri parenti, nel 29,7% dei casi» è il punto di contatto tra il datore di lavoro e il neo-assunto. A ciò si aggiunge la rete amicale, fatta di amici intimi e conoscenti, con un suo 33,1%. Solo il 20% usa canali istituzionali.
Ma nel mercato del lavoro qualche segnale di miglioramento c’è. Nel secondo trimestre del 2005, rileva l’Istat, l’offerta di lavoro è aumentata, rispetto allo stesso periodo del 2004, dello 0,5%. Il che, tradotto in cifre assolute, equivale a +127.000 posti di lavoro. Però una considerazione è d’obbligo: dopo anni di stagnazione è una goccia nel mare. In Italia, infatti, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è del 22,9% (dati del 2005 contenuti nell’ultima rilevazione sulle forze lavoro).
Dice la ricercatrice del Censis Ester Dini: «I giovani italiani continuano ad essere uno dei segmenti più penalizzati del mercato del lavoro. Assieme alla Grecia siamo il fanalino di coda. E non risulta più confortante il confronto con altre realtà. Tra i Paesi Ocse solo Polonia e Repubblica Slovacca presentano una condizione giovanile decisamente peggiore» con tassi di disoccupazione rispettivamente del 41% e 39,1%.
Quanto alla ricerca del lavoro affidata ai parenti solo la Spagna ci tiene buona compagnia. «E’ vero - osserva il sociologo Franco Ferrarotti - i centri pubblici di collocamento non hanno funzionato. Chi non trova lavoro se la prende con se stesso, poi con la famiglia, poi con la società. Depressione e scoraggiamento sono molto diffusi. Ci sono giovani che spediscono montagne di curriculum ovunque però non ricevono risposta. Ci si appoggia alla raccomandazione, mentre ci sarebbe bisogno di meccanismi certi e trasparenti».
«La verità - continua Ferrarotti - è che la nostra società, ricca e progredita, “divora” i propri figli: non dà spazi nè prospettive. Perciò sono pessimista. I ragazzi, se non ci saranno inversioni di tendenza, sono condannati al precariato, con conseguenze disastrose: dalla mancanza di progetti di vita all’impossibilità di avere un mutuo per l’acquisto della casa. Infatti, le banche agli atipici, ai precari, concedono mutui con condizioni capestro. Alla prima rata che salta si rischia di perdere tutto. Certo, prima le assunzioni erano tutte a tempo indeterminato: quando si faceva il contratto ad una persona era un po’ come sposarla. Ora assistiamo all’opposto. La precarizzazione selvaggia. Perché gli strumenti per rendere più fluido il mercato, come nel caso della legge Biagi, sono stati usati male. Risultato: si spezzano le vite di tanti individui, con il rischio di far crescere la collera sociale».
(1 - continua)

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L’ANALISI

Un milione e 300 mila non studia e non ha un’occupazione

La Francia sta poco meglio di noi: sono 800 mila i ragazzi in attesa di impiego. Un costo enorme per la collettività

