Adric
05-09-2005, 11:13
Sabato 3 Settembre 2005
Fermato per il furto un clandestino marocchino: dal carcere respinge le accuse. I file non sono stati ritrovati
Roma, rubato “pc”di segreti nucleari
Il materiale trafugato a Termini era di un ingegnere tedesco, consulente Ue
di VALENTINA ERRANTE
ROMA - Ai carabinieri del Reparto operativo di Roma non deve essere sembrato un episodio come tanti. Quando quell’ingegnere tedesco si è presentato a denunciare il furto del suo computer, con dentro file e documenti «sul trattamento di materiale nucleare», hanno cominciato a preoccuparsi. E la tensione è salita subito dopo, perché il professionista, avvilito, ha dichiarato di avere uno studio a Ginevra ma di essere un consulente dell’Unione europea e di collaborare a un programma di cooperazione per la sicurezza. Nel portatile c’erano molti documenti “top secret”. L’ingegnere non ha avuto dubbi: ha descritto nei minimi particolari i due uomini che davanti al binario della stazione Termini gli avevano rubato la borsa con il computer. Arabi. Era il 10 luglio.
L’ingegnere nucleare ha raccontato ai carabinieri di avere inseguito quei ladri. Di averli persi tra la folla di turisti, ma di essersi trovato, poco dopo, davanti a uno di loro. «L’ho fermato - ha spiegato - gli ho proposto 500 euro per riavere indietro il mio portatile, non avrei presentato alcuna denuncia. Mi bastava il computer, ma quello ha negato tutto. Mi ha detto di non sapere nulla del furto, ha girato le spalle ed è andato via».
Il consulente dell’Unione europea, diretto a Milano, ha rinviato la partenza, tornando più volte in caserma. Ha atteso per sei giorni. Il 16 luglio, sono stati i carabinieri a chiamarlo. Uno dei presunti “ladri” era stato arrestato: M.R., classe 77, marocchino. L’ingegnere ha confermato. Ha riconosciuto quell’uomo. Ma l’indagato ha sempre respinto le accuse. Sostiene di non sapere nulla di quel computer, dei file secretati e delle informazioni riservate. Ma in un clima di allarme generale per il pericolo attentati sono scattate le misure più drastiche. Il giovane marocchino è ancora in carcere, a Regina Coeli. L’accusa: furto, però l’indagine continua. Il fascicolo è stato assegnato al pm Maria Teresa Gregori. I carabinieri hanno anche informato il Ros dell’episodio che desta “preoccupazione”.
Il giovane maghrebino, che sostiene di vivere a Milano e di avere trascorso soltanto alcuni giorni a Roma, ospite di un cittadino italiano, non è nella lista dei sospettati di terrorismo o di legami con frange di estremisti islamici. Gli uomini dell’Arma sostengono che M.R. non abbia il permesso di soggiorno, che il nome fornito possa essere uno dei tanti “alias” dietro i quali i clandestini si nascondono. Ma l’indagato dice di avere le carte in regola. Sulla base delle indicazioni fornite dall’ingegnere, intanto, sarebbe stato identificato anche il presunto complice, anche lui arabo. Il professionista avrebbe riconosciuto le foto. Ma gli uomini dell’Arma, adesso, non riescono a trovare quell’extracomunitario identificato durante uno dei tanti controlli.
Ieri M.R. è stato interrogato dal pm. Ha respinto ancora una volta le accuse. Non gli sono stati contestati altri fatti ma rimane in carcere per una situazione che evidentemente suscita allarme: non si sa in che mani sia finito quel computer. «Mi auguro - commenta Domenico Naccari, difensore dell’indagato - che il mio cliente non sia vittima di un clima da caccia alle streghe. Spero che casi simili vengano valutati con serenità e obiettività. A breve presenteremo un’istanza di scarcerazione».
(ha collaborato Giuseppe Martina)
(Il Messaggero)
Fermato per il furto un clandestino marocchino: dal carcere respinge le accuse. I file non sono stati ritrovati
Roma, rubato “pc”di segreti nucleari
Il materiale trafugato a Termini era di un ingegnere tedesco, consulente Ue
di VALENTINA ERRANTE
ROMA - Ai carabinieri del Reparto operativo di Roma non deve essere sembrato un episodio come tanti. Quando quell’ingegnere tedesco si è presentato a denunciare il furto del suo computer, con dentro file e documenti «sul trattamento di materiale nucleare», hanno cominciato a preoccuparsi. E la tensione è salita subito dopo, perché il professionista, avvilito, ha dichiarato di avere uno studio a Ginevra ma di essere un consulente dell’Unione europea e di collaborare a un programma di cooperazione per la sicurezza. Nel portatile c’erano molti documenti “top secret”. L’ingegnere non ha avuto dubbi: ha descritto nei minimi particolari i due uomini che davanti al binario della stazione Termini gli avevano rubato la borsa con il computer. Arabi. Era il 10 luglio.
L’ingegnere nucleare ha raccontato ai carabinieri di avere inseguito quei ladri. Di averli persi tra la folla di turisti, ma di essersi trovato, poco dopo, davanti a uno di loro. «L’ho fermato - ha spiegato - gli ho proposto 500 euro per riavere indietro il mio portatile, non avrei presentato alcuna denuncia. Mi bastava il computer, ma quello ha negato tutto. Mi ha detto di non sapere nulla del furto, ha girato le spalle ed è andato via».
Il consulente dell’Unione europea, diretto a Milano, ha rinviato la partenza, tornando più volte in caserma. Ha atteso per sei giorni. Il 16 luglio, sono stati i carabinieri a chiamarlo. Uno dei presunti “ladri” era stato arrestato: M.R., classe 77, marocchino. L’ingegnere ha confermato. Ha riconosciuto quell’uomo. Ma l’indagato ha sempre respinto le accuse. Sostiene di non sapere nulla di quel computer, dei file secretati e delle informazioni riservate. Ma in un clima di allarme generale per il pericolo attentati sono scattate le misure più drastiche. Il giovane marocchino è ancora in carcere, a Regina Coeli. L’accusa: furto, però l’indagine continua. Il fascicolo è stato assegnato al pm Maria Teresa Gregori. I carabinieri hanno anche informato il Ros dell’episodio che desta “preoccupazione”.
Il giovane maghrebino, che sostiene di vivere a Milano e di avere trascorso soltanto alcuni giorni a Roma, ospite di un cittadino italiano, non è nella lista dei sospettati di terrorismo o di legami con frange di estremisti islamici. Gli uomini dell’Arma sostengono che M.R. non abbia il permesso di soggiorno, che il nome fornito possa essere uno dei tanti “alias” dietro i quali i clandestini si nascondono. Ma l’indagato dice di avere le carte in regola. Sulla base delle indicazioni fornite dall’ingegnere, intanto, sarebbe stato identificato anche il presunto complice, anche lui arabo. Il professionista avrebbe riconosciuto le foto. Ma gli uomini dell’Arma, adesso, non riescono a trovare quell’extracomunitario identificato durante uno dei tanti controlli.
Ieri M.R. è stato interrogato dal pm. Ha respinto ancora una volta le accuse. Non gli sono stati contestati altri fatti ma rimane in carcere per una situazione che evidentemente suscita allarme: non si sa in che mani sia finito quel computer. «Mi auguro - commenta Domenico Naccari, difensore dell’indagato - che il mio cliente non sia vittima di un clima da caccia alle streghe. Spero che casi simili vengano valutati con serenità e obiettività. A breve presenteremo un’istanza di scarcerazione».
(ha collaborato Giuseppe Martina)
(Il Messaggero)