View Full Version : Tribunale Aja: chiesa cattolica croata e Vaticano, coprite criminale di guerra
Mercoledì 21 Settembre 2005
Il Tribunale dell’Aja accusa: il generale Gotovina, ricercato per pulizia etnica, è rifugiato in un monastero in Croazia
Scontro tra Del Ponte e Vaticano
Il procuratore: coprite un criminale di guerra. La Chiesa croata: inaccettabile
nostro servizio
ROMA - «La Chiesa cattolica protegge il generale croato Ante Gotovina», ricercato dal Tribunale dell’Aja (Tpi)sui crimini di guerra (negli anni ’90 nell’ex Jugoslavia) e sulla cui testa pende una taglia di 4 milioni di dollari posta dagli Stati Uniti. L’accusa è stata lanciata ieri dal procuratore capo del Tpi, Carla Del Ponte, che, in un’intervista al quotidiano inglese ”Daily Telegraph“, coinvolge direttamente il Vaticano perché, a suo dire, «rifiuta di collaborare» e di svelare quale monastero croato ospiterebbe il generale Gotovina.
Un’accusa pesante, soprattutto per le conseguenze che essa potrebbe avere nella politica europea. La scorsa primavera l’Ue ha bloccato l’ipotesi di attivazione di colloqui per l’ingresso della Croazia nell’Unione europea, vincolando tale ipotesi alla consegna del generale-criminale.
Non vi è da stupirsi dunque dalla nettezza con cui il Vaticano e la Chiesa cattolica croata hanno respinto le accuse della Del Ponte: «Dichiarazioni inaccettabili», ha sostenuto il portavoce della seconda; accuse non sostenute «da alcuna prova», la secca dichiarazione del portavoce vaticano Navarro Valls.
Nel 1995 il generale Gotovina con un bliz portò le truppe croate a riprendere il controllo della Krajina, regione della Croazia -al confine con l’Herzegovina- abitata da una forte comunità serba. La brutalità dell’intervento, al quale seguì una feroce operazione di pulizia etnica, costrinse 250.000 serbi a fuggire dall e loro case per rifugiarsi in Serbia - successivamente furono trasferiti in Kosovo. Per questa ragione sulla testa di Gotovina pende l’accusa di uccisione di 150 serbi e, appunto, di aver cacciato con la violenza più di 200mila persone. Ma per il governo dell’allora presidente Tudjman e per una consistente parte del clero cattolico croato Gotovina era un eroe della guerra di «affrancamento» da Belgrado. Di recente il vescovo di Gospic e Senj, Mile Bogovic ha definito il generale «simbolo della vittoria».
Nella sua intervista la Del Ponte ha dichiarato di aver incontrato lo scorso luglio il Segretario di Stato del Vaticano, arcivescovo Giovanni Lajolo, per comunicargli la convinzione del Tribunale che Gotovina sia tuttora in Croazia, ”rifugiato” in un monastero di francescani. «In pochi giorni», aveva detto il procuratore, il Vaticano poteva scoprire dove si rifugiava il generale incriminato. Come cattolica Del Ponte si dichiara «delusa» dal «rifiuto» del Vaticano di collaborare.
Netta la replica del portavoce del vaticano: «L'arcivescovo Lajolo chiese alla signora Del Ponte di indicare con una certa precisione gli indizi in base ai quali essa riteneva che il generale Gotovina fosse rifugiato in determinati edifici religiosi in Croazia, al fini di poter entrare in contatto con la competente autorità ecclesiastica; precedenti sondaggi avevano infatti dato esito negativo. Alla richiesta la signora Del Ponte non ha finora corrisposto in alcun modo».
Dura replica, come detto, da parte della chiesa cattolica croata, che respinge ogni accusa; anzi «dovrebbe essere la comunità internazionale che ha affidato alla signora del Ponte un incarico di alto livello nel Tpi a dare spiegazioni alla Chiesa cattolica e alla Croazia».
(Il Messaggero.it)
Mai sentita la parola "Ustascismo"?
E' una delle parole dimenticate della Seconda Guerra Mondiale.
dieci anni dall''operazione Tempesta (operaciji Oluja)
Heinlein
22-09-2005, 10:25
La brutalità dell’intervento, al quale seguì una feroce operazione di pulizia etnica, costrinse 250.000 serbi a fuggire dalle loro case per rifugiarsi in Serbia
Veramente ho ancora diverse videocassette, registrate in quei giorni di agosto 1995 dalla TV croata, dalla Rai, da Euronews e da altri canali italiani e non, in cui si dà di quei fatti una versione totalmente diversa da quella del Messaggero. Nel 1997 mi recai in uno dei punti caldi di quei giorni, la zona di Sisak-Petrinja, e mi feci raccontare da uno che aveva partecipato all'offensiva i dettagli tecnici del "blitzkrieg". Ovviamente dal suo punto di vista. Che non è quello di un "ustasha", ma di uno che voleva tornare in fretta e intero a casa.
Anzitutto, la "brutalità" dell'intervento, è manifestamente smentita dalle modalità degli eventi e dal numero stesso dei morti, che fu di poche centinaia, come detto dai vari canali TV che ho citato.
Il 4 agosto 1995, alle cinque del mattino i Croati lanciarono un'offensiva su tutta la linea del fronte della Krajina, con centomila uomini molti dei quali mobilitati in tutta fretta e con sistemi anche spicciativi. L'operazione seguiva di alcuni mesi altre, una per la riconquista dei bacini idroelettrici dalmati e l'altra per la riconquista del tratto di autostrada Jasenovac-Nova Gradiska. E in corso c'era innquel momento anche un'offensiva dell'esercito bosniaco nella zona di Titov Drvar, che minacciava alle spalle la stessa capitale ribelle, Knin. La Krajina serba era minacciata, e la bosnia serba era in grave difficoltà militare.