di ANTONIO GOLINI

UN MILIONE e trecentomila giovani in Italia non studiano, né lavorano. Questo è il dato, per molti versi sconcertante, reso noto per la prima volta a Parigi in un Seminario di studio e lavoro organizzato congiuntamente dal ministero del Lavoro francese e da quello italiano. Questo mare di giovani di età compresa fra i 15 e i 30 anni è ovviamente fonte di attenzione e preoccupazione da parte italiana; ma non minori sono quelle francesi avendo essi stimato in ottocentomila i loro giovani in difficoltà, da prendere per mano e da accompagnare verso un lavoro soddisfacente e duraturo. Si tratta in entrambi i casi di mettere in piedi una complessa strategia di coesione sociale che costituisca il cuore di una dura battaglia per il lavoro, una merce che sta diventando più che mai preziosa in tutto il mondo, e qualche volta anche rara.
Per quanto riguarda l’Italia le cifre - frutto di indagini Istat e di una elaborazione congiunta con l’agenzia Italia-Lavoro - vanno interpretate. In primo luogo c’è considerare che molti (30-40 per cento?) di quel milione e trecentomila lavorano nel sommerso e per questo preferiscono occultarsi in occasione di una rilevazione statistica ufficiale. In secondo luogo molti di quelli che si trovano nella situazione di non lavoro e non studio hanno alle spalle famiglie, di tutte le classi sociali, che consentono loro di rimanere in un tale limbo, ma che altresì consentono loro di sopravvivere adeguatamente; dovesse ridursi la capacità delle famiglie di mantenerli, molti dei giovani dovrebbero accettare comunque un lavoro. In tutti i casi però sono l’espressione di un disagio sociale che rischia di autoalimentarsi in un circolo vizioso che trova i suoi elementi dinamici da un lato nella difficoltà dell’economia a creare sufficienti posti di lavoro e dall’altro nello scoraggiamento che essa crea agli aspiranti al lavoro che rinunciano quindi a cercarne uno. Si diffondono tra i giovani - e nelle loro famiglie - disillusione e frustrazione che assumono i caratteri di una epidemia sociale e che costano cifre immerse alla collettività per la mancata produzione di beni e servizi, per i mancati introiti di tasse e contributi, per i sussidi e i sostegni da dare ai giovani senza occupazione.
L’incontro di Parigi serve a entrambi gli interlocutori, alla ricerca delle migliori pratiche da studiare, confrontare e mettere in atto. La Francia è particolarmente interessata al decentramento amministrativo delle politiche di istruzione professionale e di politiche attive per il lavoro, ai contenuti e agli effetti della cosiddetta legge Biagi, fra cui le nuove forme di apprendistato che consentono ai giovani di effettuare, anche stando in azienda, un’alta formazione che li conduca alla laurea o al dottorato; interessata anche ai recenti provvedimenti della legge Moratti, che tra mille difficoltà rende un diritto/dovere l’istruzione e la formazione fra i 15 e i 18 anni. Da parte nostra l’attenzione è stata attirata dall’importante, oneroso e articolato programma francese di inserzione professionale e sociale dei giovani che, per perseguire l’obiettivo di ridurre del 15% la disoccupazione giovanile, solo nel 2005 ha ottenuto 263 milioni addizionali di euro.
Certamente questi incontri bilaterali sono utilissimi per confrontare idee ed esperienze e per attuare nel proprio paese le migliori pratiche che hanno avuto successo in un altro paese; essi servono quindi anche ad armonizzare le politiche sociali e, in una prospettiva di lungo periodo, a costruire una Europa sociale, necessario corollario (o premessa?) di una Europa politica. Ma alla base di tutto, in primo luogo in Italia ma anche in Francia così come nel resto d’Europa, c’è il problema dello sviluppo economico e la necessità di ritrovare per esso dinamicità e crescita.

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L’INTERVISTA
«Cina e India faranno concorrenza ai nostri laureati»

Il sociologo De Masi: puntare di più su ingegneria e sui settori scientifici, questi paesi ci hanno già superati

ROMA - De Masi, la famiglia cerca lavoro. Sembra una battuta, invece non lo è. La maggioranza dei giovani trova occupazione per intercessione di mamme, zii, nonni. Siamo nell’Italietta di mezzo secolo fa?
«Non mi stupirei troppo, succede in tutto il mondo. Forse non è questa la cosa più grave. Certo, ci vorrebbero centri pubblici funzionanti. Ma la cosa di cui preoccuparsi di più è un’altra». La risposta è del sociologo del lavoro Domenico De Masi.
Può spiegare?
«Ci sono Paesi emergenti che ci hanno già superati. Vogliamo fare qualche confronto? La Cina sforna 400.000 ingegneri l’anno. Noi, in totale, tra tutte le facoltà abbiamo appena 150.000 laureati l’anno. La distanza è abissale. Ma non è solo un problema di numeri. Cina e India ci hanno sorpassato anche sul piano della qualità, della preparazione. Le loro università funzionano meglio delle nostre».
Che fare?
«Puntare sul settore scientifico, cercando di guadagnare il terreno perduto. In ogni caso il problema non è solo nostro. Basti pensare che negli Usa, in università come quelle di Santa Barbara o di San Diego, la presenza degli stranieri che andavano lì per motivi di studio è crollata del 48%. Lo dico da anni, abbiamo lasciato sguarniti settori vitali e prioritari, infilandoci in un vicolo cieco».
Quali sono le conseguenze?
«I Paesi sono di tre tipi: quelli che producono idee, quelli che producono beni materiali e quelli che non producono niente. Ebbene, noi appartenevamo alla prima fascia. Ora non più, perché abbiamo perduto questo primato. Le nostre università, che erano la fabbrica delle idee, sono prive dei fondi necessari alla ricerca».
Il lavoro dei giovani?
«Sempre più difficile. In ogni caso, se ci riferiamo ai laureati, l’Italia non li ha mai premiati. Ora le statistiche dicono che i neo-dottori trovano più occupazione, ma solo perché fanno i lavori che un tempo avrebbero fatto quelli con la terza media. Penso ai Call-center, dove moltissime persone hanno la laurea».
A. Ser.

