Adric
26-09-2005, 04:09
Domenica 25 Settembre 2005
I CALABRESI DEL NO
In campo i sindaci: devolution, tsunami leghista
Alla contro-manifestazione interviene l’arcivescovo Agostino: chi ha troppe tv rischia di finire solo con l’apparire
dal nostro inviato STEFANO SOFI
REGGIO CALABRIA «Il Paese va in malora e loro, invece di chiudersi in una stanza a scrivere una Finanziaria per lo sviluppo, vengono qui a spiegarci che la devolution risolverà i problemi del Sud. E’ vergognoso». Marco Minniti, deputato Ds e protagonista del successo elettorale del centrosinistra calabrese alle scorse regionali, conclude tra gli applausi la manifestazione organizzata dall’Unione a Reggio Calabria in concomitanza con il Devolution day che, a poca distanza da qui, vede schierato quasi tutto lo stato maggiore della Cdl, premier in testa.
L’auditorium del consiglio regionale, intitolato a Nicola Calipari, è gremito: decine di sindaci sono arrivati da ogni parte della regione con la fascia tricolore. Quello di Reggio, Giuseppe Scopelliti di An, naturalmente è da Berlusconi. La città si è svegliata sotto assedio: centinaia di agenti presidiano ogni angolo di strada; sorvegliano il corteo degli studenti di sinistra che hanno scioperato contro la riforma; il percorso del premier tra l’aeroporto e il palasport è stato tirato a lucido. Dalla provincia più povera della regione più povera, l’Unione lancia la sua sfida. Il presidente della giunta, Loiero, i segretari di Cgil e Cisl, il presidente del consiglio regionale e monsignor Giuseppe Agostino, influente voce di larga parte della chiesa calabrese, non usano mezzi termini. Devolution è discriminazione, diseguaglianza. Il presidente della giunta, Loiero, dice: «Siamo qui per difendere la Costituzione che sancisce unità, uguaglianza, solidarietà. Questi invece vogliono dividere il Paese e in tanti settori fondamentali avremmo così la serie A e la serie Z a cominciare da sanità, scuola, servizi sociali. E’ uno tsunami leghista». E Giuseppe Bova, presidente del consiglio regionale, rincara: «Per ridare coesione ad una maggioranza disgregata ci usano come merce di scambio. E’ assurdo incalza Bova che un partito con il 3,9 per cento tenga in scacco la maggioranza di centrodestra e imponga le proprie scelte a tutto il Paese». Il segretario della Cgil calabrese, Pignataro, annuncia azioni clamorose se questa riforma dovesse passare e ricorda come la situazione economica stia peggiorando a ritmi vertiginosi. I consumi alimentari al Sud sono calati del 6 per cento, anche quelli nei discount che erano gli unici a reggere. Qui serve sviluppo, solidarietà, non ulteriori divisioni in regioni ricche e regioni povere». E Luigi Sbarra della Cisl aggiunge: «E’ crisi devastante, io faccio un appello ad entrambi gli schieramenti: fermiamo questa situazione o non sarà più controllabile».
Una regione difficile da governare, la Calabria. Il centrodestra ha lasciato una pesante eredità. Il lavoro non c’è, il tasso di disoccupazione è il doppio rispetto a quello del Paese, i giovani (nella regione con più giovani) non hanno prospettive, nonostante i poli universitari calabresi siano di ottimo livello per qualità e strutture. L’agricoltura è allo stremo, il turismo non decolla. L’industria, quella vera, non c’è mai stata.
Ma è monsignor Agostino, arcivescovo emerito di Cosenza, noto per la sua estrema attenzione al sociale (nel ’93 schierò sulle barricate con i lavoratori della ex Enichem di Crotone) a dare, con il suo solito garbo, il benservito alla devolution. Ricorda quando Giovanni Paolo II in visita a Reggio Calabria nel 1988 disse: «La crescita dell’Italia è condizionata da quella del Mezzogiorno». E, ancora, di quando Paolo VI, in un incontro privato, affermò: «Il Nord ha lo sviluppo ma non ha un’anima, il Sud ha un’anima ma non lo sviluppo». Oggi, ha aggiunto monsignor Agostino, la politica deve pensare al bene comune, ma nella boscaglia degli interessi non c’è bene comune. Bisogna pensare all’essere più che all’apparire, ma chi ha troppe televisioni rischia di finire solo con l’apparire». A chi chiede come mai non sia sceso a Reggio anche lo stato maggiore dell’Unione, Marco Minniti risponde che sì, sarebbero venuti. Ma la cosa davvero importante oggi è che siano i calabresi a prendere coscienza delle scelte che vanno fatte, senza più tutele, in prima persona, coraggiosamente. E’ questa la vera sfida.
