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View Full Version : delitti in famiglia, è allarme, in dieci anni cresciuti di trenta volte


Adric
19-09-2005, 21:29
Uccide la moglie e si spara: delitti in famiglia, è allarme
di ANTONIO DE FLORIO

ROMA - Due colpi al cuore della moglie mentre si trovava in bagno, poi ha rivolto la ”357 Magnum” contro se stesso e ha sparato nuovamente. Così Stefano Serena, 41 anni, ha ucciso l’altra sera la moglie Anna Vecchiato, di un anno più giovane. Il figlio di 4 anni era in un’altra stanza e non ha visto nulla. La coppia era in crisi e lei aveva chiesto la separazione.
Teatro dell’ennesimo delitto di famiglia, Villorba, alle porte di Treviso. Stefano Serena ha poi telefonato ai propri genitori, chiedendo loro di andare a prendere il piccolo. Mentre quelli arrivavano, l'uomo ha rivolto la pistola contro di sè e ha fatto fuoco, uccidendosi. L'arma era regolarmente denunciata. Stefano Serena era cacciatore e aveva un regolare porto d’armi.
Una settimana prima, un altro delitto, a Merano, consumato ancora una volta tra le mura domestiche. In quel caso, una madre ha ucciso il figlio di quattro anni e una volta finita in commissariato si è lanciata dalla finestra. È ora ricoverata in gravi condizioni all’ospedale di Merano.
I delitti in famiglia sembrano moltiplicarsi: in dieci anni sono cresciuti di trenta volte. Secondo l’Eurispes, dal 2000 al 2002 ne sono stati denunciati 180, mentre nei primi quattro mesi del 2003 gli omicidi in matrimoni, convivenze, fidanzamenti o tra parenti di vario grado che hanno colpito bambini o neonati, sono stati 49.
Da cosa dipende l’aumento dei delitti in famiglia? Il criminologo Maurizio Marasco, docente alla Sapienza di Roma, parte da lontano. «Se ci riferiamo ai figli che uccidono un genitore, come il caso di Erika, ci sono dei fattori socio-ambientali e psichiatrici. Ossia un allentamento dell’attenzione, una maggiore libertà, un disimpegno delle figure genitoriali e familiari».
E quando una madre o un padre uccide il figlio?
«Se parliamo di persone adulte, il fattore sociale può essere ricercato nell’ambito di una disgregazione della famiglia. Una madre che uccide il figlio all’età di 3-4 anni lo fa per una problematica psichiatrica grave. Evidentemente nel primo filtro sanitario, quello del medico di famiglia, non è stato dato il giusto peso al disagio psichico. Si scambia per un banale stato ansioso o esaurimento, quella che invece è una condizione subdola, infida di natura psicotica. Generalmente una madre che uccide un figlio lo fa perché è schizofrenica o perché è gravemente depressa».
Poi c’è il giallo dell’estate. Il nipote accusato di aver fatto a pezzi gli zii e di aver disperso i resti in un burrone della Valcamonica...
«Il caso degli zii, presumibilmente uccisi e fatti a pezzi dal nipote, è molto simile a quello di Cogne, in cui è la madre ad essere accusata di aver massacrato il figlioletto. Si tratta di soggetti che, una volta accertata la coplevolezza, si va a discutere dell’infermità di mente o meno. E noi psichiatri forensi molte volte giudichiamo questi soggetti sani di mente. Ma in senso medico-legale: ovvero nel momento in cui hanno agito erano capaci di intendere e volere; cioè conoscevano la natura dell’atto ed erano in grado di inibire i propri impulsi. Il presunto autore del duplice omicidio di Brescia viveva in maniera chiusa e ripiegata su se stessa. Il suo è un disturbo della personalità. E le persone che vivono in questo stato sono fredde, anaffettive e in relazione a dispiaceri o rimproveri possono esplodere con azioni terribilmente distruttive».
(Il Messaggero.it)

sempreio
19-09-2005, 21:56
penso che siano tutt delitti riconducibili ai soldi, almeno in gran parte, comunque non ho letto tutto l' articolo