(Il Messaggero.it)

tdi150cv
03-10-2005, 19:00
dipende da cosa si intende per :'lavoro trovato da papa' o amici'.
Personalmente alle varie aziende di ricerca del personale ho segnalato piu' di qualche amico che rispecchiava le figure ricercate ma dopo la segnalazione sono loro che se la sono vista ... e se sono stati assunti e' grazie a quello che hanno dimostrato.
Quindi al solito io non ci vedo nulla di male se per :'TROVARE LAVORO CI PENSA PAPA' O GLI AMICI' si intende anche segnalare una possibilita' di lavoro a chi teniamo veramente.
Anzi io personalmente criticherei chi non aiuterebbe un amico o un figlio comportandosi in maniera opposta.

Onisem
03-10-2005, 19:13
dipende da cosa si intende per :'lavoro trovato da papa' o amici'.
Personalmente alle varie aziende di ricerca del personale ho segnalato piu' di qualche amico che rispecchiava le figure ricercate ma dopo la segnalazione sono loro che se la sono vista ... e se sono stati assunti e' grazie a quello che hanno dimostrato.
Quindi al solito io non ci vedo nulla di male se per :'TROVARE LAVORO CI PENSA PAPA' O GLI AMICI' si intende anche segnalare una possibilita' di lavoro a chi teniamo veramente.
Anzi io personalmente criticherei chi non aiuterebbe un amico o un figlio comportandosi in maniera opposta.
E chi non ha padre ed amici giusti, che fa?

FastFreddy
03-10-2005, 19:14
E chi non ha padre ed amici giusti, che fa?

Per l'appunto c'è da fare un distinguo tra la raccomandazione (accompagnata magari da corruzione) e la semplice segnalazione.

riaw
03-10-2005, 19:15
E chi non ha padre ed amici giusti, che fa?


si sveglia.

Onisem
03-10-2005, 19:22
si sveglia.
Già, tipico, ma allora poi non lamentiamoci se le cose non funzionano. Anche perchè trovo che il confine tra il "segnalare" una persona con comunque delle capacità, e l'assumere un manifesto incompetente sostenendo la stessa logica, sia facilmente valicabile. Il punto é: quella persona è davvero la migliore che si potrebbe mettere in quella posizione? Si è ricercato il migliore? Con quali criteri? Come sono dosate le componenti "conoscenze" (nel senso di amicizie, legami di parentela, affiliazione, appartenenza a determinati gruppi etc.) e "capacità"; 50%/50%, 30%/70%, 90%/10%?

Lucio Virzì
03-10-2005, 19:27
E chi non ha padre ed amici giusti, che fa?
Viene qui sul forum e chiede ad uno dei tanti imprenditori a cui le finanze vanno a gonfie vele di assumerlo. :rolleyes:

Ad ogni modo, a parte le solite e scontate boutade è una realtà con cui tutti si scontrano.
Oramai, almeno ad un certo livello, le sezioni di HR fanno colloqui e giornate di incontro SOLO per potersi autogiustificare; le assunzioni, poi, avvengono sempre per presentazione.