Mi addentro in questi dettagli militari, solo per spiegare che il destino delle repubbliche serbe ribelli era molto incerto, l'abbandono da parte di Belgrado era tangibile e la volontà sia dei militari che dei civili serbi di resistere ai Croati e ai Bosniaci era molto fiaccata.
Per questo motivo, quando scattò l'offensiva a tenaglia su Knin, mentre la prima linea militare, soprattutto nella zona di Sisak, oppose un'ostinata resistenza che durò tre giorni, nelle retrovie si scatenò il panico e tutti fuggirono verso le zone serbo-bosniache più sicure, dando per scontata la sconfitta. I militari abbandonarono una quantità impressionante di veicoli, cannoni, salmerie, e i civili abbandonarono le loro case praticamente intatte a bordo di automobili e trattori.
Ho filmati, di parte "occidentale", che mostrano cosa trovarono i soldati croati nella loro travolgente avanzata; le case sono intatte, non ci sono incendi o devastazioni, non ci sono cadaveri, in compenso ci sono dappertutto segni di una partenza precipitosa. Le sole distruzioni di rilievo ci furono a Knin, che fu cannoneggiata intensamente (circa 800 colpi all'ora!), per indurre il governo alla resa. Cosa che non fece; Milan Martic', l'ex poliziotto autoproclamatosi presidente, fuggì in elicottero e tanti saluti a tutti. Le altre distruzioni in zona, erano le case dei croati, distrutte nel 1991 per scoraggiarli dal tornare.
Il mio amico croato, che per la sua passione di alpinista ed ecologista nella vita civile, era osservatore nell'esercito, con un compagno e la jeep attraversò di slancio tutta la Krajina che va da Sisak al ponte di Kozarska Dubica, senza incontrare praticamente nessuno; al ponte si trovò davanti la scena di migliaia di persone che attraversavano il ponte e il fiume abbandonando auto, bestiame, bagagli (il ponte non è che sia larghissimo). C'erano molti militari armati, ma li ignorarono.
Questo fecero quelli che trovavano più veloce la fuga fino alla Bosnia serba; tutti gli altri, alcune centinaia di migliaia di persone, si incolonnarono in un esodo di massa lungo l'autostrada da Jasenovac al confine con la Serbia; e qui ci fu la sorpresa non bella che in un primo tempo la Serbia non li voleva far entrare, pensate a migliaia di persone ferme in autostrada in agosto con i soldati croati che ti tirano solo acqua e yogurt (che molti rifiutarono sdegnosamente!), poi finalmente la Serbia aprì le frontiere.
A Knin i croati non trovarono nessuno, si vedono i soldati croati che arrivano facendo la passeggiata e si prendono i "souvenir" (usanza piuttosto squallida, purtroppo bisogna dire grazie quando un esercito invasore si limita a quello...), in altre zone non girarono proprio (anni dopo, quando ci andai io, c'erano ancora i campi minati delimitati). Nella precedente offensiva contro Pakrac, fatto del tutto originale gli abitanti si fidarono a restare anzichè scappare, consegnarono le armi e si arresero, i croati li interrogarono e poi li rilasciarono. Nelle interviste alla tv croata, i residenti serbi più che terrorizzati dagli invasori mi sembravano sollevati per la fine dell'incubo rappresentato dalla loro "indipendenza". Sono magri, laceri, e i loro uomini ridotti a Yeti. In quell'occasione Euronews commentò, a proposito del trattamento riservato ai serbi disarmati "la diplomazia sorride" (non parlo specificamente di soldati, perchè nell'ex Yugoslavia il concetto di soldato è estremamente elastico; in certe zone, aduse ai costumi centenari della resistenza ai Turchi, ogni uomo valido e non valido si considera un combattente; al supermercato ho visto le soldatesse fare la spesa col fucile a tracolla). A Okucani, invece, le uniche persone rimaste ad aspettare i carri armati croati, alcuni anziani.
Una brutta pagina invece fu la liberazione, un anno o due prima, di un centro dalmata, Gospic', minacciato a tenaglia da villaggi serbi in collina (situazione classica); tempo dopo l'UNPROFOR trovò una fossa comune con i cadaveri di trenta civili serbi.
La guerra nella ex Yugoslavia, a mezz'ora di volo da Ancona, e mi hanno detto che dalle colline di qui a volte si vedevano i lampi delle cannonate su Zara, è un esempio singolare sia di guerra "totale" condotta con brutalità estreme e gratuite, del tutto incomprensibili ad un uomo moderno, sia di disinformazione e rimozione totale, pur nella vicinanza a noi e con i mezzi informativi di cui disponiamo.
Più di una volta, mi è capitato di essere in certi posti, in vacanza da amici, contemporaneamente o quasi a nostri "corrispondenti di guerra"... e di giudicare le loro corrispondenze, alla luce di quello che vedevo IO, frutto di idiotismo, superficialità, sensazionalismo, voglia di fare disinformazione... non posso che ammirare giornalisti come Eros Bicic', non dimenticherò mai il suo articolo "Prigioniero a Gornj Vakuf, porta dell'inferno"... e vorrei invece che quelli come Lilli Gruber non esistessero... Persino la celebratissima Giovanna Botteri, che lì ci ha fatto quasi le radici, una volta ha detto uno strafalcione in lingua croata, come uno che non c'è mai stato...