(Il Messaggero.it)
I CALABRESI DEL NO
In campo i sindaci: devolution, tsunami leghista
Alla contro-manifestazione interviene l’arcivescovo Agostino: chi ha troppe tv rischia di finire solo con l’apparire
dal nostro inviato STEFANO SOFI
REGGIO CALABRIA «Il Paese va in malora e loro, invece di chiudersi in una stanza a scrivere una Finanziaria per lo sviluppo, vengono qui a spiegarci che la devolution risolverà i problemi del Sud. E’ vergognoso». Marco Minniti, deputato Ds e protagonista del successo elettorale del centrosinistra calabrese alle scorse regionali, conclude tra gli applausi la manifestazione organizzata dall’Unione a Reggio Calabria in concomitanza con il Devolution day che, a poca distanza da qui, vede schierato quasi tutto lo stato maggiore della Cdl, premier in testa.
L’auditorium del consiglio regionale, intitolato a Nicola Calipari, è gremito: decine di sindaci sono arrivati da ogni parte della regione con la fascia tricolore. Quello di Reggio, Giuseppe Scopelliti di An, naturalmente è da Berlusconi. La città si è svegliata sotto assedio: centinaia di agenti presidiano ogni angolo di strada; sorvegliano il corteo degli studenti di sinistra che hanno scioperato contro la riforma; il percorso del premier tra l’aeroporto e il palasport è stato tirato a lucido. Dalla provincia più povera della regione più povera, l’Unione lancia la sua sfida. Il presidente della giunta, Loiero, i segretari di Cgil e Cisl, il presidente del consiglio regionale e monsignor Giuseppe Agostino, influente voce di larga parte della chiesa calabrese, non usano mezzi termini. Devolution è discriminazione, diseguaglianza. Il presidente della giunta, Loiero, dice: «Siamo qui per difendere la Costituzione che sancisce unità, uguaglianza, solidarietà. Questi invece vogliono dividere il Paese e in tanti settori fondamentali avremmo così la serie A e la serie Z a cominciare da sanità, scuola, servizi sociali. E’ uno tsunami leghista». E Giuseppe Bova, presidente del consiglio regionale, rincara: «Per ridare coesione ad una maggioranza disgregata ci usano come merce di scambio. E’ assurdo incalza Bova che un partito con il 3,9 per cento tenga in scacco la maggioranza di centrodestra e imponga le proprie scelte a tutto il Paese». Il segretario della Cgil calabrese, Pignataro, annuncia azioni clamorose se questa riforma dovesse passare e ricorda come la situazione economica stia peggiorando a ritmi vertiginosi. I consumi alimentari al Sud sono calati del 6 per cento, anche quelli nei discount che erano gli unici a reggere. Qui serve sviluppo, solidarietà, non ulteriori divisioni in regioni ricche e regioni povere». E Luigi Sbarra della Cisl aggiunge: «E’ crisi devastante, io faccio un appello ad entrambi gli schieramenti: fermiamo questa situazione o non sarà più controllabile».
Una regione difficile da governare, la Calabria. Il centrodestra ha lasciato una pesante eredità. Il lavoro non c’è, il tasso di disoccupazione è il doppio rispetto a quello del Paese, i giovani (nella regione con più giovani) non hanno prospettive, nonostante i poli universitari calabresi siano di ottimo livello per qualità e strutture. L’agricoltura è allo stremo, il turismo non decolla. L’industria, quella vera, non c’è mai stata.
Ma è monsignor Agostino, arcivescovo emerito di Cosenza, noto per la sua estrema attenzione al sociale (nel ’93 schierò sulle barricate con i lavoratori della ex Enichem di Crotone) a dare, con il suo solito garbo, il benservito alla devolution. Ricorda quando Giovanni Paolo II in visita a Reggio Calabria nel 1988 disse: «La crescita dell’Italia è condizionata da quella del Mezzogiorno». E, ancora, di quando Paolo VI, in un incontro privato, affermò: «Il Nord ha lo sviluppo ma non ha un’anima, il Sud ha un’anima ma non lo sviluppo». Oggi, ha aggiunto monsignor Agostino, la politica deve pensare al bene comune, ma nella boscaglia degli interessi non c’è bene comune. Bisogna pensare all’essere più che all’apparire, ma chi ha troppe televisioni rischia di finire solo con l’apparire». A chi chiede come mai non sia sceso a Reggio anche lo stato maggiore dell’Unione, Marco Minniti risponde che sì, sarebbero venuti. Ma la cosa davvero importante oggi è che siano i calabresi a prendere coscienza delle scelte che vanno fatte, senza più tutele, in prima persona, coraggiosamente. E’ questa la vera sfida.
(Il Messaggero.it)