LuVi

Alabamasmith
03-10-2005, 19:27
dalle mie parti la maggior parte dei lavori stagionali funziona così, le referenze sono appunto le conoscenze con amici, parenti, ecc... Tuttavia se uno non è buono per un certo lavoro (o non rende), mica lo tengono solo perchè è figlio/amico di tizio e caio. Questo purtroppo avviene col nepotismo/clientelismo in molte strutture pubbliche. :(

Onisem
03-10-2005, 19:39
dalle mie parti la maggior parte dei lavori stagionali funziona così, le referenze sono appunto le conoscenze con amici, parenti, ecc... Tuttavia se uno non è buono per un certo lavoro (o non rende), mica lo tengono solo perchè è figlio/amico di tizio e caio. Questo purtroppo avviene col nepotismo/clientelismo in molte strutture pubbliche. :(
Magari, questa piaga non è più esclusiva del pubblico impiego ormai da anni.

tdi150cv
03-10-2005, 20:55
Già, tipico, ma allora poi non lamentiamoci se le cose non funzionano. Anche perchè trovo che il confine tra il "segnalare" una persona con comunque delle capacità, e l'assumere un manifesto incompetente sostenendo la stessa logica, sia facilmente valicabile. Il punto é: quella persona è davvero la migliore che si potrebbe mettere in quella posizione? Si è ricercato il migliore? Con quali criteri? Come sono dosate le componenti "conoscenze" (nel senso di amicizie, legami di parentela, affiliazione, appartenenza a determinati gruppi etc.) e "capacità"; 50%/50%, 30%/70%, 90%/10%?

sta a te , dopo essere stato segnalato , dimostrare di essere una persona capace di sostenere quel dato impiego ... la legge infatti consente un periodo di prova che va dai 3 ai sei mesi a seconda del contratto e del livello ... e' semplice basta solo , COME AL SOLITO , saperci fare e AVER VOGLIA DI FARE ! Voglia di fare che per come la vedo io sta lasciando il passo ad una serie di personaggi con solo tanta voglia di mostrare solo i propri diritti !

Onisem
04-10-2005, 15:50
sta a te , dopo essere stato segnalato , dimostrare di essere una persona capace di sostenere quel dato impiego ... la legge infatti consente un periodo di prova che va dai 3 ai sei mesi a seconda del contratto e del livello ... e' semplice basta solo , COME AL SOLITO , saperci fare e AVER VOGLIA DI FARE ! Voglia di fare che per come la vedo io sta lasciando il passo ad una serie di personaggi con solo tanta voglia di mostrare solo i propri diritti !
Mi pare proprio che in Italia le cose stiano così, anche per questo va tutto a gonfie vele.

pippicalzelunghe
04-10-2005, 17:58
per quanto alcuni di voi hanno gli occhi foderati di prosciutto, in italia, funziona veramente male il reclutamento di personale...


I lavori, sono sempre su presentazione di qualcuno, perchè purtroppo, alle agenzie di lavoro, le aziende si rivolgono solamente per trovare stagisti, e pagarli 2 soldi....

Il lavoro vero, è sempre un qualcosa di molto personale e dipende sempre più dalle conoscenze familiari....

Io ad esempio, non ho avuto bisogno,... ma la mia ragazza si.... :)

tdi150cv
04-10-2005, 19:30
Mi pare proprio che in Italia le cose stiano così, anche per questo va tutto a gonfie vele.


cioè ... io segnalo una persona , questo si comporta bene e dimostra di sapere il fatto suo ed e' per questo che l'itaGLIa va a rotoli ? Scusa sai ma ... :rotfl: mi faccio delle gran risate ...