Adesso scappa fuori uno del Messaggero, a parlare di "pulizia etnica"... uno che magari lì non c'è mai stato... e anch'io, se non ci fossi mai stato, prenderei per buono quello che dice lui... ma per sua disgrazia io ci sono stato... e ho registrato un bel po' di VHS, dove non si parla affatto di pulizia etnica... e tutto, perchè? Perchè a tutti i costi adesso bisogna accreditare la Carla Del Ponte, personaggio che le cronache della controinformazione dipingono come non proprio cristallino, non ricordo per quale motivo, come un novello Simon Wiesenthal... d'accordo, Gotovina avrà le sue cose sulla coscienza, come tutti da quelle parti. Ma non bisogna sparare troppe ca@@@te, quando c'è il pericolo di poter essere smentiti. Purtroppo però è il primo effetto, sul grande pubblico, quello che conta. Le smentite restano a beneficio di poche persone che considerano importante la differenza tra vero e inventato.
Se invece lo scopo della notizia è, come al solito, di mettere in cattiva luce il Vaticano, attraverso la Croazia, per via della solita storia del Cardinale Stepinac, della guerra d'indipendenza croata, beh, allora prima di mettere sotto accusa il ruolo della Chiesa nei conflitti, sarebbe intellettualmente più onesto spiegare ai lettori che in quei Paesi il credo religioso è elemento fondante dell'identità nazionale. Non credo che esista nemmeno la figura del cappellano militare. Non ce n'è bisogno. E' ritenuto pacifico che il sacerdote sia la guida spirituale delle truppe. Ancora oggi, non c'è cerimonia che non comprenda la Messa. E per quanto riguarda il concetto di sentimento nazionale, una volta ero ad una gara di modellini radiocomandati, prima di iniziare si sono alzati tutti in piedi, hanno fatto l'alzabandiera e suonato l'inno nazionale. Può piacere o non piacere, può far ridere o preoccupare, ma LI' è così.
A me una volta un conoscente ha chiesto perplesso come mai in Italia ci sono tutti questi Albanesi, dal momento che hanno un loro Stato. Beata ingenuità.
oscuroviandante
22-09-2005, 10:38
Mai sentita la parola "Ustascismo"?
E' una delle parole dimenticate della Seconda Guerra Mondiale.
E tu , mai sentito parlare dei Cetnici???
Sono tornati di moda in Serbia dal 1991.
oscuroviandante
22-09-2005, 10:51
Grazie Heinlein :)
Come vorrei che i croati non vengano dipinti sempre come Ustascia.
Mai nessuno che ricordi cosa successe alla città di Vukovar.
Purtroppo la disinformazione di "certa stampa" ha sempre dipinto i croati come i cattivi.
Ho in testa certi racconti di persone che si sono fatti il fronte della Slavonia da far contorcere l'intestino.
Intanto VERI criminali di guerra come Mladic e Karadzic sono ancora in giro....
Nelle loro case di Pale. :rolleyes:
Veramente ho ancora diverse videocassette, registrate in quei giorni di agosto 1995 dalla TV croata, dalla Rai, da Euronews e da altri canali italiani e non, in cui si dà di quei fatti una versione totalmente diversa da quella del Messaggero. Nel 1997 mi recai in uno dei punti caldi di quei giorni, la zona di Sisak-Petrinja, e mi feci raccontare da uno che aveva partecipato all'offensiva i dettagli tecnici del "blitzkrieg". Ovviamente dal suo punto di vista. Che non è quello di un "ustasha", ma di uno che voleva tornare in fretta e intero a casa.
cut
In Krajina ci sono entrato pochissimi giorni dopo l'operazione Oluja... credo di essere stato tra i primi occidentali ad entrare a Knin.
Quello che posso dire è solo quello che ho visto, che cmq non credo sia sufficiente.
L'articolo quando parla di "pulizia etnica" si riferisce allo "sgombro" di più di 200.000 persone e all'uccisione di 150 serbi. Sull'uccisione non so che dire, certo non mi stupirei se fosse davvero così (ci sono in ogni modo parecchie tesimonianze)... non credo cmq che i cadaveri li avrebbero lasciati in bella vista.
Lo "sgombro coatto" è un fatto reale. Durante il fuggi fuggi i croati che avevano una casa scrissero a caratteri cubitali sui muri "hrvatska kuca" (casa croata), per indicare ai militari di non distruggere la casa. Le case serbe furono distrutte per impedire il ritorno. In certe zone la fuga fu talmente rapida ed improvvisa che si potevano vedere alcuni cani morti abbandonati alla catena, oltre ai panni ancora stesi.
Solo qualche precisazione. La maggioranza dei serbi non appena ebbero notizia dell'attacco "sgombrarono" di propria iniziativa per evitare il peggio (probabilmente sperando in un ritorno)... credo che l'avrebbe fatto la maggior parte di noi. Non tutti cmq furono obbligati e non tutti se ne andarono: seppure pochissimi, qualcuno è rimasto... so che alcuni sacerdoti chiesero a questi pochissimi se avevano bisogno di aiuti.
ps: Gospic sei sicuro che sia stata liberata? a me risulta che fu croata dal momento della separazione... o meglio si è sempre trovata sulla linea di demarcazione... qualche abitazione di Gospic infatti era su sponda serba.
Heinlein
22-09-2005, 11:14
Grazie Heinlein :)
Mai nessuno che ricordi cosa successe alla città di Vukovar.
Purtroppo la disinformazione di "certa stampa" ha sempre dipinto i croati come i cattivi.
Ho in testa certi racconti di persone che si sono fatti il fronte della Slavonia da far contorcere l'intestino.