Onisem
04-10-2005, 20:50
cioè ... io segnalo una persona , questo si comporta bene e dimostra di sapere il fatto suo ed e' per questo che l'itaGLIa va a rotoli ? Scusa sai ma ... :rotfl: mi faccio delle gran risate ...
Chi lo decide se il "segnalato" si comporta bene (bisognerebbe poi intendersi sul significato dell'espressione)? Tu? Il "segnalato" stesso? Il suo superiore, magari "segnalato" a sua volta? Per il resto ti rimando a quanto ho già scritto precedentemente, se tra una gran risata e l'altra ti avanza tempo per leggere...e riflettere.

tdi150cv
04-10-2005, 21:48
Chi lo decide se il "segnalato" si comporta bene (bisognerebbe poi intendersi sul significato dell'espressione)? Tu? Il "segnalato" stesso? Il suo superiore, magari "segnalato" a sua volta? Per il resto ti rimando a quanto ho già scritto precedentemente, se tra una gran risata e l'altra ti avanza tempo per leggere...e riflettere.

gia ... questi sconosciuti risultati ...
Ora capisco molti ragionamenti ... anche i tuoi ...

Jaguar64bit
04-10-2005, 22:04
Il brutto del mercato del lavoro in Italia è che praticamente chi ha un lavoro sembra un miracolato...quando dovrebbe essere la normalità per tutti , negli Usa c'è un mercato del lavoro più aperto e da quello che so si viene assunti più facilmente..che nella vecchia Italia... , li quando ti presenti in un posto di lavoro.. non ti chiedono vita morte e miracoli della tua vita , non ti chiedono che lavoro fa tuo padre e che lavoro facevano i tuoi nonni.

Lucio Virzì
04-10-2005, 22:13
Il brutto del mercato del lavoro in Italia è che praticamente chi ha un lavoro sembra un miracolato...quando dovrebbe essere la normalità per tutti , negli Usa c'è un mercato del lavoro più aperto e da quello che so si viene assunti più facilmente..che nella vecchia Italia... , li quando ti presenti in un posto di lavoro.. non ti chiedono vita morte e miracoli della tua vita , non ti chiedono che lavoro fa tuo padre e che lavoro facevano i tuoi nonni.

Si, ma il giorno dopo, se gli va, sei a spasso, e non puoi appellarti proprio a nulla.
La realtà è questa, ed è quello che tanti nostri colleghi forumistici, obnubilati dal sogno di "diventa imprenditore di te stesso" fingono di dimenticare o vogliono instaurare in Italia.

LuVi

tdi150cv
04-10-2005, 22:22
Si, ma il giorno dopo, se gli va, sei a spasso, e non puoi appellarti proprio a nulla.
La realtà è questa, ed è quello che tanti nostri colleghi forumistici, obnubilati dal sogno di "diventa imprenditore di te stesso" fingono di dimenticare o vogliono instaurare in Italia.

LuVi

NON SE GLI VA ... ma se non porti risultati per i quali sei stato assunto ...
Poi togliamo i casi nei quali sono le stesse aziende ad essere in difficolta' per le quali e' la legge che gli permette di assumere comunque ad aver qualche lacuna ma non e' certo colpa di chi magari offre una semplice segnalazione.
Poi alla luce di tutto questo puoi dire che il sistema americano e' meno giusto o peggiore di quello italiano ? Non credo visto che per come la vedo io sono proprio i famosi e auspicati diritti che portano una azienda a frodare il fisco nelle maniere piu' svariate ... quindi chi ha ragione ? chi sostiene il modello americano o italiano ? Nessuno puo' dirlo pero' si puo' dire che quello italiano da sempre ha portato solo a scioperi e malcontenti generali ...

Jaguar64bit
04-10-2005, 22:24
Si, ma il giorno dopo, se gli va, sei a spasso, e non puoi appellarti proprio a nulla.
La realtà è questa, ed è quello che tanti nostri colleghi forumistici, obnubilati dal sogno di "diventa imprenditore di te stesso" fingono di dimenticare o vogliono instaurare in Italia.

LuVi


Vero , ma almeno nel frattempo ti hanno assunto...mentre in Italia hai preso un calcio nel di dietro..= senza lavoro , non mi pare che negli Usa ci sia molta gente che si lamenta del mercato del lavoro...vero è sin troppo liberale..ma almeno chi ha voglia e merita lavora , e non ci sono tutte le raccomandazioni che ci sono in Italia con gente che stà seduta a far nulla col loro culo caldo.. sulle spalle di altri che si fanno un mazzo così dal mattino alla sera.

Lucio Virzì
04-10-2005, 22:33
Vero , ma almeno nel frattempo ti hanno assunto...mentre in Italia hai preso un calcio nel di dietro..= senza lavoro , non mi pare che negli Usa ci sia molta gente che si lamenta del mercato del lavoro...vero è sin troppo liberale..ma almeno chi ha voglia e merita lavora , e non ci sono tutte le raccomandazioni che ci sono in Italia con gente che stà seduta a far nulla col loro culo caldo.. sulle spalle di altri che si fanno un mazzo così dal mattino alla sera.

Guarda, cambiano solo le cifre e la tutela del lavoratore.
Proprio ieri una mia collega mi diceva che in HP, dopo che la Fiorina ha lasciato, hanno annunciato 8000 tagli; senza alcun ammortizzatore sociale.

LuVi

Jaguar64bit
04-10-2005, 22:38
Guarda, cambiano solo le cifre e la tutela del lavoratore.
Proprio ieri una mia collega mi diceva che in HP, dopo che la Fiorina ha lasciato, hanno annunciato 8000 tagli; senza alcun ammortizzatore sociale.

LuVi


Che anche quel mercato del lavoro abbia i suoi difetti è innegabile , vero che ci sono meno ammortizzatori sociali..però è un mecato del lavoro florido , dove i dipendenti vengono ricollocati più velocemente in un nuovo posto di lavoro.. perchè il lavoro c'è , se non fosse così sicuramente scoppierebbero rivolte sociali , e non mi pare che questo accada.

sempreio
04-10-2005, 22:39
Guarda, cambiano solo le cifre e la tutela del lavoratore.
Proprio ieri una mia collega mi diceva che in HP, dopo che la Fiorina ha lasciato, hanno annunciato 8000 tagli; senza alcun ammortizzatore sociale.

LuVi


e perchè quella non ha fatto tagli accorporando la compaq? :mbe: in più l' azienda era quasi alla sfascio il "povero" ex contitolare dell' azienda era stato allontanato dal consiglio d' amministarzione poi riammesso quando la fiorana collezionava flop su flop :rolleyes: pur avendo tagliato migliaia e migliaia di persone......

quella stronzetta pensava di fare tutto solo col marketing senza avere il prodotto, povera illusa

Adric
09-10-2005, 23:32
Domenica 9 Ottobre 2005

Cala la fiducia nei concorsi: solo l’8% vi partecipa

Il Censis: i Centri per l’impiego non funzionano.
La trappola del sommerso, il rischio disoccupazione