Vorrei aver girato tutto il mondo, non solo quei posti! Comunque, a differenza di tanti sedicenti corrispondenti di guerra, posso vantare di essere stato fermato sia dalla polizia croata, che da quella serba... par condicio! :D Tutto per il mio viziaccio di ficcare il naso! :D E in certi casi, l'unico modo per uscirne è giocare la carta dell'idiota, come fra' Salvatore davanti a Bernardo Guy: "ME STUPIDO, ME NO SABE, EXCELLENTISSIMO!" :D
Scherzi a parte, non credere: anche i Croati ne hanno fatte, magari meno degli altri, ma le hanno fatte pure loro. E pure i mussulmani bosniaci, sia pure in misura ridotta.
Una volta mi sono imbattuto, per disgrazia, nel campo di concentramento di Sisak... non so se definirlo campo di concentramento o di internamento, sta di fatto che c'era un cartello "vietato fotografare" e un baffone in borghese col giubbotto di pelle che montava di guardia col Kalashnikov. Non credo che si metta uno col kalashnikov davanti ad un normale campo profughi, no?
Beh, di quel campo si accenna nel libro "NOI, CRIMINALI DI GUERRA" (Baldini&Castoldi), molto bello ed illuminante, senz'altro molto sincero e senza retorica. Nel libro si dice che vi si praticasse "GIOCHI SENZA FRONTIERE", una tortura che consisteva nel far correre i prigionieri in cerchio con un secchio d'acqua bollente in testa, fino allo svenimento. Non posso dare conferme o meno per quello che succedeva nel "campo" (le bocche erano cucite), ma penso, per quello che ho visto in pochi istanti (un chilometro più in là, guarda caso, la Policija mi ha fermato e controllato!), che probabilmente era un campo di internamento per civili serbi rimasti "di qua", da scambiare con Croati rimasti "di là".
Capire il rompicapo slavo, che è il motivo per cui sono andato di là per alcuni anni, è stata una mia curiosità non solo storica, ma anche antropologica. Ho voluto capire in che modo una guerra, o una catastrofe, incide sulla vita di una popolazione. E capire cosa succede quando la crosta della nostra civiltà salta, e i mostri dell'ID si scatenano.
Heinlein
22-09-2005, 11:32
In Krajina ci sono entrato pochissimi giorni dopo l'operazione Oluja... credo di essere stato tra i primi occidentali ad entrare a Knin.
Posso immaginare che spettacolo agghiacciante... a me hanno fatto impressione poche sequenze!
Lo "sgombro coatto" è un fatto reale. Durante il fuggi fuggi i croati che avevano una casa scrissero a caratteri cubitali sui muri "hrvatska kuca" (casa croata), per indicare ai militari di non distruggere la casa. Le case serbe furono distrutte per impedire il ritorno. In certe zone la fuga fu talmente rapida ed improvvisa che si potevano vedere alcuni cani morti abbandonati alla catena, oltre ai panni ancora stesi.
Aspetta, sennò mi perdo per strada. Dunque, mi dici che intorno a Knin c'erano ancora residenti croati? Bicic' in uno dei suoi memorabili reportage viaggiò da Knin lungo tutta la zona di Plitvice, e riportò che i croati erano stati buttati fuori e le loro case bruciate per non farli tornare. C'erano invece ancora Croati, e scapparono durante l'offensiva croata? Come mai erano potuti restare? Come mai scapparono davanti al loro esercito? Interessante, è una circostanza che non conoscevo e che ovviamente può conoscere bene solo chi c'è stato.
Personalmente, da Petrinja a Glina e poi fino al ponte di Kozarska Dubica, nessuna distruzione di rilievo... salvo Sunja che era una località croata circondata su tre lati dai Serbi e col fiume alle spalle... strabomnardata... ricordo che una ragazzina che andava a scuola a Sisak doveva attraversare con la barca...
Ma lì era a maggioranza assoluta serba, nessun motivo di grosse distruzioni nel 1991. Tante zone minate, un mio amico per fare il patacca salta su un muretto dietro al nastro biancorosso... e io gli urlo CHE CACCHIO FAI CI SONO LE MINE resta col piede per aria... più da ridere che da piangere! :D
ps: Gospic sei sicuro che sia stata liberata? a me risulta che fu croata dal momento della separazione... o meglio si è sempre trovata sulla linea di demarcazione... qualche abitazione di Gospic infatti era su sponda serba.
Forse mi sono espresso in modo non chiaro; Gospic' era in mano croata, ma, come altre situazioni, era minacciata da frazioni in mano ai serbi (come Pakrac', dove mi ricordo che c'era addirittura una staccionata protettiva per proteggere la parte croata, sottostante, dai colpi), per cui nell'ambito di operazioni locali di consolidamento delle posizioni croate e di logoramento dei Serbi, furono attaccate dagli specialisti (OSA-SJP, quelli con l'ape sul braccio) tra cui un mio amico.
Comunque, a vedere tutta questa distruzione, e la sofferenza che ci deve essere necessariamente legata, cominci ad odiare seriamente la guerra...
Capire il rompicapo slavo, che è il motivo per cui sono andato di là per alcuni anni, è stata una mia curiosità non solo storica, ma anche antropologica.
Non per farmi i fatti tuoi, ma che lavoro fai ?
Heinlein
22-09-2005, 11:50
Non per farmi i fatti tuoi, ma che lavoro fai ?
Se te lo dico, ti metti a ridere.
Vabbè, oggi ridi a spese mie.
Bancario...