di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - I giovani devono fare i conti con la precarietà e il sommerso. La ricerca del lavoro, nonostante qualche dato incoraggiante del 2005, è un percorso di guerra. Per arrivare al traguardo si tentano tutte le vie possibili, non ultima quella della ”spintarella”. Il primo impiego, come abbiamo scritto nella prima puntata della nostra inchiesta, pubblicata il 3 ottobre scorso, si ottiene di solito grazie al passaparola di parenti e amici (possibilmente influenti). «Sei su dieci - rivela una indagine del Censis - trovano occupazione attraverso canali informali con l’aiuto della famiglia». Significa che i Centri pubblici per l’impiego, che avrebbero dovuto garantire capillarità e trasparenza, dopo la chiusura delle strutture di collocamento hanno fatto flop. Sul territorio dovevano nascere una serie di sportelli, poco è stato fatto. Tanto per cominciare manca la “Borsa nazionale del lavoro”, annunciata da tempo, ma ancora in fase sperimentale. «Non è operativa - afferma Alessandro Vecchietti, responsabile occupazione della Confcommercio - Avrebbe dovuto fornire una vera banca dati per l’incontro tra domanda e offerta».
Intanto, i dati sulla disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni sono allarmanti. Se si mettono da parte i Paesi dell’Est, entrati da poco in Europa, con il nostro 27% di senza lavoro deteniamo un triste primato, seguiti solo dalla Grecia. Ma quali sono i settori ancora vitali? «Con tutti i limiti del mercato di oggi - continua Vecchietti della Confcommercio - qualche possibilità arriva dal turismo e dai servizi». Segnali, secondo l’ultima indagine Excelsior-Unioncamere, arrivano anche dalla promozione di beni e servizi (addetti alle vendite), dal marketing, dal variegato mondo della tecnologia e dalla amministrazione e gestione del personale.
«Per i giovani - avvertono i sindacati - la trappola è quella del sommerso. Entrano in circuiti paralleli, dove diventano lavoratori “invisibili”». Ma qual è il tasso di irregolarità? Secondo gli ultimi dati del Censis lavora nel sommerso l’8,3% dei lavoratori autonomi e il 16,7% dei lavoratori dipendenti. Non è che la punta dell’iceberg. «In realtà - avverte Ester Dini, ricercatrice del Censis - il fenomeno, divenuto cronico e strutturale, è ben più esteso». A questo corrisponde un vorticoso giro di affari, alimentato dal cash, che tra il 2001 e il 2003 è cresciuto del 28,2%.
In questo clima cresce anche la sfiducia nei concorsi. «Solo l’8,8% dei giovani tenta la strada del bando, per altro in calo a causa del blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione», osserva ancora Ester Dini del Censis. Mentre il 79,4% dei giovani (vedi tabella nella pagina) bussa alla porta del privato. «I Centri per l’impiego - continua Dini del Censis - non hanno funzionato: vi si rivolge solo il 14,2% dei giovani».
Ma c’è una realtà, ancora poco esplorata, che può agevolare l’inserimento nel mercato. E’ quella delle Università, che sono anche agenzie per il collocamento e che assistono i giovani nella ricerca di un primo impiego (lo prevede la legge Biagi). In concreto qual è il ruolo degli atenei? «Abbiamo fatto molti passi avanti - spiega Maria Rosaria Stabili, prorettore di “Roma Tre” - e ci sono giovani che hanno ottenuto un lavoro. Ormai abbiamo legami solidi con il mondo delle imprese e degli enti pubblici. Assistiamo i ragazzi nella ricerca del posto utilizzando vari strumenti: l’inserimento nella banca dati, gli stages e l’orientamento. Eppoi facciamo training psicologici e colloqui attitudinali, oltre ad organizzare incontri con le aziende. Al momento abbiamo un net-work con 60 aziende. I risultati? Dal novembre 2004 al giugno 2005 sono stati assunti una trentina di laureati, di questi 15 con contratto temporaneo, 3 a tempo indeterminato e 11 di collaborazione». Le lauree più gettonate sono state ingegneria (informatica gestionale), economia, comunicazione, scienze politiche e lingue. Analoga la situazione all’Università di Tor Vergata. «La banca dati è un bell’aiuto - osserva il rettore Alessandro Finazzi Agrò - E’ a disposizione di una serie di aziende convenzionate, ma, con cifre simboliche, verrà anche aperta ad altre aziende. I ragazzi che lo vogliono hanno accesso diretto e possono introdurre ed aggiornare di continuo i loro dati».
(2 - segue)

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Domenica 9 Ottobre 2005
Gli “scienziati” i più richiesti

ROMA - Crescono le speranze di trovare un lavoro per i laureati italiani anche se il livello di impiego risulta ancora decisamente inferiore alle loro aspettative. Dall’ultima rilevazione Istat risulta che a tre anni dal conseguimento del diploma di laurea trova occupazione il 74,1% dei neo-dottori contro il 71,6% registrato nel 1998 . L’altro dato confortante è che sono cresciute le opportunità di lavoro stabile: se nel 1998 dopo tre anni lavorava stabilmente il 55,5% dei laureati, nel 2001 la stessa percentuale era salita al 63,5%. Naturalmente non tutte le lauree pagano allo stesso modo, garantendo uguali opportunità di inserimento professionale, almeno nei primi tre anni. Le lauree scientifiche si confermano le più gettonate: ingegneria è in assoluto il titolo di laurea con cui è più facile collocarsi, lavora dopo tre anni il 93,2% dei laureati. Segue immediatamente architettura (84,5%) e il gruppo delle discipline politico-sociali (82,9%) ma di queste ultime solo il 63,1% dei laureati lavora stabilmente.

(Il Messaggero)