Aspetta, sennò mi perdo per strada. Dunque, mi dici che intorno a Knin c'erano ancora residenti croati? Bicic' in uno dei suoi memorabili reportage viaggiò da Knin lungo tutta la zona di Plitvice, e riportò che i croati erano stati buttati fuori e le loro case bruciate per non farli tornare. C'erano invece ancora Croati, e scapparono durante l'offensiva croata? Come mai erano potuti restare? Come mai scapparono davanti al loro esercito? Interessante, è una circostanza che non conoscevo e che ovviamente può conoscere bene solo chi c'è stato.
Purtroppo dopo dieci anni non ricordo più con esattezza certi particolari che peraltro non erano neppure al centro della nostra attenzione.
Credo che qualche croato ci fosse ancora. Del resto il territorio seppure storicamente a maggioranza serba è sempre rientrato nella "giurisdizione" croata. Nei balcani non è mai esistito un territorio dove fossero presenti solo persone di una parte. Tutt'ora nel parlamento croato vi sono i rappresentati della minoranza serba tanto x fare esempio.
In ogni modo, cos' come qualche serbo è rimasto dopo l'avanzata croata, sono certo ci fossero dei croati nell'autoproclamata Repubblica Serba di Kraijna.
Tieni conto poi che inoltre sono sempre esistiti matrimoni misti, quindi...
Se non ricordo male capito' pero anche che alcuni militari croati scrissero sulle case quanto ho detto x potersi assicurare una casa succesivamente... te lo do assolutamente con beneficio d'inventario pero'
Personalmente, da Petrinja a Glina e poi fino al ponte di Kozarska Dubica, nessuna distruzione di rilievo... salvo Sunja che era una località croata circondata su tre lati dai Serbi e col fiume alle spalle... strabomnardata... ricordo che una ragazzina che andava a scuola a Sisak doveva attraversare con la barca...
Le case appositamente distrutte te le posso confermare purtroppo.
Forse mi sono espresso in modo non chiaro; Gospic' era in mano croata, ma, come altre situazioni, era minacciata da frazioni in mano ai serbi (come Pakrac', dove mi ricordo che c'era addirittura una staccionata protettiva per proteggere la parte croata, sottostante, dai colpi), per cui nell'ambito di operazioni locali di consolidamento delle posizioni croate e di logoramento dei Serbi, furono attaccate dagli specialisti (OSA-SJP, quelli con l'ape sul braccio) ta cui un mio amico.
confermo... da gospic le postazioni serbe erano visibilissime
Comunque, a vedere tutta questa distruzione, e la sofferenza che ci deve essere necessariamente legata, cominci ad odiare seriamente la guerra...
vero, a volte tanti commenti cambierebbero se si fosse toccato con mano certe situazioni
Se te lo dico, ti metti a ridere.
Vabbè, oggi ridi a spese mie.
Bancario...
Perchè dovrei ridere ?
Immaginavo qualcosa tipo giornalista, storiografo o comunque una persone che, per necessità, deve andare in posti ove c'è guerra o guerriglia.
Forse ho letto male io e ci sei andato dopo la fine delle ostilità.
Il punto è che non capisco il motivo per cui un impiegato o comunque una persona che non è costretta ad andare in certe situazioni (guerra, guerriglia) ci vada lo stesso.
No problem comunque.
Heinlein
22-09-2005, 12:33
Purtroppo dopo dieci anni non ricordo più con esattezza certi particolari che peraltro non erano neppure al centro della nostra attenzione.
Credo che qualche croato ci fosse ancora. Del resto il territorio seppure storicamente a maggioranza serba è sempre rientrato nella "giurisdizione" croata. Nei balcani non è mai esistito un territorio dove fossero presenti solo persone di una parte. Tutt'ora nel parlamento croato vi sono i rappresentati della minoranza serba tanto x fare esempio.
A questo punto, forse è il caso che diamo qualche delucidazione a chi ci legge, perchè altrimenti il nostro discorso sembra quasi una rentrèe di "reduci", che parlano in codice tra loro e gli altri non capiscono.
Innanzitutto, sono lieto di aver trovato qualcuno che ha visto le stesse cose, anzi mi sembra a spanne di più, anche se penso che nel tuo caso potrebbe essersi trattato di lavoro o di volontariato, nel mio era curiosità, che stride con la apparente sedentarietà e tranquillità del mio lavoro.
Il puzzle jugoslavo, non era stato risolto, ma solo rattoppato da Tito. In realtà, la Yugoslavia è stata un Paese con due alfabeti, svariate religioni, varie lingue e dialetti, usanze ed interessi molto diversi. Ci sono in ballo differenze più pesanti, di quelle tra un bolzanino ed un palermitano. E, purtroppo, queste differenze non sono solo motivo di ricchezza culturale, ma pretesto per divisioni, sciovinismo esasperato, vendette e rivendicazioni. Nelle quali chi è innocente, scagli la prima pietra.
Senza voler fare una storia della unificazione e poi della disintegrazione della Jugoslavia (compito improbo, senz'altro molto al di là di un discorso su queste pagine), ricordo solo che, come spiega molto bene il libro che ho citato, ma anche leggendo Ivo Andric' si comprende bene, la storia jugoslavia è fatta di elementi come sommergibili, che viaggiano sotto la superficie ed ogni tanto riemergono, travolgendo chi si trova a navigare lì.
Se io domattina mi sveglio male, prendo il mitra e vado dal mio vicino di casa, napoletano, e lo butto fuori di casa urlandogli "ANGIOINO DI MERDA, TORNA NEL REGNO DELLE DUE SICILIE, QUI SIAMO NEL REGNO PONTIFICIO!", beh, qui mi prenderebbero per pazzo scatenato e mi rinchiuderebbero, in Jugoslavia probabilmente mi chiamerebbero patriota e mi decorerebbero.
Non so se ho reso l'idea, è un esempio molto semplicistico, ma è l'unico modo che ho di rendere una mentalità che ho trovato su tutte le parti di quella barricata plurilaterale.
La pretesa di dividere ogni cosa, in recinti etnici precisi, in Stati - che necessariamente devono avere dei confini - cozza palesemente, con la realtà storica che vuole che il contatto porti alla mescolanza, all'ibridazione, all'adatamento, alla tolleranza come formula di vita; gli stessi mussulmani bosniaci, sono divenuti mussulmani per adattamento alla dominazione turca. E i croati della Krajina, sono diventati bellicosi per secolare adattamento al ruolo di "guardia di frontiera" contro i Turchi; a Sisak, il possesso delle armi da guerra è considerato cosa normale come avere la colt a Tucson in Arizona.
Per cui, quando i capi politici si mettono in testa di creare nuovi Stati, o di ripristinare Stati sepolti dalla Storia, accade inevitabilmente che un mucchio di gente, senza muoversi da casa sua, si trovi per decreto in terra straniera.
E non parlo di Nizza ceduta alla Francia, parlo di cose come:
- Serbi di Krajina, leader Milan Babic' e poi Milan Martic' (perchè Babic' era "troppo tiepido"... seeeee...)
- Serbi di Bosnia, leader Radovan Karadzic'
- Bosniaci lealisti, leader Izetbegovic'
- Bosniaci filoserbi, leader Fikret Abdic' (che era asserragliato nella micro-enclave di Velika Kladusa, stretto tra l'enclave bosniaca lealista di Bihac' e la Krajina...)
- Croati di Serbia, leader Tonkolic'
- Croati di Bosnia, leader Mate Boban
Ogni "specialità", salvo il povero Tonkolic' che fu buttato fuori dalla Serbia coi suoi per fare spazio ai profughi serbi di Krajina nel 1995, aveva un suo esercito... Per cui, quando nella battaglia per Bihac', l'UNPROFOR disse "non possiamo intervenire a dividerli, ci sono SEI eserciti che si fronteggiano", e sei eserciti significano sei divise identiche con un fiocco di colore diverso sul braccio, beh, ci credo...
E tocca dire grazie, che oltre a questo casino c'erano solo la Slovenia, etnicamente omogenea, per cui la sua "guerra di liberazione" durò pochi giorni, a chi poteva interessare la Slovenia? Lì, non c'erano Serbi sepolti... la Macedonia, invece, con la sua minoranza albanese, è ancora nei casini...
Poi, bisogna dire che, per fortuna secondo me, in mezzo a tutte queste etnìe c'è anche gente che rifiuta di farsi catalogare, di partecipare ai censimenti etnici, di farsi scrivere l'etnìa sui documenti, gente che non ritiene che tutti quelli di lingua X, alfabeto Y, religione Z e magari pelle color W debbano stare necessariamente sotto la stessa bandiera e solo quella.
Heinlein
22-09-2005, 13:26
Immaginavo qualcosa tipo giornalista, storiografo o comunque una persone che, per necessità, deve andare in posti ove c'è guerra o guerriglia.
Beh, hai ragione parlando di necessità; io tra le necessità giustificative di questo modo di comportarmi, ho arruolato arbitrariamente la "necessità di farmi un'idea diretta della guerra"; quando gli altri andavano a Ibiza, io andavo lì...
Sia durante, che dopo; dopo poche volte, in verità, perchè mi sono sposato e mi sono imparentato in una zona distante quasi gli stessi chilometri, e anch'essa in un certo senso "in guerra"... :D
Volevo dire due parole sull'argomento scatenante del discorso; ovvero, la pulizia etnica. Secondo me, la pulizia etnica non si materializza solo con la costrizione fisica ad andarsene, è pulizia etnica anche quando conquisti una zona, e ti fai precedere da voci - vere o non vere, non importa - di violenze, stupri, saccheggi, assassinii e arresti arbitrari, inducendo gli abitanti a sfollare.
Poi c'è la pulizia etnica dell'impedire agli sfollati di rientrare. E lì non mi ricordo come si è conclusa la vicenda della Krajina, se i serbi son potuti tornare. Comunque le responsabilità lì sono dei politici, non dei militari. Anche permettere a qualcuno di tornare, ma di fatto riconsegnargli solo macerie fumanti, è una forma di pulizia etnica.
Ma anche quello che hanno fatto in Bosnia, con lo scambio di territori tra governi, sarà anche formalmente legale, ma di fatto è sempre pulizia etnica.
Comunque Gotovina il tempo di fare la pulizia etnica nei due sensi che ho detto, manco lo ha avuto. I suoi soldati, tranne i commandos che hanno dovuto neutralizzare i missili, e altre situazioni di corpo a corpo, hanno fatto non dico una passeggiata ma quasi, perchè sulla linea del fronte c'è stato un confronto di artiglieria duro, ma dietro la prima linea la Krajina si è liquefatta. Ricordo che nel giugno 1995, ero a Medjugorje, tra i Croati si diceva apertamente che la guerra sarebbe durata solo qualche mese ancora. Penso che anche tra i Serbi fosse chiara la percezione che la sorte della Krajina fosse segnata.
Per quello che riguarda i crimini di guerra... sia in prima linea, che la sera al pub, nell'esercito ho visto di tutto e di più. Tra bandane, tatuaggi, amuleti, cappelli da cowboy, elmetti tedeschi, pugnali da sub, devo dire che quanto si dice di Arkan, e cioè che aveva dato la dignità di esercito alla Curva Sud... beh, non vale solo per lui. Certo folklore forse è ostentato solo per fare colpo sulle ragazze, ma con un mitra in pugno non lo so poi cosa diventa effettivamente. Gente come quella, potrà essere anche utile alla guerra, ma sicuramente non fa dell'onore la sua bandiera. Bastano anche poche mele marce, e da guerra si passa alla barbarie conclamata.
Come vorrei che i croati non vengano dipinti sempre come Ustascia.
Mica li ho dipinti TUTTI come ustascia, ho detto che nel '40 c'è stato anche quello, ci mancherebbe altro: ho un caro amico di famiglia croata, e l'ultima cosa che penso di lui è che sia tale.
oscuroviandante
22-09-2005, 14:22
Mica li ho dipinti TUTTI come ustascia, ho detto che nel '40 c'è stato anche quello, ci mancherebbe altro: ho un caro amico di famiglia croata, e l'ultima cosa che penso di lui è che sia tale.
OK....è solo che quando parlo di ex-Yugoslavia mi arrabbio a priori.
E' stata una situazione ignorata da tutti fin quando non ci si sono messi di mezzo
gli Americani..
Ammiro chi ha avuto il coraggio di andare in quelle zone (spero non solo per curiosità ma anche per iniziative umanitarie).
Lo dico perchè è mancato tanto così che andassi sì a fare il volontario ..e non umanitario.
Devo ancora ringraziare un mio amico (combattente paramilitare) che mi tenne tutta una notte sveglio per farmi desistere.
La situazione della Krajina è ancora aperta.Teoricamente i Serbi dovrebbero ritornare alle loro case.
Personalmente la trovo l'ennesima forzatura fatta da ambienti esterni alle nazioni ex-Yugoslave.
Si rischia così di creare i presupposti per un'altra guerra Balcanica.
Conosco la loro mentalità...fin quando non saranno tutti divisi faranno sempre casino.
Mercoledì 28 Settembre 2005
Gotovina in un monastero croato: credibile l’ipotesi della Del Ponte
di PREDRAG MATVEJEVIC’
LA FORTE richiesta della procuratrice del tribunale dell’Aja, Carla Del Ponte, indirizzata al Vaticano, invita e costringe la Chiesa cattolica in Croazia a porsi alcune domande su se stessa. Le voci che il ricercato Ante Gotovina potrebbe essere in un monastero della Bosnia-Erzegovina (come quelle che Radovan Karadzic si nasconderebbe in un monastero serbo-montenegrino) si sono sentite ben prima e non sono tutte inventate dalla procuratrice Carla Del Ponte. Occorre guardare un po’ più indietro per valutare la credibilità di tali ipotesi.
Durante l’ultima guerra balcanica, alla fine del secolo scorso, non si è mai sentita la voce di uno dei dignitari delle Chiese cattolica e ortodossa che si riferisse a quello che San Paolo aveva ripetuto varie volte in Grecia e a Roma: che nel Cristianesimo «non c’è più giudeo né greco» (Rom. 10,12, Col. 3,28, Gal. 3,10), che la nazionalità non conta fra i valori cristiani più importanti. Il nazionalismo non è un fenomeno raro tra i sacerdoti dei Paesi slavi del Sud, l’ecumenismo è una rarissima eccezione. C’era a Zagabria, negli anni Settanta-Ottanta, un gruppo di cattolici, preti e laici, uniti in una associazione denominata “L’attualità cristiana”. Il potere li sopportava appena, la Chiesa ufficiale aveva delle riserve nei loro confronti. Abbiamo cercato, alcuni di noi, di aiutarli accogliendo in un Pen club indipendente alcuni dei membri dell’associazione. Immuni dal nazionalismo e dal vecchio clericalismo, mi sembravano vicini ai “personalisti” francesi e all’insegnamento ecumenico di un Berdiaev. Speravo che dopo la creazione dei nuovi Stati sul territorio ex jugoslavo proprio questa corrente potesse affermarsi per indicare una nuova via alla Chiesa stessa, ormai appoggiata dal potere nazionalista. Non è accaduto. In alcune chiese di Spalato e di Zagabria abbiamo sentito anzi l’elogio di Ante Pavelic’, uno dei più feroci boia della Seconda guerra mondiale. Scrissi a questo proposito una lettera a Karol Wojtyla e la pubblicai a Roma sulla Repubblica alla vigilia del viaggio apostolico del Papa in Bosnia. Ho ricevuto una risposta piena di comprensione, scritta a nome del Santo Padre dal cardinale Re. Sembra che non si sia più sentito il nome di Pavelic’ nelle chiese croate, ma una parte del clero rimane malgrado San Paolo veramente nazionalista.
In una Croazia ferita ed esaurita dalla guerra, la Chiesa ha chiesto e spesso ottenuto una parte molto cospicua dei “beni restituiti” dopo la caduta del regime precedente. Forse più che in qualunque altro dei Paesi in transizione. In Bosnia si è potuto vedere, da una parte, un atteggiamento molto positivo, soprattutto dei francescani, eredi della “Bosnia argentea” l’arcivescovo Komarica di Banja Luka ci ha commosso più di una volta con le sue parole ispirate da una fede profonda ed aperta . D’altra parte, in Erzegovina, sono rimasti contraddizioni e conflitti compromettenti per la Chiesa, fra i francescani e il vescovado. Sulla collina che domina la città multietnica di Mostar, una delle più colpite durante la guerra, un enorme crocefisso voluto dal vescovo cattolico sfida brutalmente le altre religioni e nazionalità. In questo contesto si è sentita, prima delle dichiarazioni di Carla Del Ponte, l’ipotesi che Ante Gotovina potrebbe essere in uno dei conventi cattolici di questa zona. Ciò è credibile, tanto più che nelle città e nei villaggi vicini si vedono enormi manifesti con il ritratto del generale ricercato dal tribunale dell’Aja per crimini di guerra. Si vede quest’uomo come un eroe nazionale, si scrive: «Tutti siamo Gotovina». Un generale, il cui fascicolo giudiziario in Francia (era soldato mercenario nella Légion Etrangère) elenca vari delitti, alcuni gravi, anche se per gli ultranazionalisti è un personaggio eccezionale ed esemplare. Questo “grande patriota” ha fatto sì che la sua patria sia diventata il suo ostaggio dinanzi al tribunale internazionale per i crimini di guerra e contro l’umanità: l’eroe non ha il coraggio di apparire e di difendersi dinanzia al tribunale.
Carla Del Ponte ha dunque fatto una richiesta che non deve essere vista solo come un’accusa tenendo conto di indizi e ipotesi apparsi ben prima. Forse ha basato la sua dichiarazione sul fatto che si è scoperto di recente che Ante Pavelic’ era nascosto fino al 1947 in Vaticano e solo in quell’anno è partito con una nave da Genova per il Paraguay, vestito da prete. E’ morto nel suo letto, accolto a Madrid da Franco. Non vedo Carla Del Ponte come una “nemica dei croati” (i serbi l’accusano di essere serbofoba). Non la considero come una laica fanatica che vorrebbe a ogni costo offendere la Chiesa. Lasciamole fare il suo lavoro. Mi sembra che lo faccia abbastanza bene, e che questo compito non sia facile.
Voglio dire comunque di non essere sicuro che il Vaticano possa essere a conoscenza di tutto quello che si cucina nella pentola balcanica.
(Il Messaggero)
Heinlein
28-09-2005, 15:40
Voglio dire comunque di non essere sicuro che il Vaticano possa essere a conoscenza di tutto quello che si cucina nella pentola balcanica.
Ecco, questo fa e disfa tutto da solo... :D
Comunque non capisco in base a quale logica, con i suoi delitti, andasse bene per la Legione Straniera e non per l'esercito croato.
29-SET-05 13:10
SERBIA: CARLA DEL PONTE ATTESA A BELGRADO
Londra, 29 set. - (Adnkronos) - Carla del Ponte, procuratore capo del Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia e' attesa a Belgrado dove avra' nuovi colloqui con la leadership serba sul tema dei ricercati per crimini di guerra, in primo luogo l'ex leader militare dei serbi di Bosnia, Ratko Mladic. ''Mladic tiene l'intero paese in ostaggio'', ha intanto commentato il ministro degli Esteri serbomontenegrino Vuk Draskovic.
(Ses/Pn/Adnkronos)
oscuroviandante
29-09-2005, 20:13
sentiamo altre campane.....
http://www.antegotovina.com/default.aspx?LID=1
http://www.antegotovina.com/album/2/Gotovina2.jpg
Heinlein
30-09-2005, 13:25
Draskovic' fa più bella figura se sta zitto, con tutti i voltafaccia che ha fatto nella sua carriera politica. Sicuramente, è una delle persone meno indicate per dire cosa è bene e cosa è male per la Serbia.
Capo di un partito monarchico (Partito della Resurrezione Serba), la stessa ispirazione dei Cetnici per intenderci, è stato oppositore di Milosevic', Milosevic' lo ha fatto rinchiudere e bastonare, poi lo ha liberato e ne ha fatto un suo ministro.
oscuroviandante
01-10-2005, 21:05
Vuk Draskovic....
Grande elemento. :rolleyes:
Fu uno dei primi ad organizzare dei gruppi paramilitari da inviare nelle zone della Croazia abitate (anche) da serbi.
Se ben ricordo i primi scontri in Croazia nella zona di Plitvice furono proprio opera
della sua milizia.
Voltagabbana....quando si accorse di cosa stava succedendo in Croazia (massacri ecc.ecc. ad opera delle milizie filo-serbe e dell'esercito federale) "ritirò"
la sua milizia.
Peccato che i suoi miliziani tolsero le insegne del suo partito per poi unirsi ad Arkan e alle milizie di Vojislav Seseli.
Non penso che un simile figuro possa essere d'aiuto alla Del Ponte , se non come imputato
Heinlein
03-10-2005, 09:13
Da quello che purtroppo ho potuto constatare sulle varie sponde del conflitto, purtroppo mi sembra che il concetto di opposizione al governo/regime sia limitato alle questioni di libertà di espressione, di politica economica e stato sociale... sulla "questione nazionale" non ho mai conosciuto un solo vero oppositore... e si che con me, in quanto straniero, potevano parlare abbastanza liberamente!
Devo dire però che quello che più mi ha scioccato, è stato il vedere a volte accoppiato un conflitto a "bassa intensità" di notevole fanatismo, ad un certo affarismo cinico: al mercato delle erbe di Sisak, non mancava mai roba chiaramente prodotta dall'altra parte... di giorno si sparava, di notte si trafficava. Automobili, ricambi, derrate alimentari, armi, carburanti. Una volta Globus, il principale foglio scandalistico croato, scoperchiò la pentola e titolò:
"OGNI GIORNO FIKRET ABDIC' COMPRA LA BENZINA DAI CROATI E LA VENDE AI SERBI" :D :D
oscuroviandante
03-10-2005, 16:52
Beh dove pensi andassero a comprare i pezzi delle Zastava Sloveni ,Croati e Bosniaci ;).
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